Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17270 del 12/08/2011

Cassazione civile sez. lav., 12/08/2011, (ud. 24/06/2011, dep. 12/08/2011), n.17270

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

P.L., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato LOJODICE OSCAR, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati FABIANI

GIUSEPPE, TADRIS PATRIZIA, giusta delega in calce alla copia

notificata del ricorso;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 1561/2007 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 26/10/2007 R.G.N. 3084/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/06/2011 dal Consigliere Dott. ROSA ARIENZO;

udito l’Avvocato ANTONINO SGROI per delega TADRIS PATRIZIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di Appello di Bari, con sentenza del 25,10.2007, accoglieva per quanto di ragione l’appello proposto da P.L. e, in parziale riforma della impugnata decisione, condannava l’INPS a corrispondere all’appellante gli interessi anatocistici maturati sugli interessi legali come liquidati dal Tribunale, in relazione alle differenze economiche riconosciute a titolo di indennità di disoccupazione agricola, con decorrenza dalla domanda giudiziale al soddisfo. La Corte del merito riliquidava le spese del primo grado del giudizio in Euro 435,57, di cui Euro 370,00 per onorario e compensava tra le parti le spese di lite del secondo grado.

Rilevava che erano dovuti gli ulteriori interessi soltanto sugli interessi legali maturati sino al pagamento della prestazione alle condizioni di cui all’art. 1283 c.c., ossia dalla domanda giudiziale, e se dovuti gli accessori, come nel caso considerato, per almeno sei mesi.

Quanto alle spese di lite liquidate dal giudice di primo grado, ne rilevava la parziale difformità dalle tariffe professionali, atteso che, in mancanza di nota specifica, per accertare la mancata violazione dei minimi inderogabili, occorreva avere riguardo ai valore effettivo della controversia, che, nel caso in esame, ammontava a non oltre Euro 120,00 – 130,00 per ciascun anno e che quindi, il valore della causa non superava gli Euro 258,23.

Per la cassazione di questa sentenza il P. ha proposto ricorso fondato su tre motivi L’INPS ha depositato la procura speciale ai propri difensori.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, il ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1283 c.c. e dell’art. 112 c.p.c., nonchè l’omessa insufficiente e contraddittoria motivazione sul rilievo che, a fronte di domanda intesa ad ottenere gli interessi dalla domanda sulla sorte capitale e sugli interessi di legge maturati sulla prestazione, la Corte territoriale era incorsa in errore nel limitare il contenuto della pronunzia di condanna agli ulteriori interessi soltanto sugli interessi pregressi e non anche su quelli maturati a tale data sulla sorte capitale rivalutata.

Formula al riguardo corrispondente quesito di diritto. Nel secondo motivo, con denuncia di violazione degli artt. 24, 38 e 111 Cost.

dell’art. 91 c.p.c. dell’art. 92 c.p.c., comma 2 e dell’art. 93 c.p.c., oltre a vizi della motivazione, lamenta che la Corte di merito abbia compensato integralmente le spese del giudizio di appello senza indicarne, neppure succintamente, le ragioni, dovendosi ritenere illogica ed irrazionale la decisione di considerare “giusto motivo?” di compensazione “la natura della controversia e dell’unica questione devoluta”, una volta che al giudice di secondo grado erano state, in realtà, devolute tre questioni. In tal modo -sottolinea il ricorrente – la statuizione della Corte di Bari si risolve in una violazione dei diritto di difesa, costituzionalmente garantito, in quanto la compensazione delle spese viene ad impedire il conseguimento di un risultato economicamente utile.

Nel terzo motivo, con deduzione di violazione degli artt. 24, 38 e 111 Cost., dell’art. 91 c.p.c., dell’art. 92 c.p.c., comma 2, degli artt. 93, 112 e 115 c.p.c., nonchè di violazione e falsa applicazione delle tariffe forensi approvate con D.M. 5 ottobre 1995, n. 585, e con D.M. 8 aprile 2004, n. 127, oltre a vizi di motivazione, censura la sentenza d’appello perchè la determinazione del valore della controversia, operata ai fini della liquidazione delle spese, non tiene conto della statuizione della sentenza di primo grado – non impugnata sul punto – consistente nella condanna generica dell’INPS a pagamento delle differenze dovute per il trattamento di disoccupazione e, in ogni caso, non è supportata dalla indicazione degli elementi (numero delle giornate di lavoro, qualifica del ricorrente, importo della somma già erogata dell’Istituto previdenziale) necessari al suddetto fine, nè da fatti qualificabili come notori, bensì da circostanze conosciute dal giudice per sua scienza privata.

Il primo motivo è infondato, in conformità a quanto già affermato da questa Corte con sentenza 12 maggio 2008 n. 11673, da cui non v’è alcun motivo di discostarsi, secondo cui gli interessi anatocistici vanno riconosciuti anche in relazione alle prestazioni previdenziali nei limiti consentiti dall’art. 1283 c.c., nulla disponendo l’art. 429 c.p.c., in materia di anatocismo e conseguendone, pertanto, che solo gli interessi sulla somma capitale, al netto, quindi, della rivalutazione, producono ulteriori interessi (cfr: in tali termini, sent. Cass. Cit., che ha evidenziato come, ai sensi dell’art. 1283 cod. civ., gli interessi sulla sola sorte capitale – e non già sui ratei progressivamente rivalutati – sono produttivi a loro volta di interessi).

Il terzo motivo, che per ragioni di ordine logico, va esaminato prima del secondo, non è fondato. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, pienamente condivisa dal Collegio, affinchè la causa possa ritenersi di valore indeterminabile, non è sufficiente che sia stata chiesta una condanna generica sull”an” potendo ravvisarsi la ìndeterminabilità soltanto quando la controversia non sia suscettibile di valutazione economica (Cass. n. 1118/1985; n 7757/1999). E la questione relativa al valore della causa, ai fini della decisione sulle spese, doveva essere affrontata anche d’ufficio, nè risulta che sullo specifico punto si fosse soffermato il giudice di primo grado.

Tanto precisato, le valutazioni relative ai valore della causa – così come determinato dal giudice d’appello – appaiono pienamente giustificate sia con riferimento ad obiettivi e rilevanti dati di fatto (anno di spettanza della prestazione – anno 1982 – tabelle salariali del contratto integrativo per la provincia di Bari, qualifica – operaio comune dell’assicurato, numero di giornate lavorate in quell’anno), sia con riferimento alla irrilevanza del dato dello scarto tra salario congelato e importo delle retribuzioni considerato dal giudice del gravame, inesistente addirittura con riguardo all’epoca cui si riferisce la prestazione. Nè appare essersi fatto ricorso ad una nozione di fatto notorio non conforme ai relativi principi. Invero, quale fatto notorio va inteso il fatto generalmente conosciuto, almeno in una determinata zona (c.d.

notorietà locale) o in un particolare settore di attività o di affari da una collettività, di persone di media cultura (cfr, Cass. n. 9001/2005; n. 4051 /2007). Nella specie, si è fatto riferimento a un fatto notorio per gli operatori interessati all’ambito dei trattamenti retribuivi e previdenziali dei lavoratori agricoli nella provincia di Bari, e non già alla conoscenza, da parte del giudice, di circostanze o vicende particolari. D’altra parte, l’istituzione di sezioni specializzate negli uffici giudiziali è funzionale anche alla possibilità, per i giudici addetti alle stesse, di utilizzare massime di esperienza e fatti notori dei relativi settori di attività.

Parimenti infondato è il secondo motivo.

Ritiene, invero, la Corte che il provvedimento di integrale compensazione delle spese del giudizio di secondo grado sia correttamente e – logicamente motivato (e ciò invero, anche nella prospettiva più rigorosa del nuovo regime delle spese introdotto con la L. n. 263 del 2005, art. 2) con il riferimento alla “natura della controversia e dell’unica questione devoluta” , essendo, difatti, unica la questione di merito (quella relativa agli interessi anatocistici) devoluta al giudice d’appello, mentre la questione relativa alla liquidazione delle spese del giudizio di primo grado – seppure in sentenza esaminata con riferimento alla censure in proposito formulate dall’appellante, doveva comunque, essere affrontata di ufficio dal giudice dell’impugnazione, dovendo costui procedere al loro nuovo regolamento in conseguenza della riforma, in punto di merito, della sentenza impugnata (vedi, tra tante. Cass, sent n. 18837 del 2010, n. 15483 del 2008). Dei resto, il riferimento alla “natura della controversia” costituisce, già di per sè, valida giustificazione – che deve risultare agevolmente evincibile dal contesto complessivo della decisione – della disposta compensazione delle spese del giudizio di appello, stante il limitato oggetto di tale giudizio e l’esiguità del valore del credito in discussione.

In conclusione il ricorso è rigettato.

Le spese del presente giudizio vanno poste a carico del ricorrente limitatamente a quelle sostenute dall’istituto per l’attività difensiva svolta in sede di discussione, nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 30,00 per esborsi, Euro 2000,00 per onorario, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 24 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 12 agosto 2011

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