Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17293 del 24/08/2016


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Cassazione civile sez. I, 24/08/2016, (ud. 12/07/2016, dep. 24/08/2016), n.17293

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPPI Aniello – Presidente –

Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27814-2011 proposto da:

BANCA NAZIONALE DEL LAVORO S.P.A., (C.F. (OMISSIS)), incorporante

della BANCA NAZIONALE DEL LAVORO – CREDITO FONDIARIO S.P.A., in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA L. MANCINELLI 65, presso l’avvocato CORRADO

ROMANO, che la rappresenta e difende, giusta procura speciale per

Notaio LUIGI LA GIOIA di ROMA – Rep.n. 85560 del 7.11.2011;

– ricorrente-

contro

CURATELA DEL FALLIMENTO N. 538/2010 DEL TRIBUNALE DI PALERMO “IL

CORMORANO S.R.L.”;

– intimata –

avverso il decreto n. 4229/2011 del TRIBUNALE di PALERMO, depositato

il 23/09/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/07/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO DIDONE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SOLDI Anna Maria, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

1.- Con il decreto impugnato il Tribunale di Palermo ha rigettato l’opposizione allo stato passivo del fallimento della s.r.l. “Il Cormorano” proposta dalla s.p.a. Banca Nazionale del Lavoro in relazione all’esclusione del proprio credito insinuato in via ipotecaria (oltre interessi e spese della procedura esecutiva) derivante da mutuo fondiario garantito da ipoteca.

Il tribunale ha motivato il rigetto rilevando la mancata produzione di copia dell’insinuazione al passivo (il cui contenuto non era specificato nel ricorso in opposizione) nonchè di “parte della documentazione asseritamente prodotta a corredo della domanda (ossia la nota di trascrizione ipotecaria e due progetti di notula dei legali)”.

Contro il decreto la società opponente ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

Non ha svolto difese il curatore del fallimento intimato.

2.- Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione degli artt. 98 e 99 l. fall. deducendo che nel ricorso era stato trascritto il contenuto della domanda di insinuazione la quale, con il relativo fascicolo, risultava acquisita nel fascicolo d’ufficio dell’opposizione.

Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 183 cod. proc. civ. lamentando che non siano stati richiesti i necessari chiarimenti nè indicate le questioni rilevabili d’ufficio prima di provvedere.

Con il terzo motivo la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 175 l. fall. lamentando la violazione del principio di lealtà deducendo che con l’opposizione era stato prodotto il documento indicato come mancante dal curatore con la comunicazione ex art. 97 l. fall..

3.- Il ricorso è infondato.

Secondo la giurisprudenza di legittimità il ricorso con il quale, a norma dell’art. 93 legge fall., si propone domanda di ammissione allo stato passivo non è un documento probatorio del credito e non può, pertanto, ritenersi compreso fra i documenti che, nell’ipotesi in cui il giudice delegato abbia respinto, in tutto o in parte, la domanda, devono essere prodotti a pena di decadenza, ai sensi dell’art. 99, comma 2, legge fall., al momento del deposito del ricorso in opposizione. Ne deriva che qualora, in sede di opposizione allo stato passivo, una copia della domanda di ammissione non risulti allegata nè al fascicolo di ufficio, nè a quello di una delle parti, il tribunale, che non sia in grado di ricostruire sulla scorta degli ulteriori atti processuali il contenuto di quella e che ne ritenga l’esame indispensabile alla decisione, deve provvedere alla sua acquisizione (Sez. 1, Sentenza n. 3164 del 12/02/2014, Rv. 630015).

In tal senso corretta la motivazione del decreto impugnato, va tuttavia rilevato che parte ricorrente implicitamente riconosce che la documentazione prodotta in sede di insinuazione non è stata poi prodotta in sede di opposizione.

Il giudizio di opposizione allo stato passivo del fallimento (come disciplinato a seguito del D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169) non è un giudizio di appello, anche se ha natura impugnatoria, ed è pertanto regolamentato integralmente dall’art. 99 legge fall., il quale prevede, al comma 2, n. 4, che l’opponente deve indicare specificamente nel ricorso i mezzi di prova di cui intende avvalersi e i documenti prodotti, ivi compresa la documentazione già prodotta nel corso della verifica del passivo. Ne consegue che la mancata indicazione nell’atto di opposizione dei mezzi istruttori necessari, a prescindere dalla eccezione della curatela fallimentare, a provare il fondamento della domanda dell’opponente comporta la decadenza da tali mezzi, non emendabile nemmeno con la concessione dei termini dell’art. 183 c.p.c., comma 6, non potendosi, in particolare, concedere il termine di cui all’art. 183, comma 6, n. 2, previsto esclusivamente per consentire la replica e la richiesta di mezzi istruttori in conseguenza di domande ed eccezioni nuove della parte convenuta, laddove l’onere di provare il fondamento della domanda prescinde da ogni eccezione di controparte (Sez. 1, Sentenza n. 24972 del 06/11/2013). Inoltre, in materia di opposizione allo stato passivo fallimentare, nel regime riformato, il ricorrente deve produrre i documenti di cui intenda avvalersi nel termine stabilito, a pena di decadenza, dall’art. 99, comma 2, n. 4, l. fall., la cui inosservanza è rilevabile di ufficio inerendo a materia sottratta alla disponibilità delle parti (Sez. 1, Sentenza n. 25174 del 14/12/2015 (Rv. 637947).

La produzione del documento indicato come mancante dal curatore con la comunicazione ex art. 97 l. fall., dunque, non esonerava l’opponente dall’onere di nuova produzione dei documenti allegati all’insinuazione nè il tribunale avrebbe potuto concedere un termine per l’integrazione della prova, essendo tale potere già previsto dal c.d. “rito intermedio” e, poi, soppresso dal decreto correttivo. Nel resto il primo motivo veicola censure inammissibili, là dove, in sostanza, denuncia (trascrivendo gli indici del fascicolo di parte), un vizio revocatorio quanto all’errore nell’accertamento dei documenti realmente prodotti.

Il ricorso, dunque, deve essere rigettato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 24 agosto 2016

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