Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17276 del 12/08/2011

Cassazione civile sez. VI, 12/08/2011, (ud. 15/07/2011, dep. 12/08/2011), n.17276

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BUCCIANTE Ettore – Presidente –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. MATERA Lina – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

F.S. (OMISSIS), A.E.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA PIEVE DI

CADORE 30, presso lo studio dell’avvocato GUALTIERI GIUSEPPE,

rappresentati e difesi dall’avvocato FALCONE BRUNO, giusta mandato a

margine del ricorso per regolamento di competenza;

– ricorrenti –

contro

F.S., D.C.A., elettivamente domiciliate in ROMA,

VIALE DEI COLLI PORTUENSI 345, presso lo studio dell’avvocato BELLONI

Maurizio, rappresentate e difese dall’avvocato POLVERINO GIORGIO,

giusta procura a margine della memoria di costituzione;

– controricorrenti –

avverso l’ordinanza n. 11372/04 del TRIBUNALE di NOCERA INFERIORE,

depositata l’8/10/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/07/2011 dal Consigliere Relatore Dott. VINCENZO MAZZACANE;

per i ricorrenti è solo presente l’Avvocato Giuseppe Gualtieri (per

delega avv. Bruno Falcone);

per le controricorrenti è solo presente l’Avvocato Nicola Adragna

(per delega avv. Giorgio Polverino);

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. PASQUALE

PAOLO MARIA CICCOLO.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 16-5-2000 D.C.A., D. C.M.R. e F.S., proprietarie di un fabbricato in (OMISSIS), convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di Nocera Inferiore F.S. ed A.E. chiedendone la condanna all’abbattimento di un piccolo vano terraneo edificato nel confinante giardino di loro proprietà ad una distanza di m. 8,35 dalla parete del loro fabbricato munita di veranda con finestra in primo piano, distanza inferiore a quella di m. 10 prevista dal P.R.G. tra pareti finestrate.

I convenuti costituendosi in giudizio chiedevano il rigetto della domanda attrice.

Il F. e l’ A. con atto notificato il 22-3-2004 convenivano in giudizio dinanzi allo stesso Tribunale D.A. C., D.C.M.R. e F.S. chiedendo dichiararsi illegittime le finestre – vedute aperte sul loro giardino e condannarsi le convenute alla eliminazione delle stesse, inclusa quella esercitata dalla veranda in primo piano.

Con sentenza n. 1046/2005 il Tribunale adito accoglieva la domanda attrice formulata nel primo dei due suddetti giudizi condannando i convenuti a demolire il cucinino edificato fino a rispettare la distanza di m. 10 dalla veranda di proprietà delle attrici; avverso tale sentenza i soccombenti proponevano impugnazione dinanzi alla Corte di Appello di Salerno.

Nel secondo giudizio il giudice con ordinanza dell’8-10-2010, ritenuta la pregiudizialità del giudizio pendente dinanzi al giudice di appello rispetto a quello pendente in primo grado, ai sensi dell’art. 295 c.p.c. ha disposto la sospensione del giudizio fino al passaggio in giudicato della sentenza di appello.

Avverso tale provvedimento il F. e l’ A. hanno proposto un ricorso per regolamento di competenza affidato a tre motivi con i quali si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 295 c.p.c.; D.C.A. e F.S. hanno depositato una memoria difensiva.

Con relazione ex art. 380 bis c.p.c. il Consigliere designato ha concluso per l’accoglimento dell’istanza di regolamento di competenza in camera di consiglio.

Le parti hanno successivamente depositato delle memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

La menzionata relazione ha ritenuto fondata l’istanza di regolamento per competenza per una ragione rilevabile d’ufficio dalla Corte di Cassazione nell’esercizio dei suoi poteri di statuizione sulla sussistenza degli estremi per la sospensione del giudizio ai sensi dell’art. 295 c.p.c. (Cass. Ord. 23-7-2004 n. 13910); invero la sospensione del giudizio è stata disposta dall’ordinanza impugnata nell’asserito esercizio del potere di cui all’art. 295 c.p.c in una situazione nella quale quel potere non era esercitabile, in quanto nel preteso giudizio pregiudicante si era esaurita la fase di primo grado ed era pendente il giudizio di appello; invero, quando tra due giudizi esista un rapporto di pregiudizialità, e quello pregiudicante sia stato definito con sentenza non passata in giudicato, è possibile la sospensione del giudizio pregiudicato soltanto ai sensi dell’art. 337 c.p.c., comma 2 e non ai sensi dell’art. 295 c.p.c.; ne consegue che se il giudice dispone la sospensione del processo ai sensi di tale ultima norma, il relativo provvedimento è di per sè illegittimo, a prescindere da qualsiasi accertamento di merito circa la sussistenza del rapporto di pregiudizialità (Cass. Ord. 29-8-2008 n. 21924).

Il Collegio ritiene di poter condividere tali argomentazioni – nonostante i rilievi critici in proposito sollevati nella memoria dalle resistenti – svolgendo ulteriori considerazioni incentrate sulla genesi dell’art. 337 c.p.c., comma 2, destinato ad estendere a tutte le impugnazioni le disposizioni che nel codice di rito antecedente riguardavano soltanto la revocazione e l’opposizione di terzo; ciò comporta che, mentre nella precedente disciplina la sentenza soggetta ai suddetti mezzi di impugnazione era passata in giudicato, la norma in vigore non distingue tra le ipotesi di impugnazione della sentenza con mezzi ostativi alla formazione del giudicato e le ipotesi di impugnazione con mezzi non ostativi (vedi al riguardo in motivazione Cass. 28-7-2005 n. 15794); pertanto l’art. 337 c.p.c., comma 2 secondo cui “quando l’autorità di una sentenza è invocata in un diverso processo, questo può essere sospeso se tale sentenza è impugnata”, consente la possibile operatività della sentenza impugnata in un diverso processo attribuendo ad essa, per il suo carattere di imperatività, una efficacia di accertamento anche al di fuori del processo in cui è stata pronunciata, prima del suo passaggio in giudicato; coerente con tale inquadramento è il potere discrezionale attribuito al giudice del secondo giudizio di sospendere il processo (vedi oltre la pronuncia richiamata nella relazione anche Cass. 12-12-1980 n. 6409, Cass. 28-7-2005 n. 15794;

Cass. 16-12-2009 n. 26435), ipotesi quindi radicalmente diversa dalla sospensione necessaria del processo ex art. 295 c.p.c., norma erroneamente applicata nella fattispecie dall’ordinanza impugnata.

Alla luce delle esposte argomentazioni devono essere disattesi i rilievi illustrati dalle resistenti nella memoria, incentrati essenzialmente su di una “caducazione” dell’art. 337 c.p.c. e di un effetto espansivo dell’art. 295 c.p.c., di cui viene invocata l’applicabilità qualunque sia lo stato del processo pregiudiziale, in contrasto con la lettera delle due norme ora citate e con la loro lettura coordinata, da cui emerge che esse regolano fattispecie distinte.

In definitiva l’ordinanza impugnata deve essere cassata, la causa deve essere riassunta nei termini di legge dinanzi al Tribunale di Nocera Inferiore che provvederà anche alla pronuncia sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

LA CORTE Cassa l’ordinanza impugnata e dispone la riassunzione della causa nei termini di legge dinanzi al Tribunale di Nocera Inferiore anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 15 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 12 agosto 2011

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