Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17267 del 23/07/2010

Cassazione civile sez. lav., 23/07/2010, (ud. 12/04/2010, dep. 23/07/2010), n.17267

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – rel. Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

G.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MONTE

ZEBIO 30, presso lo studio dell’avvocato CAMICI GIAMMARIA, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato VENTURI ITALO, giusta

mandato speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

INAIL – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI

SUL LAVORO, in persona del Dirigente con incarico di livello

generale, Direttore della Direzione Centrale Prestazioni,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE, 144, presso lo

studio dell’avvocato FAVATA EMILIA, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato LA PECCERELLA LUIGI, giusta procura speciale

in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1378/2008 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE del

10/10/08, depositata il 14/10/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/04/2010 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO LAMORGESE;

è presente il P.G. in persona del Dott. MAURIZIO VELARDI.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

G.R., in relazione all’infortunio sul lavoro subito l’11 luglio 2003 – nello scendere dal trattore era caduto ed aveva sbattuto violentemente il gomito contro il parafango del mezzo meccanico -, agiva in giudizio nei confronti dell’INAIL, per ottenere l’indennizzo per l’inabilità temporanea verificatasi nel “periodo di ricaduta” e per l’inabilità permanente derivante dai postumi residuati.

La domanda, parzialmente accolta dal Tribunale di Pistoia, che gli riconosceva soltanto l’indennità temporanea per altri 53 giorni oltre quelli che l’Istituto gli aveva attribuiti, non raggiungendo i postumi riscontrati nella misura del cinque per cento il minimo indennizzabile, era rigettata dalla Corte di appello di Firenze con sentenza depositata il 7 novembre 2008.

Riteneva la Corte territoriale, in base all’indagine rinnovata in appello e prestando adesione alle conclusioni del consulente tecnico di ufficio nominato nel grado, l’insussistenza di postumi inabilitanti per l’infortunio e la durata della inabilità temporanea come determinata dall’ente previdenziale, con esclusione cioè dell’ulteriore periodo indicato dall’assicurato per la ricaduta.

Per la cassazione della sentenza il soccombente ha proposto ricorso, affidato ad un motivo.

L’NAIL ha resistito con controricorso.

Ravvisati i presupposti per la decisione del ricorso in camera di consiglio, è stata quindi redatta relazione ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., poi ritualmente notificata alle parti e comunicata al Procuratore Generale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

L’unico motivo denuncia “erronea interpretazione ed applicazione del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 2, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 2, p. 5”. Deduce l’errore commesso dal giudice del gravame, che aderendo alle conclusioni del consulente di ufficio di appello, aveva escluso il nesso causale fra l’infortunio sul lavoro subito dal G. e la lesione dallo stesso denunciata, quale accertata dallo specialista consultato in sede di espletamento dell’incarico dal consulente tecnico di ufficio di primo grado, lesione che aveva comportato “ipotrofia e deficit di abduzione ed adduzione delle dita mano dx con paralisi del nervo ulnare verosimilmente secondaria a trauma”. Sottolinea la contraddizione delle conclusioni del secondo ausiliare con la deduzione dallo stesso svolta, laddove aveva affermato il danno da trauma per il nervo ulnare destro del gomito. Deduce l’ulteriore errore del consulente tecnico di ufficio nominato in appello, e riverberatosi nella sentenza impugnata, per avere negato l’indennizzabilità dei postumi accertati in conseguenza delle preesistenze morbose presenti nell’arto infortunato, dovendosi invece in tale ipotesi indennizzare il pregiudizio derivante dalla componente lavorativa, con detrazione dal danno globale della percentuale riferibile alle preesistenze morbose.

Il ricorso è improcedibile.

Nella relazione ex art. 380 bis cod. proc. civ., si è evidenziato a) che il motivo, per la parte relativa alle denunciata violazione di legge, non presenta l’enunciazione del quesito di diritto prescritto nei casi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1), 2), 3) e 4), cod. proc. civ. a pena d’inammissibilità dall’art. 366 bis c.p.c., noma introdotta dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, che ha apportato modifiche al processo di cassazione, e qui da applicare, trattandosi di ricorso proposto contro una sentenza pubblicata dopo il 2 marzo 2006;

b) mentre per la parte concernente il vizio di motivazione, che il ricorrente si è limitato a talune deduzioni e al richiamo di alcune frasi della consulenza di ufficio e del parere dello specialista consultato dal primo ausiliare, così incorrendo nella violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, secondo cui, qualora in sede di legittimità venga dedotta l’omessa od insufficiente motivazione della sentenza impugnata per L. l’asserita mancata valutazione di risultanze processuali, è necessario al fine di consentire alla Corte di cassazione il controllo della decisività della risultanza non valutata che il ricorrente precisi, anche mediante integrale trascrizione nel ricorso, la risultanza da lui ritenuta decisiva e non valutata o inadeguatamente valutata, dato che per il suddetto principio, il controllo deve essere effettuato sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative.

Pur confermando la fondatezza di tali osservazioni, il Collegio deve rilevare la mancanza in atti del deposito di copia autentica della sentenza impugnata con la relazione di notificazione, prescritta a pena d’improcedibilità dall’art. 369 cod. proc. civ., comma 2, n. 2, onere cui il ricorrente, malgrado l’affermata notificazione della decisione impugnata in data 12 dicembre 2008 (v. prima pagina del ricorso), non ha adempiuto neppure successivamente al deposito del ricorso, ai sensi dell’art. 372 cod. proc. civ..

Si deve perciò fare applicazione del principio elaborato dalle Sezioni Unite di questa Corte con l’ordinanza del 16 aprile 2009 n. 9005, che ha affermato: “La previsione – di cui all’art. 369 cod. proc. civ., comma 2, n. 2, – dell’onere di deposito a pena di improcedibilità, entro il termine di cui al primo comma della stessa norma, della copia della decisione impugnata con la relazione di notificazione, ove questa sia avvenuta, è funzionale al riscontro, da parte della Corte di cassazione – a tutela dell’esigenza pubblicistica (e, quindi, non disponibile dalle parti) del rispetto del vincolo della cosa giudicata formale – della tempestività dell’esercizio del diritto di impugnazione, il quale, una volta avvenuta la notificazione della sentenza, è esercitabile soltanto con l’osservanza del cosiddetto termine breve. Nell’ipotesi in cui il ricorrente, espressamente od implicitamente, alleghi che la sentenza impugnata gli è stata notificata, limitandosi a produrre una copia autentica della sentenza impugnata senza la relata di notificazione, il ricorso per cassazione dev’essere dichiarato improcedibile, restando possibile evitare la declaratoria di improcedibilità soltanto attraverso la produzione separata di una copia con la relata avvenuta nel rispetto dell’art. 372 cod. proc. civ., comma 2, applicabile estensivamente, purchè entro il termine di cui all’art. 369 cod. proc. civ., comma 1 e dovendosi, invece, escludere ogni rilievo dell’eventuale non contestazione dell’osservanza del termine breve da parte del controricorrente ovvero del deposito da parte sua di una copia con la relata o della presenza di tale copia nel fascicolo d’ufficio, da cui emerga in ipotesi la tempestività dell’impugnazione”.

Si deve concludere, quindi, per l’improcedibilità del ricorso, essendo la verifica dell’adempimento degli oneri specificati nell’art. 369 cod. proc. civ., logicamente prioritaria rispetto a quella dell’adempimento delle prescrizioni concernenti la formulazione dei motivi, imposte dall’art. 366 bis cod. proc. civ..

A norma dell’art. 152 disp. att. cod. proc. civ., non si deve provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte dichiara improcedibile il ricorso; nulla per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 12 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2010

 

 

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