Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17288 del 19/08/2020

Cassazione civile sez. II, 19/08/2020, (ud. 06/11/2019, dep. 19/08/2020), n.17288

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24294-2015 proposto da:

M.V.N., elettivamente domiciliato in Roma Piazza

Benedetto Cairoli 2, presso lo studio dell’avvocato Orazio &

Partners Studio Legale Associato Castellana, rappresentato e difeso

dall’avvocato Tommaso Savito;

– ricorrente –

contro

Mo.Lu., elettivamente domiciliato in Roma, Via Gregorio Vii

154, presso lo studio dell’avvocato Arcangelo Bruno, rappresentato e

difeso dall’avvocato Giuseppe De Giorgio;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza della Corte d’appello di Lecce Sez.Dist. di

Taranto, depositata il 09/07/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/11/2019 dal Consigliere Dr. Casadonte Annamaria;

udito il P.M. nella persona del Sostituto procuratore generale Dr.

Capasso Lucio, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il presente giudizio trae origine dal ricorso tempestivamente notificato il 7/10/2015 da M.V.N. nei confronti dell’ordinanza emessa ai sensi dell’art. 348-bis e ter c.p.c. dalla Corte d’appello di Lecce-sezione distaccata di Taranto che ha dichiarato inammissibile la sua impugnazione della sentenza di primo grado.

2. Il contenzioso giudiziario era insorto a seguito di citazione notificata nel 2007 da Mo.Lu. a M.A., padre di V.N., al fine di far accertare il confine fra i rispettivi fondi assumendo che esso fosse incerto.

3.Costituitosi tardivamente il convenuto contestava la domanda attorea eccependo che il confine non era incerto e coincideva con la striscia di terreno utilizzata quale passaggio fra gli stessi e contestava, altresì, le risultanze della disposta ctu.

4. Il convenuto assumeva inoltre di avere instaurato un separato giudizio al fine di conseguire la declaratoria di usucapione o di accessione invertita della porzione di terreno che il Mo. chiedeva in restituzione quale conseguenza dell’accoglimento della domanda principale di regolamentazione dei confine.

5.A seguito della riunione dei due giudizi e di ctu sugli alberi insistenti sulla proprietà del convenuto, il giudice di primo grado accoglieva la domanda di accertamento dei confini e rigettava quella del M. relativa all’usucapione della striscia di terra occupata con gli alberi.

6. Il convenuto soccombente appellava la sentenza riproponendo le difese svolte nel primo grado.

7.La corte d’appello, premesse alcune osservazioni in relazione alla novellata formulazione dell’art. 342 c.p.c., dichiara l’inammissibilità del gravame perchè l’appellante non aveva individuato le parti della sentenza di cui chiedeva la modifica.

8. Dichiarava altresì l’inammissibilità dell’appello per non avere la ragionevole probabilità di essere accolto ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c. ritenendo esaustive e convincenti le argomentazioni esposte dal giudice di prime cure.

9.La cassazione dell’ordinanza della corte territoriale è chiesta dal convenuto M.V.N. sulla base di sette motivi, cui resiste con controricorso Mo.Lu..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

10.Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 166 c.p.c., art. 167 c.p.c., comma 2 e art. 171 c.p.c., comma 2, per non avere la corte d’appello considerato le censure mosse alla sentenza di primo grado laddove in ragione della tardiva costituzione del convenuto lo ha dichiarato decaduto dalle eccezioni di merito volte al rigetto delle domande attoree.

11.Con il secondo motivo si denuncia la mancata acquisizione delle fotografie prodotte in appello al fine di illustrare le caratteristiche della strada, pur dandosi al contempo atto che le stesse sono state implicatamente ammesse dal momento che la corte territoriale ne ha ritenuto l’irrilevanza (cfr. pag. 26 del ricorso).

12.Con il terzo motivo si deducono i due profili della violazione dell’art. 950 c.c. e degli artt. 950 e 948 c.c. riguardanti la contestazione mossa sin da primo grado da parte del ricorrente circa l’inammissibilità dell’azione di regolamentazione dei confini avendo egli sempre contestato l’asserita incertezza degli stessi e quindi il presupposto dell’azione promossa dal Mo..

13.Con il quarto motivo si denuncia formalmente la violazione degli art. 922,939,817 e 950 c.c. nonchè dell’art. 100 c.p.c. per non avere la corte territoriale tenuto conto che la strada intercorrente fra le due proprietà confinanti era stata realizzata con l’apporto di frazioni di suolo appartanenti ai confinanti che la usavano prominscuamente rendendo per tale ragione evidente l’inammissibilità dell’actio finium regundorum proposta dall’attore.

14. Con il quinto motivo si denuncia in relazione agli artt. 115 e 116 c.p.c. la mancata valutazione da parte della corte territoriale dei fatti non contestati e delle prove non ammesse da parte del giudice di primo grado.

15. Con il sesto motivo si denuncia formalmente la violazione dell’art. 112 c.p.c. per non avere accolto la domanda di usucapione avanzata dal M..

16. Con il settimo motivo si censura la violazione dell’art. 91 c.p.c. e art. 92 c.p.c., comma 2 per avere la corte territoriale condannato l’odierno ricorrente alla rifusione delle spese di lite.

17. Descritti,seppure sinteticamente, i motivi di impugnazione dedotti nel ricorso avverso l’ordinanza della corte tarantina, ritiene il collegio che sia preliminare alla delibazione sull’ammissibilità delle singole censure, il rilievo che, come sopra evideziato sub 7 e 8, l’ordinanza è fondata su una duplice ratio decidendi. Infatti, la corte territoriale ha ritenuto, per un verso, l’appello inammissibile ai sensi dell’art. 342 c.p.c. per mancata individuazione delle parti della sentenza gravata di cui si chiede la modifica e, per l’altro, l’ha ritenuto pure inammissibile ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c. per mancanza di ragionevole probabilità di essere accolto.

18.Ciò posto emerge ictu oculi che la statuizione di inammissibilità dell’appello ex art. 342 c.p.c. non è oggetto del ricorso e, pertanto, non è attinta dall’impugnazione: ne deriva l’applicazione del principio giurisprudenziale ripetutamente affermato da questa corte secondo il quale non introducendo il ricorso in cassazione un terzo grado di giudizio, ma un rimedio impugnatorio a critica vincolata ed a cognizione determinata dall’ambito della denuncia attraverso il vizio o i vizi dedotti, deve affermarsi che, nel caso in cui la decisione impugnata sia fondata su una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome, ciascuna logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggerla, il ricorso, per qualificarsi come ammissibile, deve rivolgersi contro ciascuna di queste, in quanto l’eventuale suo accoglimento non toccherebbe le ragioni non censurate e la decisione impugnata resterebbe ferma in base ad esse (cfr. Cass. 13070/3386/2011; Sez. Un. 7931/2013; 18641/2017).

19. La conseguenza dell’applicazione al caso di specie di tale principio, valevole a prescindere dalla forma della decisione impugnata, comporta dunque l’inammissibilità del ricorso per difetto di interesse, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, sicchè non potrebbe produrre in nessun caso l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

20. Stante l’esito del ricorso ed in applicazione del principio di soccombenza, il ricorrente va condannato alla rifusione delle spese di lite nella misura liquidata in dispositivo.

21.Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in Euro 1500,00 oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali ed oltre accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 6 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 agosto 2020

 

 

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