Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17279 del 23/07/2010

Cassazione civile sez. I, 23/07/2010, (ud. 09/06/2010, dep. 23/07/2010), n.17279

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PROTO Vincenzo – Presidente –

Dott. RORDORF Renato – Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 24766/2004 proposto da:

C.A., nella qualità di curatore del Fallimento MORANO

EDITORE S.P.A. (C.F. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato in ROMA,

PIAZZA DEI MARTIRI DI BELFIORE 2, presso l’avvocato TAMBURRO

LUCIANO, rappresentato e difeso dall’avvocato BARRA CARACCIOLO

FRANCESCO, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

S.L., D.C., G.D.E. GRUPPO DIFFUSIONE

EDITORIALE S.R.L., CASA EDITRICE GIUSEPPE PRINCIPATO S.P.A.,

M.M.R.;

– intimati –

sul ricorso 153/2005 proposto da:

CASA EDITRICE GIUSEPPE PRINCIPATO S.P.A. (P.I. (OMISSIS)), in persona

del legale rappresentante pro tempore, M.M.R.

(C.F. (OMISSIS)), D.C. (c.f. (OMISSIS)),

S.L. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

CRESCENZIO 20, presso l’avvocato PERSICHELLI CESARE, che li

rappresenta e difende unitamente agli avvocati FERRARI GIORGIO,

CAVALLARI LAURA, giusta procura in calce al controricorso e ricorso

incidentale;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

contro

C.A., nella qualità di curatore del Fallimento MORANO

EDITORE S.P.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DEI

MARTIRI DI BELFIORE 2, presso l’avvocato TAMBURRO LUCIANO,

rappresentato e difeso dall’avvocato BARRA CARACCIOLO FRANCESCO,

giusta procura a margine del ricorso principale;

– controricorrente al ricorso incidentale –

contro

G.D.E. GRUPPO DIFFUSIONE EDITORIALE S.R.L.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2729/2003 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 03/10/2003;

si procede alla riunione dei due procedimenti nn. 24766/04 e 153/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/06/2010 dal Consigliere Dott. VITTORIO RAGONESI;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato F. BARRA CARACCIOLO che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso principale, rigetto del ricorso

incidentale;

udito, per i controricorrenti e ricorrenti incidentali Ed. PRINCIPATO

+3, l’Avvocato G. CAVALLARI che ha chiesto l’accoglimento del

ricorso incidentale, rigetto del ricorso principale;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per, previa riunione,

rigetto del primo motivo del ricorso principale; accoglimento del

ricorso incidentale, con assorbimento degli altri motivi del ricorso

principale; cassazione senza rinvio della sentenza impugnata;

declaratoria ex art. 384 c.p.c., di nullità dei contratti

d’edizione oggetto della controversia, con inibitoria e spese a

carico del Fallimento Morano, rigetto di ogni altra domanda.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La casa Editrice Giuseppe Principato spa ed i prof. M.M.R. e D.F.C. nonchè S.L. convenivano in giudizio avanti al Tribunale di Milano la srl GDE-Gruppo Diffusione Editoriale di Novate Milanese ed il fallimento Morano Editore spa per sentir dichiarare la invalidità (o inesistenza) di quattro contratti di edizione anteriormente intervenuti tra la Morano e le persone fisiche attrici (relativamente a due opere di educazione musicale “Progetti Sonori” e “Trio” – e due opere di letteratura inglese – “The Mirrar of the times” e “The New Mirrar of the Times” – tutte destinate a cicli scolastici) nonchè per sentir accertare la responsabilità del curatore del fallimento Morano, in solido con la GDE, per fatti di concorrenza sleale con inibitoria ad entrambi rivolta dal distribuire e pubblicare le opere in oggetto frutto di accordi nulli e la loro condanna al risarcimento del danno.

Le persone fisiche attrici sostenevano di aver stipulato per due opere edite dalla Morano prima del fallimento contratti di edizione da ritenere nulli per difetto del requisito contenutistico ex art. 122 LdA mentre per altre due opere, sempre pubblicate da Morano, adducevano che non era intervenuto alcun accordo di cessione dei diritti di utilizzazione economica donde legittimamente, anche a fronte della mancata corresponsione dei diritti di autore, essi avevano ceduto i loro diritti alla Principato spa con regolari contratti per tutte le quattro opere.

Il fallimento, costituitosi, eccepiva la incompetenza funzionale del Tribunale adito chiedendo declaratoria di improcedibilità delle domande attoree siccome attratte alla competenza del giudice fallimentare.

Svolgeva – a propria volta – domanda riconvenzionale di risarcimento del danno sia a causa della distribuzione da parte dell’editore Principato di opere sulle quali l’editore Morano vantava validi diritti di edizione sia per il comportamento anticoncorrenziale dalla prima, posto in essere a fini di disturbo delle trattative per la cessione del ramo di azienda scolastica alla Zanichelli.

A propria volta la distributrice GDE eccepiva la nullità dell’atto introduttivo di lite e la propria estraneità a qualsivoglia illecito.

Con sentenza pronunziata il 22.5. 2001, il Tribunale di Milano rilevava che il tema della validità dei contratti di edizione stipulati ante fallimento dalla Morano era sottratto alla competenza del Tribunale fallimentare (non avendo nulla a che vedere con azioni di rivendica o di separazione) mentre erano attratte al fallimento le domande di accertamento degli illeciti concorrenziali e degli atti diffamatori con le conseguenti pretese risarcitorie.

Osservava nel merito – con riferimento alle opere “The New Mirror of the Times” (di M. e S.) e “Trio” (di D.F.) – che nessun elemento di prova scritta sulla cessione dei relativi diritti alla Morano era stata fornita dal fallimento come prescritto dall’art. 110 LdA (restando per l’effetto inammissibile la prova per testi e per presunzioni allo scopo articolata),mentre i contratti di edizione “a termine” per le opere originarie “The Mirrar of the Times” e “Progetti Sonori” – pur affetti da nullità per mancata indicazione del numero minimo di esemplari per edizione – si potevano giovare dell’istituto della conversione sino all’esaurimento ventennale del rapporto vigente tra essa Morano e gli autori.

Il Tribunale pertanto,in accoglimento parziale delle rispettive domande, concedeva le reciproche inibitorie e respingeva tutte le istanze risarcitorie formulate dalla curatela contro l’editore Principato in quanto indimostrate rigettando, altresì, le domande svolte contro GDE nel cui comportamento non ravvisava alcun profilo di colpa essendo,tra l’altro, venuto in scadenza il contratto di distribuzione.

Con atto di appello notificato il 2.7.2002, il fallimento Morano lamentava gli errori e le omissioni nelle quali era incorso il primo giudice nell’escludere la improcedibilità delle avverse domande di accertamento da ritenersi,invece, attratte alla competenza fallimentare siccome rivolte a sottrarre beni dall’attivo fallimentare; nell’aver ritenuto la mancanza di prova scritta dei contratti relativi alle opere “Trio” e” The New Mirrar of the Times” nonostante essa fosse desumibile dalla documentazione versata in atti, fermo restando che la prova testimoniale era comunque ammissibile quando il contratto era dedotto come fatto storico e non come fonte di obbligazioni; nel non aver considerato che le opere “Trio” e “The New Mirror of the Times” (questa ultima tra l’altro contenente una parte dedicata alla letteratura statunitense di altro autore) non erano che riproduzioni (con pochissimi aggiornamenti) delle vecchie opere “Progetti Sonori” ed “The Mirror of the Times” (cioè riedizioni) e che negli originari contratti di edizione era stato pattuito il divieto di diffusione da parte degli autori di qualsiasi opera che avesse potuto creare concorrenza alle precedenti.

Il fallimento chiedeva pertanto – in accoglimento delle domande tutte disattese in prime cure – la riforma della sentenza impugnata. Resistevano gli appellati Principato spa, M.M., S. e D. svolgendo appello incidentale sulla respinta domanda di nullità del contratto per le opere originarie “The Mirror of the Times” e “Progetti Sonori”, ribadendo la distinzione tra contratto “per edizione” ed “a termine” nonchè l’inapplicabilità alla fattispecie (di contratto a termine) dell’istituto della conversione del contratto nullo. Chiedevano pertanto riforma sul punto della decisione impugnata. La GDE richiamava le precorse difese instando per la conferma della sentenza. Con sentenza n. 2729/03, la Corte d’appello di Milano rigettava l’appello principale e quello incidentale proposto contro il Fallimento Morano S.p.A. integralmente confermando la sentenza impugnata e compensando tra le parti le spese di questo giudizio; dichiarava, inoltre, inammissibile l’impugnazione proposta nei confronti della GDE. Avverso detta sentenza ricorre per cassazione il fallimento della Morano editore spa sulla base di sei motivi,illustrati con memoria, cui resistono con controricorso congiunto la casa editrice Principato spa ed i professori M.M., S. e D. che propongono altresì ricorso incidentale affidato ad un motivo cui resiste con controricorso il fallimento Morano.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso il Fallimento Morano assume che la domanda degli autori e della Principato (di invalidità e/o inesistenza dei contratti di edizione) rientrava tra quelle da porsi nelle forme e con rito fallimentare giacchè idonea a sottrarre all’attivo del fallimento un bene (I’ diritti d’autore) appartenente al fallimento e, comunque, destinata ad incidere sul patrimonio del fallito, comportando per il curatore la preclusione della liquidazione dei diritti d’autore nonchè dell’esercizio dei diritti di sfruttamento sulle opere pubblicate nell’ambito dell’esercizio provvisorio autorizzato. Sarebbe pertanto erronea la mancata pronuncia della Corte d’appello di inammissibilità di dette domande. Con il secondo motivo il Fallimento ricorrente censura la ritenuta non provata esistenza del contratto relativo alle opere “The new mirror of the times” e “Trio”, deducendo un vizio di carenza o insufficienza di motivazione perchè la Corte d’appello avrebbe fatto un semplice richiamo “per relationem” alla sentenza di primo grado e sostenendo, poi, che la sentenza avrebbe erroneamente affermato che la questione della non novità delle opere in questione rispetto alle originarie non aveva costituito oggetto delle difese in conclusionale e che non erano stati indicati gli elementi di somiglianzà tra le opere e,inoltre, che era anche mancata la produzione in giudizio di queste ultime. Con il terzo motivo denunzia che erroneamente la Corte d’Appello ha ritenuto non applicabile il patto di non concorrenza contenuto nei contratti relativi a “The mirror of the times” e “Progetti Sonori” che avrebbe dovuto, in ogni caso, impedire la pubblicazione di opere successive in concorrenza con le citate.

Il quarto,il quinto ed il sesto motivo riguardano rispettivamente la mancanza di prova scritta dei contratti di edizione relativi alle opere successive alle prime, il mancato ingresso della prova testimoniale dedotta dal ricorrente e la mancata valutazione delle prove offerte in ordine alla parte elaborata dall’autore Sa. e incorporata nell’opera originaria “The Mirror of the Times” i cui diritti appartenevano certamente alla editrice Morano.

Con l’unico motivo di ricorso incidentale i resistenti si dolgono della ritenuta conversione dei negozi nulli riguardanti “The Mirror of the times” e “Progetti sonori”,ritenuti contratti di edizione a termine privi della indicazione del numero minimo di copie per le edizioni successive alla prima, in validi contratti di edizione per edizione ai sensi dell’art. 1424 c.c..

I ricorsi sono stati riuniti all’udienza collegiale.

Il primo motivo del ricorso principale è infondato.

La sentenza ha,con corretta motivazione,ritenuto che l’azione di nullità per cui è causa non rientri nelle ipotesi di cui alla L. Fall., art. 24, cui opera la “vis attractiva” del tribunale fallimentare facendo applicazione del principio più volte affermato da questa Corte secondo cui per azioni derivanti dal fallimento, ai sensi dell’art.24 legge fallimentare, devono intendersi quelle che, comunque, incidono sul patrimonio del fallito, compresi gli accertamenti che costituiscono premessa di una pretesa nei confronti della massa, anche quando siano diretti a porre in essere il presupposto di una successiva sentenza di condanna. Ne consegue che rientrano nella competenza inderogabile del foro fallimentare, ad esempio, la richiesta di compensazione volta all’accertamento di un maggior credito nei confronti del fallito da insinuare al passivo, le azioni revocatorie fallimentari ordinarie, le azioni dirette a far valere diritti verso il fallito, le azioni di annullamento seguite da quelle di restituzione e quelle volte ad accertare la simulazione (Cass. 17388/07, Cass. 7510/02, Cass. 11235/94).

Nel caso di specie ha giustamente osservato la sentenza impugnata che l’azione di nullità non era volta a costituire il presupposto per una sentenza di condanna del fallimento ma aveva solo lo scopo di ottenere l’accertamento della inesistenza del contratto per ottenere la libera disponibilità dei diritti.

Le censure che il fallimento ricorrente muove a tale motivazione, con cui si contesta,in sostanza, che l’azione mirava a sottrarre al fallimento un bene acquisito alla massa attiva che risultava stimato ed inventariato, sono prive di consistenza.

Premesso,infatti, che nel caso di specie trattasi di una azione di nullità di un contratto stipulato dalla società fallita, è evidente che detta azione comporta un accertamento negativo circa l’acquisizione o meno da parte di quest’ultima dei diritti ceduti dagli autori nel senso che,se il contratto era nullo, la società Morano già prima del fallimento non aveva acquisito alcun diritto per cui questo non sarebbe mai entrato nella massa fallimentare, a nulla rilevando in tal caso che il bene risultava inventariato dalla curatela.

A ciò deve aggiungersi che la L. Fall., art. 103, prevede che devono effettuarsi tramite insinuazione al passivo le domande di rivendicazione, restituzione o separazione di beni mobili in possesso del fallimento ma non prevede in alcun modo che debbano effettuarsi tramite la detta procedura le domande di inibitoria che non comportano una riconsegna del bene.

Nel caso di specie, pertanto, in cui è stata proposta una azione dichiarativa della nullità del contratto a cui non conseguiva alcun obbligo restitutorio ma soltanto l’inibizione ad effettuare lo sfruttamento delle opere, le disposizioni della L. Fall., art. 103, non risultano in alcun modo applicabili.

Il motivo va in conclusione respinto.

Seguendo ora l’ordine logico delle questioni occorre esaminare il primo ed unico motivo di ricorso incidentale, con cui si contesta l’avvenuta conversione del contratto di edizione a termine relativo alle due opere originali “The mirror of the times” e “Progetti sonori” in contratto di edizione per edizione.

Il motivo si rivela fondato.

Occorre preliminarmente rammentare che la differenza tra i due contratti in esame è già stata delineata da questa Corte che ha rilevato che, ai sensi della L. 22 aprile 1941, n. 633, art. 122, sul diritto di autore, il contratto di edizione, pur nella varietà di contenuto che può assumere nei singoli casi, rientra in due fondamentali fatti specie. La prima, contratto di edizione “per edizione”, in cui la durata del rapporto è legislativamente fissata (venti anni), ed è predeterminato dalle parti il numero delle edizioni e degli esemplari, stabilendosi, peraltro, che in mancanza delle indicazioni richieste o di altre speciali pattuizioni sostitutive, il contratto si intende stipulato per una sola edizione e per il numero massimo di duemila esemplari. La seconda, contratto di edizione “a termine”, in cui, nel termine fissato dalle parti, che non può comunque eccedere i venti anni, è conferito all’editore un ampio potere dispositivo in ordine allo sfruttamento dell’opera, con il diritto di eseguire quel numero di edizioni e per il numero di esemplari per edizione che reputi necessario a sua discrezione, stabilendosi, tuttavia, in considerazione della posizione egemonica dell’editore medesimo ed a tutela del contraente più debole, che sia almeno indicato, a pena di nullità del contratto, il numero minimo di esemplari per ogni edizione. (Cass. 5317/83).

Ciò posto, va rilevato che non è oggetto di impugnazione l’affermazione del giudice di primo grado, confermata dalla Corte d’appello, che i contratti in questione, come originariamente configurati dalle parti, dovevano ritenersi dei contratti per edizione a termine. L’accertamento sul punto è pertanto, ormai definitivo.

Entrambi i giudici di merito hanno, poi, reputato che detto contratto fosse affetto di nullità in violazione dell’art. 122, comma 5, l.d.a. in quanto privo della indicazione del numero di esemplari per edizione ed hanno però ritenuto che esso fosse convertibile in quello di edizione per edizione.

L’affermazione circa la nullità risulta del tutto corretta avendo questa Corte già avuto occasione di precisare che la mancata indicazione, in un contratto di edizione “a termine”, del numero minimo di esemplari per ogni edizione, prescritta dalla L. 22 aprile 1941, n. 633, art. 122, comma 5, comporta la nullità dello stesso, la quale discende dalla mera omissione del menzionato elemento, ritenuto essenziale nella struttura del rapporto, senza che sia consentito alle parti alcuna deroga a tale precetto rigorosamente imposto dal legislatore sotto comminatoria di nullità del contratto. (Cass. 5317/83).

Ciò posto occorre ora vagliare se il negozio nullo in questione fosse convertibile o meno in un contratto di edizione per edizione.

Il ricorrente incidentale deduce sotto tale profilo un duplice ordine di contestazioni: in primo luogo il contratto di edizione nullo non sarebbe ex sè suscettibile di conversione, in secondo luogo, comunque, non ricorrevano i requisiti per la conversione in contratto di edizione per edizione.

La prima doglianza è infondata.

Il ricorrente assume la non convertibilità del negozio poichè lo stesso sarebbe contrario all’ordine pubblico o all’interesse pubblico.

Va preliminarmente osservato che la conversione di un negozio in altro valido di cui presenta requisiti costituisce un istituto di carattere generale in relazione alla quale la legge non prevede alcuna distinzione di applicabilità o meno in ragione del tipo di nullità da cui è affetto il negozio.

In linea astratta,dunque, non esiste un limite alla possibilità di conversione del negozio nullo anche in relazione a ipotesi di nullità per violazione dell’ordine pubblico quando il negozio in cui si converte sia conforme ad altra fattispecie contrattuale conforme al modello normativo, salvo ovviamente verificare in concreto casi di effettiva impossibilità di conversione in un negozio che risponda a tali requisiti. Ciò posto rileva, tuttavia, la Corte che nel caso di specie non ricorre alcuna ipotesi di violazione di ordine pubblico. Quest’ultimo infatti riguarda l’illiceità della causa (cui il ricorrente s’è implicitamente riferito allorchè ha fatto leva sulla pretesa contrarietà del contratto all’ordine pubblico) o dei motivi che si identifica col complesso dei principi e dei valori che connotano l’organizzazione politica ed economica della società nell’attuale epoca storica, (Cass. 4228/99). Nel caso di specie, non può certo ritenersi che l’art. 122 comma 5 l.d.a., che impone di indicare il numero minimo di esemplari per edizione,sia una norma che possa farsi rientrare tra quelle che connotano l’organizzazione politica ed economica della società. Si tratta invero di una norma che determina in modo prestabilito alcuni contenuti del contratto al fine di assicurare un equilibrio tra le parti contraenti.

Trattasi, pertanto, di una norma imperativa la cui violazione determina una violazione dell’art. 1346 c.c. in quanto incide sull’oggetto del contratto, la cui violazione comporta una nullità che certamente consente la conversione del negozio ex art. 1424 c.c.. La seconda doglianza si rivela fondata.

Questa Corte ha a più riprese ribadito che la conversione del contratto nullo richiede a norma dell’art. 1424 c.c., che l’atto, nullo come negozio di un determinato tipo, contenga i requisiti di sostanza e di forma, compresa la manifestazione di volontà delle parti, di un negozio diverso. Conseguentemente, per decidere se ricorra la possibilità della conversione, deve procedersi ad una duplice indagine, l’una rivolta ad accertare la sussistenza di un obiettivo rapporto di continenza tra il negozio nullo e quello che dovrebbe sostituirlo, e l’altra, diretta a stabilire se la volontà che indusse le parti a stipulare il contratto nullo possa ritenersi orientata anche verso gli effetti del contratto diverso (6004/08,23145/06. 14294/04 Cass. n. 5451/80). Nel caso di specie, dunque, si tratta di esaminare se nel contratto intercorso tra le parti ricorrano tutti gli estremi richiesti per la conformazione del contratto di edizione per edizione in cui si è inteso convertire il contratto nullo di edizione a termine. Come si è rilevato, per il contratto di edizione per edizione l’art. 122, comma 3, l.d.a. richiede che siano indicati il numero di edizioni che si intendono pubblicare entro vent’anni ed il numero di esemplari di ogni edizione. Il comma 4, dell’articolo in questione stabilisce, poi, che, se mancano tali indicazioni, il contratto si intende per una sola edizione e per il numero massimo di duemila esemplari.

Nel caso di specie, la Corte d’appello ha ritenuto che la conversione nel contratto di edizione per edizione fosse possibile poichè, oltre a potersi ritenere che le parti avrebbero comunque voluto stipulare tale contratto (circostanza questa non oggetto di contestazione), ha reputato che, risultando dal contratto solo l’indicazione della prima edizione con il numero di copie per questa previsto, sia il numero delle edizioni successive e sia quello delle copie di ciascuna di dette edizioni dovevano presumersi stabiliti “per relationem” in base alle preliminari adozioni dei testi.

Ritiene la Corte che la sentenza impugnata non abbia fatto corretta applicazione dell’art. 122 l.d.a., e, in particolare, del comma 4, di detto articolo, che impone ” ex lege” una interpretazione integrativa del contratto nel senso appena indicato secondo cui, in assenza di indicazioni specifiche, il contratto stesso si intende stipulato per una sola edizione e per un massimo di duemila esemplari. Ciò sta a significare che il giudice, in assenza di qualsiasi espressa indicazione nel contratto, non può interpretare lo stesso come contenente in via implicita le disposizioni mancanti di cui all’art. 122, comma 3, l.d.a. desumendole oltretutto – come avvenuto nel caso di specie – da elementi esterni, di cui non viene fatto neppure cenno ad un loro richiamo nel contratto, quali i tempi ed i numeri delle future adozioni, quando il comma 4 del citato articolo espressamente stabilisce quale, in detta assenza, debba essere il contenuto del contratto stesso. A prescindere da tali assorbenti considerazioni non può comunque non rilevarsi una contraddizione sostanziale contenuta motivazione della sentenza impugnata.

Quest’ultima, infatti, ha ritenuto che il numero delle copie per ogni edizione successiva alla prima doveva ritenersi determinato “per relationem” in riferimento alle adozioni, ma,se detto numero risultava determinabile, va necessariamente osservato che nessuna conversione del contratto di edizione a termine si rendeva necessaria perchè il dato mancante richiesto obbligatoriamente ex lege a pena di nullità e costituito dal numero delle copie per ogni edizione era, invece, effettivamente presente nel contratto, restando nella facoltà dell’editore decidere il numero di edizioni che conseguentemente non dovevano essere specificate in contratto.

Il motivo va pertanto accolto e la sentenza impugnata va cassata sul punto.

L’accertamento della erronea pronuncia di convertibililità del contratto di edizione per la pubblicazione delle opere “The Mirrar of the Times” e “Progetti Sonori” comporta l’assorbimento del secondo e del terzo motivo di ricorso principale con cui,rispettivamente, la curatela ricorrente censura,anzitutto, la ritenuta non provata esistenza da parte della sentenza impugnata del contratto relativo alle opere “The new mirrar of the times” e “Trio”, assumendo che dette opere costituivano riedizioni delle precedenti opere “The Mirrar of the Times” e “Progetti Sonori” delle quali l’editore Morano aveva in precedenza acquisito i diritti onde non era necessario un nuovo contratto e, in secondo luogo, lamenta che le opere in questione non si sarebbero comunque potute pubblicare da parte di altri, stante il patto di non concorrenza esistente nel contratto relativo alle opere originarie.

Il quarto motivo del ricorso principale si focalizza contro quella parte della sentenza impugnata che ha ritenuto non provata l’esistenza di un contratto relativo alle opere “the New Mirrar of the Times” e “Trio”. La Corte di merito ha osservato che, trattandosi di contratto da provarsi con forma scritta “ad probationem”, detta prova non era stata fornita, essendo priva di rilevanza a tal fine la copiosa e generica documentazione fornita che non costituiva neppure principio di prava scritta e che,comunque, trattandosi di un contratto per il quale era richiesta la forma “ad probationem”, la richiesta prova per testi non era ammissibile poichè nel caso di specie ciò poteva avvenire, ai sensi dell’art. 2725 c.c., comma 1, solo qualora il documento fosse stato perduto senza colpa dal contraente; circostanza non verificatasi nella fattispecie.

In relazione a tale motivazione, il fallimento ricorrente deduce che la documentazione prodotta, come,ad esempio, la richiesta o il pagamento dei diritti d’autore, le comunicazioni di ristampe, le assicurazioni sulle vendite etc., era in grado di fornire la prova del contratto.

Tale censura risulta,invero, inammissibile in quanto tende a prospettare una diversa valutazione del materiale probatorio acquisito in giudizio, in tal modo investendo il merito della decisione e chiedendo implicitamente a questa Corte di effettuare una valutazione del materiale probatorio, in contrasto con i principi vigenti in sede di giudizio di legittimità.

Non può,peraltro, al riguardo non osservarsi che il contratto in quanto tale per il quale è richiesta la prova scritta non può essere sostituito da altro documento che non sia quello che contiene l’accordo contrattuale stesso che non è surrogabile sotto il profilo probatorio da altri documenti che non contengano il detto accordo.

Il fallimento ricorrente censura anche la decisione in relazione alla ritenuta necessità della forma “ad probationem”.

Tale assunto è erroneo alla luce della costante giurisprudenza di questa Corte che ha ripetutamente ribadito che la norma dell’art. 110 della legge sul diritto d’autore r prevede che la trasmissione dei diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno deve essere provata per iscritto (Cass. 3390/03; Cass. 13937/99, Cass. 3562/95).

Con il quinto motivo il fallimento ricorrente si duole della mancata ammissione della prova per testi in ordine alla attività di concorrenza sleale posta in essere dai resistenti al fine di interferire nelle trattative per la cessione del ramo d’azienda scolastico vertenti tra essa ricorrente e la Zanichelli.

I primi due capitoli di prova concernevano la conclusione, prima del fallimento, della cessione del ramo aziendale scolastico alla Zanichelli e dell’immobile aziendale sito presso l’Istituto orientale di Napoli. La Corte d’appello ha escluso l’ammissione di detti capitoli rilevandone la assoluta genericità e la irrilevanza in relazione alla domanda di concorrenza sleale per intralcio delle trattative in quanto i capitoli si riferivano a contratti già conclusi.

Tale motivazione è impeccabile. Invero da detti capitoli non emerge alcun comportamento atto a evidenziare atti di concorrenza sleale da parte della Principato anzi, come rilevato dalla Corte d’appello, il fatto che i contratti (sempre in base alla formulazione dei capitoli) risultavano essere stati già conclusi fa escludere l’assunto del fallimento ricorrente. Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi quanto al terzo capitolo formulato nel senso che l’affare con Zanichelli andò a monte perchè l’amministratore della Principato telefonò alla Zanichelli informandola che aveva acquisito i diritti per le opere per cui è causa.

Il capitolo è stato ritenuto inammissibile,in primo luogo, perchè richiedeva un giudizio da parte del teste e, in secondo luogo, per la sua genericità e mancanza di concludenza.

Anche tale motivazione appare del tutto corretta poichè il capitolo si limita a richiedere al teste la formulazione di un giudizio circa il fatto se fu la telefonata in questione a far fallire la trattativa, in assenza di ogni altra ulteriore circostanza atta a dimostrare l’assunto del fallimento ricorrente, specie se, come correttamente rilevato dalla sentenza impugnata,appare difficile ritenere sotto il profilo della concludenza che, in una trattativa per la cessione di un ramo d’azienda composta da un intero catalogo di opere, sia stata proprio la cessione ad un altro editore di quattro di esse ad indurre quest’ultimo a rinunciare al contratto. Con il sesto motivo il fallimento ricorrente si duole della mancata valutazione delle prove offerte in ordine alla parte elaborata dall’autore Sa. incorporata nell’opera originaria “The Mirror of the Times” i cui diritti appartenevano certamente alla editrice Morano e che sarebbe stata illegittimamente riprodotta nell’opera ” The new mirror of the Times” edita da Principato.

La Corte d’appello ha rilevato sul punto che non vi era in atti alcuna produzione documentale atta a consentire la comparazione tra le due opere. Il fallimento ricorrente assume, invece, che la Corte d’appello non avrebbe esaminato le copie delle opere prodotte in atti (“The new Mirror of the times” edita da Principato e “The new Mirrar of the times” edita da Morano) da cui era rilevabile che la prima riportava ancora al proprio interno la parte scritta dall’autore Sa. e delle quali indica in quali parti dei fascicoli di parte erano rinvenibili.

La censura, per come è proposta, riguarda un vizio revocatorio.

La Corte d’appello, infatti, non ha omesso la ricerca della produzione in atti, ma semplicemente non l’ha rinvenuta. Si tratta pertanto eventualmente non di un omesso esame ma di un errore di percezione per cui sarebbe sfuggita la presenza in atti della documentazione in questione.

La censura avverso siffatto errore doveva essere quindi proposta non con l’ordinario ricorso per cassazione ma tramite l’apposito ricorso ex art. 395 c.p.c..

Il motivo va pertanto dichiarato inammissibile.

In conclusione dunque, vanno rigettati il primo, il quarto, il quinto ed il sesto motivo del ricorso principale, va accolto nei termini di cui in motivazione il ricorso incidentale, assorbiti il secondo ed il terzo motivo del ricorso principale. La sentenza impugnata va, di conseguenza, cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione che si atterrà al principio di diritto dianzi enunciato e che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

Rigetta il primo, il quarto, il quinto ed il sesto motivo del ricorso principale, accoglie il ricorso incidentale,assorbiti il secondo ed il terzo motivo del ricorso principale; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia anche per le spese del giudizio di cassazione alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 9 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2010

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