Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17280 del 13/07/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 13/07/2017, (ud. 13/06/2017, dep.13/07/2017),  n. 17280

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. SCARCELLA Alessio – Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27299-2011 proposto da:

CASA GENERALIZIA SUORE SCOLASTICHE FRANCESCANE CRISTO RE in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA VIA TACITO 23, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI

GIUSTINIANI, che lo rappresenta e difende giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE (OMISSIS) DI ROMA UFFICIO

TERRITORIALE DI ROMA (OMISSIS);

– intimato –

Nonchè da:

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE (OMISSIS) ROMA UFFICIO

TERRITORIALE ROMA (OMISSIS) in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente incidentale –

contro

CASA GENERALIZIA SUORE SCOLASTICHE FRANCESCANE CRISTO RE in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA VIA TACITO 23, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI

GIUSTINIANI, che lo rappresenta e difende giusta delega a margine;

– controricorrente all’incidentale –

avverso la sentenza n. 487/2010 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 29/09/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/06/2017 dal Consigliere Dott. STALLA GIACOMO MARIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO IMMACOLATA che ha concluso per l’inammissibilità in subordine

rigetto per entrambi i ricorsi;

udito per il ricorrente l’Avvocato GIUSTINIANI che si riporta agli

atti;

udito per il controricorrente l’Avvocato GAROFOLI che ha chiesto il

rigetto.

Fatto

FATTI RILEVANTI E RAGIONI DELLA DECISIONE

p. 1. La Casa Generalizia delle Suore Scolastiche Francescane di Cristo Re propone due motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 487/01/10 del 29 marzo 2010 con la quale la commissione tributaria regionale del Lazio, a conferma della prima decisione, ha ritenuto legittimo – nei limiti (Euro 621.000,00) stabiliti dal giudice di primo grado tra il valore dichiarato (Euro 331.950,00) e quello accertato (Euro 1.454.000,00) – l’avviso di rettifica e liquidazione notificatole dall’agenzia delle entrate per imposta complementare di registro, ipotecaria e catastale relativa al contratto di compravendita 24 luglio 2003. Contratto con il quale la Casa Generalizia aveva venduto a Celina srl un edificio in (OMISSIS), composto da quattro piani in corso di costruzione (come da concessione edilizia già rilasciata, e progetto di variante approvato per una cubatura legale complessiva di metri cubi 4822,27) ed annessa corte urbana.

La commissione tributaria regionale, in particolare, ha ritenuto che gli elementi di stima forniti dall’amministrazione finanziaria (perizia dell’agenzia del territorio richiamante il metodo sintetico – comparativo con riguardo ad atti di compravendita di terreni edificabili similari) fossero in grado di dare congruamente conto del maggior valore accertato solo in relazione alla parte ancora edificabile del compendio compravenduto.

Resiste con controricorso l’agenzia delle entrate, la quale formula anche un motivo di ricorso incidentale.

La Casa Generalizia ha depositato controricorso a ricorso incidentale, e memoria.

p. 2.1 Con il primo motivo di ricorso principale la Casa Generalizia lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, nonchè L. n. 212 del 2000, art. 7. Per non avere la commissione tributaria regionale ritenuto del tutto nullo l’avviso di accertamento, perchè facente richiamo ad atti di compravendita similari mai prodotti in giudizio.

Il motivo è infondato.

Nella parte in cui è rivolto a far valere la radicale ed intrinseca invalidità dell’avviso di rettifica e liquidazione per mancata allegazione degli atti di compravendita posti a base del metodo sintetico-comparativo, esso non tiene conto della circostanza dirimente che tale avviso – oltre a riassumere i dati essenziali dell’atto di compravendita in oggetto (compresi gli estremi della concessione edilizia e delle cubature assentite) ed il raffronto tabellare, per ciascuna imposta, tra valore dichiarato e rettifica operata – richiamava espressamente (v. controricorso, pag. 5) la stima dell’agenzia del territorio; stima che, proprio ai sensi di quanto disposto dalla L. n. 212 del 2000, art. 7, veniva allegata in copia. Non può dunque dirsi che la pretesa impositiva si sia basata su un atto non conosciuto dalla parte contribuente; la quale è stata infatti ab initio posta in condizione di compiutamente apprendere e confutare il criterio di stima adottato dall’amministrazione finanziaria. E ciò anche con riferimento agli atti di compravendita assunti a comparazione, e puntualmente indicati nella menzionata stima dell’agenzia del territorio (v. controricorso, pag. 14), in quanto fatti oggetto, nel secondo semestre 2003, di pregressa valutazione anche alla luce dei listini (di pubblica consultazione) dell’osservatorio del mercato immobiliare FIAIP. Ricorre pertanto il principio secondo cui: “in tema d’imposta di registro, l’obbligo della motivazione dell’avviso di accertamento in rettifica del valore risulta assolto quando l’Ufficio enunci il “petitum” ed indichi le relative ragioni in termini sufficienti a definire la materia del contendere, con la conseguenza che va considerato adeguatamente motivato l’avviso di accertamento che rinvii ai dati contenuti in una stima effettuata dall’UTE” (Cass. n. 25559/14 ed altre).

Nella parte in cui mira a far emergere un vizio di ripartizione e valutazione dell’onere probatorio, il motivo di ricorso non considera invece che la prova del maggior valore accertato è stata dall’amministrazione finanziaria fornita mediante, non gli specifici atti di compravendita similari, bensì proprio la su richiamata stima dell’agenzia del territorio. La quale, come detto, faceva a sua volta riferimento alla specificità della compravendita in questione (descrizione del compendio; licenza edilizia; superficie e cubatura edificabili; tipologia di zona; indice di sviluppo edilizio ecc..) ed a pregresse valutazioni estimative di situazioni assimilabili, specificamente indicate. Ne consegue che legittimamente il giudice di merito ha tratto convincimento di prova da tale stima dell’agenzia del territorio, e dalla articolazione degli elementi dì valutazione da essa evincibili; e ciò pur in assenza della produzione in giudizio di specifici atti di compravendita similari. Aspetto, quest’ultimo, che ben poteva in ipotesi influire sulla formazione del convincimento del giudice di merito, senza perciò giungere a necessariamente stravolgerlo nel senso voluto dalla ricorrente; e, soprattutto, senza che, per tale ragione, fosse nella specie realizzata nessuna delle violazioni normative lamentate. Ricorre infatti il principio secondo cui – in tema di INVIM e di imposta di registro – poichè dinanzi al giudice tributario l’amministrazione finanziaria è sullo stesso piano del contribuente, la relazione di stima di un immobile redatta dall’Ufficio tecnico erariale e prodotta in giudizio dall’amministrazione finanziaria, costituisce una semplice perizia di parte, alla quale, pertanto, può essere attribuito il valore di atto pubblico soltanto per quel che concerne la provenienza, ma non anche per quel che riguarda il contenuto; tuttavia, “nel processo tributario, nel quale esiste un maggiore spazio per le prove cosiddette atipiche, anche la perizia di parte può costituire fonte di convincimento del giudice, che può elevarla a fondamento della decisione a condizione che spieghi le ragioni per le quali la ritenga corretta e convincente”. (Cass. n. 14418/14 ed altre).

Nemmeno, può riconoscersi la violazione dei parametri legali di valutazione. Per quanto concerne, infatti, l’imposta di registro, il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, comma 2, stabilisce che l’avviso di rettifica e di liquidazione deve contenere, oltre all’indicazione del valore attribuito a ciascuno dei beni o diritti presi in considerazione, nonchè delle aliquote applicate nel calcolo della maggiore imposta, anche l’indicazione “degli elementi di cui all’articolo 51 in base ai quali (il valore attribuito) è stato determinato”. A sua volta, l’art. 51, commi 2 e 3, stabilisce che per gli atti che hanno ad oggetto beni immobili, diritti reali immobiliari ed aziende, per “valore” si intende il “valore venale in comune commercio”; che l’ufficio determina avendo riguardo ai trasferimenti, divisioni e perizie giudiziarie, anteriori di non oltre tre anni alla data dell’atto, relativi all’immobile oggetto di accertamento o ad immobili simili; ovvero al reddito netto capitalizzato producibile dall’immobile, nonchè ad “ogni altro elemento di valutazione”, anche sulla base di indicazioni eventualmente fornite dai Comuni. E ciò è quello che l’agenzia delle entrate, nel richiamare la pluralità convergente degli elementi di valutazione desumibili dall’allegata perizia tecnica di stima, ha inteso legittimamente fare.

p. 2.2 Con il secondo motivo di ricorso principale la Casa Generalizia lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, – motivazione insufficiente e contraddittoria. Per avere la commissione tributaria regionale ritenuto, dapprima, inidoneo (perchè non confacente alla peculiarità del compendio nella specie compravenduto) il metodo sintetico – comparativo utilizzato dall’agenzia delle entrate sulla base della stima dell’agenzia del territorio; salvo, poi, ritenerlo corretto con riguardo alla superficie scoperta destinata a corte pertinenziale (erroneamente ritenuta terreno edificabile).

Nemmeno questo motivo è fondato.

Esso presuppone un vizio logico (contraddittoria valutazione probatoria della stima dell’agenzia del territorio) che in realtà non sussiste, atteso che il divergente giudizio (effettivamente) reso dalla commissione tributaria regionale ha riguardato componenti diverse del complesso immobiliare dedotto nella fattispecie impositiva.

In particolare, la commissione tributaria regionale ha ritenuto che la stima dell’agenzia del territorio non fosse in grado di comprovare – per intero – il maggior valore accertato dall’ufficio; e ciò perchè non si verteva, nella specie, della vendita (soltanto) di un terreno edificabile, ma anche di un fabbricato già in parte costruito e suscettibile di ulteriore ampliamento. Il richiamo ai parametri correnti di stima delle aree edificabili di zona (pari ad Euro 300/mc) è stato, invece, ritenuto congruo con riguardo a quella porzione del compendio compravenduto che aveva proprio ad oggetto un terreno edificabile; la cui sussistenza è stata definita “indubbia” dal giudice di merito, all’esito di una ricostruzione della fattispecie (in termini di esatta individuazione dell’oggetto della compravendita) qui non sindacabile; nè, del resto, specificamente censurata.

E’ dunque evidente che la doglianza dà indebitamente per scontate una identità di piani argomentativi ed una necessaria convergenza di valutazione probatoria che – a ben vedere – non sussistono. Ben potendo (anzi dovendo) il giudice di merito operare valutazioni diverse della stessa fonte probatoria (la perizia dell’agenzia del territorio più volte menzionata), a seconda degli oggetti di stima ai quali essa sia di volta in volta indirizzata; così da ritenerla sufficientemente probante per l’area venduta come “scoperta edificabile, e non altrettanto per l’area venduta (e valorizzata dalle parti contraenti) come “già edificata”. Operazione di discernimento probatorio, quest’ultima, che il giudice di merito ha chiaramente mostrato di voler porre a base del proprio convincimento (anche in tal caso, in forza di un’opzione non censurabile in sede di legittimità, in quanto congruamente motivata), attraverso il previo scorporo, dalla superficie edificatoria complessivamente assentita, della superficie portante una cubatura ancora fruibile (indicata in ulteriori 2070 m3) e ritenuta suscettibile di maggior accertamento impositivo. E, d’altra parte, anche in questo si concretava l’obiettivo di legge (art. 51 cit.), volto a rendere la stima quanto più possibile aderente al concreto ed effettivo valore venale in comune commercio del bene trasferito; avuto riguardo alle diverse componenti nelle quali quest’ultimo, secondo il giudice di merito, si strutturava.

p. 3. Con il motivo di ricorso incidentale l’agenzia delle entrate lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, – omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Per avere la commissione tributaria regionale erroneamente ritenuto incontestato, da essa agenzia delle entrate, il fatto che la superficie effettivamente ancora edificabile del compendio compravenduto permettesse la costruzione di 2070 m3; nonostante che tale fatto fosse stato oggetto di appello incidentale da parte dell’amministrazione finanziaria, stante l’esistenza di una ben superiore cubatura edificabile, pari a 4848 m3.

La doglianza è infondata.

Anche in tal caso ci si trova di fronte ad un equivoco di fondo; quello secondo cui il giudice di merito non avrebbe dato conto (ravvisando anzi, in ciò, un elemento pacifico per difetto di contestazione) del fatto che la cubatura ancora fruibile fosse pari ai 4848 m3 accertati dall’ufficio, e non ai 2070 m3 ravvisati.

Tale affermazione urta con quanto evincibile dalla sentenza, la quale: – dà espressamente conto del fatto che l’agenzia del territorio aveva considerato nella sua perizia, una cubatura complessiva di 4848 m3; – menziona testualmente, in narrativa, l’appello incidentale proposto dall’agenzia delle entrate in punto ritenuta mancata contestazione dell’entità dell’area ancora edificabile; – affronta espressamente quest’ultimo problema assumendo che si dovesse qui considerare non l’intera cubatura indicata dall’agenzia del territorio, ma soltanto quella risultante all’esito dello scorporo della cubatura già edificata nel fabbricato compravenduto.

Sul punto non si è pertanto in presenza di omessa considerazione della contestazione mossa dall’agenzia delle entrate (anche con appello incidentale), bensì di argomentato rigetto di tale contestazione; posto che a detta del giudice di merito (sent. pag. 3), pur non essendo dagli atti evincibile l’area della corte del fabbricato esistente, sussistevano comunque elementi per ritenere che agli acquirenti fosse consentito di ulteriormente edificare 2070 mc, e non 4848 mc (data la differenza tra cubatura assentita e cubatura già sfruttata); entità residuale sulla quale il giudice di merito ha infine applicato la stima unitaria di Euro 300 al metro cubo, così come indicata dall’agenzia del territorio.

Escluso dunque l’errore motivazionale sotto il profilo della indebita affermazione di una (inesistente) mancata contestazione da parte dell’amministrazione finanziaria della cubatura rilevante, va preso atto di come la decisione censurata – involgendo tipici accertamenti fattuali della cui ricostruzione il giudice di merito ha dato sufficiente contezza e motivazione – non sia qui in alcun modo sindacabile.

Stante il rigetto di entrambi i ricorsi – principale ed incidentale – sussistono i presupposti per la compensazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

 

La Corte:

– rigetta il ricorso principale;

– rigetta il ricorso incidentale;

– compensa le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della quinta sezione civile, il 13 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2017

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