Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17271 del 19/08/2020

Cassazione civile sez. VI, 19/08/2020, (ud. 17/12/2019, dep. 19/08/2020), n.17271

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE X

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – rel. Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16058-2018 proposto da:

POSTE ITALIANE SPA, (OMISSIS), in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE EUROPA 175,

presso la FUNZIONE AFFARI LEGALI dell’Istituto medesimo,

rappresentata e difesa dagli avvocati ELISABETTA CROCIANI, MASSINO

FICELI;

– ricorrente –

contro

P.G.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1012/2017 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 11/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 17/12/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARGHERITA

MARIA LEONEURO

 

Fatto

RILEVATO

che:

La Corte di appello di Firenze con la sentenza n. 1012/2017 aveva in parte accolto l’appello proposto da Poste Italiane spa avverso la decisione con la quale il tribunale di Lucca aveva accertato la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra la società e P.G. ed aveva condannato Poste Italiane al pagamento delle retribuzioni maturate dall’inizio del rapporto di lavoro. La Corte fiorentina, lasciata ferma la statuizione sulla esistenza del rapporto in questione, aveva parzialmente modificato la decisione del tribunale con riguardo alla sanzione pecuniaria che, in ragione dello ius superveniens rappresentato dalla L. n. 183 del 2010, art. 32, quantificava in Euro 39.029,00 al netto.

Avverso detta ultima statuizione la società Poste Italiane spa proponeva ricorso affidato a quattro motivi.

P.G. rimaneva intimata.

Veniva depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1) Con il primo motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione di legge ex art. 360 c.p.c., comma 1, v. 3, del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, degli artt. 12 e 14 preleggi, dell’art. 2033 c.c., del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 23 e 64, dell’art. 2041 c.c., per aver erroneamente, la corte territoriale, ritenuto che la restituzione della somma dovesse avvenire al netto delle ritenute fiscali, in violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, dispositivo della possibilità di richiedere la restituzione solo da parte del soggetto che aveva in origine versato le somme all’Ufficio finanziario solo in ipotesi prestabilite non presenti nel caso di specie.

2) Con il secondo motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38. Parte ricorrente rileva la errata interpretazione dell’art. 38 richiamato quanto al meccanismo della deduzione previsto dalla norma e non applicato e rileva altresì la mancata applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 10 comma 1 lett. d) bis, quanto alla possibilità per il dipendente di poter o p.re una deduzione dal proprio imponibile fiscale corrispondente all’imposta versata, in riduzione delle imposte che lo stesso è tenuto a versare.

3) Con il terzo motivo deduce la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, per aver, la corte territoriale, omesso di valutare il meccanismo contenuto nel predetto art. 8 che preclude la possibilità alla società di richiedere il rimborso, come previsto dalla norma.

3) Con il quarto motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, per aver erroneamente ritenuto, la corte territoriale, che comunque la società Poste avrebbe potuto ricorrere a quanto previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2, e quindi presentare la domanda di restituzione delle somme versate.

Questa Corte ha chiarito anche recentemente che “In caso di riforma, totale o parziale, della sentenza di condanna del datore di lavoro al pagamento di somme in favore del lavoratore, il datore di lavoro ha diritto a ripetere quanto il lavoratore abbia effettivamente percepito e non può pertanto pretendere la restituzione di importi al lordo di ritenute fiscali mai entrate nella sfera patrimoniale del dipendente, atteso che il caso del venir meno con effetto “ex tunc” dell’obbligo fiscale a seguito della riforma della sentenza da cui è sorto ricade nel raggio di applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, comma 1, secondo cui il diritto al rimborso fiscale nei confronti dell’amministrazione finanziaria spetta in via principale a colui che ha eseguito il versamento non solo nelle ipotesi di errore materiale e duplicazione, ma anche in quelle di inesistenza totale o parziale dell’obbligo” (Cass. n. 19735/18; conf. Cass. n. 13530/2019). Il principio enunciato, a cui si intende dare continuità, sottolinea la possibilità di chiedere in restituzione solo le somme effettivamente percepite dal lavoratore con esclusione, quindi, di quanto imputato a ritenute fiscali.

Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in favore della controricorrente nella misura di cui al dispositivo.

Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in EURO 3.500,00 per compensi ed EURO 200,00 per spese oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 17 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 agosto 2020

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