Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17288 del 24/08/2016


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Cassazione civile sez. I, 24/08/2016, (ud. 15/06/2016, dep. 24/08/2016), n.17288

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPPI Aniello – Presidente –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18486-2012 proposto da:

FALLIMENTO RESIGLASS E KELTERNOVA DI M.P. E

T.P., in persona del Curatore rag. V.M. elettivamente

domiciliato in Roma, Via Del Viminale 43, presso l’avvocato

LORENZONI Fabio, che lo rappresenta e difende giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

INTEREUROPEA S.P.A. IN LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA, in persona

dei Commissari Liquidatori pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, LARGO GEN. GONZAGA DEL VODICE 2, presso l’avvocato ALESSANDRO

PAZZAGLIA, che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 514/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 30/01/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/06/2016 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE DE MARZO;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato RAFFAELLA CHIUMMIENTO, con

delega, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato ALESSANDRO PAZZAGLIA che

ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SOLDI Anna Maria, che ha concluso per l’improcedibilità o comunque

per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza depositata il 30 gennaio 2012 la Corte d’appello di Roma ha rigettato l’appello proposto dal curatore del fallimento della società di fatto Resiglas e Kelternova di M.P. e T.P. nei confronti della Intereuropea s.p.a. in liquidazione coatta amministrativa avverso la decisione di primo grado, che aveva respinto l’opposizione allo stato passivo finalizzata ad ottenere l’ammissione di crediti indennitari quantificati attraverso due perizie contrattuali.

2. La Corte territoriale ha ritenuto che l’art. 26 della polizza stipulata dalle parti, che prevedeva la vincolatività delle risultanze della perizia contrattuale, non era opponibile alla società in liquidazione coatta amministrativa, da considerare soggetto terzo rispetto alla società in bonis.

3. Avverso tale sentenza, la curatela del fallimento della società di fatto Resiglas e Kelternova di M.P. e T.P. propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi. Resiste con controricorso la Intereuropea s.p.a. in liquidazione coatta amministrativa. Parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Prima di procedere all’esame dei motivi del ricorso, va verificata la tempestività dell’atto di impugnazione.

Nel caso di specie, la mancata ammissione del credito risale al 24 maggio 2001 e l’opposizione è stata proposta in data 7 giugno 2001, in relazione ad una procedura di liquidazione coatta amministrativa risalente al 1985.

Ora, in materia di opposizione allo stato passivo, il termine dimidiato previsto per il ricorso per cassazione dalla L. Fall., art. 99, comma 5, (nel testo vigente ratione temporis, anteriore al D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, ai sensi dell’art. 150 medesimo D.Lgs.) è operante anche per la liquidazione coatta amministrativa, in virtù del richiamo di cui alla L. Fall., art. 209, comma 3. Nè su tale disciplina ha inciso la sentenza n. 152 del 1980 della Corte costituzionale, in quanto la declaratoria di parziale illegittimità costituzionale della L. Fall., art. 99 ha riguardato esclusivamente la decorrenza del termine di impugnazione della sentenza emessa nel giudizio di opposizione allo stato passivo (da individuarsi con riferimento alla notificazione della stessa, atteso il carattere di lex generalis della norma di cui all’art. 326 c.p.c.) e non anche la riduzione della metà del termine di impugnazione previsto per i giudizi ordinari (Cass. 25 settembre 2014, n. 20291). Nel caso di specie, la sentenza impugnata risulta notificata presso il procuratore costituito in appello, avv. Fabio Lorenzoni, via del Viminale, 43, Roma, in data 22 maggio 2012, laddove il ricorso risulta presentato per la notifica all’ufficio postale in data 20 luglio 2012, ossia oltre il prescritto termine di trenta giorni.

Nella memoria depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c., parte ricorrente deduce: a) che “la formula esecutiva valeva ad introdurre la fase esecutiva; b) che il plico postale risultava consegnato a persona non meglio identificata, della quale non era riportato il nome.

Sotto il primo profilo, va ribadito che la notificazione della sentenza in forma esecutiva alla parte presso il procuratore costituito è equivalente a quella eseguita al procuratore stesso, sicchè essa è idonea a far decorrere il termine breve di impugnazione sia per il destinatario della notifica che per il notificante (Cass. 3 marzo 2015, n. 4260).

Sotto il secondo profilo, va osservato che, in linea generale, la qualità di persona di famiglia o di addetta alla casa, all’ufficio o all’azienda di chi ha ricevuto l’atto si presume iuris tantum dalle dichiarazioni recepite dall’ufficiale giudiziario nella relata di notifica, incombendo al destinatario dell’atto, che contesti la validità della notificazione, l’onere di fornire la prova contraria (v., ad es., Cass. 17 dicembre 2014, n. 26501, in tema di notifica ai sensi dell’art. 139 c.p.c., comma 2). Alla stregua di tali principi, si è condivisibilmente ritenuto che, in ipotesi di consegna dell’atto da notificare presso lo studio del legale domiciliatario a mani di soggetto in esso rinvenuto, la qualità di persona addetta alla ricezione si presume per la sua presenza nel locale in questione, restando, quindi, onere del destinatario della notifica dare dimostrazione dell’inidoneità del soggetto medesimo alla ricezione degli atti, allegando e provando la casualità della sua presenza, l’esistenza di un rapporto di lavoro non legato all’attività professionale o la mancanza di delega al riguardo (Cass. 27 dicembre 2011, n. 28895). In tale quadro di riferimento, le critiche del ricorrente risultano di assoluta genericità.

3. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile per tardività. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 7.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfetarie e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 15 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 24 agosto 2016

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