Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17270 del 23/07/2010
Cassazione civile sez. lav., 23/07/2010, (ud. 12/04/2010, dep. 23/07/2010), n.17270
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –
Dott. LAMORGESE Antonio – rel. Consigliere –
Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –
Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –
Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
C.L. vedova B.S., elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA TAGLIAMENTO 55, presso lo studio dell’avvocato DI PIERRO
NICOLA, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati NICOLA
TAMBURRO, DOMENICO FINAMORE, giusta mandato alle liti a margine del
ricorso;
– ricorrente –
contro
INAIL – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI
SUL LAVORO in persona del Dirigente con incarico di livello generale,
Direttore della Direzione Centrale Prestazioni, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso la Sede Legale
dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati LA PECCERELLA
LUIGI, RASPANTI RITA, giusta procura speciale in calce al
controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1687/2008 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE del
2.12.08, depositata il 05/12/2008;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
12/04/2010 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO LAMORGESE.
E’ presente il P.G. in persona del Dott. MAURIZIO VELARDI.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza depositata il 5 dicembre 2008, la Corte di appello di Firenze ha confermato la decisione di primo grado, che aveva rigettato la domanda proposta da C.L. per il riconoscimento del diritto alla rendita Inail quale familiare superstite del coniuge deceduto, già titolare di rendita per silicosi.
Nel respingere l’impugnazione della soccombente, il giudice del gravame, dopo aver rilevato, sulla scorta della consulenza tecnica di ufficio espletata in primo grado, che il coniuge della appellante era stato affetto da una gravissima patologia, quale il linfoma di Hodgkin, ha accertato che l’ennesimo ciclo di chemioterapia aveva avuto effetti oltremodo pregiudizievoli per l’assicurato: aveva indotto una tossicità diffusa nell’organismo dell’anziano (nato nel 1928), provocandone poi la morte.
La cassazione della sentenza è ora richiesta da C.L. con ricorso basato su un motivo, cui l’Inail resiste con controricorso.
Ravvisati i presupposti per la decisione del ricorso in Camera di consiglio, è stata quindi redatta relazione ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., poi ritualmente notificata alle parti e comunicata al Procuratore Generale.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’unico motivo denuncia vizio di motivazione su un fatto controverso e decisivo, e deduce l’errore della sentenza impugnata per avere confuso la patologia da cui era affetto il coniuge della odierna ricorrente, avendo ritenuto la sussistenza del “linfoma di Hodgking”, mentre in realtà si trattava del “linfoma di non-Hodgking”, come correttamente era stato riportato nel referto medico redatto subito dopo il decesso.
Al termine dell’esposizione del motivo la ricorrente passa a criticare la condanna al pagamento delle spese processuali, addebitando alla Corte territoriale di non avere fornito alcuna motivazione in proposito e di non avere considerato che essa ricorrente è titolare di un reddito inferiore a quello previsto dalla L. n. 269 del 2003.
Il ricorso è manifestamente infondato.
Nella relazione ex art. 380 bis cod. proc. civ., si è osservato che l’asserito errore sulla individuazione del linfoma da cui era affetto B.S., coniuge della ricorrente, non ha alcuna influenza ai fini della decisione, posto che causa della morte è stata ritenuta, con statuizione non censurata, la tossicità diffusa riscontrata nell’organismo dell’ammalato, provocata dall’ulteriore ciclo di chemioterapia (la sentenza parla di “ennesimo” ciclo), e posto che era stato escluso qualsiasi collegamento tra la malattia professionale (la silicosi), in base alla quale era stata riconosciuta la rendita, e il linfoma.
Nella relazione si è altresì osservato, quanto alla condanna alle spese del grado (determinate in complessivi Euro 800,00), che la sentenza l’ha giustificata con l’applicazione del criterio della soccombenza, senza alcuna incidenza, ai fini dell’esonero dal pagamento delle spese processuali, della deduzione svolta dalla ricorrente, di essere titolare di un reddito, neppure specificato, ma genericamente indicato come inferiore a quello previsto dal D.L. 30 settembre 2003, n. 269, della ricorrente, in mancanza della tempestiva dichiarazione con l’atto introduttivo del giudizio secondo la disposizione dell’art. 152 disp. att. cod. proc. civ., come sostituito dal ora citato D.L. n. 269 del 2003, art. 42, comma 11, convertito, con modificazioni, nella L. 24 novembre 2003, n. 324.
Il Collegio condivide queste osservazioni, le quali peraltro non sono state confutate dalla ricorrente.
Il ricorso va dunque rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, vanno poste, per il criterio della soccombenza, a carico della ricorrente, in mancanza di una valida dichiarazione circa il proprio reddito – quella innanzi riportata in ricorso è, come s’è detto, generica e neppure specifica l’anno a cui esso va riferito – se corrispondente a quello previsto per essere esentati dall’obbligo del pagamento delle spese processuali, dall’art. 152 disp. att. cod. proc. civ., nel testo risultante dopo la modifica sopra indicata, e qui da applicare, essendo stato il giudizio di primo grado instaurato con ricorso depositato nell’anno 2005, successivamente cioè all’entrata in vigore del citato D.L. n. 269 del 2003.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore dell’INAIL, delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 30,00 (trenta/00) per esborsi e in Euro 1.500,00 (millecinquecento/00) per onorari.
Così deciso in Roma, il 12 aprile 2010.
Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2010