Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17290 del 13/07/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 13/07/2017, (ud. 23/06/2017, dep.13/07/2017),  n. 17290

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCININNI Carlo – Presidente –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27776/2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

ICAMS SRL IN LIQUIDAZIONE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 72/2011 della COMM.TRIE.REG. TORINO,

depositata il 13/10/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/06/2017 dal Consigliere Dott. LAURA TRICOMI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

RILEVATO CHE:

1. L’Agenzia delle entrate ricorre con due motivi per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, in epigrafe indicata, pronunciata a seguito di rinvio disposto dalla Cassazione con la ordinanza n. 10951/2009, in controversia concernente l’avviso di accertamento emesso nei confronti della società ICAMS SRL, ora in liquidazione, che non ha svolto difese, ai fini IRPEG, IRAP ed IVA per l’anno 1999, con il quale era stata contestata l’indebita deduzione di costi afferenti ad alcune fatture emesse dal fornitore Pollux e Fulgor SRL, relative ad operazioni soggettivamente inesistenti per un importo complessivo pari a Lire 77.850.000.

2. Il giudice di appello, in sede di giudizio di rinvio, ha riconosciuto che l’avviso di accertamento era sfornito di adeguata motivazione. Quindi ha affermato che l’Ufficio non aveva fornito prove idonee in merito alla inesistenza soggettiva delle operazioni sulla scorta della contabilità societaria e di indagini bancarie; ancora, che non aveva sufficientemente provato che le operazioni non fossero state effettivamente concluse con la società Pollux e Fulgor SRL, attesa la formale regolarità della pertinente documentazione contabile e di pagamento. Inoltre ha affermato che il precedente acquisto (in data 10.12.1998) da parte della ICAMS dei beni oggetto della fattura n. (OMISSIS) del 15.01.1999 era da ritenersi smentito dal fatto che la società ICAMS era stata costituita in data successiva (05.01.1999).

3. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., e art. 380 bis 1 c.p.c..

CONSIDERATO CHE:

1.1. Il primo motivo, con il quale si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) per avere la CTR statuito sulla carenza di motivazione dell’avviso di accertamento, nonostante tale questione non fosse stata devoluta alla sua valutazione ed apparisse coperta da un giudicato interno, è fondato e va accolto.

1.2. La questione, pur avendo costituito oggetto di ricorso in primo grado, era stata successivamente abbandonata, come accertato dalla CTR già nella pronuncia ante rinvio n. 27/28/06, sul punto non impugnata (trascrizione in ricorso fol. 10), e superata da una decisione riguardante esclusivamente il merito della controversia, di guisa che sulla stessa si è formato un giudicato interno che la CTR, con la sua pronuncia, ha violato.

2.1. Il secondo motivo, con il quale si denuncia la contraddittoria ed insufficiente motivazione sul fatto controverso e decisivo individuato nella fittizietà delle fatture emesse dalla Pollux & Fulgor SRL nei suoi confronti (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) è fondato e va accolto.

2.2. Osserva la Corte che, qualora l’Amministrazione finanziaria contesti al contribuente l’indebita detrazione di fatture ai fini IVA ed IRPEG, in quanto relative ad operazioni inesistenti, spetta all’Ufficio fornire la prova che l’operazione commerciale, oggetto della fattura, non è mai stata posta in essere, ovvero non è stata posta in essere tra i soggetti indicati nella fattura, indicando gli elementi anche indiziari sui quali si fonda la contestazione anche in merito alla conoscenza ovvero alla conoscibilità della fittizietà delle operazioni da parte del cessionario/committente che richiede la detrazione, mentre è onere del contribuente dimostrare la fonte legittima della detrazione o del costo altrimenti indeducibili e la sua mancanza di consapevolezza di partecipare ad un’operazione fraudolenta, non essendo sufficiente, a tal fine, la regolarità formale delle scritture o le evidenze contabili dei pagamenti, in quanto si tratta di dati e circostanze facilmente falsificabili (cfr. Cass. sent. n. 428/2015, n. 28683/2015, n.12802/2011).

2.3. Sul punto la Corte Europea ha più volte ribadito che se – tenuto conto di evasioni o irregolarità commesse dall’emittente della fattura, o comunque a monte dell’operazione dedotta a fondamento del diritto alla detrazione – tale operazione è considerata come non effettivamente realizzata, l’Amministrazione finanziaria deve dimostrare, alla luce di elementi oggettivi ed alla stregua dei principi sull’onere della prova vigenti nello Stato membro, senza, peraltro, esigere dal destinatario della fattura verifiche (circa la qualità di soggetto passivo IVA in capo al fatturante, o la disponibilità dei beni di cui trattasi) alle quali non è tenuto, che tale destinatario sapeva o avrebbe dovuto sapere che detta operazione si inseriva nel quadro di un’evasione dell’imposta sul valore aggiunto; circostanza, questa, che – secondo la Corte di Lussemburgo – spetta al giudice del rinvio verificare (C. Giust. 6.12.12, cit.; 31.1.13, cit.).

2.4. Di recente la Corte Europea ha ulteriormente approfondito tali temi ed ha affermato che “Le disposizioni della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, come modificata dalla direttiva 2002/38/CE del Consiglio, del 7 maggio 2002, devono essere interpretate nel senso che esse ostano a una normativa nazionale, quale quella di cui al procedimento principale, che neghi a un soggetto passivo il diritto di detrarre l’imposta del valore aggiunto dovuta o assolta per beni che gli sono stati ceduti sulla base dei rilievi che la fattura è stata emessa da un soggetto che deve essere considerato, con riferimento ai criteri previsti da tale normativa, un soggetto inesistente e che è impossibile identificare il vero fornitore dei beni, tranne nel caso in cui si dimostri, alla luce di elementi oggettivi e senza esigere dal soggetto passivo verifiche che non gli incombono, che tale soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere che detta cessione si iscriveva in un’evasione dell’imposta sul valore aggiunto, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.” (Corte Giust. 22.10.2015, C-277/14).

2.5. Ciò premesso, non può revocarsi in dubbio che l’Amministrazione possa assolvere al suo onere probatorio anche mediante presunzioni, come espressamente prevede, per l’IVA, il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 2 (analoga previsione è contenuta, per le imposte dirette, nel d.P.R. n. 917 del 1986, art. 39, comma 1, lett. d), e mediante elementi indiziari (cfr. Cass. 21953/07; Cass. 9108/12; 15741/12, in motivazione; 23560/12; 27718/13; 20059/2014; nello stesso senso C. Giust. 6.7.06, C- 439/04, C. Giust., 21.2.06, C-255/02; C. Giust. 21.6.12, C -80/11; C. Giust. 6.12.12, C- 285/11; C. Giust. 31.1.13, C-642/11).

2.6. Sulla scorta della pronuncia C-277/14, questa Corte di recente ha considerato che in alcuni casi “l’onere probatorio dell’amministrazione finisce con l’appesantirsi, in quanto, di norma, non è possibile esigere che il cessionario/committente, al fine di assicurarsi che non sussistano irregolarità o evasioni nella catena delle cessioni, verifichi che l’emittente della fattura correlata ai beni e ai servizi ne disponesse e fosse in grado di fornirli e che abbia soddisfatto i propri obblighi di dichiarazione e di pagamento dell’IVA, o che disponga dei relativi documenti” (Cass. n. 24490/2015), rimarcando che tuttavia, continua a prospettarsi un obbligo di verifica in capo al cessionario/committente a fronte di indizi che gli consentano di sospettare l’esistenza appunto di irregolarità o di evasione; indizi, che devono essere allegati e provati dall’amministrazione in base ad elementi oggettivi, anche presuntivi (tra varie, Cass. n. 20059/2014, n. 15044/2014, n.5404/2016).

2.7. Per quanto riguarda l’esercizio del diritto a detrazione va, inoltre, ribadito secondo una giurisprudenza costante della Corte di Giustizia – che il principio fondamentale della neutralità dell’IVA esige che la detrazione dell’IVA pagata a monte venga riconosciuta se sono soddisfatti i requisiti sostanziali, quand’anche taluni requisiti formali siano stati disattesi dal soggetto passivo, e che i requisiti sostanziali del diritto a detrazione sono quelli che stabiliscono il fondamento stesso e l’estensione di tale diritto, come quelli previsti nel capo 1 del titolo X della direttiva IVA, intitolato “Origine e portata del diritto a detrazione”, mentre i requisiti formali del suddetto diritto disciplinano le modalità e il controllo dell’esercizio del diritto medesimo nonchè il corretto funzionamento del sistema dell’IVA, come nel caso degli obblighi di contabilità, di fatturazione e di dichiarazione (C. Giust. 28.07.2016, C-332/15, punto 45 e 47 e la giurisprudenza ivi cit.)

2.8. Nel caso in esame la CTR non ha dato corretta applicazione a detti principi e la motivazione risulta insufficiente e va cassata.

2.9. Invero il giudice tributario di merito, investito della controversia avente ad oggetto l’atto impositivo, in applicazione dei predetti principi, avrebbe dovuto valutare, con giudizio di fatto censurabile in cassazione solo per vizi attinenti alla congruità ed alla coerenza logica della motivazione, la sussistenza dei caratteri di gravità, precisione e concordanza degli indizi motivanti l’atto medesimo, esaminandoli sia singolarmente sia nel loro complesso, ed esponendo adeguatamente l’esito di tale giudizio nella motivazione della sentenza e, successivamente, valutare gli elementi probatori a discarico offerti dalla contribuente.

2.10. Come emerge dalla lettura della sentenza, la CTR non ha dato applicazione a detti principi in quanto ha affermato erroneamente e con eccessiva concisione la necessità da parte dell’Amministrazione di offrire “prova certa” dell’inesistenza delle operazioni mediante documenti contabili ed indagini bancarie ed ha ritenuto la effettività delle operazione dalla regolarità formale della documentazione contabile e di pagamento, nonostante sia risaputo che, in presenza di operazioni soggettivamente o oggettivamente inesistenti la regolarità formale è spesso utilizzata per vestire di credibilità le operazioni stesse, tutto ciò in modo assertivo e senza accompagnare tale statuizione con alcuna disamina degli elementi presuntivi acquisiti nel corso del giudizio. In tal modo non ha considerato che la prova può sostanziarsi anche di presunzioni gravi, precise e concordanti, con conseguente inversione dell’onere probatorio sul contribuente ed ha mancato di esaminare gli elementi presuntivi offerti dall’Amministrazione.

3.1. In conclusione il ricorso va accolto sui due motivi; la sentenza impugnata va cassata e, non potendo essere decisa nel merito, va rinviata alla CTR del Piemonte in diversa composizione per il riesame e per la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità.

PQM

 

– accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR del Piemonte in diversa composizione per il riesame e per la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 23 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2017

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