Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17280 del 12/08/2011

Cassazione civile sez. II, 12/08/2011, (ud. 14/04/2011, dep. 12/08/2011), n.17280

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. MANNA Felice – rel. Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

B.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA MICHELE MERCATI 51, presso lo studio dell’avvocato

BRIGUGLIO ANTONIO, rappresentato e difeso dall’avvocato PAOLINI

LUIGI;

– ricorrente –

contro

B.C. (OMISSIS), + ALTRI OMESSI

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ALESSANDRIA 88, presso lo

studio dell’avvocato DI COLA ALESSIA, rappresentati e difesi

dall’avvocato GIANTOMASSI RENZO;

– controricorrenti –

e contro

M.V.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 508/2004 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 24/07/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/04/2011 dal Consigliere Dott. FELICE MANNA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni che ha concluso per il rigetto del ricorso,

con condanna alle spese.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nel 1981 I.V., + ALTRI OMESSI condomini di un edificio posto in (OMISSIS), convenivano in giudizio, innanzi al Tribunale di Ancona, G. B. affinchè fosse condannato alla rimozione di una canna fumaria che aveva collocato in aderenza al muro dell’edificio condominiale. Tale giudizio, nel quale erano intervenuti A. P., + ALTRI OMESSI sentenza di condanna del convenuto, confermata, poi, dalla Corte d’appello di Ancona con sentenza n. 134/94.

Avverso quest’ultima pronuncia M.V., coniuge di B.G. e comproprietaria della canna fumaria, lamentando di essere stata pretermessa nel ridetto giudizio proponeva innanzi alla stessa Corte d’appello opposizione di terzo, ai sensi dell’art. 404 c.p.c., che era accolta con sentenza n. 410/97, che dichiarava la nullità della sentenza n. 132/94 e rimetteva le parti al Tribunale di Ancona ai sensi dell’art. 354 c.p.c., senza regolare le spese delle pregresse fasi del giudizio.

Riassunto il quale da parte dei soli I.V., + ALTRI OMESSI nei confronti dei predetti coniugi, M.V. eccepiva l’improcedibilità della domanda non essendo stata riassunta la causa nei confronti di tutti i soggetti che avevano partecipato al precedente giudizio. Il Tribunale di Ancora, respinta l’eccezione per l’inesistenza del litisconsorzio necessario rispetto alla domanda negatoria servitutis, proponibile anche soltanto da taluni dei comproprietari, perveniva a nuova statuizione di condanna dei convenuti, anch’essa quasi interamente confermata, poi, dalla Corte d’appello di Ancona, adita dai B. – M., con sentenza n. 508/04, che si limitava a dichiarare illegittima l’opera già posta in essere dagli appellanti, e regolava, compensandole per intero, le spese dei due giudizi anteriori all’opposizione di terzo, ponendo, quindi, le spese dei gradi successivi alla riassunzione a carico degli appellanti.

Condivisa l’opinione del giudice di primo grado, detta Corte osservava, inoltre, che nella specie la rimozione della canna fumaria incideva esclusivamente su di un bene di proprietà dei convenuti, e dunque il muro condominiale in aderenza al quale la stessa canna era stata allocata non era interessato da mutamenti di fatto, tali da rendere ineseguibile la sentenza in ipotesi di mancata partecipazione al giudizio di tutti i comproprietari; e che, inoltre, come sostenuto dalla stessa M. con la comparsa di risposta nel giudizio riassunto, la canna fumaria a quel momento era già stata rimossa, di guisa che l’unica questione che si poneva era quella dell’esistenza o non del diritto preteso dai convenuti.

Per la cassazione di quest’ultima sentenza ricorre G. B., formulando quattro mezzi di annullamento.

Resistono con controricorso I.V., + ALTRI OMESSI .

M.V. non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo d’impugnazione il ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 102, 354 e 307 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5 (rectius, n. 4), sostenendo di non aver mai contrastato l’affermazione secondo cui l’actio negatoria servitutis può essere proposta anche da un solo condomino, ma di aver sempre dedotto che, nella fattispecie processuale, il litisconsorzio era necessitato sia dal fatto che la riassunzione era stata imposta da sentenza resa in accoglimento di un’opposizione di terzo ex art. 404 c.p.c., sia dalla presenza di domanda riconvenzionale, proposta nel giudizio di primo grado e riproposta in quello d’appello conclusosi con la sentenza n. 132/94 poi dichiarata nulla. Quindi, aggiunge che, interrotto o dichiarato nullo un processo, la riassunzione di esso deve essere attuata da e nei confronti di tutti i soggetti coinvolti nel giudizio rescindente.

1.1. – Il motivo è infondato per più ragioni.

1.1.1. – Nel processo con pluralità di parti, nel lato attivo e/o passivo, derivante non dall’infrazionabilità soggettiva del rapporto sostanziale dedotto, ma da una situazione iniziale o sopravvenuta dì litisconsorzio facoltativo, non si determina per ciò stesso e per ciò solo una fattispecie di litisconsorzio necessario processuale nei gradi successivi e nelle fasi ulteriori del giudizio, poichè tale ultima ipotesi si origina unicamente dal nesso di inscindibilità o dipendenza delle cause cumulate. Ne deriva che ove il giudice della causa di opposizione di terzo ex art. 404 c.p.c., comma 1, applicando l’art. 354 c.p.c. dichiari la nullità della sentenza impugnata per la preterizione di un litisconsorte necessario e rimetta la causa al primo giudice, nel processo così riassunto la medesima pluralità di parti del giudizio di opposizione deve riprodursi limitatamente ai rapporti processuali ritenuti tra loro inscindibili o dipendenti.

Nella specie, la Corte d’appello di Ancona, adita in sede di opposizione di terzo ex art. 404 c.p.c., comma 1, limitandosi alla pronuncia rescindente ha rimesso le parti al primo giudice (anzichè procedere alla fase rescissoria) per la non integrità del contraddittorio nel lato passivo della proposta azione negatoria servitutis (per la necessità della rimozione di opere), e poichè, per la ragione anzi detta, non risponde al vero che debba esservi perfetta corrispondenza delle parti nella fase rescindente e in quella rescissoria anche per le cause scindibili, quali sono – indiscutibilmente nel lato attivo – le azioni negatorie (secondo la giurisprudenza costante di questa Corte: cfr. per tutte, Cass. n. 10470/01), la pronuncia impugnata si sottrae alla censura in esame.

1.1.2. – Sotto altro aspetto, si rileva che il ricorrente non precisa quale domanda riconvenzionale (a litisconsorzio necessario di tutte le parti già presenti) avrebbe avanzato in primo grado e riproposto in appello, sicchè non risulta nemmeno che la relativa questione sia entrata a far parte del thema decidendum del giudizio conclusosi con la sentenza della Corte anconetana n. 508/04. Trattasi, pertanto, di questione preclusa, in quanto nel giudizio di cassazione non è dato alle parti di prospettare nuove questioni di diritto o nuovi temi di contestazione che postulino indagini ed accertamenti di fatto non compiuti dal giudice del merito, a meno che tali questioni o temi non abbiano formato oggetto di gravame o di tempestiva e rituale contestazione nel giudizio di appello (cfr. Cass. nn. 1474/07 e 5620/06).

2. – Con il secondo motivo si deduce la violazione o falsa applicazione o comunque l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in ordine all’applicazione dell’art. 116 c.p.c. e dell’art. 132 c.p.c., n. 4 e degli artt. 1102 c.c., nonchè l’errata valutazione delle prove esperite nei giudizi annullati per violazione del principio del contraddittorio, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

Si sostiene che la Corte d’appello non ha accolto l’istanza di rinnovazione di c.t.u., ma ha ritenuto utilizzabile quella espletata nel giudizio dichiarato nullo proprio per l’assenza della comproprietaria M.V.; e che la Corte territoriale non ha motivato la non ammissione di capitoli di prova – che il ricorrente riproduce – tesi a dimostrare che la canna fumaria era al servizio della proprietà esclusiva dei B. – M. e che sul medesimo muro condominiale insistevano da molti anni diverse canne fumarie al servizio di proprietà esclusiva di altri condomini.

2.1. – Entrambe le censure in cui si articola il motivo sono inammissibili.

2.1.1. – La prima, per difetto d’interesse.

Come più volte chiarito da questa Corte, l’ordinamento non appresta tutela all’interesse alla mera regolarità formale del processo, di guisa che l’interesse a denunciare la violazione di una norma processuale in tanto sussiste in quanto ciò abbia comportato un pregiudizio alla sfera giuridica della parte, la quale è pertanto tenuta ad allegare e dimostrare il vulnus concretamente subito alla propria attività difensiva (cfr. e pluribus, Cass. nn. 3024/11, 4340/10 e 15678/07).

Nella specie, il ricorrente era parte del processo dichiarato nullo, e dunque non può lamentare, assente ogni pregiudizio per sè, che gli accertamenti tecnici svolti in allora e nel suo contraddittorio, siano stati poi ritenuti validi anche nel nuovo giudizio di merito nei riguardi della litisconsorte pretermessa, la sola a potersene, in ipotesi, dolere.

2.1.2. – La seconda censura è inammissibile per la totale mancanza di allegazione degli elementi necessari a dimostrare la decisività dei capitoli di prova non ammessi. E’, infatti, costante l’orientamento di questa Corte secondo cui qualora con il ricorso per cassazione siano denunciati la mancata ammissione di mezzi istruttori ritualmente richiesti e vizi della sentenza derivanti dal rifiuto del giudice di merito di darvi ingresso, il ricorrente ha l’onere non solo di indicare specificamente detti mezzi, trascrivendo le circostanze che ne costituiscono oggetto, ma anche di dimostrare, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo sul carattere decisivo delle prove, l’esistenza di un nesso eziologico tra l’omesso accoglimento dell’istanza e l’errore addebitato al giudice, nel senso che senza di esso la decisione sarebbe stata, non probabilmente, ma certamente di contenuto diverso, di modo che la stessa ratio decidendi risulti priva di fondamento e, dunque, confutata nei propri presupposti logici (cfr. Cass. nn. 5377/11, 4369/09, 11457/07, 4178/07 e 3075/06).

3. – Con il terzo motivo si denuncia la violazione dell’art. 324 c.p.c. e art. 2909 c.c. in ordine al capo della sentenza inerente alle spese del giudizio, lamentandosi che la Corte d’appello ha compensato integralmente le spese delle fasi del giudizio anteriori all’opposizione di terzo, e posto a carico degli appellanti quelle dei due gradi della fase successiva di riassunzione, operazione, questa, preclusa dal giudicato formatosi sulla pronuncia rescindente n. 410/97 della stessa Corte.

4. – Con il quarto motivo si censura la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 162 c.p.c., comma 2, degli artt. 91 e 92 c.p.c. e l’insufficiente motivazione in relazione alle spese, nel senso che la compensazione di queste non è motivata ed è comunque illegittima, in quanto la nullità di quei giudizi è dipesa dalla mancata tempestiva integrazione del contraddittorio nei confronti della M..

5. – I suddetti due motivi, da esaminare congiuntamente, sono inammissibili per difetto di interesse all’impugnazione.

Infatti, proprio il giudicato formatosi sulla sentenza n. 410/97 potrebbe al massimo comportare che con la sentenza ora impugnata la Corte d’appello non avrebbe potuto provvedere sulle spese dei due gradi di giudizio anteriori all’opposizione di terzo. Ma siccome tali spese sono state interamente compensate dalla Corte territoriale, e tale statuizione non poteva essere più favorevole al B., essendo egli risultando soccombente all’esito complessivo della lite – esito che deve essere valutato in maniera unitaria e globale (giurisprudenza costante di questa Corte: cfr. per tutte e da ultime, Cass. nn. 15483/08 e 4052/09) – manca l’interesse ad impugnare tale capo della sentenza.

6. – In conclusione il ricorso va respinto.

7. – Le spese del presente giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza del ricorrente.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, che liquida in Euro 2.200,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre spese generali forfetane di studio, IVA e CPA come per legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 14 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 12 agosto 2011

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