Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17292 del 12/07/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 17292 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: CORRENTI VINCENZO

SENTENZA
sul ricorso 23657-2012 proposto da:
CASCO

BEPPINA

CSCBPN60T68L483E,

CACIOLI

ANNA

CCLNNA31D57F592J, elettivamente domiciliate in ROMA,
LUNGOTEVERE MICHELANGELO 9, presso lo studio
dell’avvocato ABBATE FERDINANDO EMILIO, che le
rappresenta e difende;
– ricorrenti –

2013

contro

1428

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA 8018440587 in persona del
Ministro pro tempore;
– intimato –

Data pubblicazione: 12/07/2013

avverso il decreto n. 217/2012 della CORTE D’APPELLO
di PERUGIA, depositate il 07/03/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 22/05/2013 dal Consigliere Dott. VINCENZO
CORRENTI;

in udienza dell’Avvocato ABBATE Ferdinando Emilio,
difensore delle ricorrenti che ha chiesto
accoglimento del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IGNAZIO PATRONE che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

udito l’Avvocato Ranieri RODA, con delega depositata

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

avverso il decreto della Corte di appello di Perugia 217/2012 che ha dichiarato inammissibile
la domanda per ottenere l’equa riparazione del danno sofferto a causa della durata non
ragionevole di un’analoga controversia svoltasi dinanzi alla Corte di appello di Roma ed alla
Corte di Cassazione per violazione dell’art. 6 della Convezione per la salvaguardia dei diritti
dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata dall’Italia con legge 4.8.1955 n. 848,
determinata dalla eccessiva durata del procedimento presupposto.
La Corte perugina ha accolto l’eccezione di inammissibilità della domanda.
La sentenza impugnata ha ritenuto esistere molteplici ragioni per la declaratoria di
inammissibilità, esaminando i rapporti tra legislazione comunitaria e nazionale, la
giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo e la legislazione
interna.
Ha richiamato la sentenza 7139/04 di questa Corte, pervenendo alla conclusione che i
giudizi promossi ai sensi della legge 89/01, previsti solo nella norma sanzione, diretta ad
apprestare il mezzo di tutela per la viotazione dei precetto, non possono fondare una richiesta
di indennizzo ai sensi della stessa legge.
Ha richiamato anche la giurisprudenza della CEDU ( tra i tanti procedimento 29.3.2006,
Grande Camera, caso Cocchiarella contro Italia) circa la rieevibilità dei ricorsi che
lamentavano la non congruità dell’indennizzo o il ritardo nella liquidazione, con la
conclusione che, dopo I . espletamento della procedura interna ai sensi della legge Pinto, la
via del ricorso interno è esaurita.

I ricorrenti propongongono ricorso per cassazione contro il Ministero della Giustizia,

Ha stigmatizzato il rischio di un’abnorme proliferazione di controversie incompatibile con la
ragionevole durata dei processi.
Il ricorso lamenta violazione degli artt. 2 legge 89/2001, 6,13, e 41 CEDU, 111 Cost,
invocando anche il Trattato di Lisbona, e concludendo per la proponibilità ed ammissibilità
della domanda.

Il ricorso merita accoglimento.
La sentenza impugnata, come dedotto, ha riferito dei vari profili della questione
sottolineando che i giudizi promossi ai sensi della legge 89/01, previsti solo nella norma
sanzione, diretta ad apprestare il mezzo di tutela per la violazione del precetto, non possono
fondare una richiesta di indennizzo ai sensi della stessa legge.
Ha anche richiamato la giurisprudenza della CEDU circa la ricevibilità dei ricorsi che
lamentavano la non conguita dell’indennizzo o il ritardo nella liquidazione, con la
conclusione che, dopo l ‘espietarrienro della procedura interna ai sensi della legge Pinto, la
via del ricorso interne è esaurita.
Rispetto a questa articoiata motivazione il ricorso ripercorre gli argomenti della sentenza
dandone una diversa interpretazione e censura espressamente e congruamente i due profili
sopra esposti e le affermazioni in diri -tto svolte.
Questa Corte ha, infatti, avuto modo di ritenete applicabile la tutela di cui alla legge n.
89 del 2001 ai procedimenti introdotti sulla base della legge stessa, per i quali deve ritenersi
predicabile l’operatività del termine ragionevole c.i durata e del conseguente regime
indennitario in caso di sua violazione.
Come affermato di recente Cass. n. 17686 del 2012; Cass. n. 5924 del 2012 e altre
conformi), il giudizio di equa riparazione, che si svolge presso le Corti d’appello ed
eventualmente, in sede di impugnazione, dinnanzi a questa Corte, è un ordinario processo di
cognizione, soggetto, in quanto taie, alla esigenza di una definizione in tempi ragionevoli,

MOTIVI DELLA DECISIONE

esigenza, questa, tanto più pressante per tale tipologia di giudizi, in quanto finalizzati proprio
all’accertamento della violazione di un diritto fondamentale nel giudizio presupposto, la cui
lesione genera di per sé una condizione di sofferenza e un paterna d’animo che sarebbe
eccentrico non riconoscere anche per i procedimenti ex lege n. 89 del 2001. Né appare
condivisibile l’assunto che il giudizio dinnanzi alla Corte d’appello e l’eventuale giudizio di

concludersi dinanzi alla Corte europea, nel caso in cui nell’ordinamento interno la parte
interessata non ottenga una efficace tutela all’indicato diritto fondamentale, atteso che il
procedimento interno tappresenta una forma di tutela adeguata ed efficace, sempre che,
ovviamente, si svolga esso stesso nell’ambito di una ragionevole durata.
Quanto alla determinazione della ragionevole durata di un procedimento di equa
riparazione, questa Corte ha ritenuto che ove, come nel caso di specie, venga in rilievo un
giudizio “Pinto” svoltosi anche dinnanzi alla Core di cassazione, la durata complessiva dei
due gradi debba essere ritenuta ragionevole ove non ecceda il termine di due anni.
Il ricorso deve quindi essere accolto, essendo erronea la decisione della Corte
territoriale che ha ritenuto inammissibile la domanda di equa riparazione per la irragionevole
durata di un procedimento di equa riparazione relativamente a giudizio presupposto di altra
natura.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti dì fatto, ia causa può essere decisa nel
merito.
Nel caso di specie, infatti, il ricorso è stato deposi -Lato presso la Corte d’appello nel
mese di febbraio 2006, si é concluso con decreto di settembre 2007; il giudizio di cassazione
è stato introdotto con ricorso notificato nel mese di settembre 2008 e definito a marzo 2010.
La durata complessiva dei procedimento di equa riparazione è stata di 49 mesi.
Detratti il termine ragionevole, stimato in due anni, nonché ulteriori dieci mesi per la

impugnazione costituiscano una fase necessaria di un unico pracedimento destinato a

proposizione del ricorso rispetto al termine breve, la durata non ragionevole risulta essere
stata di 15 mesi.
Alla luce dell’accertata irragi ,mevole durata del giudizio, alla ricorrente spetta un
indennizzo che va liquidato sulla base di euro 62.5 per mese, e quindi in complessivi curo
937,5 oltre interessi legali dalla data della domanda al saldo. oltre spese.

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito,
condanna il Ministero della Giustizi„, al pagamento della .30M1 -11à di curo 937,5, in favore di
ciascuna parte oltre interessi legali dalla data della don -anela al saldo; condanna il Ministero
alla rifusione delle spese dell’intero giudizio erie liquida. pe± A g:udizio di merito, in euro
775,00, di cui euro 50,00 per esborsi, 280,00 per diritti e 445.,00 per onorari, oltre alle spese
generali e agli accessori di legge, e, per il giudizio di legittimità, in euro 506,25 per
compensi, oltre a curo 100,00 per esboisi e agli accessori di regge.
Così deciso in Roma, icieila carriera di consiglio Oeiia Seconda Sezione Civile della
Corte suprema di Cassazione, il 22 maggio 2013.

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