Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17293 del 12/07/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 17293 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: CORRENTI VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso 24493-2012 proposto da:
SCHIRINZI RITA SCHRTI55E621838B,

CORICA ROBERTA

CRCRRT52D62H501U, elettivamente domiciliate in ROMA,
LUNGOTEVERE MICHELANGELO 9, presso lo studio
dell’avvocato ABBATE FERDINANDO EMILIO, che le
rappresenta e difende;
– ricorrenti contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA 8018440587, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

Data pubblicazione: 12/07/2013

AMIO.
difende ope legis;

resistente

avverso il decreto n. 229/2012 della CORTE D’APPELLO
di PERUGIA, depositateli_ 13/03/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

CORRENTI;
udito l’Avvocato Ranieri RODA, con delega depositata
in udienza dell’Avvocato ABBATE Ferdinando Emilio,
difensore delle ricorrenti che ha chiesto
accoglimento del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IGNAZIO PATRONE che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

udienza del 22/05/2013 dal Consigliere Dott. VINCENZO

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

avverso il decreto della Corte di appello di Perugia 229/2012 che ha dichiarato inammissibile
la domanda per ottenere l’equa riparazione del danno sofferto a causa della durata non
ragionevole di un’analoga controversia svoltasi dinanzi alla Corte di appello di Roma ed alla
Corte di Cassazione per violazione dell’art. 6 della Convezione per la salvaguardia dei diritti
dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata dall’Italia con legge 4.8.1955 n. 848,
determinata dalla eccessiva durata del procedimento presupposto.
La Corte perugina ha accolto l’eccezione di inammissibilità della domanda.
La sentenza impugnata ha ritenuto esistere molteplici ragioni per la declaratoria di
inammissibilità, esamlnando i rapporti tra legislazione comunitaria e nazionale, la
giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo e la legislazione
interna.
Ha richiamato la sentenza 1’7139,04 di questa Corte, pervenendo alla conclusione che i
giudizi promossi ai sensi della legge 89/O. solo nella norma sanzione, diretta ad
apprestare il mezzo di tutela per la violazione del precetto, non possono fondare una richiesta
di indennizzo ai sensi della stessa legge.
Ha richiamato anche la giurisprudenza della CEDU ( tra i tanti procedimento 29.3.2006,
Grande Camera, caso Coechiarella contro Italia) circa la ricevibilità dei ricorsi che
lamentavano la non congruità cleWindennizzo o il ritardo nella liquidazione, con la
conclusione che, dopo 1 espietamento della procedura interna ai sensi della legge Pinto, la
via del ricorso interno è esaurita.

I ricorrenti propongongono ricorso per cassazione contro il Ministero della Giustizia,

Ha stigmatizzato il rischio di un’abnorme proliferazione di controversie incompatibile con la
ragionevole durata dei processi.
Il ricorso lamenta violazione degli artt. 2 legge 89/2001, 6,13, e 41 CEDU, 111 Cost,
invocando anche il Trattato di Lisbona, e concludendo per la proponibilità ed ammissibilità
della domanda.

Il ricorso merita accoglimento.
La sentenza impugnata, come dedotto, ha riferito dei vari profili della questione
sottolineando che i giudizi promossi ai sensi della legge 89/01, previsti solo nella norma
sanzione, diretta ad apprestare il mezzo di tutela per la violazione del precetto, non possono
fondare una richiesta di indennizzo ai sensi della stessa legge.
Ha anche richiamato la giurisprudenza della CEDU circa la ricevibilità dei ricorsi che
lamentavano la non congruità dell’indennizzo o il ritardo nella liquidazione, con la
conclusione che, dopo l’espietaniento della procedura interna ai sensi della legge Pinto, la
via del ricorso interne è esaurita.
Rispetto a questa ardeolata motivazione il ricorso ripercorre gli argomenti della sentenza
dandone una diversa interpretazione e censura espressamente e congruamente i due profili
sopra esposti e le affermazioni in dira-to svolte.
Questa Corte ha, infatti, avuto modo di ritenere applicabile la tutela di cui alla legge n.
89 del 2001 ai procedimenti introdotti sulla base della legge stessa, per i quali deve ritenersi
predicabile l’operatività del termine ragionevole ci durata e del conseguente regime
indennitario in caso di sua violazione.
Come affermato di recente ‘Cass. n. 17686 del 2012; Cass. n. 5924 del 2012 e altre
conformi), il giudizio di equa riparazione, che si svpige presso le Corti d’ appello ed
eventualmente, in sede di impugnazione, dinnanzi a questa Corte, è un ordinario processo di
cognizione, soggetto, in quanto taie, alla esigenza di una definizione in tempi ragionevoli,

MOTI-VI DELLA DECISIONE

esigenza, questa, tanto più pressante per tale tipologia di giudizi. in quanto finalizzati proprio
all’accertamento della violazione di un diritto fondamentale nel giudizio presupposto, la cui
lesikae. ggy>era di per sé una condi7rone di sofferenzae ,JD paterna d’animo che saTitle.
eccentrico non riconoscere anche per i procedimenti ex lege n. 89 del 2001. Né appare
condivisibile l’assunto che il giudizio dinnanzi aDa Corte d’appello e l’eventuale giudizio dì

concludersi dinanzi alla Corte europea, nel caso in cui nell’ordinamento interno la parte
interessata non ottenga una efficace tutela all’indicato ;live fondamentale, atteso che il
procedimento interno iappresenta una forma di tutela adeguata ed efficace, sempre che,
ovviamente, si svolga esso stesso nell’ambito di una ragionevole durata.
Quanto alla determinazione detta ragionevole durata di un procedimento di equa
riparazione, questa Corte ha ritenute che ove, come nel caso di specie, venga in rilievo un
giudizio “Pinto” svoltosi anche dinnarizi alla COKe di cassazione, la durata complessiva dei
due gradi debba essere ritenuta ragionevole ove non ecceda il termine di due anni.
Il ricorso deve quindi essere accolto, essendo erronea la decisione della Corte
territoriale che ha ritenuto inammissibile la domanda di equa riparazione per la irragionevole
durata di un procedimento di equa riparazione relativamente a giudizio presupposto di altra
natura.
Non essendo necessari ulteriwi accertamenti di rado, ia causa può essere decisa nel
merito.
Nel caso di specie, intatti, n ricorso è stato depositato presso la Corte d’appello nel
mese di novembre 2005; si è cori;;Mso con decreto en dicembre 2007; il giudizio di
cassazione è stato introdotto con ricorso notificato nel mese di gennaio 2009 e definito a
aprile/L O ,
La durata complessiva del procedimento di equa riparazione è stata di 53 mesi.
Detratti il termine ragionevole, stanato in due anni, noncite uneriori dieci mesi per la

impugnazione costituiscano una fase necessaria di un unico procedimento destinato a

proposizione del ricorso rispetto al termine breve, la durata non ragionevole risulta essere
stata di 18 mesi.
Alla luce dell’accertata irragionevole durata del giudizio, alla ricorrente spetta un
indennizzo che va liquidato sulla base di euro 62,5 per mese. e quindi in complessivi euro
115 oltre interessi legali dalla data della domanda al saldo. oltre spese.

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito,
condanna il Ministero della Giustizia ai pagamento della somma di euro 1115, in favore di
ciascuna parte oltre interessi :egali cialla data della dorriar.,e«,.1 al saido; condanna i; Ministero
alla rifusione delle spese dell’intere; giudizio ei -ic liquida, per il giudizio di merito, in euro
775,00, di cui euro 50,00 per esborsi, 280,00 per diritti e 445,00 per onorari, oltre alle spese
generali e agli accessori di legge, e, per il giudizio di legittimità, in euro 506,25 per
compensi, oltre a euro :00,00 per .esoo -isi e agii accessori di legge.
Così deciso in Roma, aula c, -,rriera di eensigio oa Seconda Sezione Civile della
– ione, il 22 maggio 2013.
Corte suprema di Cassa L

PER QUESTI MOTIVI

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