Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17283 del 23/08/2016


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Cassazione civile sez. VI, 23/08/2016, (ud. 08/06/2016, dep. 23/08/2016), n.17283

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19316/2015 proposto da:

M.S. ((OMISSIS)), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA CARONCINI 27, presso lo studio dell’Avvocato MARINA WONGHER, che

lo rappresenta e difende unitamente all’Avvocato MARINA MELCHIORI,

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

HARMONT & BLAINE S.P.A., (PI (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

FASANA 21, presso lo studio dell’Avvocato MICHAEL LOUIS STIEFEL,

rappresentato e difeso dall’Avvocato GIUSEPPE FERRARO, giusta

delega;

– controricorrente –

e contro

Z.E., B.S., H.E., P.L.;

– intimati –

avverso il provvedimento R.G. 713/15 del TRIBUNALE di VENEZIA del

29/6/2015, depositato il 29/6/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio

dell’8/6/2016 dal Consigliere Dott. CATERINA MAROTTA;

lette le conclusioni del P.G. in persona del Dott. MARCELLO MATERA

che, visto l’art. 380 ter c.p.c., ha chiesto il rigetto del ricorso;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio

dell’8/6/2016 dal Consigliere Dott. CATERINA MAROTTA;

è presente l’Avvocato MARINA MELCHIORI per il ricorrente

M.S..

Fatto

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO

1 – M.S. ha proposto ricorso per regolamento necessario di competenza, avverso il provvedimento del 29 giugno 2015, con cui il Tribunale di Venezia – in funzione di giudice del Lavoro – ha (tra l’altro) ritenuto sussistente la competenza del Tribunale di Napoli Nord per ragioni di continenza.

Il ricorrente aveva agito innanzi al Tribunale di Venezia, con ricorso della L. n. 92 del 2012, ex art. 1, comma 48, depositato in data 27/3/2015, al fine di sentir dichiarare la nullità del licenziamento intimatogli dalla Harmont & Blaine S.p.A. in data 29/8/2014, ritenuto ritorsivo e discriminatorio e per l’effetto di ottenere l’applicazione delle sanzioni di cui all’art. 18 della St. lav., nonchè per far accertare, anche nei confronti di soggetti diversi dal datore di lavoro, l’esistenza di condotte di mobbing e vessatorie in suo danno e conseguire il relativo risarcimento del danno. Costituitasi in quel giudizio la Harmont & Blaine S.p.A. aveva preliminarmente eccepito la litispendenza o continenza della causa rispetto a quella introdotta dalla società, con ricorso depositato in data 4/12/2014, innanzi al Tribunale di Napoli Nord, in funzione di giudice del Lavoro, ai sensi della L. n. 92 del 2012, art. 1, commi 47 e segg., al fine di accertare la legittimità e validità del suddetto licenziamento del 29/8/2014. Pronunciando su tale ricorso del lavoratore, il Tribunale di Venezia, con il provvedimento impugnato, dichiarava inammissibile la domanda proposta nei confronti dei soggetti diversi dal datore di lavoro e, per quanto di interesse nel presente giudizio, riteneva sussistente un rapporto di continenza rispetto alla causa preventivamente instaurata dalla società e dichiarava, pertanto, la competenza del Tribunale di Napoli Nord. Quest’ultimo, decidendo (non in sede di riassunzione ma) sul ricorso originario proposto dalla società, declinava a sua volta la competenza assumendo che del tutto generiche fossero state le indicazioni fornite riguardo all’effettivo accentramento dei poteri di direzione e amministrazione della società datrice in (OMISSIS) e circa la sussistenza di un collegamento tra tale luogo e la sede legale.

Tanto premesso, il ricorrente assume che il Tribunale di Venezia abbia erroneamente omesso di considerare l’inammissibilità della domanda di accertamento proposta dal datore di lavoro ed in proposito rileva che la società non aveva nè interesse nè legittimazione a proporre l’azione ex legge Fornero, deponendo in tal senso il dato testuale dell’art. 4, commi 47 e 48, ed il chiaro riferimento alla impugnativa del licenziamento. Sottolinea che il Tribunale di Venezia, oltre ad aver errato nel dichiarare inammissibile la domanda di risarcimento per mobbing e condotte vessatorie nei confronti di soggetti diversi dal datore di lavoro, basata sugli stessi fatti costitutivi dell’impugnativa di licenziamento, ha altresì inesattamente ravvisato la continenza a favore del Tribunale di Napoli Nord, essendo evidente che la domanda formulata innanzi al Tribunale di Venezia aveva contenuto più ampio in quanto, oltre alla declaratoria di nullità per mancanza di giusta causa, era stata ivi avanzata anche la richiesta di accertamento dell’intento ritorsivo e del motivo illecito con condanna alla reintegra ed ai danni.

Resiste con controricorso la Harmont & Blaine S.p.A..

2 – Ritiene il Collegio di condividere in loto le conclusioni del Procuratore Generale.

Va innanzitutto affermata l’ammissibilità del ricorso, in quanto risulta che il giudice di merito, che ha pronunciato nella fase sommaria del rito cosiddetto Fornero della L. 28 giugno 2012, n. 92, ex art. 1, commi 47 e segg., ha statuito in via definitiva sulla propria incompetenza, atteso il carattere solo eventuale della fase a cognizione piena e l’idoneità al passaggio in giudicato dell’ordinanza conclusiva della fase sommaria in caso di omessa opposizione.

Questa Corte ha, infatti, precisato che, sebbene la giurisprudenza (Cass., Sez. un., 9 luglio 2009, n. 16091; Cass., Sez. un., 29 luglio 2013, n. 18189) abbia affermato l’inammissibilità della proposizione del regolamento di competenza in materia di procedimenti cautelari, essa ha motivato tale decisione facendo leva esclusivamente sulla natura giuridica di un provvedimento declinatorio della competenza in sede cautelare, che, in quanto caratterizzato dalla provvisorietà e dalla riproponibilità illimitata, non potrebbe essere oggetto di una procedura di regolamento, atteso che l’eventuale decisione sarebbe priva del requisito della definitività. Nel caso del procedimento ai sensi della L. n. 92 del 2012, art. 1, commi 48 e segg., invece, analoga pronuncia, emessa nella fase sommaria, è dotata di stabilità e pertanto, non sussistendo le ragioni che inducono a negare l’ammissibilità del regolamento di competenza nel caso dei procedimenti cautelati, il regolamento di competenza deve ritenersi ammissibile (Cass., Sez. un., 31 luglio 2014, n. 17443, con riferimento alla litispendenza).

Sulla base di quanto chiarito dalle Sezioni unite di questa Corte nella decisione da ultimo citata, va anche evidenziato che il regolamento di competenza ha per oggetto unicamente il provvedimento impugnato per cui sono ininfluenti i rilievi del ricorrente concernenti la causa pendente dinanzi al giudice preventivamente adito. In conseguenza, pur nella sussistenza di una situazione nella quale l’incompetenza sia stata dichiarata con riferimento ad un processo promosso con il rito della legge Fornero da parte del datore di lavoro, non è consentito a questa Corte di legittimità di esaminare, in sede di regolamento di competenza, profili di ammissibilità del ricorso attinenti al giudizio dinanzi al giudice preventivamente adito, a tal fine essendo rilevante unicamente il dato formale costituito dalla pendenza di un procedimento giurisdizionale presso altro giudice.

Tanto precisato, va osservato che il Tribunale di Venezia ha correttamente applicato il cd. principio della prevenzione di cui all’art. 39 c.p.c., comma 2. Come da questa Corte già ritenuto, nel caso di continenza di cause, la competenza, ai sensi dell’art. 39 c.p.c., comma 2, del giudice preventivamente adito sussiste anche quando la causa successivamente proposta sia quella contenente – atteso che la citata norma non assume il dato del maggior valore della causa ad elemento determinativo del giudice competente -, ed è esclusa solo se la causa posteriore esuli ratione valoris dai limiti della cognizione del giudice adito preventivamente o rientri nella competenza per materia o funzionale del giudice adito successivamente – cfr. Cass. 4 marzo 2002, n. 3109; Cass. 8 settembre 2006, n. 19291.

E’ stato, altresì, affermato che, ai sensi dell’art. 39 c.p.c., la relazione di continenza sussiste non solo quando due cause, pendenti contemporaneamente davanti a giudici diversi, abbiano identità di soggetti e di causae pelendi e differenza quantitativa di petitum (cd. continenza in senso stretto), ma anche quando vi sia una coincidenza parziale di causae petendi, ovvero qualora le questioni dedotte in una causa costituiscano il presupposto logico-giuridico necessario per la definizione dell’altra causa, o siano in tutto o in parte comuni alla decisione di entrambe, avendo le rispettive domande origine dal medesimo rapporto negoziale, risultando tra loro interdipendenti o contrapposte, cosicchè la soluzione dell’una interferisce su quella dell’altra (cd. continenza per specularità) – così Cass. 14 luglio 2011, n. 15532, Cass. 27 marzo 2007, n. 7525; si veda anche Cass. 30 novembre 2005, n. 26076 secondo cui: “L’istituto della continenza ricorre non solo quando due cause siano caratterizzate da identità di soggetti e titolo e da una differenza soltanto quantitativa dell’oggetto, ma anche quando, fra esse, sussista un rapporto giuridico che, oltre ad essere pregiudiziale rispetto a quello investito dall’altra, lo contenga in senso logico e giuridico, condizionandolo quanto ad esistenza ed effetti, come nel caso in cui la causa petendi dell’una comprenda quella dell’altra o quando si tratti di controversie aventi ad oggetto domande contrapposte o alternative che si colleghino ad un medesimo rapporto negoziale”.

Pertanto, a maggior ragione, la continenza è configurabile allorchè la questione sollevata con la lite precedentemente instaurata costituisca presupposto necessario della domanda che forma oggetto della seconda causa, di modo che l’attrazione di questa da parte della prima si imponga per realizzare un’economia di giudizi e per evitare una contraddittorietà di giudicati – così Cass. 18 marzo 2003, n. 4006.

Ed è proprio all’esistenza di un rapporto di interdipendenza tra la domanda avanzata dalla società dinanzi al Tribunale di Napoli Nord e quella successivamente proposta dal lavoratore dinanzi al Tribunale di Venezia che è fatto corretto riferimento nel provvedimento qui impugnato (restando così assorbita ogni questione posta dal ricorrente con riguardo alla pronuncia di inammissibilità della domanda risarcitoria asseritamente fondata sugli stessi fatti costitutivi dell’impugnativa di licenziamento).

In modo ineccepibile, poi, il Tribunale di Venezia ha proceduto anche alla verifica della competenza del Tribunale di Napoli Nord non soltanto in relazione alla causa da rimettergli ma anche i quella presso tale Tribunale già pendente (si veda Cass. 13 luglio 2006, n. 15905) e così ha ritenuto che tale competenza fosse stata correttamente individuata in applicazione del criterio del foro ove si trova la sede dell’azienda.

Trattasi di affermazione che non è fondatamente censurata.

Ed infatti, in termini generali, la competenza territoriale deve essere delibata sulla base della prospettazione della domanda (salvo che nei casi in cui questa appaia prima facie artificiosa e finalizzata soltanto a sottrarre la cognizione della causa al giudice predeterminato per legge). Detto principio non può essere derogato dalle contestazioni del convenuto in relazione agli elementi posti a fondamento di tale domanda, nè dalla eventuale domanda riconvenzionale, che, a norma dell’art. 36 c.p.c., è conosciuta dal giudice competente per la causa principale, purchè non ecceda la sua competenza per materia o valore (cfr. Cass. 4 agosto 2005, n. 16404; Cass. 17 maggio 2007, n. 11415; Cass. 26 marzo 2014, n. 7182).

Inoltre, in tema di competenza territoriale per le controversie soggette al rito del lavoro, dell’art. 413 c.p.c., comma 2, prevede (non già soltanto due, ma) tre fori speciali (quello in cui è sorto il rapporto, quello dell’azienda e quello della dipendenza cui il lavoratore è addetto o presso la quale prestava la sua opera alla fine del rapporto) di carattere alternativo, senza attribuire valore esclusivo o prevalente ad alcuno di essi, atteso che deve escludersi che il luogo dove si trova l’azienda (che, in caso di società, coincide con la sede sociale dove di fatto si accentrano i poteri di direzione ed amministrazione dell’azienda stessa) e quello in cui si trova una sua dipendenza alla quale sia addetto il lavoratore indichino un unico foro consistente nel luogo di esercizio dell’attività lavorativa. In tal senso si sono espresse, tra le altre: Cass. 21 ottobre 1998, a 10465; Cass. n. 13 novembre 2000, n. 14678; Cass. 22 maggio 2014, n. 317; si veda anche Cass. 23 agosto 2003, n. 12418 secondo cui: “In tema di competenza territoriale in ordine alle controversie soggette al nuovo rito del lavoro, dell’art. 413 c.p.c. (nuovo testo), comma 2 – di cui è manifestamente infondato il sospetto di incostituzionalità in riferimento agli artt. 3, 24 e 35 Cost., per 11 fatto che consente anche al datore di lavoro di instaurare la controversia con il lavoratore nel foro della conclusione del contratto o nel foro dell’azienda ancorchè il lavoratore presti servizio in un luogo diverso (vedi Corte cost. ord. nn. 341 del 1993 e 177 del 1994) prevede, contemperando il contrapposto interesse delle parti, tre fori speciali (quello in cui è sorto il rapporto, quello dell’azienda e quello della dipendenza in cui il lavoratore è addetto o prestava la sua opera al momento della fine del rapporto) di carattere alternativo senza attribuire valore determinante esclusivo al luogo di prestazione dell’attività lavorativa”.

Nel caso in esame, i dati fattuali evincibili dalla prospettazione di cui al ricorso proposto dalla società dinanzi al Tribunale di Napoli Nord e cioè la contestazione disciplinare, la lettera di licenziamento, le giustificazioni e l’impugnazione stragiudiziale, ed il riferimento contenuto negli stessi alla sede legale di Harmont & Blaine S.p.A. in (OMISSIS), località sita nel circondario di Napoli Nord, consentono di presumere, in assenza di elementi che evidenzino un’artificiosa allegazione diretta allo scopo di sottrarre la causa al giudice precostituito per legge, la coincidenza della sede effettiva dell’impresa (nella quale si accentrano i poteri di direzione e di amministrazione dell’azienda stessa) con quella legale e dunque per la sussistenza in (OMISSIS) del foro dell’azienda. Si aggiunga che dalla stessa domanda giudiziale si evince che la società opera nel settore della produzione e commercializzazione dell’abbigliamento attraverso uno stabilimento di produzione in (OMISSIS) il che conferma la suddetta coincidenza. Inoltre, dalla documentazione prodotta dalla società al giudice del procedimento sommario si evince che il rapporto di lavoro (il quale, stando alla ricostruzione dei fatti come riportata nell’atto introduttivo del giudizio, era stato ripristinato per ordine giudiziale, a seguito della declaratoria di illegittimità del primo licenziamento) era sorto in (OMISSIS), ove era avvenuta la conclusione del contratto con la ricezione da parte della società proponente della copia della proposta di assunzione del 7/9/2010 firmata dal M., con accettazione del suo contenuto. Si ricorda che, come da questa Corte da tempo affermato, agli effetti dell’art. 413, comma 2, per luogo in cui è sorto il rapporto di lavoro deve intendersi non quello in cui abbia avuto inizio la prestazione lavorativa ma quello della stipulazione del contratto, con conseguente operatività, quando questo sia intervenuto fra persone lontane, del principio della cognizione, per il quale il contratto si perfeziona nel luogo (e nel momento) in cui l’accettazione viene a conoscenza del proponente (cfr. Cass. 14 ottobre 1983, n. 6025). E’ stato, in particolare, precisato che, ai fini dell’individuazione del giudice competente ai sensi dell’art. 413 c.p.c., il luogo in cui è sorto il rapporto va considerato non quello in cui il lavoratore riceve la lettera di nomina dal datore di lavoro, sottoscrivendola per accettazione, ma quello della sede centrale dello stesso datore di lavoro, nella quale si trova il competente ufficio od organo che riceve detta accettazione (v. in tal senso Cass. 18 maggio 1989, n. 2370; Cass. 17 giugno 1982, n. 3700).

Il luogo prescelto dalla società coincide, dunque, anche con il foro in cui è sorto il rapporto. Ed è in riferimento a tale luogo che va radicata e dichiarata la competenza territoriale.

3 – In conclusione, il proposto regolamento va rigettato e dichiarata la competenza del Tribunale di Napoli Nord.

4 – Le spese del presente procedimento saranno regolate in sede di definizione del giudizio.

PQM

La Corte rigetta il ricorso per regolamento e dichiara la competenza territoriale del Tribunale di Napoli Nord; spese al definitivo.

Così deciso in Roma, il 8 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 23 agosto 2016

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