Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17291 del 12/07/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 17291 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: CORRENTI VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso 23656-2012 proposto da:
CARINGI VINCENZO CRNVCN52M051573G, AUDINO PATRIZIA
DNAPRZ54L62L719V, CASTAGNA ELSA CSTLSE47P56L719X,
elettivamente domiciliati in ROMA,

LUNGOTEVERE

MICHELANGELO 9, presso lo studio dell’avvocato
FERRIOLO GIOVAMBATTISTA, che li rappresenta e difende
L
2013

unitamente all’avvocato ABBATE FERDINANDO EMILIO;
– ricorrenti –

1427

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA 8018440587, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

Data pubblicazione: 12/07/2013

\
AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e
difende ope legis;
– controricorrente

avverso il decreto n. 218/2012 della CORTE D’APPELLO
di PERUGIA, depositata il 07/03/2012;

udienza del 22/05/2013 dal Consigliere Dott. VINCENZO
CORRENTI;
udito l’Avvocato Ranieri RODA, con delega depositata
in udienza dell’Avvocato ABBATE Ferdinando Emilio,
difensore dei ricorrenti che ha chiesto accoglimento
del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IGNAZIO PATRONE che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

deposita atto di costituzione per la partecipazione alla discussione orale, avverso il decreto
della Corte di appello di Perugia 218/2012 che ha dichiarato inammissibile la domanda per
ottenere l’equa riparazione del danno sofferto a causa della durata non ragionevole di
un’analoga controversia svoltasi dinanzi alla Corte di appello di Roma ed alla Corte di
Cassazione per violazione dell’art. 6 della Convezione per la salvaguardia dei diritti
dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata dall’Italia con legge 4.8.1955 n. 848,
determinata dalla eccessiva durata dei procedimento presupposto.
La Corte perugina ha accoito l’eccezione di inammissibilità della domanda.
La sentenza impugnata ha ritenuto esistere molteplici ragioni per la declaratoria di
inammissibilità, esaminando i rapporti tra legislazione comunitaria e nazionale, la
giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo e la legislazione
interna.
Ha richiamato la sentenza 17139/04 di questa Corte, pervenendo alla conclusione che i
giudizi promossi ai sensi della ìegge 89’31, previsti solo nella norma sanzione, diretta ad
apprestare il mezzo di tutela per la violazione del precetto, non possono fondare una richiesta
di indennizzo ai sensi detla stessa legge.
Ha richiamato anche la giurisprudenza della CEDU ( tra i tanti procedimento 29.3.2006,
Grande Camera, caso Coechiareila contro Italia) circa la rieevibilità dei ricorsi che
lamentavano la non congruità dell’indennizzo o il ritardo nella liquidazione, con la

I ricorrenti propongongono ricorso per cassazione contro il Ministero della Giustizia, che

conclusione che, dopo l’espletamento della procedura interna ai sensi della legge Pinto, la
via del ricorso interno è esaurita.
Ha stigmatizzato il rischio di un’abnorme proliferazione di controversie incompatibile con la
ragionevole durata dei processi.
Il ricorso lamenta violazione degli artt. 2 legge 89/2001, 6,13, e 41 CEDU, 111 Cost,

della domanda.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso merita accoglimento.
La sentenza impugnata, come dedotto, ha riferito dei vari profili della questione
sottolineando che i giudizi promossi ai sensi della legge 89/01, previsti solo nella norma
sanzione, diretta ad apprestare il mezzo di tutela per la violazione del precetto, non possono
fondare una richiesta di indennizzo ai sensi della stessa legge.
Ha anche richiamato la giurisprudenza della CEDU circa la ricevibilità dei ricorsi che
lamentavano la non congruità dell’indennizzo o il ritardo nella liquidazione, con la
conclusione che, dopo ‘espietamento della proceduta interna ai sensi della legge Pinto, la
via del ricorso interne è esaurita.
Rispetto a questa articoiata motivazione il ricorso ripercorre gli argomenti della sentenza
dandone una diversa interpretazione e censura espressamente e congruamente i due profili
sopra esposti e le affermazioni in dirrzte svolte.
Questa Corte ha, infatti, avuto modo di ritenere applicabile la tutela di cui alla legge n.
89 del 2001 ai procedii-nerai introdotti sulla base della legge stessa, per i quali deve ritenersi
predicabile l’operatività del termine ragionevole di durata e del conseguente regime
indennitario in caso di sua violazione.
Come affermato di recente (Cass. n. 17686 del 2012; Cass. n. 5924 del 2012 e altre
conformi), il giudizio di equa riparazione, che si sv:Age presso le Corti d’appello ed

invocando anche il Trattate di Lisbona, e concludendo per la proponibilità ed arnmissibilità

eventualmente, in sede di impugnazione, dinnanzi a questa Corte, è un ordinario processo di
cognizione, soggetto, in quanto tale, alla esigenza di una definizione in tempi ragionevoli,
esigenza, questa, tanto più pressante per tale tipologia di giudizi, in quanto finalizzati proprio
all’accertamento della violazione di un diritto fondamentale nel giudizio presupposto, la cui
lesione genera di per sé una condizione di sofferenza e un paterna d’animo che sarebbe

condivisibile l’assunto che il giudizio dirinanzi alla Corte d’appello e l’eventuale giudizio di
impugnazione costituiscano una fase necessaria di un unico procedimento destinato a
concludersi dinanzi alla Corte europea, nel caso in cui nell’ordinamento interno la parte
interessata non ottenga una efficace tutela all’indicato diritte fondamentale, atteso che il
procedimento interno iappresenta una forma di tutela adeguata ed efficace, sempre che,
ovviamente, si svolga esso stesso nell’ambito di una ragionevole durata.
Quanto alla determinazione della ragionevole durata di un procedimento di equa
riparazione, questa Corte ha ritenuto che ove, come nel caso di specie, venga in rilievo un
giudizio “Pinto” svoltosi anche d’innanzi alla Corte di cassazione, la durata complessiva dei
due gradi debba essere ritenuta ragionevole ove non ecceda i l termine di due anni.
Il ricorso deve quindi essere accolto, essendo erronea la decisione della Corte
territoriale che ha ritenuto inammissibile la domanda di equa riparazione per la irragionevole
durata di un procedimento di equa riparazione relativamente a giudizio presupposto di altra
natura.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di -fado, la causa può essere decisa nel
merito.
Nel caso di specie, infatti, ii ricorso è stato depositato presso la Corte d’appello nel
mese di settembre 2035; si è concluso con decreto d1 febbraio 2007; il giudizio di cassazione
è stato introdotto con ricorso notificato nel mese di marzo 2008 e definito a marzo 2010.

eccentrico non riconoscere anche per i procedimenti ex lege n. 89 del 2001. Né appare

La durata complessiva del procedimento di equa -ripara.zlone è stata di 54 mesi.
Detratti il termine ragionevole, stimato in due anni, noncir., ulteriori undici mesi per la
proposizione del ricorso rispetto al termine breve, h durata non ragionevole risulta essere
stata di 19 mesi.
Alla luce dell’accertata irragionevole durata del giudizio. alla ricorrente spetta un
2.

quindi in complessivi euro

1187,5 oltre interessi legali dalla data della domanda al sald, oltre spese.
PER QUESTI MOTi’‘,/ I
La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito,
condanna il Ministero delia Giustizia al pagamento della sai -luna di euro 1187,5, in favore di
ciascuna parte oltre interessi legali Calla data della doiriartela ai saldo; condanna il Ministero
alla rifusione delle spese dell’inteio giudizio che liquida, per il giudizio di merito, in euro
775,00, di cui euro 50,00 per esborsi, 280,00 per diritti e 445,00 per onorari, oltre alle spese
generali e agli accessori di legge, e, per il giudizio di legittimità, in euro 506,25 per
compensi, oltre a e -uro 100,00 per

eSbOiSI:

e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, netia camera di consiglio deUa Seconda Sezione Civile della
Corte suprema di Cassazione, il 22 maggio 2013.

indennizzo che va liquidato sulla base di euro 62,5 pw mese.

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