Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1729 del 24/01/2018


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 1729 Anno 2018
Presidente: DI IASI CAMILLA
Relatore: STALLA GIACOMO MARIA

ORDINANZA
sul ricorso 19255-2013 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente contro
SV

IMMOBILIARE

SRL

UNIPERSONALE

UNICO

SOCIO,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA AURELIA 353,
presso lo studio dell’avvocato MARIO GIRARDI, che lo
rappresenta e difende;
– controricorrente avverso la sentenza n. 54/2013 della COMM.TRIB.REG. di
NAPOLI, depositata il 24/01/2013;

Data pubblicazione: 24/01/2018

udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 22/11/2017 dal Consigliere Dott. GIACOMO

MARIA STALLA.

Rilevato che:
§ 1. L’agenzia delle entrate propone due motivi di ricorso per la cassazione
della sentenza n. 54/46/13 del 24 gennaio 2013 con la quale la
commissione tributaria regionale della Campania, in accoglimento
dell’appello di parte contribuente, ha ritenuto illegittimo l’avviso di rettifica
e liquidazione notificato alla S.V. Immobiliare srl unipersonale per maggiore
imposta di registro su atto del 26.6.08. Atto con il quale quest’ultima

Appio al prezzo dichiarato di euro 300.000,00, e da essa Agenzia rettificato
in euro 1.363.500,00 (euro 30,00/mq.); valore poi ridotto dal primo
giudice all’importo di euro 970.000,00.
La commissione tributaria regionale, in particolare, ha ritenuto che: l’avviso in esame non fosse adeguatamente motivato, vista anche la
mancata allegazione ad esso della stima operata dall’Ufficio del Territorio di
Teano; – l’ufficio non avesse comunque provato in giudizio il maggior valore
rettificato; anche a fronte delle opposte risultanze istruttorie che
deponevano per la congruità del valore dichiarato in atto.
Resiste con controricorso la S.V. Immobiliare srl.

§ 2.1 Con il primo motivo di ricorso l’agenzia delle entrate lamenta – ex
art.360 1^ co. n.4 cpc – violazione o falsa applicazione degli artt. 51, 3^
co., 52, 1^ e 2^ co., e 59, 2^ co., d.p.r. 131/86. Per non avere la
commissione tributaria regionale considerato che l’avviso recava sufficiente
motivazione (“il valore dichiarato è stato rettificato perché inferiore al
valore venale in comune commercio. Trattasi di terreno ricadente in zona
D-PIP impianti produttivi con indice di copertura 0,20 mq/mq. Si valuta
euro 30,00 secondo rog.AE Ufficio di Teano, competente per territorio”) sui
presupposti in fatto e sui criteri astratti utilizzati per la rettifica. In ogni
caso, la commissione tributaria regionale aveva omesso di esperire
consulenza tecnica d’ufficio, così da addivenire all’accertamento del
corretto valore venale.
Con il secondo motivo di ricorso l’agenzia delle entrate lamenta – ex
art.360, 1^co.n.5) cpc – omessa motivazione su un fatto decisivo;
costituito dall’effettivo valore venale dei terreni, dalla commissione
tributaria regionale non accertato.

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Ric.n.19255/13 rg. – Adunanza in cam.cons. del 22 novembre 2017

società aveva acquistato alcuni terreni edificabili in Comune di Marziano

§ 2.2 I due motivi di ricorso – suscettibili di trattazione unitaria per la
stretta connessione delle questioni da essi poste – sono infondati.
Nella decisione della commissione tributaria regionale è individuabile una
duplice ratio, costituita – per un verso – dalla carenza di motivazione
dell’avviso, caratterizzato dalla mancata allegazione (ovvero riproduzione
dei passaggi essenziali) della rogatoria disposta presso l’ufficio del territorio
di Teano, e – dall’altro – dalla carenza di prova del maggior valore

In particolare, la commissione tributaria regionale ha evidenziato che: il richiamo del tutto generico alla rogatoria dell’ufficio tecnico non poteva
soddisfare né il requisito motivazionale, né quello probatorio, facendo
difetto qualsiasi riferimento ad atti, perizie, divisioni riguardanti beni aventi
caratteristiche simili a quelli compravenduti; – l’ufficio aveva conteggiato ad
euro 30,00/mq. l’intera superficie trasferita, senza tenere conto della
porzione non edificabile e dei costi di urbanizzazione, sicchè doveva
ritenersi invece probante la perizia giurata in atti, nella quale il terreno era
stato valutato euro 298.766,50 (dunque in linea con il dichiarato); – la
stima dell’ufficio non teneva conto del fatto che si trattava di

“terreno

ubicato alla periferia est di Marzano Appio, in zona totalmente priva di
infrastrutture, confinante con zone agricole, gravata da vincoli di viabilità e
rientrante in una lottizzazione convenzionata con il Comune ove erano
previste a carico dei proprietari tutte le spese afferenti la realizzazione
dell’urbanizzazione primaria”.

§ 2.3 Questa motivata decisione non è suscettibile di rivisitazione nella
presente sede di legittimità.
Va intanto considerato che, secondo quanto appurato dal giudice di
merito, l’avviso di rettifica non allegava né riproduceva la stima tecnica
richiamata; la quale, poi prodotta in corso di giudizio, non recava
comunque circostanziati elementi dimostrativi del maggior valore
accertato, segnatamente con riguardo ad atti similari intercorsi nel triennio
(art.51 d.p.r. 131/86).
Alla carenza di prova da parte dell’amministrazione finanziaria
(correttamente considerata parte in senso sostanziale e, dunque, onerata
di provare la fondatezza della pretesa impositiva in tutti i suoi elementi

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Ric.n.19255/13 rg. – Adunanza in cam.cons. dei 22 novembre 2017

accertato.

costitutivi) si contrapponevano le circostanze invece dedotte dalla società
contribuente (concreta tipologia del terreno; costi di urbanizzazione; altri
elementi desumibili da una perizia giurata), attestanti la congruità del
dichiarato.
Orbene, questa valutazione è stata sufficientemente argomentata dal
giudice di appello e, proprio in quanto tale, non può essere qui
riconsiderata ex art.360, lAco.n.5) cpc.

momento che la commissione tributaria regionale ha sì il potere-dovere di
stabilire i limiti, anche quantitativi, di fondatezza della pretesa (in quanto
investita di un giudizio, quello tributario, che non è di sola impugnazione
rescindente, ma anche di accertamento nel merito della legalità sostanziale
dell’imposizione), ma tale funzione non può spingersi oltre i limiti della
domanda e dell’onere probatorio di parte; così da supplirvi venendo meno
ai doveri di terzietà.
Il che vale anche per la (lamentata) mancata disposizione di consulenza
tecnica d’ufficio ex art.7 d.lgs. 546/92 (dichiarata espressamente
“superflua”

nella sentenza impugnata); trattandosi pur sempre di

strumento di natura integrativa e tecnico-conoscitiva suscettibile di impiego
eccezionale – a discrezione del giudice di merito – nei limiti dei fatti dedotti
dalle parti, e senza finalità idonee a sovvertire la regola generale dell’onere
probatorio.
Si è, in proposito, affermato che “in tema di contenzioso tributario, l’art.
7 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, che attribuisce al giudice il potere di
disporre l’acquisizione d’ufficio di mezzi di prova, dev’essere interpretato
alla luce del principio di terzietà sancito dall’art. 111 Cost., il quale non
consente al giudice di sopperire alle carenze istruttorie delle parti,
sovvertendo i rispettivi oneri probatori: tale potere, pertanto, può essere
esercitato soltanto ove sussista un’obiettiva situazione di incertezza, al fine
d’integrare gli elementi di prova già forniti dalle parti, e non anche nel caso
in cui il materiale probatorio acquisito agli atti imponga una determinata
soluzione della controversia” (Cass.24464/06 ed altre).
D’altra parte, dal ragionamento esplicitato dalla commissione tributaria
regionale risulta univocamente come la stessa non abbia affatto omesso di

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Ric.n.19255/13 rg. – Adunanza in cam.cons. del 22 novembre 2017

Nemmeno, poi, sono riscontrabili le denunciate violazioni normative, dal

stabilire il reale valore venale attribuibile al terreno in questione al
momento dell’atto, essendo stato – tale valore venale – dalla medesima
individuato proprio in quello dichiarato in atto dalle parti.
Affermazione,

quest’ultima,

evidentemente

significativa

del

convincimento di ‘totale’ illegittimità dell’avviso opposto.

Pq m

rigetta il ricorso;

pone a carico della ricorrente agenzia delle entrate le spese del
presente procedimento, che liquida in euro 5.600,00, oltre
rimborso forfettario spese generali ed accessori di legge.

Così deciso nella camera di consiglio della quinta sezione civile in data
22 novembre 2017.
Il Presidente
Carniit

Di Iasi

La Corte

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