Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17283 del 13/07/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 13/07/2017, (ud. 15/06/2017, dep.13/07/2017),  n. 17283

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – rel. Consigliere –

Dott. ZOSO Liana M.T. – Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15099-2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

R.F.M.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 165/2012 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 12/12/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/06/2017 dal Consigliere Dott. DE MASI ORONZO.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che la Commissione Tributaria Regionale del Lombardia, con sentenza n. 165/46/12, depositata il 12/12/2012, respingendo l’appello dell’Agenzia delle Entrate, nei confronti di R.F.M., confermava la decisone della Commissione Tributaria Provinciale di Milano, che aveva accolto il ricorso del contribuente, avverso il diniego di definizione agevolata dei carichi di ruolo di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 12, motivato dal fatto che le iscrizioni erano costituite da pene pecuniarie, carichi cui non era applicabile l’istituto del condono;

che, secondo il Giudice di appello, poichè il ruolo era stato emesso nel 2001, e l’ E. nel 2003 aveva comunicato al contribuente la possibilità di aderire al condono, cosa che il R. aveva fatto eseguendo il previsto versamento, e poichè in data 2/11/2009 l’Agenzia delle Entrate aveva notificato il provvedimento di diniego, allorquando il 31/12/2009 era intervenuta la richiesta di pagamento per la riscossione delle somme prevista per le contestate violazioni tributarie, il termine prescrizionale quinquennale di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 28, era già interamente decorso, inoltre, l’operato dell’Ufficio era illegittimo per violazione del L. n. 212 del 2000, art. 10, in quanto il contribuente aveva eseguito il versamento a titolo di condono su invito del Concessionario, facendo poi affidamento sul tempo trascorso e sull’intervenuto perfezionamento della sanatoria, di cui non aveva motivo di dubitare; che l’Agenzia delle Entrate ha chiesto la cassazione della sentenza della CTR con due motivi di ricorso, mentre il contribuente non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

che con il primo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la ricorrente deduce violazione o falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 12, art. 2946 c.c., L. n. 689 del 1981, art. 28, D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 20, giacchè la CTR non ha considerato che oggetto della richiesta di definizione agevolata erano, com’è pacifico tra le parti, pene pecuniarie, non condonabili, secondo quanto stabilito dalla Corte Costituzionale con l’ordinanza n. 433/2004, perchè non equiparabili alle altre entrate dello Stato, e che la notificazione della cartella di pagamento era stata eseguita entro i termini previsti per la riscossione delle pene pecuniarie, e per la riscossione del dovuto era da applicare l’ordinario termine decennale;

che con il secondo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deduce violazione o falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 10, giacchè la CTR ha erroneamente ritenuto che il principio di affidamento sancito dallo Statuto del Contribuente potesse trovare applicazione in una fattispecie, come quella in esame, in cui l’Ufficio si era limitato a richiedere al contribuente il pagamento del residuo importo dovuto a titolo di pene pecuniarie, detratto quanto versato a seguito dell’adesione al condono, senza alcuna ulteriore somma per interessi e/o sanzioni, valendo il diniego di condono come richiesta di pagamento di quanto portato dalla cartella esattoriale per gli anni d’imposta 2000 e 2001;

che le questioni poste dai mezzi d’impugnazione vanno risolte facendo applicazione, anzitutto, del principio secondo cui “In tema di condono fiscale e con riferimento alla speciale procedura prevista dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 12, per la definizione dei carichi inclusi in ruoli emessi da uffici statali e affidati ai concessionari del servizio nazionale della riscossione fino al 31 dicembre 2000 – mediante il pagamento del 25% dell’importo iscritto a ruolo, oltre alle eventuali spese sostenute dal concessionario, non è prescritta a carico dell’Agenzia delle Entrate alcuna attestazione della regolarità del condono e del pagamento integrale di quanto dovuto, sicchè occorre accertare la corrispondenza tra quanto versato ed il ruolo oggetto della controversia, gravando sul contribuente l’onere di provare che il versamento effettuato concerna la controversia in corso e che le somme pagate corrispondano al 25 per cento dell’importo iscritto a ruolo (capitale, interessi e sanzioni) ” (Cass. n. 2410/2006; n. 6551/2012);

che, alla stregua di tale indirizzo giurisprudenziale, le prospettazioni svolte nel giudizio di merito dal contribuente risultano all’evidenza infondate, e contrariamente a quanto ritenuto dal giudice a quo, il condono L. n. 289 del 2002, ex art. 12, non può trovare applicazione nel caso di che trattasi, in quanto l’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 12 citato, indicata nella richiamata ordinanza n. 433 del 2004 della Corte Costituzionale, porta ad escludere che la disposizione possa avere ad oggetto le pene pecuniarie, ancorchè, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 214, anche la riscossione delle pene pecuniarie e delle spese processuali avvenga, in caso di mancato adempimento all’invito di pagamento dell’importo dovuto, mediante iscrizione a ruolo delle relative somme;

che la sentenza impugnata si appalesa erronea anche per il riferimento ai principi della buona fede e dell’affidamento invocati – fuori luogo – con l’originario ricorso, che la CTR ha ritenuto di applicare, nel caso di specie, senza considerare che l’invito ad aderire alla definizione agevolata ha contenuto esclusivamente informativo, ” rimanendo l’Amministrazione finanziaria titolare del potere di valutare i presupposti di legge per l’accesso al beneficio fiscale “(Cass. n. 12254/2017, in motivazione), con conseguente generale irrilevanza dello stato soggettivo del contribuente (Cass. n. 24316/2010);

che, in conclusione, il ricorso va accolto, l’impugnata sentenza cassata, e non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto (art. 384 c.p.c., comma 2), la causa decisa nel merito con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente;

che le spese dell’intero giudizio sono compensate tra le parti in ragione del progressivo consolidarsi dei principi giurisprudenziali nella fattispecie applicati.

PQM

 

La Corte, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente. Compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del testo unico approvato con il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), dà atto della non sussistenza dei presupposti per il pagamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 15 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2017

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