Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17270 del 12/07/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 17270 Anno 2013
Presidente: AMOROSO GIOVANNI
Relatore: TRIA LUCIA

SENTENZA
sul ricorso 7762-2010 proposto da:
MA

SABATINO MGGSTN39P24I558D, già elettivamente

domiciliato in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 151, presso
lo studio dell’avvocato ROSATI LAURA, rappresentato e
difeso dall’avvocato MILO MARGHERITA, giusta delega in
atti e da ultimo domiciliato presso la CANCELLERIA
2013

DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;
– ricorrente –

555
contro
od

AGENZIA DELLE ENTRATE,

DIREZIONE REGIONALE PER

L’ABBRUZZO, ALLEGRITTI LUCIA LLGLCU48S46C783C;

Data pubblicazione: 12/07/2013

- intimati –

Nonché da:
ALLEGRITTI

LUCIA

LLGLCU48S46C783C,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA EMANUELE FILIBERTO 109,
presso lo studio dell’avvocato SFORZA PARIDE,

RETICO VINCENZO, giusta delega in atti;
controricorrente e ricorrente incidentale contro

AGENZIA ENTRATE, DIREZIONE REGIONALE PER L’ABRUZZO,
MAGGI SABATINO MGGSTN39P24I558D;
– intimati –

Nonché da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro
tempore, domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la
rappresenta e difende ope legis;
-controricorrente e ricorrente incidentale contro

MAGGI SABATINO MGGSTN39P24I558D, ALLEGRITTI LUCIA
LLGLCU48S46C783C;
– intimati –

avverso la sentenza n. 310/2009 della CORTE D’APPELLO
di L’AQUILA, depositata il 13/03/2009 r.g.n. 66/08;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 14/02/2013 dal Consigliere Dott. LUCIA

rappresentata e difesa dagli avvocati ALREDO RETICO,

s

TRIA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIULIO ROMANO che ha concluso per il

rigetto di tutti i ricorsi.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.— La sentenza attualmente impugnata (depositata il 13 marzo 2009) rigetta l’appello
principale di Sabatino Maggi nonché gli appelli incidentali dell’Agenzia delle Entrate e di Lucia
Allegritti avverso la sentenza del Tribunale di Avezzano n. 65 del 24 gennaio 2007, la quale in
parziale accoglimento della domanda del Maggi ha dichiarato illegittimo (perché in contrasto con
l’art. 19 del CCNL Comparto Ministeri) l’ordine di servizio n. 1/2002 del Direttore dell’Ufficio
delle Entrate di Avezzano, rigettando tutte le altre domande.
La Corte d’appello dell’Aquila, per quel che qui interessa, precisa che:
a) la dichiarazione di illegittimità del provvedimento dirigenziale di assegnazione al Maggi
dell’incarico di Capo Nucleo alle verifiche contabili esterne e alla formazione, con revoca
dell’incarico di Capo Area Controllo, si fonda sul difetto e la contraddittorietà della relativa
motivazione, specie se correlata all’attestazione di lodevole servizio rilasciata al Maggi dalla stessa
Dirigente nell’ottobre 2001;
b) d’altra parte, appare difficilmente configurabile che l’asserito demansionamento sia stato
causativo di danni, dato che con provvedimento d’urgenza del 5 giugno 2002 — cui
l’Amministrazione ha ottemperato — il Tribunale di Avezzano ha disposto la restituzione al Maggi
delle funzioni (di Capo Area Controllo) svolte prima dell’ordine di servizio n. 1 del 16 gennaio
2002;
c) nella predetta situazione, avendo il Maggi iniziato il giudizio di merito in epoca successiva
alla definitiva reintegrazione nelle funzioni, è da escludere che il semestre in cui il Maggi è stato
distolto dall’esercizio delle funzioni di Capo Area Controllo possa essere stata la fonte delle
malattie dedotte;
d) va anche precisato che dal punto di vista retributivo, il Maggi non ha subito alcun danno e,
quanto al mobbing, difettano gli elementi strutturali della fattispecie.
2.— Il ricorso di Sabatino Maggi domanda la cassazione della sentenza per tre motivi;
resistono, con separati controricorsi, l’Agenzia delle Entrate e Lucia Allegritti, che propongono a
loro volta ricorsi incidentali, per un motivo ciascuno.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente deve disporsi la riunione dei ricorsi in quanto proposti avverso la stessa
sentenza (art. 335 cod. proc. civ.).

I — Sintesi dei motivi di ricorso principale
1

Udienza del 14 febbraio 2013 — Aula A
n. 11 del ruolo — RG n. 7762/10
Presidente:Amoroso – Relatore: Tria

1.—Con il primo motivo si denuncia omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo
per il giudizio.

Le controparti non hanno fornito elementi atti ad escludere la dequalificazione professionale,
che quindi deve considerarsi sussistente ai sensi dell’art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001.
2.—Con il secondo motivo si denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su
un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
Si rileva che i Giudici del merito hanno escluso il demansionamento e il mobbing senza
considerare che, dopo la “fittizia reintegrazione” nelle mansioni lavorative precedentemente svolte,
il Maggi è rimasto in ufficio, senza mai lavorare per oltre due anni, come emerso dalla prova
testimoniale.
3.—Con il terzo motivo si denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un
fatto controverso e decisivo per il giudizio.
Si sostiene che dagli atti processuali risulta provato che il Maggi ha subito comportamenti
offensivi per il decoro e la dignità professionale da parte dal datore di lavoro per ben due anni, cioè
dal 16 gennaio 2002 (data del provvedimento impugnato) fino al 17 dicembre 2004, quando è stato
trasferito all’Ufficio Audit esterno presso la sede dell’Aquila.
Tale illegittimo comportamento datoriale ha causato al Maggi gravi danni morali e alla salute,
in parte dimostrati con la documentazione medica allegata e in parte da accertare meglio con la
CTU richiesta, ma mai concessa, sulla cui ammissibilità si chiede una pronuncia del Giudice di
legittimità.

III — Sintesi del motivo del ricorso incidentale dell’Agenzia delle Entrate
4.—Si denuncia omessa o comunque insufficiente motivazione nella parte in cui la Corte
aquilana ha ritenuto di applicare alla fattispecie l’art. 19 del CCNL di settore.
Infatti, è pacifico che l’incarico di Capo Area è stato affidato al Maggi il 7 agosto 1998,
mentre gli arti. 18 e 19 del CCNL sono divenuti applicabili solo dal 16 febbraio 1999.
D’altra parte, l’ordine di servizio impugnato non comportava una vera e propria revoca
dell’incarico (ritenuta illegittima per mancato accertamento del risultato negativo attraverso la
procedura valutativa di cui all’art. 19, comma 5, del CCNL e per apparente contraddizione con
l’attestazione di lodevole servizio, in relazione ai risultati del 2000, rilasciata al Maggi nell’ottobre
2001), ma era solo un provvedimento interinale finalizzato alla verifica delle cause delle difficoltà
2

Si lamenta che la Corte d’appello non ha esaminato il motivo di gravame con il quale si
dimostrava che le mansioni assegnate al Maggi in base all’ordine di servizio impugnato sono
proprie della posizione economica e lavorativa C2, come delineata dall’allegato A del CCNL
Comparto Ministeri 1998-2001, mentre quelle di Capo Area Controllo sono qualificate come C3
super.

di raggiungimento degli obiettivi, emanato dal Dirigente nell’esercizio del proprio potere-dovere di
controllo, nell’ambito della responsabilità per il raggiungimento degli obiettivi.
Si rileva che la Corte territoriale non ha motivato sul punto, così come non ha in alcun modo
giustificato l’attribuzione di contraddittorietà di motivazione all’ordine del giorno impugnato, alla
luce delle osservazioni dell’Agenzia sul valore generico e limitato dell’attestazione di lodevole
servizio dell’ottobre 2001.

Sintesi del motivo del ricorso incidentale di Lucia Allegritti

5.— Si denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 17 d.lgs. n. 165 del
2001) e degli artt. 18 e 19 del CCNL.
Si contesta la dichiarazione di illegittimità del’ordine di servizio n. 1/2002, in parziale
accoglimento della domanda del Maggi.
Si sostiene che le mansioni di Capo Area Controllo attribuite al ricorrente, non rientravano nel
concetto di “Posizione organizzativa” di cui agli artt. 18 e 19 del CCNL, visto che non erano
assoggettate ad alcuna scadenza e non hanno comportato l’attribuzione di alcuna specifica
indennità.
Oltre tutto al momento del conferimento delle suddette mansioni (il 6 agosto 1998) il CCNL
non era applicabile, essendo stato sottoscritto il 16 febbraio 1999.
Si tratta, quindi, di un incarico rilasciato in base all’art. 17 del d.lgs. n. 165 del 2001,
revocabile anticipatamente per ragioni organizzative e gestionali. E l’iniziativa assunta dalla
dirigente di richiamare a sé per un periodo di tempo limitato la gestione diretta delle due aree
(Amministrativa e Controllo) era oggettivamente motivata dalla necessità di avere conoscenza
diretta delle problematiche che non avevano consentito il pieno raggiungimento degli obiettivi negli
ultimi anni.
V

Esame dei motivi del ricorso principale

6.— I motivi del ricorso principale — da esaminare congiuntamente, data la loro intima
connessione — non sono da accogliere.
6.1.— Dal punto di vista della formulazione va rilevato che essi non risultano conformi al
principio di specificità dei motivi del ricorso per cassazione — da intendere alla luce del canone
generale “della strumentalità delle forme processuali” — in base al quale il ricorrente che denunci il
difetto di motivazione su un’istanza di ammissione di un mezzo istruttorio o sulla valutazione di un
documento o di risultanze probatorie o processuali, ha l’onere di indicare nel ricorso specificamente
le circostanze oggetto della prova o il contenuto del documento trascurato od erroneamente
interpretato dal giudice di merito (trascrivendone il contenuto essenziale), fornendo al contempo
alla Corte elementi sicuri per consentirne l’individuazione e il reperimento negli atti processuali,
potendosi così ritenere assolto il duplice onere, rispettivamente previsto dall’art. 366, primo comma,
n. 6, cod. proc. civ. (a pena di inammissibilità) e dall’art. 369, secondo comma, n. 4 cod. proc. civ.
3

IV

Nella specie: a) nel primo motivo le censure non sono supportate dall’indicazione degli
elementi che possano consentire, sulla base dell’esame del ricorso, di valutare la sussistenza del
denunciato vizio di omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo, ritualmente dedotto in
giudizio; b) nel secondo motivo non vengono indicati né il testo né la sede nella quale è stata
avanzata la doglianza di reintegrazione fittizia nelle mansioni precedentemente svolte ; c) nel terzo
motivo non si indicano con precisione il testo e la sede nella quale è stata prospettata la censura di
mobbing, sulla quale peraltro la Corte aquilana si è pronunciata escludendo la sussistenza degli
elementi strutturali della fattispecie.
6.2.— In ogni caso, tutte le censure si risolvono nella denuncia di vizi di motivazione della
sentenza impugnata per errata valutazione del materiale probatorio acquisito, ai fini della
ricostruzione dei fatti.
Al riguardo va ricordato che la deduzione con il ricorso per cassazione di un vizio di
motivazione della sentenza impugnata non conferisce al Giudice di legittimità il potere di
riesaminare il merito della vicenda processuale, bensì la sola facoltà di controllo della correttezza
giuridica e della coerenza logica delle argomentazioni svolte dal Giudice del merito, non essendo
consentito alla Corte di cassazione di procedere ad una autonoma valutazione delle risultanze
probatorie, sicché le censure concernenti il vizio di motivazione non possono risolversi nel
sollecitare una lettura delle risultanze processuali diversa da quella accolta dal Giudice del merito
(vedi, tra le tante: Cass. 20 dicembre 2012, n. 23649; Cass. 22 novembre 2012, n. 20723; Cass. 18
ottobre 2011, n. 21486; Cass. 20 aprile 2011, n. 9043; Cass. 13 gennaio 2011, n. 313; Cass. 3
gennaio 2011, n. 37; Cass. 3 ottobre 2007, n. 20731; Cass. 21 agosto 2006, n. 18214; Cass. 16
febbraio 2006, n. 3436; Cass. 27 aprile 2005, n. 8718).
Infatti, la prospettazione da parte del ricorrente di un coordinamento dei dati acquisiti al
processo asseritamente migliore o più appagante rispetto a quello adottato nella sentenza
impugnata, riguarda aspetti del giudizio interni all’ambito di discrezionalità di valutazione degli
elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti che è proprio del giudice del merito, in base al
principio del libero convincimento del giudice, sicché la violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc.
civ. è apprezzabile, in sede di ricorso per cassazione, nei limiti del vizio di motivazione di cui
all’art. 360, primo comma, numero 5, cod. proc. civ., e deve emergere direttamente dalla lettura
della sentenza, non già dal riesame degli atti di causa, inammissibile in sede di legittimità (Cass. 26
marzo 2010, n. 7394; Cass. 6 marzo 2008, n. 6064; Cass. 20 giugno 2006, n. 14267; Cass. 12
febbraio 2004, n. 2707; Cass. 13 luglio 2004, n. 12912; Cass. 20 dicembre 2007, n. 26965; Cass. 18
settembre 2009, n. 20112).

4

(a pena di improcedibilità del ricorso), nel rispetto del relativo scopo, che è quello di porre il
Giudice di legittimità in condizione di verificare la sussistenza del vizio denunciato senza compiere
generali verifiche degli atti e soprattutto sulla base di un ricorso che sia chiaro e sintetico (vedi, per
tutte: Cass. SU 11 aprile 2012, n. 5698; Cass. SU 3 novembre 2011, n. 22726; Cass. 14 settembre
2012,n. 15477)

La Corte territoriale, infatti, sulla base di una analitica ricostruzione della vicenda che ha dato
origine al presente giudizio, ha ritenuto difficilmente configurabile che l’asserito demansionamento
sia stato causativo di danni, dato che con provvedimento d’urgenza del 5 giugno 2002 — cui
l’Amministrazione ha ottemperato — il Tribunale di Avezzano ha disposto la restituzione al Maggi
delle funzioni (di Capo Area Controllo) svolte prima dell’ordine di servizio n. 1 del 16 gennaio
2002. Conseguentemente, avendo il Maggi iniziato il giudizio di merito in epoca successiva alla
definitiva reintegrazione nelle funzioni, la Corte aquilana ha escluso, con plausibile motivazione,
che il semestre in cui il Maggi è stato distolto dall’esercizio delle funzioni di Capo Area Controllo
possa essere stata la fonte delle malattie dedotte ed ha altresì precisato che ,dal punto di vista
retributivo, il Maggi non ha subito alcun danno.
Esente da vizi è poi la decisione di escludere la configurabilità del mobbing, come si è detto
giustificata — sulla base di un giudizio di fatto incensurabile in cassazione ove adeguatamente
motivato — dalla mancanza della sussistenza degli elementi strutturali di tale fattispecie.
Si deve ricordare che, in base ad un consolidato e condiviso orientamento di questa Corte,
nella disciplina del rapporto di lavoro, ove numerose disposizioni assicurano una tutela rafforzata
alla persona del lavoratore con il riconoscimento di diritti oggetto di tutela costituzionale, il datore
di lavoro non solo è contrattualmente obbligato a prestare una particolare protezione rivolta ad
assicurare l’integrità fisica e psichica del lavoratore dipendente (ai sensi dell’art. 2087 cod. civ.), ma
deve altresì rispettare il generale obbligo di neminem laedere e non deve tenere comportamenti che
possano cagionare danni di natura non patrimoniale, configurabili ogni qual volta la condotta
illecita del datore di lavoro abbia violato, in modo grave, i suddetti diritti.
Tali comportamenti, anche ove non siano determinati ex ante da norme di legge, sono
suscettibili di tutela risarcitoria previa individuazione, caso per caso, da parte del giudice del merito,
il quale, senza duplicare le voci del risarcimento (con l’attribuzione di nomi diversi a pregiudizi
identici), è chiamato a discriminare i meri pregiudizi – concretizzatisi in disagi o lesioni di interessi
privi di qualsiasi consistenza e gravità, come tali non risarcibili – dai danni che vanno invece
risarciti (Cass. 12 maggio 2009, n. 10864; Cass. SU 22 febbraio 2010, a 4063; Cass. 6 marzo 2006
n. 4774; Cass. 17 febbraio 2009 n. 3785).
Fra le situazioni potenzialmente dannose e non normativamente tipizzate rientra il mobbing
che, secondo quanto affermato dalla Corte costituzionale e recepito dalla giurisprudenza di questa
Corte, designa (essendo stato mutuato da una branca dell’etologia) un complesso fenomeno
consistente in una serie di atti o comportamenti vessatori, protratti nel tempo, posti in essere nei
confronti di un lavoratore da parte dei componenti del gruppo di lavoro in cui è inserito o dal suo
capo, caratterizzati da un intento di persecuzione ed emarginazione finalizzato all’obiettivo primario
di escludere la vittima dal gruppo (vedi per tutte: Corte cost. sentenza n. 359 del 2003 e Cass. 5
novembre 2012, n. 18727).
5

Nella specie le valuta7ioni delle risultanze probatorie operate dal Giudice di appello sono
congruamente motivate e l’iter logico—argomentativo che sorregge la decisione è chiaramente
individuabile, non presentando alcun profilo di manifesta illogicità o insanabile contraddizione.

Ne deriva che per la configurabilità della responsabilità per mobbing lavorativo — in senso
proprio — è necessario che siano provati tutti i suddetti elementi.
E ciò, nella specie, non viene dimostrato dall’attuale ricorrente.
Quanto alla consulenza tecnica, va osservato che è jus receptum che in materia di
procedimento civile, la consulenza tecnica d’ufficio non costituisce un mezzo di prova, ma è
finalizzata all’acquisizione, da parte del giudice, di un parere tecnico necessario, o quanto meno
utile, per la valutazione di elementi probatori già acquisiti o per la soluzione di questioni che
comportino specifiche conoscenze. La nomina del consulente rientra quindi nel potere discrezionale
del giudice, che può provvedervi anche senza alcuna richiesta delle parti, sicché ove la parte ne
faccia richiesta non si tratta di un’istanza istruttoria in senso tecnico ma di una mera sollecitazione
rivolta al giudice affinché questi, avvalendosi dei suoi poteri discrezionali, provveda al riguardo
(Cass. 21 aprile 2010, n. 9461; Cass. 2 marzo 2006, n. 4660; Cass. 15 aprile 2002, n. 5422).
Ne consegue che nella specie nessuna doglianza può farsi valere sul punto, tanto più che la
eventuale CTU medica si sarebbe collegata ad eventuali danni da demansionamento, che come si è
detto, sono stati esclusi.
A fronte della descritta situazione, le doglianze mosse dal ricorrente — oltretutto formulate in
violazione del principio di specificità dei motivi di ricorso per cassazione — si risolvono
sostanzialmente nella prospettazione di un diverso apprezzamento delle stesse prove e delle stesse
circostanze di fatto già valutate dal Giudice di merito in senso contrario alle aspettative della
medesima ricorrente e si traducono nella richiesta di una nuova valutazione del materiale
probatorio, del tutto inammissibile in sede di legittimità.
VI

Esame del motivo del ricorso incidentale dell’Agenzia delle Entrate

7.— Anche il motivo del ricorso incidentale dell’agenzia delle Entrate non merita
accoglimento.
7.1.— Dal punto di vista della formulazione, anch’esso non risulta conforme al principio di
specificità dei motivi del ricorso per cassazione, in quanto non riproduce — almeno nei tratti salienti
— l’ordine di servizio , che assume essere stato male interpretato dalla Corte aquilana.

6

Ai fini della configurabilità del mobbing lavorativo devono quindi ricorrere molteplici
elementi: a) una serie di comportamenti di carattere persecutorio — illeciti o anche leciti se
considerati singolarmente — che, con intento vessatorio, siano stati posti in essere contro la vittima
in modo miratamente sistematico e prolungato nel tempo, direttamente da parte del datore di lavoro
o di un suo preposto o anche da parte di altri dipendenti, sottoposti al potere direttivo dei primi; b)
l’evento lesivo della salute, della personalità o della dignità del dipendente; e) il nesso eziologico tra
la descritte condotte e il pregiudizio subito dalla vittima nella propria integrità psico-fisica e/o nella
propria dignità; d) il suindicato elemento soggettivo, cioè l’intento persecutorio unificante di tutti i
comportamenti lesivi (vedi: Cass. 21 maggio 2011 n. 12048; Cass. 26/3/2010 n. 7382).

7.2.— Per quanto riguarda l’applicabilità nella specie degli artt. 18 e 19 del CCNL per il
Comparto Ministeri 1998-2001, va osservato che dallo stesso contratto collettivo risulta il
riferimento dello stesso al periodo 10 gennaio 1998-31 dicembre 1999, per la parte normativa (in
cui vanno inseriti i due suddetti articoli) e al periodo 1° gennaio 1998-31 dicembre 1999 per la parte
economica.

7.3.— Per il resto, si deve ricordare il consolidato e condiviso orientamento di questa Corte
secondo cui perché la motivazione adottata dal giudice del merito possa essere considerata adeguata
e sufficiente non è necessario che essa prenda in esame, al fine di confutarle o condividerle, tutte le
argomentazioni svolte dalle parti, ma è sufficiente che il giudice indichi le ragioni del proprio
convincimento, dovendosi in questo caso ritenere implicitamente rigettate tutte le argomentazioni
logicamente incompatibili con esse (Cass. 2 luglio 2004, n. 12121; Cass. 20 gennaio 2010, n. 868).
Ne deriva, che nessuna censura merita, sul punto, la sentenza impugnata.
VII

Esame del motivo del ricorso incidentale di Lucia Allegritti

8.—È inammissibile il motivo del ricorso incidentale di Lucia Allegritti, perché la relativa
formulazione non è conforme all’art. 366-bis cod. proc. civ. (applicabile nella specie ratione
temporis), il quale esige, a pena di inammissibilità, che, nei casi previsti dai numeri 1, 2, 3 e 4
dell’art. 360 cod. proc. civ., il motivo sia illustrato con un quesito di diritto e, nel caso previsto dal
n. 5 dello stesso articolo, che l’illustrazione contenga la chiara indicazione del fatto controverso, in
relazione al quale la motivazione si assume che sia omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per
le quali la dedotta insufficienza la renda inidonea a giustificare la decisione.
Nella specie, il suindicato principio non è stato rispettato in quanto la prospettata violazione e
falsa applicazione di norme di diritto (art. 17 d.lgs. n. 165 del 2001) e degli arti. 18 e 19 del CCNL
risulta mancante del prescritto quesito di diritto.
IV

Conclusioni

9.—In sintesi il ricorso principale e il ricorso incidentale dell’Agenzia delle Entrate devono
essere rigettati, mentre il ricorso incidentale di Lucia Allegritti va dichiarato inammissibile.
La soccombenza reciproca giustifica la compensazione, tra le parti, delle spese processuali di
questo giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi. Rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale dell’Agenzia
delle Entrate. Dichiara inammissibile il ricorso incidentale di Lucia Alligritti. Compensa, tra le
parti, le spese del presente giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione lavoro, il 14 febbraio 2013.
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7

D’altra parte, non si fa menzione, nella specie, della contrattazione integrativa, sicché non vi
sono argomenti per ritenere non applicabili gli arti. 18 e 19 citati, essendo sicuramente da escludere
che ai fini della vigenza delle suindicate norme contrattuali assuma rilievo la data — 16 febbraio
1999 — in cui il contratto è stato siglato e alla quale fa riferimento la ricorrente incidentale.

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17270. 13

AULA ‘A’

12 LL:C 2013

REPUBBLICA ITALIANA

4V

NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO

Cron. d

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIOVANNI AMOROSO

Rep.

– Presidente –

– Consigliere – PU

Dott. ANTONIO FILABOZZI

– Consigliere – Rel. Consigliere –

Dott. IRENE TRICOMI

– Consigliere –

ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso 7762-2010 proposto da:
MA

SABATINO MGGSTN39P24I558D, già elettivamente

domiciliato in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 151, presso
lo studio dell’avvocato ROSATI LAURA, rappresentato e
difeso dall’avvocato MILO MARGHERITA, giusta delega in
atti e da ultimo domiciliato presso la CANCELLERIA
DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;
– ricorrente –

555
contro
od

AGENZIA DELLE ENTRATE,

DIREZIONE REGIONALE PER

L’ABBRUZZO, ALLEGRITTI LUCIA LLGLCU48S46C783C;

(OZO

Od. 14/02/2013

Dott. ENRICA D’ANTONIO

Dott. LUCIA TRIA

2013

R.G.N. 7762/2010

4

Oggetto

- intimati –

Nonché da:
ALLEGRITTI

LUCIA

LLGLCU48S46C783C,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA EMANUELE FILIBERTO 109,
presso lo studio dell’avvocato SFORZA PARIDE,

RETICO VINCENZO, giusta delega in atti;
controricorrente e ricorrente incidentale contro

AGENZIA ENTRATE, DIREZIONE REGIONALE PER L’ABRUZZO,
MAGGI SABATINO MGGSTN39P24I558D;
– intimati –

Nonché da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro
tempore, domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la
rappresenta e difende ope legis;
-controricorrente e ricorrente incidentale contro

MAGGI SABATINO MGGSTN39P24I558D, ALLEGRITTI LUCIA
LLGLCU48S46C783C;
– intimati –

avverso la sentenza n. 310/2009 della CORTE D’APPELLO
di L’AQUILA, depositata il 13/03/2009 r.g.n. 66/08;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 14/02/2013 dal Consigliere Dott. LUCIA

rappresentata e difesa dagli avvocati ALREDO RETICO,

s

TRIA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIULIO ROMANO che ha concluso per il

rigetto di tutti i ricorsi.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.— La sentenza attualmente impugnata (depositata il 13 marzo 2009) rigetta l’appello
principale di Sabatino Maggi nonché gli appelli incidentali dell’Agenzia delle Entrate e di Lucia
Allegritti avverso la sentenza del Tribunale di Avezzano n. 65 del 24 gennaio 2007, la quale in
parziale accoglimento della domanda del Maggi ha dichiarato illegittimo (perché in contrasto con
l’art. 19 del CCNL Comparto Ministeri) l’ordine di servizio n. 1/2002 del Direttore dell’Ufficio
delle Entrate di Avezzano, rigettando tutte le altre domande.
La Corte d’appello dell’Aquila, per quel che qui interessa, precisa che:
a) la dichiarazione di illegittimità del provvedimento dirigenziale di assegnazione al Maggi
dell’incarico di Capo Nucleo alle verifiche contabili esterne e alla formazione, con revoca
dell’incarico di Capo Area Controllo, si fonda sul difetto e la contraddittorietà della relativa
motivazione, specie se correlata all’attestazione di lodevole servizio rilasciata al Maggi dalla stessa
Dirigente nell’ottobre 2001;
b) d’altra parte, appare difficilmente configurabile che l’asserito demansionamento sia stato
causativo di danni, dato che con provvedimento d’urgenza del 5 giugno 2002 — cui
l’Amministrazione ha ottemperato — il Tribunale di Avezzano ha disposto la restituzione al Maggi
delle funzioni (di Capo Area Controllo) svolte prima dell’ordine di servizio n. 1 del 16 gennaio
2002;
c) nella predetta situazione, avendo il Maggi iniziato il giudizio di merito in epoca successiva
alla definitiva reintegrazione nelle funzioni, è da escludere che il semestre in cui il Maggi è stato
distolto dall’esercizio delle funzioni di Capo Area Controllo possa essere stata la fonte delle
malattie dedotte;
d) va anche precisato che dal punto di vista retributivo, il Maggi non ha subito alcun danno e,
quanto al mobbing, difettano gli elementi strutturali della fattispecie.
2.— Il ricorso di Sabatino Maggi domanda la cassazione della sentenza per tre motivi;
resistono, con separati controricorsi, l’Agenzia delle Entrate e Lucia Allegritti, che propongono a
loro volta ricorsi incidentali, per un motivo ciascuno.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente deve disporsi la riunione dei ricorsi in quanto proposti avverso la stessa
sentenza (art. 335 cod. proc. civ.).

I — Sintesi dei motivi di ricorso principale
1

Udienza del 14 febbraio 2013 — Aula A
n. 11 del ruolo — RG n. 7762/10
Presidente:Amoroso – Relatore: Tria

1.—Con il primo motivo si denuncia omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo
per il giudizio.

Le controparti non hanno fornito elementi atti ad escludere la dequalificazione professionale,
che quindi deve considerarsi sussistente ai sensi dell’art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001.
2.—Con il secondo motivo si denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su
un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
Si rileva che i Giudici del merito hanno escluso il demansionamento e il mobbing senza
considerare che, dopo la “fittizia reintegrazione” nelle mansioni lavorative precedentemente svolte,
il Maggi è rimasto in ufficio, senza mai lavorare per oltre due anni, come emerso dalla prova
testimoniale.
3.—Con il terzo motivo si denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un
fatto controverso e decisivo per il giudizio.
Si sostiene che dagli atti processuali risulta provato che il Maggi ha subito comportamenti
offensivi per il decoro e la dignità professionale da parte dal datore di lavoro per ben due anni, cioè
dal 16 gennaio 2002 (data del provvedimento impugnato) fino al 17 dicembre 2004, quando è stato
trasferito all’Ufficio Audit esterno presso la sede dell’Aquila.
Tale illegittimo comportamento datoriale ha causato al Maggi gravi danni morali e alla salute,
in parte dimostrati con la documentazione medica allegata e in parte da accertare meglio con la
CTU richiesta, ma mai concessa, sulla cui ammissibilità si chiede una pronuncia del Giudice di
legittimità.

III — Sintesi del motivo del ricorso incidentale dell’Agenzia delle Entrate
4.—Si denuncia omessa o comunque insufficiente motivazione nella parte in cui la Corte
aquilana ha ritenuto di applicare alla fattispecie l’art. 19 del CCNL di settore.
Infatti, è pacifico che l’incarico di Capo Area è stato affidato al Maggi il 7 agosto 1998,
mentre gli arti. 18 e 19 del CCNL sono divenuti applicabili solo dal 16 febbraio 1999.
D’altra parte, l’ordine di servizio impugnato non comportava una vera e propria revoca
dell’incarico (ritenuta illegittima per mancato accertamento del risultato negativo attraverso la
procedura valutativa di cui all’art. 19, comma 5, del CCNL e per apparente contraddizione con
l’attestazione di lodevole servizio, in relazione ai risultati del 2000, rilasciata al Maggi nell’ottobre
2001), ma era solo un provvedimento interinale finalizzato alla verifica delle cause delle difficoltà
2

Si lamenta che la Corte d’appello non ha esaminato il motivo di gravame con il quale si
dimostrava che le mansioni assegnate al Maggi in base all’ordine di servizio impugnato sono
proprie della posizione economica e lavorativa C2, come delineata dall’allegato A del CCNL
Comparto Ministeri 1998-2001, mentre quelle di Capo Area Controllo sono qualificate come C3
super.

di raggiungimento degli obiettivi, emanato dal Dirigente nell’esercizio del proprio potere-dovere di
controllo, nell’ambito della responsabilità per il raggiungimento degli obiettivi.
Si rileva che la Corte territoriale non ha motivato sul punto, così come non ha in alcun modo
giustificato l’attribuzione di contraddittorietà di motivazione all’ordine del giorno impugnato, alla
luce delle osservazioni dell’Agenzia sul valore generico e limitato dell’attestazione di lodevole
servizio dell’ottobre 2001.

Sintesi del motivo del ricorso incidentale di Lucia Allegritti

5.— Si denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 17 d.lgs. n. 165 del
2001) e degli artt. 18 e 19 del CCNL.
Si contesta la dichiarazione di illegittimità del’ordine di servizio n. 1/2002, in parziale
accoglimento della domanda del Maggi.
Si sostiene che le mansioni di Capo Area Controllo attribuite al ricorrente, non rientravano nel
concetto di “Posizione organizzativa” di cui agli artt. 18 e 19 del CCNL, visto che non erano
assoggettate ad alcuna scadenza e non hanno comportato l’attribuzione di alcuna specifica
indennità.
Oltre tutto al momento del conferimento delle suddette mansioni (il 6 agosto 1998) il CCNL
non era applicabile, essendo stato sottoscritto il 16 febbraio 1999.
Si tratta, quindi, di un incarico rilasciato in base all’art. 17 del d.lgs. n. 165 del 2001,
revocabile anticipatamente per ragioni organizzative e gestionali. E l’iniziativa assunta dalla
dirigente di richiamare a sé per un periodo di tempo limitato la gestione diretta delle due aree
(Amministrativa e Controllo) era oggettivamente motivata dalla necessità di avere conoscenza
diretta delle problematiche che non avevano consentito il pieno raggiungimento degli obiettivi negli
ultimi anni.
V

Esame dei motivi del ricorso principale

6.— I motivi del ricorso principale — da esaminare congiuntamente, data la loro intima
connessione — non sono da accogliere.
6.1.— Dal punto di vista della formulazione va rilevato che essi non risultano conformi al
principio di specificità dei motivi del ricorso per cassazione — da intendere alla luce del canone
generale “della strumentalità delle forme processuali” — in base al quale il ricorrente che denunci il
difetto di motivazione su un’istanza di ammissione di un mezzo istruttorio o sulla valutazione di un
documento o di risultanze probatorie o processuali, ha l’onere di indicare nel ricorso specificamente
le circostanze oggetto della prova o il contenuto del documento trascurato od erroneamente
interpretato dal giudice di merito (trascrivendone il contenuto essenziale), fornendo al contempo
alla Corte elementi sicuri per consentirne l’individuazione e il reperimento negli atti processuali,
potendosi così ritenere assolto il duplice onere, rispettivamente previsto dall’art. 366, primo comma,
n. 6, cod. proc. civ. (a pena di inammissibilità) e dall’art. 369, secondo comma, n. 4 cod. proc. civ.
3

IV

Nella specie: a) nel primo motivo le censure non sono supportate dall’indicazione degli
elementi che possano consentire, sulla base dell’esame del ricorso, di valutare la sussistenza del
denunciato vizio di omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo, ritualmente dedotto in
giudizio; b) nel secondo motivo non vengono indicati né il testo né la sede nella quale è stata
avanzata la doglianza di reintegrazione fittizia nelle mansioni precedentemente svolte ; c) nel terzo
motivo non si indicano con precisione il testo e la sede nella quale è stata prospettata la censura di
mobbing, sulla quale peraltro la Corte aquilana si è pronunciata escludendo la sussistenza degli
elementi strutturali della fattispecie.
6.2.— In ogni caso, tutte le censure si risolvono nella denuncia di vizi di motivazione della
sentenza impugnata per errata valutazione del materiale probatorio acquisito, ai fini della
ricostruzione dei fatti.
Al riguardo va ricordato che la deduzione con il ricorso per cassazione di un vizio di
motivazione della sentenza impugnata non conferisce al Giudice di legittimità il potere di
riesaminare il merito della vicenda processuale, bensì la sola facoltà di controllo della correttezza
giuridica e della coerenza logica delle argomentazioni svolte dal Giudice del merito, non essendo
consentito alla Corte di cassazione di procedere ad una autonoma valutazione delle risultanze
probatorie, sicché le censure concernenti il vizio di motivazione non possono risolversi nel
sollecitare una lettura delle risultanze processuali diversa da quella accolta dal Giudice del merito
(vedi, tra le tante: Cass. 20 dicembre 2012, n. 23649; Cass. 22 novembre 2012, n. 20723; Cass. 18
ottobre 2011, n. 21486; Cass. 20 aprile 2011, n. 9043; Cass. 13 gennaio 2011, n. 313; Cass. 3
gennaio 2011, n. 37; Cass. 3 ottobre 2007, n. 20731; Cass. 21 agosto 2006, n. 18214; Cass. 16
febbraio 2006, n. 3436; Cass. 27 aprile 2005, n. 8718).
Infatti, la prospettazione da parte del ricorrente di un coordinamento dei dati acquisiti al
processo asseritamente migliore o più appagante rispetto a quello adottato nella sentenza
impugnata, riguarda aspetti del giudizio interni all’ambito di discrezionalità di valutazione degli
elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti che è proprio del giudice del merito, in base al
principio del libero convincimento del giudice, sicché la violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc.
civ. è apprezzabile, in sede di ricorso per cassazione, nei limiti del vizio di motivazione di cui
all’art. 360, primo comma, numero 5, cod. proc. civ., e deve emergere direttamente dalla lettura
della sentenza, non già dal riesame degli atti di causa, inammissibile in sede di legittimità (Cass. 26
marzo 2010, n. 7394; Cass. 6 marzo 2008, n. 6064; Cass. 20 giugno 2006, n. 14267; Cass. 12
febbraio 2004, n. 2707; Cass. 13 luglio 2004, n. 12912; Cass. 20 dicembre 2007, n. 26965; Cass. 18
settembre 2009, n. 20112).

4

(a pena di improcedibilità del ricorso), nel rispetto del relativo scopo, che è quello di porre il
Giudice di legittimità in condizione di verificare la sussistenza del vizio denunciato senza compiere
generali verifiche degli atti e soprattutto sulla base di un ricorso che sia chiaro e sintetico (vedi, per
tutte: Cass. SU 11 aprile 2012, n. 5698; Cass. SU 3 novembre 2011, n. 22726; Cass. 14 settembre
2012,n. 15477)

La Corte territoriale, infatti, sulla base di una analitica ricostruzione della vicenda che ha dato
origine al presente giudizio, ha ritenuto difficilmente configurabile che l’asserito demansionamento
sia stato causativo di danni, dato che con provvedimento d’urgenza del 5 giugno 2002 — cui
l’Amministrazione ha ottemperato — il Tribunale di Avezzano ha disposto la restituzione al Maggi
delle funzioni (di Capo Area Controllo) svolte prima dell’ordine di servizio n. 1 del 16 gennaio
2002. Conseguentemente, avendo il Maggi iniziato il giudizio di merito in epoca successiva alla
definitiva reintegrazione nelle funzioni, la Corte aquilana ha escluso, con plausibile motivazione,
che il semestre in cui il Maggi è stato distolto dall’esercizio delle funzioni di Capo Area Controllo
possa essere stata la fonte delle malattie dedotte ed ha altresì precisato che ,dal punto di vista
retributivo, il Maggi non ha subito alcun danno.
Esente da vizi è poi la decisione di escludere la configurabilità del mobbing, come si è detto
giustificata — sulla base di un giudizio di fatto incensurabile in cassazione ove adeguatamente
motivato — dalla mancanza della sussistenza degli elementi strutturali di tale fattispecie.
Si deve ricordare che, in base ad un consolidato e condiviso orientamento di questa Corte,
nella disciplina del rapporto di lavoro, ove numerose disposizioni assicurano una tutela rafforzata
alla persona del lavoratore con il riconoscimento di diritti oggetto di tutela costituzionale, il datore
di lavoro non solo è contrattualmente obbligato a prestare una particolare protezione rivolta ad
assicurare l’integrità fisica e psichica del lavoratore dipendente (ai sensi dell’art. 2087 cod. civ.), ma
deve altresì rispettare il generale obbligo di neminem laedere e non deve tenere comportamenti che
possano cagionare danni di natura non patrimoniale, configurabili ogni qual volta la condotta
illecita del datore di lavoro abbia violato, in modo grave, i suddetti diritti.
Tali comportamenti, anche ove non siano determinati ex ante da norme di legge, sono
suscettibili di tutela risarcitoria previa individuazione, caso per caso, da parte del giudice del merito,
il quale, senza duplicare le voci del risarcimento (con l’attribuzione di nomi diversi a pregiudizi
identici), è chiamato a discriminare i meri pregiudizi – concretizzatisi in disagi o lesioni di interessi
privi di qualsiasi consistenza e gravità, come tali non risarcibili – dai danni che vanno invece
risarciti (Cass. 12 maggio 2009, n. 10864; Cass. SU 22 febbraio 2010, a 4063; Cass. 6 marzo 2006
n. 4774; Cass. 17 febbraio 2009 n. 3785).
Fra le situazioni potenzialmente dannose e non normativamente tipizzate rientra il mobbing
che, secondo quanto affermato dalla Corte costituzionale e recepito dalla giurisprudenza di questa
Corte, designa (essendo stato mutuato da una branca dell’etologia) un complesso fenomeno
consistente in una serie di atti o comportamenti vessatori, protratti nel tempo, posti in essere nei
confronti di un lavoratore da parte dei componenti del gruppo di lavoro in cui è inserito o dal suo
capo, caratterizzati da un intento di persecuzione ed emarginazione finalizzato all’obiettivo primario
di escludere la vittima dal gruppo (vedi per tutte: Corte cost. sentenza n. 359 del 2003 e Cass. 5
novembre 2012, n. 18727).
5

Nella specie le valuta7ioni delle risultanze probatorie operate dal Giudice di appello sono
congruamente motivate e l’iter logico—argomentativo che sorregge la decisione è chiaramente
individuabile, non presentando alcun profilo di manifesta illogicità o insanabile contraddizione.

Ne deriva che per la configurabilità della responsabilità per mobbing lavorativo — in senso
proprio — è necessario che siano provati tutti i suddetti elementi.
E ciò, nella specie, non viene dimostrato dall’attuale ricorrente.
Quanto alla consulenza tecnica, va osservato che è jus receptum che in materia di
procedimento civile, la consulenza tecnica d’ufficio non costituisce un mezzo di prova, ma è
finalizzata all’acquisizione, da parte del giudice, di un parere tecnico necessario, o quanto meno
utile, per la valutazione di elementi probatori già acquisiti o per la soluzione di questioni che
comportino specifiche conoscenze. La nomina del consulente rientra quindi nel potere discrezionale
del giudice, che può provvedervi anche senza alcuna richiesta delle parti, sicché ove la parte ne
faccia richiesta non si tratta di un’istanza istruttoria in senso tecnico ma di una mera sollecitazione
rivolta al giudice affinché questi, avvalendosi dei suoi poteri discrezionali, provveda al riguardo
(Cass. 21 aprile 2010, n. 9461; Cass. 2 marzo 2006, n. 4660; Cass. 15 aprile 2002, n. 5422).
Ne consegue che nella specie nessuna doglianza può farsi valere sul punto, tanto più che la
eventuale CTU medica si sarebbe collegata ad eventuali danni da demansionamento, che come si è
detto, sono stati esclusi.
A fronte della descritta situazione, le doglianze mosse dal ricorrente — oltretutto formulate in
violazione del principio di specificità dei motivi di ricorso per cassazione — si risolvono
sostanzialmente nella prospettazione di un diverso apprezzamento delle stesse prove e delle stesse
circostanze di fatto già valutate dal Giudice di merito in senso contrario alle aspettative della
medesima ricorrente e si traducono nella richiesta di una nuova valutazione del materiale
probatorio, del tutto inammissibile in sede di legittimità.
VI

Esame del motivo del ricorso incidentale dell’Agenzia delle Entrate

7.— Anche il motivo del ricorso incidentale dell’agenzia delle Entrate non merita
accoglimento.
7.1.— Dal punto di vista della formulazione, anch’esso non risulta conforme al principio di
specificità dei motivi del ricorso per cassazione, in quanto non riproduce — almeno nei tratti salienti
— l’ordine di servizio , che assume essere stato male interpretato dalla Corte aquilana.

6

Ai fini della configurabilità del mobbing lavorativo devono quindi ricorrere molteplici
elementi: a) una serie di comportamenti di carattere persecutorio — illeciti o anche leciti se
considerati singolarmente — che, con intento vessatorio, siano stati posti in essere contro la vittima
in modo miratamente sistematico e prolungato nel tempo, direttamente da parte del datore di lavoro
o di un suo preposto o anche da parte di altri dipendenti, sottoposti al potere direttivo dei primi; b)
l’evento lesivo della salute, della personalità o della dignità del dipendente; e) il nesso eziologico tra
la descritte condotte e il pregiudizio subito dalla vittima nella propria integrità psico-fisica e/o nella
propria dignità; d) il suindicato elemento soggettivo, cioè l’intento persecutorio unificante di tutti i
comportamenti lesivi (vedi: Cass. 21 maggio 2011 n. 12048; Cass. 26/3/2010 n. 7382).

7.2.— Per quanto riguarda l’applicabilità nella specie degli artt. 18 e 19 del CCNL per il
Comparto Ministeri 1998-2001, va osservato che dallo stesso contratto collettivo risulta il
riferimento dello stesso al periodo 10 gennaio 1998-31 dicembre 1999, per la parte normativa (in
cui vanno inseriti i due suddetti articoli) e al periodo 1° gennaio 1998-31 dicembre 1999 per la parte
economica.

7.3.— Per il resto, si deve ricordare il consolidato e condiviso orientamento di questa Corte
secondo cui perché la motivazione adottata dal giudice del merito possa essere considerata adeguata
e sufficiente non è necessario che essa prenda in esame, al fine di confutarle o condividerle, tutte le
argomentazioni svolte dalle parti, ma è sufficiente che il giudice indichi le ragioni del proprio
convincimento, dovendosi in questo caso ritenere implicitamente rigettate tutte le argomentazioni
logicamente incompatibili con esse (Cass. 2 luglio 2004, n. 12121; Cass. 20 gennaio 2010, n. 868).
Ne deriva, che nessuna censura merita, sul punto, la sentenza impugnata.
VII

Esame del motivo del ricorso incidentale di Lucia Allegritti

8.—È inammissibile il motivo del ricorso incidentale di Lucia Allegritti, perché la relativa
formulazione non è conforme all’art. 366-bis cod. proc. civ. (applicabile nella specie ratione
temporis), il quale esige, a pena di inammissibilità, che, nei casi previsti dai numeri 1, 2, 3 e 4
dell’art. 360 cod. proc. civ., il motivo sia illustrato con un quesito di diritto e, nel caso previsto dal
n. 5 dello stesso articolo, che l’illustrazione contenga la chiara indicazione del fatto controverso, in
relazione al quale la motivazione si assume che sia omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per
le quali la dedotta insufficienza la renda inidonea a giustificare la decisione.
Nella specie, il suindicato principio non è stato rispettato in quanto la prospettata violazione e
falsa applicazione di norme di diritto (art. 17 d.lgs. n. 165 del 2001) e degli arti. 18 e 19 del CCNL
risulta mancante del prescritto quesito di diritto.
IV

Conclusioni

9.—In sintesi il ricorso principale e il ricorso incidentale dell’Agenzia delle Entrate devono
essere rigettati, mentre il ricorso incidentale di Lucia Allegritti va dichiarato inammissibile.
La soccombenza reciproca giustifica la compensazione, tra le parti, delle spese processuali di
questo giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi. Rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale dell’Agenzia
delle Entrate. Dichiara inammissibile il ricorso incidentale di Lucia Alligritti. Compensa, tra le
parti, le spese del presente giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione lavoro, il 14 febbraio 2013.
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Il Presid
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7

D’altra parte, non si fa menzione, nella specie, della contrattazione integrativa, sicché non vi
sono argomenti per ritenere non applicabili gli arti. 18 e 19 citati, essendo sicuramente da escludere
che ai fini della vigenza delle suindicate norme contrattuali assuma rilievo la data — 16 febbraio
1999 — in cui il contratto è stato siglato e alla quale fa riferimento la ricorrente incidentale.

I! Funzionar .
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17270. 13

AULA ‘A’

12 LL:C 2013

REPUBBLICA ITALIANA

4V

NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO

Cron. d

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIOVANNI AMOROSO

Rep.

– Presidente –

– Consigliere – PU

Dott. ANTONIO FILABOZZI

– Consigliere – Rel. Consigliere –

Dott. IRENE TRICOMI

– Consigliere –

ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso 7762-2010 proposto da:
MA

SABATINO MGGSTN39P24I558D, già elettivamente

domiciliato in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 151, presso
lo studio dell’avvocato ROSATI LAURA, rappresentato e
difeso dall’avvocato MILO MARGHERITA, giusta delega in
atti e da ultimo domiciliato presso la CANCELLERIA
DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;
– ricorrente –

555
contro
od

AGENZIA DELLE ENTRATE,

DIREZIONE REGIONALE PER

L’ABBRUZZO, ALLEGRITTI LUCIA LLGLCU48S46C783C;

(OZO

Od. 14/02/2013

Dott. ENRICA D’ANTONIO

Dott. LUCIA TRIA

2013

R.G.N. 7762/2010

4

Oggetto

- intimati –

Nonché da:
ALLEGRITTI

LUCIA

LLGLCU48S46C783C,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA EMANUELE FILIBERTO 109,
presso lo studio dell’avvocato SFORZA PARIDE,

RETICO VINCENZO, giusta delega in atti;
controricorrente e ricorrente incidentale contro

AGENZIA ENTRATE, DIREZIONE REGIONALE PER L’ABRUZZO,
MAGGI SABATINO MGGSTN39P24I558D;
– intimati –

Nonché da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro
tempore, domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la
rappresenta e difende ope legis;
-controricorrente e ricorrente incidentale contro

MAGGI SABATINO MGGSTN39P24I558D, ALLEGRITTI LUCIA
LLGLCU48S46C783C;
– intimati –

avverso la sentenza n. 310/2009 della CORTE D’APPELLO
di L’AQUILA, depositata il 13/03/2009 r.g.n. 66/08;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 14/02/2013 dal Consigliere Dott. LUCIA

rappresentata e difesa dagli avvocati ALREDO RETICO,

s

TRIA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIULIO ROMANO che ha concluso per il

rigetto di tutti i ricorsi.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.— La sentenza attualmente impugnata (depositata il 13 marzo 2009) rigetta l’appello
principale di Sabatino Maggi nonché gli appelli incidentali dell’Agenzia delle Entrate e di Lucia
Allegritti avverso la sentenza del Tribunale di Avezzano n. 65 del 24 gennaio 2007, la quale in
parziale accoglimento della domanda del Maggi ha dichiarato illegittimo (perché in contrasto con
l’art. 19 del CCNL Comparto Ministeri) l’ordine di servizio n. 1/2002 del Direttore dell’Ufficio
delle Entrate di Avezzano, rigettando tutte le altre domande.
La Corte d’appello dell’Aquila, per quel che qui interessa, precisa che:
a) la dichiarazione di illegittimità del provvedimento dirigenziale di assegnazione al Maggi
dell’incarico di Capo Nucleo alle verifiche contabili esterne e alla formazione, con revoca
dell’incarico di Capo Area Controllo, si fonda sul difetto e la contraddittorietà della relativa
motivazione, specie se correlata all’attestazione di lodevole servizio rilasciata al Maggi dalla stessa
Dirigente nell’ottobre 2001;
b) d’altra parte, appare difficilmente configurabile che l’asserito demansionamento sia stato
causativo di danni, dato che con provvedimento d’urgenza del 5 giugno 2002 — cui
l’Amministrazione ha ottemperato — il Tribunale di Avezzano ha disposto la restituzione al Maggi
delle funzioni (di Capo Area Controllo) svolte prima dell’ordine di servizio n. 1 del 16 gennaio
2002;
c) nella predetta situazione, avendo il Maggi iniziato il giudizio di merito in epoca successiva
alla definitiva reintegrazione nelle funzioni, è da escludere che il semestre in cui il Maggi è stato
distolto dall’esercizio delle funzioni di Capo Area Controllo possa essere stata la fonte delle
malattie dedotte;
d) va anche precisato che dal punto di vista retributivo, il Maggi non ha subito alcun danno e,
quanto al mobbing, difettano gli elementi strutturali della fattispecie.
2.— Il ricorso di Sabatino Maggi domanda la cassazione della sentenza per tre motivi;
resistono, con separati controricorsi, l’Agenzia delle Entrate e Lucia Allegritti, che propongono a
loro volta ricorsi incidentali, per un motivo ciascuno.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente deve disporsi la riunione dei ricorsi in quanto proposti avverso la stessa
sentenza (art. 335 cod. proc. civ.).

I — Sintesi dei motivi di ricorso principale
1

Udienza del 14 febbraio 2013 — Aula A
n. 11 del ruolo — RG n. 7762/10
Presidente:Amoroso – Relatore: Tria

1.—Con il primo motivo si denuncia omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo
per il giudizio.

Le controparti non hanno fornito elementi atti ad escludere la dequalificazione professionale,
che quindi deve considerarsi sussistente ai sensi dell’art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001.
2.—Con il secondo motivo si denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su
un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
Si rileva che i Giudici del merito hanno escluso il demansionamento e il mobbing senza
considerare che, dopo la “fittizia reintegrazione” nelle mansioni lavorative precedentemente svolte,
il Maggi è rimasto in ufficio, senza mai lavorare per oltre due anni, come emerso dalla prova
testimoniale.
3.—Con il terzo motivo si denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un
fatto controverso e decisivo per il giudizio.
Si sostiene che dagli atti processuali risulta provato che il Maggi ha subito comportamenti
offensivi per il decoro e la dignità professionale da parte dal datore di lavoro per ben due anni, cioè
dal 16 gennaio 2002 (data del provvedimento impugnato) fino al 17 dicembre 2004, quando è stato
trasferito all’Ufficio Audit esterno presso la sede dell’Aquila.
Tale illegittimo comportamento datoriale ha causato al Maggi gravi danni morali e alla salute,
in parte dimostrati con la documentazione medica allegata e in parte da accertare meglio con la
CTU richiesta, ma mai concessa, sulla cui ammissibilità si chiede una pronuncia del Giudice di
legittimità.

III — Sintesi del motivo del ricorso incidentale dell’Agenzia delle Entrate
4.—Si denuncia omessa o comunque insufficiente motivazione nella parte in cui la Corte
aquilana ha ritenuto di applicare alla fattispecie l’art. 19 del CCNL di settore.
Infatti, è pacifico che l’incarico di Capo Area è stato affidato al Maggi il 7 agosto 1998,
mentre gli arti. 18 e 19 del CCNL sono divenuti applicabili solo dal 16 febbraio 1999.
D’altra parte, l’ordine di servizio impugnato non comportava una vera e propria revoca
dell’incarico (ritenuta illegittima per mancato accertamento del risultato negativo attraverso la
procedura valutativa di cui all’art. 19, comma 5, del CCNL e per apparente contraddizione con
l’attestazione di lodevole servizio, in relazione ai risultati del 2000, rilasciata al Maggi nell’ottobre
2001), ma era solo un provvedimento interinale finalizzato alla verifica delle cause delle difficoltà
2

Si lamenta che la Corte d’appello non ha esaminato il motivo di gravame con il quale si
dimostrava che le mansioni assegnate al Maggi in base all’ordine di servizio impugnato sono
proprie della posizione economica e lavorativa C2, come delineata dall’allegato A del CCNL
Comparto Ministeri 1998-2001, mentre quelle di Capo Area Controllo sono qualificate come C3
super.

di raggiungimento degli obiettivi, emanato dal Dirigente nell’esercizio del proprio potere-dovere di
controllo, nell’ambito della responsabilità per il raggiungimento degli obiettivi.
Si rileva che la Corte territoriale non ha motivato sul punto, così come non ha in alcun modo
giustificato l’attribuzione di contraddittorietà di motivazione all’ordine del giorno impugnato, alla
luce delle osservazioni dell’Agenzia sul valore generico e limitato dell’attestazione di lodevole
servizio dell’ottobre 2001.

Sintesi del motivo del ricorso incidentale di Lucia Allegritti

5.— Si denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 17 d.lgs. n. 165 del
2001) e degli artt. 18 e 19 del CCNL.
Si contesta la dichiarazione di illegittimità del’ordine di servizio n. 1/2002, in parziale
accoglimento della domanda del Maggi.
Si sostiene che le mansioni di Capo Area Controllo attribuite al ricorrente, non rientravano nel
concetto di “Posizione organizzativa” di cui agli artt. 18 e 19 del CCNL, visto che non erano
assoggettate ad alcuna scadenza e non hanno comportato l’attribuzione di alcuna specifica
indennità.
Oltre tutto al momento del conferimento delle suddette mansioni (il 6 agosto 1998) il CCNL
non era applicabile, essendo stato sottoscritto il 16 febbraio 1999.
Si tratta, quindi, di un incarico rilasciato in base all’art. 17 del d.lgs. n. 165 del 2001,
revocabile anticipatamente per ragioni organizzative e gestionali. E l’iniziativa assunta dalla
dirigente di richiamare a sé per un periodo di tempo limitato la gestione diretta delle due aree
(Amministrativa e Controllo) era oggettivamente motivata dalla necessità di avere conoscenza
diretta delle problematiche che non avevano consentito il pieno raggiungimento degli obiettivi negli
ultimi anni.
V

Esame dei motivi del ricorso principale

6.— I motivi del ricorso principale — da esaminare congiuntamente, data la loro intima
connessione — non sono da accogliere.
6.1.— Dal punto di vista della formulazione va rilevato che essi non risultano conformi al
principio di specificità dei motivi del ricorso per cassazione — da intendere alla luce del canone
generale “della strumentalità delle forme processuali” — in base al quale il ricorrente che denunci il
difetto di motivazione su un’istanza di ammissione di un mezzo istruttorio o sulla valutazione di un
documento o di risultanze probatorie o processuali, ha l’onere di indicare nel ricorso specificamente
le circostanze oggetto della prova o il contenuto del documento trascurato od erroneamente
interpretato dal giudice di merito (trascrivendone il contenuto essenziale), fornendo al contempo
alla Corte elementi sicuri per consentirne l’individuazione e il reperimento negli atti processuali,
potendosi così ritenere assolto il duplice onere, rispettivamente previsto dall’art. 366, primo comma,
n. 6, cod. proc. civ. (a pena di inammissibilità) e dall’art. 369, secondo comma, n. 4 cod. proc. civ.
3

IV

Nella specie: a) nel primo motivo le censure non sono supportate dall’indicazione degli
elementi che possano consentire, sulla base dell’esame del ricorso, di valutare la sussistenza del
denunciato vizio di omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo, ritualmente dedotto in
giudizio; b) nel secondo motivo non vengono indicati né il testo né la sede nella quale è stata
avanzata la doglianza di reintegrazione fittizia nelle mansioni precedentemente svolte ; c) nel terzo
motivo non si indicano con precisione il testo e la sede nella quale è stata prospettata la censura di
mobbing, sulla quale peraltro la Corte aquilana si è pronunciata escludendo la sussistenza degli
elementi strutturali della fattispecie.
6.2.— In ogni caso, tutte le censure si risolvono nella denuncia di vizi di motivazione della
sentenza impugnata per errata valutazione del materiale probatorio acquisito, ai fini della
ricostruzione dei fatti.
Al riguardo va ricordato che la deduzione con il ricorso per cassazione di un vizio di
motivazione della sentenza impugnata non conferisce al Giudice di legittimità il potere di
riesaminare il merito della vicenda processuale, bensì la sola facoltà di controllo della correttezza
giuridica e della coerenza logica delle argomentazioni svolte dal Giudice del merito, non essendo
consentito alla Corte di cassazione di procedere ad una autonoma valutazione delle risultanze
probatorie, sicché le censure concernenti il vizio di motivazione non possono risolversi nel
sollecitare una lettura delle risultanze processuali diversa da quella accolta dal Giudice del merito
(vedi, tra le tante: Cass. 20 dicembre 2012, n. 23649; Cass. 22 novembre 2012, n. 20723; Cass. 18
ottobre 2011, n. 21486; Cass. 20 aprile 2011, n. 9043; Cass. 13 gennaio 2011, n. 313; Cass. 3
gennaio 2011, n. 37; Cass. 3 ottobre 2007, n. 20731; Cass. 21 agosto 2006, n. 18214; Cass. 16
febbraio 2006, n. 3436; Cass. 27 aprile 2005, n. 8718).
Infatti, la prospettazione da parte del ricorrente di un coordinamento dei dati acquisiti al
processo asseritamente migliore o più appagante rispetto a quello adottato nella sentenza
impugnata, riguarda aspetti del giudizio interni all’ambito di discrezionalità di valutazione degli
elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti che è proprio del giudice del merito, in base al
principio del libero convincimento del giudice, sicché la violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc.
civ. è apprezzabile, in sede di ricorso per cassazione, nei limiti del vizio di motivazione di cui
all’art. 360, primo comma, numero 5, cod. proc. civ., e deve emergere direttamente dalla lettura
della sentenza, non già dal riesame degli atti di causa, inammissibile in sede di legittimità (Cass. 26
marzo 2010, n. 7394; Cass. 6 marzo 2008, n. 6064; Cass. 20 giugno 2006, n. 14267; Cass. 12
febbraio 2004, n. 2707; Cass. 13 luglio 2004, n. 12912; Cass. 20 dicembre 2007, n. 26965; Cass. 18
settembre 2009, n. 20112).

4

(a pena di improcedibilità del ricorso), nel rispetto del relativo scopo, che è quello di porre il
Giudice di legittimità in condizione di verificare la sussistenza del vizio denunciato senza compiere
generali verifiche degli atti e soprattutto sulla base di un ricorso che sia chiaro e sintetico (vedi, per
tutte: Cass. SU 11 aprile 2012, n. 5698; Cass. SU 3 novembre 2011, n. 22726; Cass. 14 settembre
2012,n. 15477)

La Corte territoriale, infatti, sulla base di una analitica ricostruzione della vicenda che ha dato
origine al presente giudizio, ha ritenuto difficilmente configurabile che l’asserito demansionamento
sia stato causativo di danni, dato che con provvedimento d’urgenza del 5 giugno 2002 — cui
l’Amministrazione ha ottemperato — il Tribunale di Avezzano ha disposto la restituzione al Maggi
delle funzioni (di Capo Area Controllo) svolte prima dell’ordine di servizio n. 1 del 16 gennaio
2002. Conseguentemente, avendo il Maggi iniziato il giudizio di merito in epoca successiva alla
definitiva reintegrazione nelle funzioni, la Corte aquilana ha escluso, con plausibile motivazione,
che il semestre in cui il Maggi è stato distolto dall’esercizio delle funzioni di Capo Area Controllo
possa essere stata la fonte delle malattie dedotte ed ha altresì precisato che ,dal punto di vista
retributivo, il Maggi non ha subito alcun danno.
Esente da vizi è poi la decisione di escludere la configurabilità del mobbing, come si è detto
giustificata — sulla base di un giudizio di fatto incensurabile in cassazione ove adeguatamente
motivato — dalla mancanza della sussistenza degli elementi strutturali di tale fattispecie.
Si deve ricordare che, in base ad un consolidato e condiviso orientamento di questa Corte,
nella disciplina del rapporto di lavoro, ove numerose disposizioni assicurano una tutela rafforzata
alla persona del lavoratore con il riconoscimento di diritti oggetto di tutela costituzionale, il datore
di lavoro non solo è contrattualmente obbligato a prestare una particolare protezione rivolta ad
assicurare l’integrità fisica e psichica del lavoratore dipendente (ai sensi dell’art. 2087 cod. civ.), ma
deve altresì rispettare il generale obbligo di neminem laedere e non deve tenere comportamenti che
possano cagionare danni di natura non patrimoniale, configurabili ogni qual volta la condotta
illecita del datore di lavoro abbia violato, in modo grave, i suddetti diritti.
Tali comportamenti, anche ove non siano determinati ex ante da norme di legge, sono
suscettibili di tutela risarcitoria previa individuazione, caso per caso, da parte del giudice del merito,
il quale, senza duplicare le voci del risarcimento (con l’attribuzione di nomi diversi a pregiudizi
identici), è chiamato a discriminare i meri pregiudizi – concretizzatisi in disagi o lesioni di interessi
privi di qualsiasi consistenza e gravità, come tali non risarcibili – dai danni che vanno invece
risarciti (Cass. 12 maggio 2009, n. 10864; Cass. SU 22 febbraio 2010, a 4063; Cass. 6 marzo 2006
n. 4774; Cass. 17 febbraio 2009 n. 3785).
Fra le situazioni potenzialmente dannose e non normativamente tipizzate rientra il mobbing
che, secondo quanto affermato dalla Corte costituzionale e recepito dalla giurisprudenza di questa
Corte, designa (essendo stato mutuato da una branca dell’etologia) un complesso fenomeno
consistente in una serie di atti o comportamenti vessatori, protratti nel tempo, posti in essere nei
confronti di un lavoratore da parte dei componenti del gruppo di lavoro in cui è inserito o dal suo
capo, caratterizzati da un intento di persecuzione ed emarginazione finalizzato all’obiettivo primario
di escludere la vittima dal gruppo (vedi per tutte: Corte cost. sentenza n. 359 del 2003 e Cass. 5
novembre 2012, n. 18727).
5

Nella specie le valuta7ioni delle risultanze probatorie operate dal Giudice di appello sono
congruamente motivate e l’iter logico—argomentativo che sorregge la decisione è chiaramente
individuabile, non presentando alcun profilo di manifesta illogicità o insanabile contraddizione.

Ne deriva che per la configurabilità della responsabilità per mobbing lavorativo — in senso
proprio — è necessario che siano provati tutti i suddetti elementi.
E ciò, nella specie, non viene dimostrato dall’attuale ricorrente.
Quanto alla consulenza tecnica, va osservato che è jus receptum che in materia di
procedimento civile, la consulenza tecnica d’ufficio non costituisce un mezzo di prova, ma è
finalizzata all’acquisizione, da parte del giudice, di un parere tecnico necessario, o quanto meno
utile, per la valutazione di elementi probatori già acquisiti o per la soluzione di questioni che
comportino specifiche conoscenze. La nomina del consulente rientra quindi nel potere discrezionale
del giudice, che può provvedervi anche senza alcuna richiesta delle parti, sicché ove la parte ne
faccia richiesta non si tratta di un’istanza istruttoria in senso tecnico ma di una mera sollecitazione
rivolta al giudice affinché questi, avvalendosi dei suoi poteri discrezionali, provveda al riguardo
(Cass. 21 aprile 2010, n. 9461; Cass. 2 marzo 2006, n. 4660; Cass. 15 aprile 2002, n. 5422).
Ne consegue che nella specie nessuna doglianza può farsi valere sul punto, tanto più che la
eventuale CTU medica si sarebbe collegata ad eventuali danni da demansionamento, che come si è
detto, sono stati esclusi.
A fronte della descritta situazione, le doglianze mosse dal ricorrente — oltretutto formulate in
violazione del principio di specificità dei motivi di ricorso per cassazione — si risolvono
sostanzialmente nella prospettazione di un diverso apprezzamento delle stesse prove e delle stesse
circostanze di fatto già valutate dal Giudice di merito in senso contrario alle aspettative della
medesima ricorrente e si traducono nella richiesta di una nuova valutazione del materiale
probatorio, del tutto inammissibile in sede di legittimità.
VI

Esame del motivo del ricorso incidentale dell’Agenzia delle Entrate

7.— Anche il motivo del ricorso incidentale dell’agenzia delle Entrate non merita
accoglimento.
7.1.— Dal punto di vista della formulazione, anch’esso non risulta conforme al principio di
specificità dei motivi del ricorso per cassazione, in quanto non riproduce — almeno nei tratti salienti
— l’ordine di servizio , che assume essere stato male interpretato dalla Corte aquilana.

6

Ai fini della configurabilità del mobbing lavorativo devono quindi ricorrere molteplici
elementi: a) una serie di comportamenti di carattere persecutorio — illeciti o anche leciti se
considerati singolarmente — che, con intento vessatorio, siano stati posti in essere contro la vittima
in modo miratamente sistematico e prolungato nel tempo, direttamente da parte del datore di lavoro
o di un suo preposto o anche da parte di altri dipendenti, sottoposti al potere direttivo dei primi; b)
l’evento lesivo della salute, della personalità o della dignità del dipendente; e) il nesso eziologico tra
la descritte condotte e il pregiudizio subito dalla vittima nella propria integrità psico-fisica e/o nella
propria dignità; d) il suindicato elemento soggettivo, cioè l’intento persecutorio unificante di tutti i
comportamenti lesivi (vedi: Cass. 21 maggio 2011 n. 12048; Cass. 26/3/2010 n. 7382).

7.2.— Per quanto riguarda l’applicabilità nella specie degli artt. 18 e 19 del CCNL per il
Comparto Ministeri 1998-2001, va osservato che dallo stesso contratto collettivo risulta il
riferimento dello stesso al periodo 10 gennaio 1998-31 dicembre 1999, per la parte normativa (in
cui vanno inseriti i due suddetti articoli) e al periodo 1° gennaio 1998-31 dicembre 1999 per la parte
economica.

7.3.— Per il resto, si deve ricordare il consolidato e condiviso orientamento di questa Corte
secondo cui perché la motivazione adottata dal giudice del merito possa essere considerata adeguata
e sufficiente non è necessario che essa prenda in esame, al fine di confutarle o condividerle, tutte le
argomentazioni svolte dalle parti, ma è sufficiente che il giudice indichi le ragioni del proprio
convincimento, dovendosi in questo caso ritenere implicitamente rigettate tutte le argomentazioni
logicamente incompatibili con esse (Cass. 2 luglio 2004, n. 12121; Cass. 20 gennaio 2010, n. 868).
Ne deriva, che nessuna censura merita, sul punto, la sentenza impugnata.
VII

Esame del motivo del ricorso incidentale di Lucia Allegritti

8.—È inammissibile il motivo del ricorso incidentale di Lucia Allegritti, perché la relativa
formulazione non è conforme all’art. 366-bis cod. proc. civ. (applicabile nella specie ratione
temporis), il quale esige, a pena di inammissibilità, che, nei casi previsti dai numeri 1, 2, 3 e 4
dell’art. 360 cod. proc. civ., il motivo sia illustrato con un quesito di diritto e, nel caso previsto dal
n. 5 dello stesso articolo, che l’illustrazione contenga la chiara indicazione del fatto controverso, in
relazione al quale la motivazione si assume che sia omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per
le quali la dedotta insufficienza la renda inidonea a giustificare la decisione.
Nella specie, il suindicato principio non è stato rispettato in quanto la prospettata violazione e
falsa applicazione di norme di diritto (art. 17 d.lgs. n. 165 del 2001) e degli arti. 18 e 19 del CCNL
risulta mancante del prescritto quesito di diritto.
IV

Conclusioni

9.—In sintesi il ricorso principale e il ricorso incidentale dell’Agenzia delle Entrate devono
essere rigettati, mentre il ricorso incidentale di Lucia Allegritti va dichiarato inammissibile.
La soccombenza reciproca giustifica la compensazione, tra le parti, delle spese processuali di
questo giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi. Rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale dell’Agenzia
delle Entrate. Dichiara inammissibile il ricorso incidentale di Lucia Alligritti. Compensa, tra le
parti, le spese del presente giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione lavoro, il 14 febbraio 2013.

D’altra parte, non si fa menzione, nella specie, della contrattazione integrativa, sicché non vi
sono argomenti per ritenere non applicabili gli arti. 18 e 19 citati, essendo sicuramente da escludere
che ai fini della vigenza delle suindicate norme contrattuali assuma rilievo la data — 16 febbraio
1999 — in cui il contratto è stato siglato e alla quale fa riferimento la ricorrente incidentale.

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