Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17270 del 13/07/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 13/07/2017, (ud. 26/05/2017, dep.13/07/2017),  n. 17270

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – rel. Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3539-2012 proposto da:

COMUNE DI CALVENZANO, elettivamente domiciliato in ROMA VIA G.G.

BELLI 27, presso lo studio dell’avvocato GIACOMO MEREU, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MASSIMILIANO

BATTAGLIOLA;

– ricorrente –

contro

DIFARCO DI C.D. & C. SNC, elettivamente domiciliato

in ROMA VIA GERMANICO 12 SC. A-4, presso lo studio dell’avvocato

FRANCO DI LORENZO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 210/2011 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

BRESCIA, depositata il 24/11/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/05/2017 dal Consigliere Dott. DE MASI ORONZO.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che la CTR di Milano, con la sentenza n. 210/65/2011, depositata il 24/11/2011, ha accolto l’appello proposto dalla Nuova DI.FAR.CO. Real Estate di C.D. & C. s.n.c., avverso la sentenza della CTP di Bergamo che aveva respinto il ricorso proposto dalla stessa contribuente avverso cartella di pagamento per tassa di smaltimento rifiuti (TARSU), relativa all’anno 2007, emessa dal Comune di Calvenzano, sul presupposto che la contribuente non avesse adempiuto al pagamento di quanto dovuto per le superfici produttive nelle quali si producono rifiuti speciali, assimilati a quelli urbani a norma dello specifico regolamento comunale adottato in materia;

che il giudice di appello ha motivato la propria decisione nel senso che, trattandosi di rifiuti da imballaggi di cui era prevista l’assimilazione a quelli urbani ex art. 8 del Regolamento comunale per lo smaltimento e la raccolta dei rifiuti, avrebbe dovuto trovare applicazione la disciplina del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 21, secondo la quale l’assimilazione ai rifiuti urbani è subordinata all’indicazione di criteri sia qualitativi che quantitativi, mentre l’Amministrazione comunale aveva fatto riferimento solo a parametri di natura esclusivamente qualitativa, con conseguente inapplicabilità della disciplina regolamentare ed esclusione della tassazione di rifiuti che la contribuente aveva, a proprie spese, avviato direttamente al recupero avvalendosi di imprese specializzate;

che il Comune ha interposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui la intimata resiste con controricorso e memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che con il primo motivo di impugnazione il ricorrente deduce,, violazione falsa applicazione del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 21, comma 2, giacchè la CTR non ha considerato che l’art. 8 del Regolamento comunale per lo smaltimento e la raccolta dei rifiuti ha provveduto ad a similare a quelli urbani i rifiuti speciali non pericolosi con determinate caratteristiche, acquisendo sui medesimi il diritto di privativa, ai sensi del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 21, comma 2, lett. g), indipendentemente dalla quantità dei rifiuti prodotti, e conclude con la formulazione del quesito di diritto (ancorchè non richiesto avuto riguardo al periodo di vigenza dell’art. 366 bis c.p.c.) con cui si chiede che la Corte dica se, non avendo il Comune di Calvenzano indicato nel provvedimento limiti quantitativi, l’assimilazione e quindi il diritto di privativa dell’ente sia presente nei confronti delle utenze non domestiche per i rifiuti speciali non pericolosi prodotti, indipendentemente dalle quantità smaltite;

che con il secondo motivo deduce, violazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 1, giacchè la CTR non ha considerato che il Comune non deve dimostrare, per l’applicazione della tassa sui rifiuti, che il soggetto passivo produca o conferisca rifiuti al servizio comunale, essendo sufficiente la mera detenzione dei locali, laddove l’ente territoriale abbia istituito un apposito servizio e l’utente abbia la possibilità di usufruirne, sicchè la produzione ed auto – smaltimento di rifiuti di imballaggio secondario o terziario non determina l’esclusione dal pagamento del relativo corrispettivo, e conclude con la formulazione del quesito di diritto con cui si chiede che la Corte dica se, il presupposto della imposizione (TARSU) è la mera occupazione o detenzione di locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibiti, in presenza di produzione dei suddetti rifiuti di imballaggio, e se quindi è legittima la liquidazione della tassa rifiuti operata dal Comune con l’atto impugnato, con il quale ha ridotto la superficie di lavorazione del 50 per cento, in virtù delle previsioni del proprio Regolamento, ed in conformità con la facoltà di detassazione forfetizzata di cui al D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 3;

che con il terzo motivo deduce nullità della decisione impugnata, la quale contiene l’annullamento della cartella di pagamento, senza alcuna pronuncia nel merito della controversia, atteso che il processo tributario non è annoverabile tra quelli di “impugnazione – annullamento” ma tra quelli di “impugnazione – merito”, in quanto non diretto all’eliminazione dell’atto impugnato ma alla pronunzia di una decisione di merito sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente sia dell’accertamento dell’Ufficio, per cui la CTR avrebbe dovuto rideterminare il quantum della pretesa tributaria;

che il primo motivo di ricorso va disatteso per le ragioni di seguito precisate;

che le disposizioni relative allo smaltimento dei rifiuti hanno subito nel tempo numerose modifiche legislative e, per quanto qui d’interesse, venuta meno, per effetto della L. n. 128 del 1998, art. 17, comma 3, entrata in vigore il 22 maggio 1998, l’assimilazione automatica ai rifiuti urbani di quelli provenienti dalle attività artigianali, commerciali e di servizi, aventi una composizione merceologica analoga a quella urbana, è divenuto pienamente operante il D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 21, comma 2, lett. g), che ha attribuito ai Comuni la facoltà di assimilare o meno ai rifiuti urbani quelli derivanti dalle attività economiche, sicchè a partire dall’annualità d’imposta 1997 assumono decisivo rilievo le indicazioni contenute nei regolamenti comunali circa l’assimilazione dei rifiuti provenienti dalle attività economiche ai rifiuti urbani ordinari (Cass. n. 22223/2016);

che, tanto premesso, la questione concernente la possibilità per i produttori di rifiuti assimilati, che dimostrino di aver avviato al recupero i rifiuti stessi, di sottrarsi alla privativa comunale, ai sensi della normativa dettata dal D.Lgs. n. 22 del 1997, è stata risolta da questa Corte che ha avuto modo di affermare, in tema di tassa per lo smaltimento di rifiuti urbani, che “la dichiarazione di assimilazione dei rifiuti speciali non pericolosi a quelli urbani, previsto dal D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 21, comma 2, presuppone necessariamente la concreta individuazione delle caratteristiche, non solo qualitative, ma anche quantitative dei rifiuti speciali poichè l’impatto igienico ed ambientale di un materiale di scarto non può essere valutato a prescindere dalla sua quantità” (Cass. n. 30719/2011; n. 9631/2012; n. 18018/2013; n. 22223/2016);

che, infatti, l’impatto igienico ed ambientale di un materiale di scarto, quale è quello che connota le materie costituenti rifiuti speciali non pericolosi, non può essere correttamente valutato se non tenendo conto anche della sua quantità (Cass. 9631/2012);

che la sentenza impugnata è conforme al suindicato indirizzo giurisprudenziale in quanto la CTR ha annullato la cartella di pagamento emessa per il pagamento della TARSU, stante la illegittimità della deliberazione comunale che aveva disposto l’assimilazione dei rifiuti non pericolosi, prevista dal D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 21, comma 2, lett. g), dovendo essa contemplare “oltre alla qualità anche la quantità di tali rifiuti” e, dunque, per la mancata determinazione dei criteri quantitativi, in quanto il giudice tributario può disapplicare, facendo uso del potere concessole dal D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 2 e 7, gli atti amministrativi costituenti il presupposto dell’imposizione, anche d’ufficio, purchè ovviamente investiti dai motivi di impugnazione dedotti dal contribuente;

che il secondo motivo di impugnazione, incentrato sulla violazione del D.P.R. n. 507 del 1993, art. 62, comma 1), è inammissibile perchè la censura non inerente alla ratio decidendi della pronuncia impugnata, che attiene esclusivamente alla questione della necessaria specificazione dei limiti quantificativi dell’assimilazione di cui qui si discute, e perciò alle ragioni cui fa riferimento il primo motivo di impugnazione;

che, invero, la parte soccombente non ha interesse a richiedere, con il mezzo di impugnazione, un sindacato di legittimità in ordine a tale parte della decisione, siccome ininfluente – in concreto – ai fini della causa;

che, invece, fondata è la cesura contenuta nel terzo motivo di ricorso, concernente l’omessa nuova determinazione del tributo, secondo il criterio ritenuto legittimo, considerato che, per quanto è dato legge nell’impugnata decisione, la stessa società contribuente aveva sostenuto “di avere prodotto tutta la documentazione di legge idonea a determinare con precisione la superficie effettivamente tassabile”, il giudice di appello ha ritenuto invalido l’avviso di accertamento per motivi di ordine sostanziale (e non meramente formali) e, come la Corte ha più volte avuto modo di osservare, “il processo tributario non è diretto alla mera eliminazione giuridica dell’atto impugnato, ma ad una pronuncia di merito, sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente che dell’accertamento dell’ufficio” (ex multis, Cass. n. 19750/2014);

che di conseguenza si impone la cassazione della sentenza, con rinvio della causa alla medesima CTR, la quale provvederà a ricondurre la pretesa tributaria alla corretta misura, entro i limiti posti dalle domande di parte, previa verifica dell’assolvimento, da parte del contribuente, dell’onere di provare, ai fini dell’esclusione dalla superficie tassabile di quella destinata a lavorazioni industriali, ai sensi del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 3, che nelle aree adibite a tali produzioni si formino rifiuti speciali, e che allo smaltimento di tali rifiuti provveda lo stesso produttore, a sue spese, nonchè a liquidare le spese del giudizio di legittimità.

PQM

 

La Corte rigetta il primo ed il secondo motivo di ricorso, accoglie il terzo, cassa la sentenza impugnata e, in relazione al motivo accolto, rinvia la causa alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 26 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2017

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