Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17271 del 13/07/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 13/07/2017, (ud. 26/05/2017, dep.13/07/2017),  n. 17271

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – rel. Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16726-2014 proposto da:

FRIGOMARKET PACIFICO M. SNC, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE

REGINA MARGHERITA 290, presso lo studio dell’avvocato ADRIANO

CASELLATO, rappresentato e difeso dagli avvocati LUCIANO FALCONE,

CARLO BASSOLI;

– ricorrente –

contro

LATINA AMBIENTE SPA, elettivamente domiciliato in ROMA VIA GERMANICO

109, presso lo studio dell’avvocato ENRICO VOLPETTI, rappresentato e

difeso dall’avvocato GIUSEPPE IBELLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 939/2013 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

LATINA, depositata il 20/12/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/05/2017 dal Consigliere Dott. DE MASI ORONZO;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL CORE SERGIO che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che la CTR del Lazio, con la sentenza n. 939/40/13, depositata il 20/12/2013, ha accolto l’appello di Latina Ambiente s.p.a., nei confronti di Frigomarket Pacifico M. s.n.c. (di seguito, per brevità, Frigomaket), avverso la sentenza n. 939/40/13, depositata il 20/12/2013, della CTP di Latina che aveva accolto il ricorso proposto dalla contribuente avverso l’avviso di accertamento relativo alla tassa di igiene ambientale (T.I.A.), per l’anno d’imposta 2006, sul rilievo che il Comune di Latina, con la Delib. n. 44 del Consiglio Comunale in data 30/5/2006, e con l’approvazione del Regolamento di applicazione, aveva illegittimamente istituito la Tariffa di cui al D.Lgs. n. 22 del 1997 (Decreto Ronchi), in sostituzione della TARSU, in quanto il D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 238, entrato in vigore il 29/4/2006, nel prevedere l’introduzione di una nuova tariffa sui rifiuti, disponendo l’abrogazione di quella precedente (c.d. tariffa Ronchi), ha consentito agli enti interessati di continuare a riscuotere il tributo, sino alla completa attuazione della nuova tariffa, secondo le discipline regolamentari previgenti;

che il giudice di appello ha motivato la propria decisione nel senso che la TIA, ex TARSU, di natura autoritativa e non sinallagmatica, è compatibile con i principi comunitari, i quali si limitano a richiedere alle legislazioni nazionali un ragionevole collegamento tra la produzione di rifiuti e la copertura del costo del servizio di smaltimento, secondo il principio di proporzionalità, che il fatto generatore dell’obbligo di pagamento è legato non alla effettiva produzione di rifiuti da parte del soggetto obbligato alla fruizione del servizio medesimo ma alla utilizzazione di superfici potenzialmente idonee a produrre rifiuti, come pure evidenziato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 238/2009, e che il regime di prelievo, ai sensi della L. n. 296 del 2006 (Finanziaria 2007), art. 1, comma 184, anche per quanto concerne la c.d. addizionale provinciale, era destinato medio tempore a rimanere invariato;

che la contribuente ha interposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, illustrati con memoria, cui l’intimata resiste con controricorso e memoria;

che il P.G. ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che con il primo motivo di impugnazione la ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione della normativa in materia ambientale, segnatamente, il D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 49, il D.P.R. (applicativo) n. 158 del 1999, l’art. 238 e il D.Lgs. n. 152 del 2006, artt. 195, 264 e 265, nonchè contrasto con i principi comunitari in materia ed in particolare con la raccomandazione OCSE del 26/5/1972 n. 128, con l’art. 130/R, oggi 174, con l’art. 175, Trattato CE, con l’art. 15 della direttiva 2006/12/CE, e con l’art. 117 Cost., giacchè la CTR non ha considerato che il Comune di Latina, e in via derivata la società Latina Ambiente, invece di adeguare la normativa di attuazione ai principi dettati dal D.Lgs. n. 152 del 2006 (Codice dell’Ambiente), hanno ritenuto di disporre della massima discrezionalità nella determinazione dei presupposti soggettivi ed oggettivi di applicazione della tassa per lo smaltimento dei rifiuti, divenuta tariffa, ed introdotto una disciplina, quella di cui all’art. 4 del Regolamento adottato con la delibera C.C. del 30/5/2006, modellata sul dettato del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 49, norma quest’ultima abrogata dal D.Lgs. n. 152 del 2006, in vigore dal 29/4/2006, prevedente l’introduzione di una nuova tariffa sui rifiuti (Tariffa integrata ambientale), con caratteristiche almeno in parte diverse, mentre fino alla predisposizione dei correlati provvedimenti attuativi di natura regolamentare, ai sensi del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 238 e art. 264, comma 1, lett. i), ai Comuni era preclusa la possibilità di passare alla ormai soppressa tariffa del cosiddetto Decreto Ronchi;

che con il secondo motivo deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 e n. 5, omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, circa la prospettata violazione e falsa applicazione delle norme in materia ambientale, richiamate nel primo motivo d’impugnazione, e circa il contrasto con principi e norme comunitarie in materia ambientale, ivi parimenti richiamati, nonchè motivazione apparente ovvero abnorme, contrasto tra motivazione e dispositivo, illegittimità ed inapplicabilità del Regolamento comunale, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 5, non avendo la CTR considerato che la delibera C.C. n. 44 del 30/5/2006, istitutiva della tariffa di igiene ambientale (TIA 1) nel Comune di Latina, in quanto adottata successivamente alla data (30/4/2006) di entrata in vigore del D.Lgs. n. 152 del 2006, era illegittima e doveva essere disapplicata dal giudice tributario, con ogni consequenziale pronuncia in ordine all’impugnato avviso di accertamento;

che i motivi di ricorso, i quali possono essere esaminati congiuntamente in quanto logicamente connessi, sono fondati e vanno accolti per le ragioni di seguito precisate; che il regime fiscale dei rifiuti, in estrema sintesi, a partire dalla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU), prevista dal D.Lgs. n. 507 del 1993, ha subito nel tempo numerose modifiche legislative, in quanto la TARSU è stata sostituita dalla TIA 1 (tariffa di igiene ambientale), introdotta dal D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 49 (Decreto Ronchi), la TIA 1 è stata sostituita dalla TIA 2 (tariffa integrata ambientale), introdotta dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 238 (Codice dell’Ambiente), la TIA 2 è stata sostituita dal TARES (tributo comunale sui servizi), introdotto dal D.L. n. 201 del 2011, art. 14, convertito dalla L. n. 214 del 2011, ed il TARES è stato sostituito dalla TARI (tassa sui rifiuti), istituita dalla L. n. 147 del 2013, art. 1, commi 639, e seguenti), a decorrere dal 1 gennaio 2014;

che giova anche ricordare che una volta venuta meno, per effetto della L. n. 128 del 1998, art. 17, comma 3, entrata in vigore il 22 maggio 1998, l’assimilazione automatica ai rifiuti urbani di quelli provenienti dalle attività artigianali, commerciali e di servizi, aventi una composizione merceologica analoga a quella urbana, è divenuto pienamente operante il regime previsto dal D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 21, comma 2, lett. g), che ha attribuito ai Comuni la facoltà di assimilare o meno ai rifiuti urbani quelli derivanti dalle attività economiche, per cui, a partire dall’annualità d’imposta 1997, hanno assunto decisivo rilievo le indicazioni contenute nei regolamenti comunali circa al predetta assimilazione (Cass. n. 22223/2016);

che la questione posta all’attenzione della Corte origina dalla scelta del legislatore che, nel D.Lgs. n. 22 del 1997 (Decreto Ronchi), ha previsto l’introduzione del nuovo sistema incentrato sulla “tariffa” (TIA 1), sostitutivo di quello incentrato sul “tributo”, e che avrebbe dovuto superare – almeno nelle intenzioni – le inefficienze finanziarie dimostrate dalla soppressa TARSU, con modalità progressive, sostanzialmente demandate agli enti locali (D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 49), cosa che ha consentito a numerosi Comuni di continuare ad applicare la TARSU, nonostante la previsione di un termine per passare alla TIA 1, originariamente fissato nel 1 gennaio 1999, ma più volte prorogato, e ad alcuni Comuni di attivare il sistema tariffario “in via sperimentale” anche prima del suddetto termine ultimo (art. 49, citato, comma 16), proprio nell’ottica di accelerare il processo di copertura dei costi del servizio di gestione dei rifiuti da ripartire tra i contribuenti, intento legislativo insito nel passaggio, ancorchè come già detto graduale, dal regime di “tassa” a quello di “tariffa”;

che il ricordato D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 238, (Codice dell’Ambiente), che ha istituito la nuova “tariffa” sui rifiuti TIA 2, destinata a sostituire quella di cui al D.Lgs. n. 22 del 1997, ha previsto, al comma 1, che “La tariffa di cui al D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 49, è soppressa a decorrere dall’entrata in vigore del presente articolo, salvo quanto previsto dal comma 11”, il quale recita che “Sino alla emanazione del regolamento di cui al comma 6 e fino al compimento degli adempimenti per l’applicazione della tariffa continuano ad applicarsi le discipline regolamentari vigenti”;

che, invero, il regolamento ministeriale di cui sopra non è stato adottato (entro il prorogato termine del 30 giugno 2010), per cui sono rimaste in vigore, ed applicate dai Comuni nei rispettivi territori, per quanto qui d’interesse, sia la TARSU che la TIA 1, quella appunto prevista dal D.Lgs. n. 22 del 1997, alla quale, per effetto della L. n. 296 del 2006, commi 183 e 184, (Finanziaria 2007), sono stati estesi i criteri di determinazione della TARSU;

che il D.L. n. 208 del 2008, art. 5, comma 2 quater, convertito dalla L. n. 13 del 2009, ha altresì disposto che, “Ove il regolamento di cui al D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 238, comma 6, non sia adottato dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare (entro il 30 giugno 2010), i comuni che intendano adottare la tariffa integrata ambientale (TIA) possono farlo ai sensi delle disposizioni legislative e regolamentari vigenti”, per cui si è prevista per gli Enti locali, inutilmente decorso il termine più volte richiamato, la facoltà di adottare delibere di passaggio dalla TARSU alla TIA 2, con effetto dal 1 gennaio 2011;

che, per compiutezza d’indagine, va ricordato che nella “manovra di emergenza” contenuta nel citato D.L. n. 78 del 2010, attraverso l’art. 14, comma 33, (patto di stabilità interno ed altre disposizioni sugli enti territoriali), è stato previsto che “le disposizioni di cui al D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 238, si interpretano nel senso che la natura della tariffa ivi prevista non è tributaria. Le controversie relative alla predetta tariffa, sorte successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, rientrano nella giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria”, e ciò al fine di sottoporre ad IVA le somme versate, in passato, a titolo di TIA, ma detta norma non ha natura interpretativa (Cass. S.U. n. 26266/2016; Cass. n. 26266/2016), “perchè la giurisprudenza della Corte Costituzionale e di questa Corte era… già al momento della entrata in vigore del D.L. n. 78 del 2010, pacificamente orientata nel senso di ritenere la natura tributaria e non di corrispettivo della TIA 1”, e risulta inapplicabile alla “prima TIA”, di cui si discute nel presente giudizio, “che ha natura tributaria e quindi non è soggetta ad IVA, dal momento che l’Iva come qualsiasi altra imposta deve colpire una qualche capacità contributiva”, che si manifesta soltanto quando un soggetto acquisisce beni o servizi versando un corrispettivo, non già quando paga un’imposta “sia pure “mirata” o “di scopo” cioè destinata a finanziare un servizio da cui trae beneficio il soggetto stesso ” (cfr. anche Cass. n. 2320/2012);

che, così ricostruito il quadro normativo di riferimento, la soluzione della questione in esame risulta alquanto agevole poichè il Regolamento adottato con la delibera C.C. del 30/5/2006, istitutiva della TIA 1 “in via sperimentale” nel Comune di Latina, si colloca temporalmente in una fase della trasformazione della disciplina fiscale in cui, stante la mancata adozione del regolamento attuativo di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 238, comma 6, i Comuni che già erano passati dalla TARSU alla TIA 1 potevano continuare ad applicarla, essendo tale sistema tariffario destinato ad operare sino alla adozione della disciplina attuativa prevista dal Codice dell’Ambiente, così come i Comuni che tale opzione non avevano effettuato, potevano continuare ad applicare la TARSU – i cui criteri di determinazione sono stati peraltro estesi alla TIA – ma era loro precluso di passare alla “tariffa” prevista dal Decreto Ronchi, ormai destinata ad essere sostituita dalla “tariffa” del Codice dell’Ambiente, intesa come “corrispettivo” del servizio prestato e, pertanto, necessitante di un’apposta regolamentazione (mai intervenuta);

che siffatta interpretazione trova conferma nella stessa testuale formulazione del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 238, il quale, nel disporre la soppressione della TIA 1, cioè della “tariffa” di cui del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 49, “a decorrere dall’entrata in vigore del presente articolo”, ha fatto salve, secondo quanto previsto dal successivo comma 11, “le discipline regolamentari vigenti” e, dunque, quelle già adottate alla data (29/4/2006) di entrata in vigore del Codice dell’Ambiente nella parte che qui interessa;

che, ad ulteriore conferma di quanto esposto, si può rilevare che il D.L. n. 208 del 2008, art. 5, comma 2 quater, convertito dalla L. n. 13 del 2009, ha consentito ai Comuni che intendessero adottare, “ai sensi delle disposizioni legislative e regolamentari vigenti”, la tariffa integrata ambientale (TIA 2), e non già la soppressa tariffa di igiene ambientale (TIA 1), di farlo soltanto dopo la inutile scadenza del termine (30 giugno 2010) per l’adozione del regolamento attuativo e con effetto dal 1 gennaio 2011, e ciò proprio perchè, in precedenza, ai Comuni era impedito di effettuare il passaggio alla TIA, per così dire “sbloccato” soltanto dopo il 30 giugno 2010, ma di semplice facoltà si è trattato, il che costituisce ulteriore argomento che attesta la piena legittimità del precedente regime, basato su due tipi di prelievo.

che tale soluzione, infine, è confermata dal D.Lgs. n. 23 del 2001 (Disposizioni in materia di federalismo municipale), art. 14, comma 7, secondo il quale “Sino alla revisione della disciplina relativa ai prelievi relativi alla gestione dei rifiuti solidi urbani, continuano ad applicarsi i regolamenti comunali adottati in base alla normativa concernente la tassa sui rifiuti solidi urbani e la tariffa di igiene ambientale. Resta ferma la possibilità per i comuni di adottare la tariffa integrata ambientale” (TIA 2);

che l’intimata società Latina Ambiente, gestore del Servizio di Tariffa di Igiene Ambientale (TIA), giusta citata delibera C.C. n. 44 del 30/5/2006, sostiene che il Comune ha tempestivamente esercitato, con la suddetta deliberazione, la facoltà adottare il passaggio da TARSU a TIA 1, in quanto il D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 151, (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali) stabilisce il termine del 31 dicembre di ciascun anno per deliberare il bilancio di previsione, che quindi il termine utile per deliberare le aliquote e le tariffe dei tributi locali, le tariffe dei servizi pubblici locali, nonchè per approvare i regolamenti relativi alle entrate degli enti locali, va individuato nella medesima data fissata dalle norme statali per la deliberazione del bilancio di previsione, e che, per l’annualità 2006, tale termine, scadente il 31 dicembre 2005, è stato differito al 31 marzo 2006, ai sensi della L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 155, (Legge Finanziaria 2006), e quindi prorogato al 31 maggio 2006, con decreto del Ministro dell’Interno, pubblicato su G.U. del 30/3/2006; che, ai sensi del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 155 (T.U. Enti Locali), il termine del 31 dicembre di ciascun anno previsto per deliberare il bilancio di previsione vale anche come termine ultimo per deliberare sulla TARSU, ma la proroga del predetto termine al 31 maggio 2006 per deliberare il bilancio preventivo (2006) dell’ente locale non incide sulla specifica disciplina che regola, nel ricordato periodo transitorio, il passaggio da un sistema impositivo (TARSU) ad un’ altro (TIA 1), non trattandosi all’evidenza di mera deliberazione delle tariffe, la quali si possono fissare e quindi modificare anno per anno, entro il termine di approvazione del bilancio, ancorchè la tariffa di igiene ambientale (TIA 1), disciplinata dal D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 49, presentasse tutte le caratteristiche del tributo;

che, in conclusione, la sentenza impugnata va cassata in quanto la CTR avrebbe dovuto individuare le specifiche disposizioni di legge ratione temporis disciplinanti la esaminata fattispecie e, quindi, disapplicare la delibera comunale del 30/5/2006, perchè adottata oltre la data (29/4/2006) di soppressione della TIA 1, poichè ricorrevano le condizioni per l’esercizio del potere del giudice tributario di disapplicare gli atti amministrativi presupposti di carattere generale, secondo il disposto del D.Lgs. n. 54 del 1992, art. 7, u.c., avendo la contribuente posto tra i motivi d’impugnazione dell’atto impositivo l’illegittimità del Regolamento in materia di TIA e domandato, per tale ragione, l’annullamento della cartella di pagamento impugnata (Cass. n. 12545/2016; Cass. S.U. n. 6265/2006);

che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, la causa può essere decisa nel merito, con l’accoglimento, nei termini sopra indicati, del ricorso originario della società Frigomarket;

che le spese dell’intero giudizio sono compensate tra le parti attese le obiettive incertezze determinate dal quadro normativo di riferimento e l’assenza di precedenti pronunce giurisprudenziali.

PQM

 

La Corte, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso originario della contribuente. Compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Ai sensi del testo unico art. 13, comma 1 – quater, approvato con il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), dà atto della non sussistenza dei presupposti per il pagamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, il 26 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2017

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