Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17283 del 12/07/2013


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 17283 Anno 2013
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: SALME’ GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso 22612-2010 proposto da:
BOTTINO SALVATORE (BTTSVT50T23F839I)

elettivamente

domiciliato in ROMA, PIAZZA DEL POPOLO 18, presso lo
studio dell’avvocato FRISANI PIETRO L., che lo
rappresenta e difende giusta procura in calce al
ricorso;
– ricorrente contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE M80415740580;
– intimato –

avverso il decreto N. 5677/08 V.G. della CORTE
D’APPELLO di NAPOLI del 7/01/2010, depositato il

Data pubblicazione: 12/07/2013

19/01/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 13/11/2012 dal Presidente Relatore Dott.
GIUSEPPE SALME’;
udito l’Avvocato Frisani Pietro L. difensore del

è presente il P.G. in persona del Dott. CARLO DESTRO
che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

ricorrente che si riporta agli scritti;

R.g. 22612.2010
Svolgimento del processo

Salvatore Bottino ricorre per cassazione, sulla base di un
unico motivo, avverso il decreto della corte d’appello di

prescrizione decennale sollevata dalla difesa erariale, ha
determinato in E 7.552,05 l’equa riparazione spettante per
l’irragionevole durata di un giudizio iniziato davanti alla
Corte dei conti il 15 dicembre 1976 e concluso con sentenza
del 9 maggio 2007.
L’amministrazione non ha svolto attività difensiva.
Motivi della decisione

Il ricorso, con il quale si lamenta che sia stata accolta
l’eccezione di prescrizione decennale non ostante che la
legge n. 89 del 2001 preveda solo la decadenza, è fondato.
Come hanno di recente affermato le sezioni unite (sentenza n.
16783/2012), la previsione della sola decadenza dall’azione
giudiziale per ottenere l’equo indennizzo a ristoro dei danni
subiti a causa dell’irragionevole durata del processo,
contenuta nell’art. 4 della legge 24 marzo 2001, n. 89, con
riferimento al mancato esercizio di essa nel termine di sei
mesi dal passaggio in giudicato della decisione che ha
definito il procedimento presupposto, esclude la decorrenza

Napoli del 19 gennaio 2010 che, accogliendo l’eccezione di

dell’ordinario termine di prescrizione,

in tal senso

deponendo non solo la lettera dell’art. 4 richiamato, norma
che ha evidente natura di legge speciale, ma anche una
lettura dell’art. 2967 cod. civ. coerente con la rubrica

termine di prescrizione solo allorché il compimento dell’atto
o il riconoscimento del diritto disponibile abbia impedito il
maturarsi della decadenza. Inoltre, in tal senso depone,
oltre all’incompatibilità tra la prescrizione e la decadenza,
se riferite al medesimo atto da compiere, la difficoltà
pratica di accertare la data di maturazione del diritto,
avuto riguardo alla variabilità della ragionevole durata del
processo in rapporto ai criteri previsti per la sua
determinazione, nonché il frazionamento della pretesa
indennitaria e la proliferazione di iniziative processuali
che l’operatività della prescrizione in corso di causa
imporrebbe alla parte, in caso di ritardo ultredecennale
nella definizione del processo.
Il provvedimento impugnato deve essere pertanto cassato.
Non essendo necessario compiere ulteriori accertamenti può
decidersi nel merito ai sensi dell’art. 384 c.c. Il giudizio
presupposto ha avuto una durata complessiva di circa trentuno
anni e, pertanto, come è costante orientamento di questa
sezione (v. ex multis cass. n. 14974/2012), avendo la corte

dell’art. 2964 cod. civ., che postula la decorrenza del

E.D.U. (le cui pronunce costituiscono un fondamentale punto
di riferimento per il giudice nazionale nell’interpretazione
delle disposizioni della C.E.D.U.) in numerosi giudizi di
lunga durata davanti alle giurisdizioni amministrative ha

giudizio che, suddiviso per il numero di anni, ha oscillato,
di regola, tra gli importi di euro 350 e quello di euro 550
per anno, il giudice nazionale deve liquidare l’importo
complessivo dell’indennizzo alla luce di tali orientamenti
nella misura di C 500,00 per ciascun anno dell’intera durata.
Nella specie quindi deve liquidarsi una somma di C 15.500,00.
Le spese del giudizio di merito e del giudizio di cassazione
seguono la soccombenza.
P.Q.M.

La Corte cassa il provvedimento impugnato e, decidendo nel
merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., condanna
l’amministrazione al pagamento di un’equa riparazione pari a
C 15.500,00 oltre agli interessi al tasso legale, nonché al
pagamento delle spese processuali che liquida in C 1035,00
oltre accessori di legge, da distrarsi in favore del
difensore costituito che si è dichiarato antistatario, per il
giudizio di merito (C 480,00 per diritti ed C 535,00 per
onorari) e in C 1.350,00 (di cui C 200,00 per esborsi) per il
giudizio di cassazione, oltre agli accessori di legge.

liquidato un indennizzo forfetario per l’intera durata del

Così deciso in Roma il 13 novembre 2012 nella camera di

consiglio della sesta sezione civile – prima sezione.

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