Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17293 del 19/08/2020

Cassazione civile sez. II, 19/08/2020, (ud. 06/12/2019, dep. 19/08/2020), n.17293

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8109-2016 proposto da:

P.L., P.D., F.T., in qualità di

eredi di P.C., elettivamente domiciliati in ROMA,

V.PALERMO 43, presso lo studio dell’avvocato NICOLA FIMIANI,

rappresentati e difesi dagli avvocati COSTANTINO ANTONIO MONTESANTO,

FORTUNATO CACCIATORE;

– ricorrenti e controricorrenti all’incidentale –

contro

D.P., D.M., D.F., in qualità di

aventi causa di D.G., G.E., in qualità di

avente causa di D.C., per effetto di rinuncia

all’eredità di P.R., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA C. MONTEVERDI 16, presso lo studio dell’avvocato GIANFRANCO

RUGGIERI, rappresentati e difesi dall’avvocato PAOLA DE NICOLELLIS;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

e contro

PANGAS SRL, MILUGAS SRL;

– intimati –

avverso la sentenza n. 16/2016 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 11/01/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/12/2019 dal Consigliere Dr. GIUSEPPE GRASSO;

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che la vicenda, per quel che qui residua d’utilità, può riassumersi nei termini seguenti:

– P.R., erede, in uno a P.C., S.A. e P.G., di P.D., deceduto nell’anno 1988, chiese, nel contraddittorio con i suindicati coeredi, il sequestro giudiziario del compendio ereditario;

– il Tribunale, con sentenza non definitiva n. 67/1996, convalidato parzialmente il sequestro, individuò i beni facenti parte dell’asse ereditario, determinò le quote di spettanza dei singoli coeredi e dispose con ordinanza il prosieguo del giudizio per le operazioni divisionali;

– con la sentenza definitiva n. 1408/2012 il Tribunale, dato preliminarmente atto che P.C. aveva, nelle more, acquistato i diritti i ereditari di S.A. e di P.G., attribuì le quote e regolò i rispettivi rapporti di dare e avere;

– la Corte d’appello di Salerno, con la sentenza di cui in epigrafe rigettò le impugnazioni principali e incidentali avanzate avverso le due sentenze di primo grado;

– P.D. (nato il (OMISSIS)), P.L. e F.T., eredi di P.C., nel frattempo deceduto, ricorrono sulla base di quattro motivi, ulteriormente illustrati da memoria;

– D.P., D.M., D.F., aventi causa da D.G., per effetto di rinunzia all’eredità da parte di P.R.; nonchè G.E., aventi causa da D.C., per effetto di rinunzia all’eredità da parte di P.R., resistono con controricorso, in seno al quale propongono ricorso incidentale fondato su unica censura;

– al ricorso incidentale s’oppongono con controricorso ricorrenti;

– entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa;

ritenuto che con il primo motivo i ricorrenti principali denunziano violazione e falsa applicazione degli artt. 2284 e 2289 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, assumendo che:

– la Corte d’appello aveva errato per non avere affermato che gli eredi del defunto D. non avevano acquistato la qualità di socio della società di persone, della quale costui faceva parte, spettando a costoro solo la liquidazione della quota, salvo che gli altri soci non avessero preferito sciogliere la società, considerando, per contro, caduta in successione la quota dei 4/5 del capitale sociale della s.n.c. Pangas, nonostante che “tutti gli eredi di P.D. e non solo P.R. non avevano, come tali, alcun diritto da far valere sulla Pangas snc, non avendo mai gli altri soci della stessa dichiarato, nei sei mesi dalla morte di P.D., di voler continuare la società con i suoi eredi, così vantando questi ultimi solo un diritto di credito nei confronti della società stessa per la liquidazione delle quote di appartenenza del comune dante causa”;

– la giustificazione addotta dalla Corte locale non era condivisibile poichè “se la cessione di quota sociale da P.D. al figlio C. (scrittura privata autenticata… in data 1.12.1988) è stata dichiarata simulata in quanto contenente una donazione dichiarata nulla per difetto di idonea forma, proprio dalla nullità del trasferimento discende che il donante, al momento del decesso… era rimasto socio della Pangas s.r.l.”;

ritenuto che con il secondo motivo, collegato al primo, i ricorrenti deducono violazione dell’art. 345 c.p.c. (nella formulazione previgente l’entrata in vigore della L. n. 353 del 1990), in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4), adducendo non assumere rilievo la circostanza (peraltro negata dai ricorrenti) che la questione di cui al motivo precedente fosse stata prospettata solo con l’appello, poichè in virtù della norma evocata era ben possibile in quella sede proporre nuove eccezioni;

considerato che il primo motivo non è fondato e, di conseguenza, il secondo resta assorbito, dovendosi osservare che:

– il principio che si ricava dall’art. 2284 c.c. e dal correlato art. 2289 c.c., posto a tutela del vincolo fiduciario che caratterizza le società di persone, assicurando che i soci superstiti non debbano “sopportare” gli eredi del socio defunto, che non hanno scelto, non è risultato leso dalla decisione e, peraltro, di una siffatta lesione non sarebbero legittimati a dolersi i ricorrenti, i quali non consta agiscano quali soci superstiti;

– invero, la stima della quota sociale risulta essere stata correttamente fatta coincidere con valore della partecipazione sociale del defunto D., che, in assenza di contestazioni, non può non corrispondere alla quota sociale posseduta in vita dal de cuius, fermo restando, ovviamente il diritto dei soci superstiti di cui si è detto;

ritenuto che con il terzo motivo i ricorrenti lamentano nullità della sentenza per violazione dell’art. 113 c.p.c. e art. 132 c.p.c., n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, sulla base di quanto appresso:

– era stato incluso tra i beni caduti in successione un complesso di terreni di esclusiva proprietà di P.C., dante causa dei ricorrenti, per averlo costui acquistato dal Comune di Battipaglia, dopo il decesso di del padre D.;

– a epilogo di una complessa vicenda amministrativa, posta a legalizzazione di una situazione di fatto che aveva visto il de cuius godere in concessione di mq 4.000 e P.C. occupare abusivamente altra area, edificando costruzioni, in data 30/5/2007, il Comune aveva venduto a P.C., per il prezzo di Euro 315.785,28, l’intiera consistenza immobiliare;

– la motivazione con la quale la Corte locale aveva reputato che il predetto compendio facesse parte dei beni devoluti era del tutto illogica, tale da ridursi a mera apparenza;

considerato che la doglianza merita di essere accolta per le ragioni che seguono:

a) la giustificazione motivazionale è di esclusivo dominio del giudice del merito, con la sola eccezione del caso in cui essa debba giudicarsi meramente apparente; apparenza che ricorre, come di recente ha ribadito questa Corte, allorquando essa, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche, congetture (Sez. 6, n. 13977, 23/5/2019, Rv. 654145);

b) a tale ipotesi deve aggiungersi il caso in cui la motivazione non risulti dotata dell’ineludibile attitudine a rendere palese (sia pure in via mediata o indiretta) la sua riferibilità al caso concreto preso in esame, di talchè appaia di mero stile, o, se si vuole, standard; cioè un modello argomentativo apriori, che prescinda dall’effettivo e specifico sindacato sul fatto;

c) siccome ha già avuto modo questa Corte di più volte chiarire, la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83,, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione, con la conseguenza che è pertanto, denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; anomalia che si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (S.U., n. 8053, 7/4/2014, Rv. 629830; S.U. n. 8054, 7/4/2014, Rv. 629833; Sez. 6-2, ord., n. 21257, 8/10/2014, Rv. 632914);

d) la Corte di Salerno, al fine di disattendere specifico motivo d’appello si limita ad affermare: “L’acquisto di tale terreno fu effettuato in un momento successivo alla apertura della successione e lo stesso, all’epoca del decesso di P.D., faceva sicuramente parte del suo patrimonio, in quanto concessionario e conduttore sulla base di rapporti che già erano oggetto di specifica domanda da parte di P.R.”, così fornendo spiegazione radicalmente incomprensibile, non è essendo dato razionalmente comprendere in qual maniera, giuridicamente apprezzabile, l’immobile, acquistato dopo l’apertura della successione, dovesse far parte del patrimonio relitto;

e) applicando il principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite e le ulteriori specificazioni sopra richiamate deve, pertanto, escludersi che l’espressione lessicale di cui sopra possa ricondursi al genus di motivazione, cioè di giustificazione, non solo intellegibile, ma anche ripercorribile, della decisione; essa costituisce apparenza, vero e proprio simulacro, dei motivi del decidere, sia perchè non rende percepibile il fondamento della decisione, sia perchè risulta priva dell’ineludibile attitudine a rendere palese (sia pure in via mediata o indiretta) la sua riferibilità al caso concreto preso in esame;

ritenuto che con il quarto motivo i ricorrenti si dolgono della violazione e falsa applicazione degli artt. 720 e 345 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, per avere la Corte d’appello affermato tardiva la richiesta di attribuzione, formulata da P.C. di un complesso immobiliare, giudicato indivisibile, del quale il medesimo vantava diritti in misura dell’83%, perchè in precedenza lo stesso si era detto non interessato all’attribuzione del bene;

considerato che anche questo motivo merita di essere accolto alla luce della consolidata giurisprudenza di questa Corte, alla quale il Collegio intende dare continuità, la quale ha avuto modo di spiegare che, il giudizio di scioglimento di comunioni non è del tutto compatibile con le scansioni e le preclusioni che disciplinano il processo in generale, intraprendendo i singoli condividenti le loro strategie difensive anche all’esito delle richieste e dei comportamenti assunti dalle altre parti con riferimento al progetto di divisione ed acquisendo rilievo gli eventuali sopravvenuti atti negoziali traslativi, che modifichino il numero e l’entità delle quote; ne deriva il diritto delle parti del giudizio divisorio di mutare, anche in sede di appello, le proprie conclusioni e richiedere per la prima volta l’attribuzione, per intero o congiunta, del compendio immobiliare, integrando tale istanza una mera modalità di attuazione della divisione (Sez. 2, Sentenza n. 9367, 17/04/2013, Rv. 625724; conf., ex multis, Sez. 2, n. 15926, 13/06/2019, Rv. 654335 – 01);

considerato che il motivo con il quale i ricorrenti incidentali denunziano nullità della sentenza per violazione dell’art. 113 c.p.c. e art. 132 c.p.c., n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, assumendo che la decisione impugnata non aveva reso motivazione effettiva per respingere il motivo d’appello incidentale, con il quale si era criticata la stima del compendio ereditario, limitandosi ad affermare che le valutazioni del consulente tecnico d’ufficio erano pienamente condivisibili, non supera il vaglio d’ammissibilità per irriducibile difetto di specificicità, anche sotto il profilo della mancanza di autosufficienza (nulla è dato sapere delle risultanze peritali), oltre ad apparire evidentemente diretto al riesame del merito, avendo la Corte d’appello, sia pure sinteticamente, mostrato di aver consapevolmente condiviso le valutazioni del CTU;

considerato che, pertanto, la sentenza deve essere cassata con rinvio in relazione agli accolti motivi, rimettendosi al Giudice del rinvio anche il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

accoglie il terzo e il quarto motivo e rigetta il primo, dichiara assorbito il secondo del ricorso principale; rigetta il ricorso incidentale; cassa in relazione agli accolti motivi e rinvia alla Corte d’appello di Salerno, altra sezione, anche per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 6 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 agosto 2020

 

 

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