Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17288 del 17/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 17/06/2021, (ud. 10/03/2021, dep. 17/06/2021), n.17288

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. GALATI Vincenzo – rel Consigliere –

Dott. CORRADINI Grazia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al n. 7083 del ruolo generale dell’anno 2015

proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

gli uffici della quale in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, si

domicilia;

– ricorrente –

contro

ARC EN CIEL Società Cooperativa a r.l. in liquidazione coatta

amministrativa, in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentata e difesa, in virtù di procura a margine del

controricorso, dall’Avv. Francesco Bauro presso il cui studio in

Roma, Viale Angelico, n. 101 è elettivamente domiciliata;

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 7473/14 della Commissione tributaria regionale

della Campania – sez. di Salerno depositata in data 29.07.2014;

udita nella camera di consiglio del 10.3.2021 la relazione svolta dal

consigliere Vincenzo Galati.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La controversia trae origine dall’opposizione proposta dalla società contribuente avverso la cartella di pagamento emessa da Equitalia Polis s.p.a. a titolo di recupero di minor credito IVA, oltre accessori a seguito di liquidazione D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36-bis, del modello IVA 2007 per l’anno di imposta 2006.

La Commissione tributaria provinciale di Salerno ha rigettato il ricorso della società che ha proposto appello.

La CTR della Campania, con sentenza 7473/14 ha accolto l’appello della società rilevando, in primo luogo, che in caso di mancata presentazione della dichiarazione annuale, si determina solo la perdita definitiva del diritto di avvalersi delle eccedenze maturate a credito per quell’anno, ma non anche la perdita del diritto al rimborso nel rispetto dei termini di legge e che tale principio vale solo nel caso in cui quel credito non sia stato indicato nella prima dichiarazione utile.

Ciò in quanto il principio di neutralità dell’IVA giustifica che la perdita del diritto al recupero del tributo costituisce un’eccezione alla regola generale.

Nella fattispecie, il credito d’imposta era stato riportato nella prima dichiarazione utile e quindi la pretesa dell’Agenzia delle Entrate era infondata.

La CTR ha altresì dato atto della doglianza della contribuente relativa all’omesso invio dell’avviso di irregolarità e della conseguente omessa instaurazione del contraddittorio che ha impedito la verifica della sussistenza del credito.

Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate affidandolo a due motivi.

La contribuente ha resistito con controricorso ed ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30, comma 2, art. 28, comma 3 e 4, art. 54-bis, comma 2, lett. b), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

La CTR ha confuso il diritto alla detrazione con la perdita del diritto di credito derivante dall’omessa o tardiva presentazione della dichiarazione annuale.

Dall’insieme delle norme asseritamente violate discende il principio (non applicato dai giudici di merito) in base al quale quando il contribuente omette di presentare la dichiarazione annuale o la presenta in ritardo, non può “recuperare” la detrazione del credito nella dichiarazione dell’anno successivo, fermo restando il diritto di chiedere all’Ufficio il rimborso con la presentazione di apposita documentazione a supporto.

L’errore nel quale incorre il contribuente che opera in senso contrario a quanto ora precisato può essere corretto dall’Agenzia con la procedura automatizzata, emergendo dalla stessa dichiarazione l’eccedenza di imposta relativa all’anno precedente.

2. Il secondo motivo censura la sentenza per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 54-bis, e della L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5, in relazione all’art. 360, comma 1 n. 3.

Il principio del contraddittorio endoprocedimentale relativo ai controlli automatizzati delineato dalle norme in questione impone l’obbligo della preventiva comunicazione nel caso in cui dal controllo emergano un risultato diverso da quello indicato in dichiarazione o incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione.

Nel caso di liquidazione IVA ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 54-bis, l’univocità dei dati a disposizione dell’Ufficio esclude la necessità dell’intervento del contribuente.

3. Vanno preliminarmente esaminate le due eccezioni di inammissibilità sollevate dalla controricorrente.

3.1. Con la prima si sostiene l’inammissibilità del ricorso per l’assenza della sommaria esposizione dei fatti di causa ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1.

L’eccezione è priva di fondamento atteso che l’atto introduttivo del presente giudizio contiene una sintetica ma esaustiva esposizione delle ragioni della pretesa erariale, di quelle fatte valere dalla contribuente nei giudizi di merito, delle difese dell’Amministrazione e delle decisioni di primo e secondo grado.

Peraltro, sulle ragioni della decisione impugnata, allo scopo di confutarle, il ricorso si sofferma anche nell’illustrazione della parte motiva.

Dall’esame complessivo dell’atto, quindi, è agevolmente evincibile quale sia stata la posizione assunta dalle parti nelle fasi di merito, le decisioni assunte dai giudici ed il loro fondamento.

D’altronde, anche recentemente, la Corte di legittimità, sul punto ha deciso che “per soddisfare il requisito imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, il ricorso per cassazione deve indicare, in modo chiaro ed esauriente, sia pure non analitico e particolareggiato, i fatti di causa da cui devono risultare le reciproche pretese delle parti con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le giustificano in modo da consentire al giudice di legittimità di avere la completa cognizione della controversia e del suo oggetto, senza dover ricorrere ad altre fonti e atti del processo, dovendosi escludere, peraltro, che i motivi, essendo deputati ad esporre gli argomenti difensivi possano ritenersi funzionalmente idonei ad una precisa enucleazione dei fatti di causa” (Cass. sez. 1, 3 novembre 2020, n. 24432).

3.2. La seconda eccezione di inammissibilità riguarda una presunta carenza di interesse al ricorso per cassazione non avendo la ricorrente censurato tutte le “rationes decidendi” della sentenza della CTR.

In particolare, i giudici di appello hanno ritenuto fondata l’impugnazione della cartella esattoriale anche alla luce del D.P.R. n. 322 del 1987, art. 8, D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, ed D.P.R. n. 443 del 1997, art. 1, nonchè di alcune risoluzioni dell’Agenzia delle Entrate (in particolare le nn. 74/E/2007 e 21/E/13) del tutto trascurate nell’atto cha introdotto il presente giudizio.

L’eccezione non è fondata.

Il riferimento alle norme indicate dalla controricorrente è assente nella parte motiva della decisione, mentre quello alle circolari dell’Agenzia delle Entrate non integra una autonoma “ratio decidendi”, nel senso che sul medesimo non poggia alcuna delle argomentazioni a fondamento della sentenza della CTR atteso che il richiamo agli atti interni dell’Amministrazione costituisce una parte dello sviluppo argomentativo della sentenza che si poggia sull’affermazione di diritto secondo cui il diritto alla detrazione dell’imposta risultante a credito viene perso nel solo caso in cui non venga riportato nella prima dichiarazione utile.

Tale l’unica autonoma “ratio decidendi” sul punto; “ratio” oggetto di motivata contestazione con il primo motivo di ricorso.

4. Il primo motivo di ricorso è infondato.

La questione controversa, per come segnalato anche dalla controricorrente nelle memoria, è stata risolta da un intervento delle Sezioni Unite che hanno affermato il principio secondo cui “la neutralità dell’imposizione armonizzata sul valore aggiunto comporta che, pur in mancanza di dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, l’eccedenza d’imposta, che risulti da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno e sia dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, va riconosciuta dal giudice tributario se il contribuente abbia rispettato tutti i requisiti sostanziali per la detrazione, sicchè, in tal caso, nel giudizio d’impugnazione della cartella emessa dal fisco a seguito di controllo formale automatizzato non può essere negato il diritto alla detrazione se sia dimostrato in concreto, ovvero non sia controverso, che si tratti di acquisti compiuti da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati ad IVA e finalizzati ad operazioni imponibili” (Cass. sez. un. 8 settembre 2016, n. 17757 cui ha fatto seguito l’allineamento della giurisprudenza di legittimità pressochè costante: da ultimo Cass. sez. 5, 23 febbraio 2018, n. 4392; Cass. sez. 6-5, 3 aprile 2018, n. 8131; Cass. sez. 5, 7 marzo 2018, n. 15459; Cass. sez. 5, 24.2.2021, n. 4978).

Ne deriva che il contribuente può portare in detrazione l’eccedenza d’imposta anche in assenza della dichiarazione annuale finale atteso che la sussistenza dei requisiti sostanziali per fruire della detrazione (non oggetto di contestazione in questa sede) esclude la rilevanza della mancanza dei requisiti formali, incluse le liquidazioni periodiche, purchè venga rispettato il termine biennale di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, per l’esercizio del diritto di detrazione.

5. Il secondo motivo è inammssibile in quanto tenta di aggredire una “ratio decidendi” in realtà inesistente.

La CTR ha dato atto in sentenza della doglianza della contribuente relativa alla mancata preventiva comunicazione di irregolarità senza, tuttavia, fare discendere dalla stessa alcuna conseguenza in punto di invalidità della cartella.

Piuttosto, ha precisato che l’omessa comunicazione di irregolarità ha impedito alla contribuente “di offrire la documentazione che consentisse la verifica della sussistenza del credito”.

Si tratta di documentazione che, prodotta in giudizio, “in difetto di contestazioni sulla relativa (n.d.e.) capacità probatoria”, è stata giudicata idonea a dimostrare l’esistenza contabile del credito.

Pertanto, la CTR ha operato un accertamento in fatto dell’esistenza del credito, senza statuire alcunchè in ordine all’eccezione di difetto del preventivo contraddittorio conseguente alla mancata comunicazione di irregolarità.

Da ciò deriva che, non essendo il motivo afferente alla “ratio decidendi” effettiva ed unica della sentenza (come sopra precisato al par. 3.2.), il relativo motivo di ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

6. Da quanto esposto consegue il rigetto complessivo del ricorso.

L’oscillazione della giurisprudenza nel corso del giudizio giustifica la compensazione delle spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso;

compensa tra le parti le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 10 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 17 giugno 2021

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