Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17258 del 17/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 17/06/2021, (ud. 09/02/2021, dep. 17/06/2021), n.17258

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PERRINO Angelina Maria – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – rel. Consigliere –

Dott. GALATI Vincenzo – Consigliere –

Dott. CORRADINI Grazia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 28170/2014 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura

generale dello Stato presso i cui uffici è domiciliata in Roma,

alla via dei Portoghesi, n. 12.

– ricorrente –

contro

Mave Costruzioni s.r.l. in liquidazione.

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Toscana n. 125/1/13, depositata il 9.10.2013.

Udita la relazione svolta alla adunanza camerale del 9.2.2021 dal

Consigliere Rosaria Maria Castorina.

 

Fatto

OSSERVA

L’Agenzia delle Entrate notificava alla Mave Costruzioni s.r.l. in liquidazione tre avvisi di accertamento, per gli anni di imposta 2003, 2004 (solo a fini Iva) e 2005 (sia per II.DD. che per Iva e Irap), con i quali recuperava a tassazione tributi omessi all’esito di un accertamento analitico-induttivo.

La società proponeva ricorso avverso gli atti impositivi dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Grosseto, che lo accoglieva.

Avverso la sentenza di primo grado proponeva appello l’Ufficio e la Commissione regionale della Toscana, con sentenza n. 125/1/2013, depositata il 9.10.2013 lo accoglieva parzialmente limitatamente alla ripresa effettuata sul contratto di compravendita dei Sig. M.A. per l’anno 2003.

Avverso la suddetta sentenza l’Agenzia delle Entrate propone ricorso, affidandosi a due motivi.

La società contribuente non ha spiegato difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il secondo motivo articolato in due distinte censure, da esaminarsi preliminarmente, l’ufficio deduce la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 36 e 61, e dell’art. 132 e 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, e omesso esame di fatti decisivi per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Lamenta che la CTR aveva erroneamente svolto considerazioni anche in relazione a rilievi non mossi (ipotetico recupero reddituale nel 2003 e 2004) o ad annualità non oggetto di esame (2006) arrivando ad evidenti contraddizioni argomentative e illogicità della motivazione.

La censura è fondata.

Con gli accertamenti relativi alle annualità 2003 e 2004 sono stati effettuati i recuperi esclusivamente ai fini IVA presumendo un versamento soggetto a Iva effettuato al momento della stipula dei preliminari relativi alle vendite e degli immobili del complesso di via (OMISSIS) e di via (OMISSIS), a (OMISSIS). Lo stesso recupero ai fini IVA è stato effettuato con l’accertamento relativo all’annualità 2005. Per quanto riguarda le imposte dirette, invece, in recuperi sono stati effettuati nell’anno di vendita degli immobili e quindi per il 2005.

Per il 2006, invece, è stato emesso un ulteriore e distinto avviso di accertamento, oggetto di autonomo giudizio.

Il giudice ha svolto considerazioni anche in relazione a rilievi non mossi, in particolare con riferimento all’ipotetico recupero reddituale nel 2003 e 2004 e ad una annualità non oggetto di contestazione, il 2006, arrivando a contraddizioni argomentative.

In particolare nella motivazione si legge “l’ufficio ricostruisce gli incassi per l’anno 2003 – 2005 ritenendo che l’omissione dei ricavi sia avvenuta al momento della stipula del compromesso” e che “in tal modo i redditi accertati dalle vendite del 2005 vengono anticipate al 2003 come indicati nel foglio 21, ugualmente per le vendite nel 2006”.

La CTR evidentemente confonde il rilievo iva (collegato agli acconti che l’ufficio ha ritenuto versati “in nero” al momento della stipula del preliminare quindi prima del definitivo) con il rilievo ai fini reddituali che l’ufficio ha effettuato nell’anno di vendita degli immobili.

La CTR afferma che “l’accertamento dell’anno 2004 per Euro 189.708 deve essere, pertanto, annullato in quanto fondato su presunti maggiori somme percepite nell’atto di compromesso con caparra”. Come già evidenziato l’accertamento per il 2004 non riguarda le imposte dirette ma esclusivamente iva.

La CTR afferma, inoltre, “l’ufficio la escogitato tale tesi (aumento della caparra) per sopperire ed evitare di non poter accettare maggiori incassi per il 2006 in quanto l’indagine ispettiva non comprendeva il 2006. Infatti le vendite degli appartamenti del cantiere (OMISSIS) per un valore di incasso era di Euro 2.328.500.00 per 14 appartamenti è avvenuto nel 2006 per cui l’accertamento per l’anno 2006 è nullo in quanto non oggetto di ispezione”.

Tale argomentazione appare incomprensibile, non solo in considerazione del fatto che la controversia ha ad oggetto solo gli anni dal 2003 al 2005 e per i primi due anni il recupero riguardava solo l’iva, ma anche del fatto che il pvc da cui erano scaturiti gli accertamenti per il triennio 2003 – 2005, precisava che per il 2006 si dava atto solamente della contestazione.

Le contraddizioni e le illogicità nella motivazione della sentenza emergono anche in relazione alla proposta di acquisto del signor M., effettuata nel 2004.

La commissione da un lato rileva che “il rinvenimento della proposta di acquisto rilasciata nel 2004 dal signor M. non può essere presa in considerazione in quanto la vendita è avvenuta nel 2006 per cui non risulta in atti che per tale anno si è accertato definitivamente il maggior valore dell’immobile”, dall’altro nella parte immediatamente successiva accoglie l’appello dell’ufficio proprio in relazione al valore dell’immobile del signor M. “in quanto l’offerta di acquisto del locale per Euro 17.500,00 (rectius Euro 175.000,00) doveva ragionevolmente essere coerente con l’anno di compromesso stipulato nello stesso atto per Euro 50.000,00 di cui Euro 15.000,00 di caparra”.

La CTR scrive, inoltre, che la ripresa per l’anno 2003 non è fondata in quanto il valore di un appartamento posto in via (OMISSIS) non può essere adoperato come metodo e parametro di un appartamento posto in altra località ((OMISSIS)) mentre non vi è alcun recupero circa immobili di (OMISSIS). Inoltre la CTR afferma che in atti non vi è nessun compromesso, nè atto notarile in una situazione in cui pacificamente sono in contestazione i valori formalmente indicati nei compromessi e nei definitivi stessi.

Nel dispositivo, poi, la CTR, contraddittoriamente, ridetermina il maggior reddito proprio per l’anno 2003, accogliendo in tale parte l’appello dell’ufficio.

Le argomentazione della CTR non sono idonee a esplicitare il ragionamento logico seguito dal giudice, posto a base della decisione e come tali sono inidonee a supportare la ratio decidendi.

2. Con il primo motivo di ricorso, la difesa erariale deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti.

Sostiene che i giudici di appello non hanno preso in considerazione tutti gli elementi presuntivi indicati nell’atto impositivo avendo affermato erroneamente che l’accertamento si fondava prevalentemente sul prezzo di una “promessa di acquisto” rinvenuto presso un’agenzia nonchè sui valori di mercato di simili immobili siti nelle zone limitrofe venduti negli anni oggetto di verifica fiscale.

Il motivo è fondato.

3. La ricorrente ritiene che l’accertamento si fondi su indizi idonei alla costituzione della prova presuntiva richiesta dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), e lamenta che la sentenza, carente sotto il profilo motivazionale, ha omesso di esaminare nel loro complesso gli elementi forniti.

4. L’art. 2729 c.c., nel prescrivere che le presunzioni non stabilite dalla legge sono lasciate alla “prudenza del giudice” (secondo una formula analoga a quella che si rinviene nell’art. 116 c.p.c., a proposito della valutazione delle prove dirette), impone al giudice di compiere l’inferenza logica dal fatto secondario (fatto noto) al fatto principale (fatto ignoto) sulla base di una regola d’esperienza che egli deve ricavare dalla conoscenza dell’uomo medio.

Grazie alla regola d’esperienza adottata, è possibile per il giudice concludere che l’esistenza del fatto secondario (indizio) deponga, con un grado di probabilità più o meno alto, per l’esistenza del fatto principale. Lo stesso art. 2729 c.c., si cura di precisare come debba manifestarsi la “prudenza” del giudice, stabilendo che il decidente deve ammettere solo presunzioni che siano “gravi, precise e concordanti”; laddove il requisito della “precisione” va riferito al fatto noto (indizio) che costituisce il punto di partenza dell’inferenza e postula che esso non sia vago ma ben determinato nella sua realtà storica; il requisito della “gravità” va riferito al grado di probabilità della sussistenza del fatto ignoto che, sulla base della regola d’esperienza adottata, è possibile desumere dal fatto noto; mentre il requisito della “concordanza” richiede che il fatto ignoto sia – di regola – desunto da una pluralità di indizi gravi e precisi, univocamente convergenti nella dimostrazione della sua sussistenza.

Il requisito della “concordanza” deve ritenersi menzionato dalla legge per il caso di un eventuale ma non necessario concorso, come nella specie, di più elementi presuntivi (Cass. n. 2482 del 2019).

Questa Corte, in particolare, ha indicato il corretto procedimento logico che il giudice di merito deve seguire nella valutazione degli indizi, affermando che la gravità, precisione e concordanza richiesti dalla legge vanno desunti dal loro esame complessivo, in un giudizio non atomistico di essi (ben potendo ciascuno di essi essere insufficiente), ancorchè preceduto dalla considerazione di ognuno per individuare quelli significativi, perchè è necessaria la loro collocazione in un contesto articolato, nel quale un indizio rafforza ed ad un tempo trae vigore dall’altro in vicendevole completamento (Cass. n. 12002 del 16/5/2017; Cass. n. 5374 del 2/3/2017). Ciò che rileva è che dalla valutazione complessiva emerga la sufficienza degli indizi a supportare la presunzione semplice di fondatezza della pretesa, fermo restando il diritto del contribuente a fornire la prova contraria.

Le Sezioni Unite Cass. sez.un., 7 aprile 2014, n. 8053 e 8054 hanno precisato che il fatto di cui è stato omesso l’esame può consistere tanto in un fatto principale, quanto in un fatto secondario e le presunzioni semplici, si fondano proprio su un ragionamento che investe l’esame dei fatti secondari.

Dunque, l’aver omesso di esaminare fatti secondari decisivi, in grado di fondare una presunzione semplice, può certamente dar luogo ad un vizio della sentenza, censurabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5) (Cass. n. 17720 del 2018).

Ciò che rileva è che dalla valutazione complessiva emerga la idoeneità degli indizi a supportare la presunzione semplice di fondatezza della pretesa, fermo restando il diritto del contribuente a fornire la prova contraria.

Premesso ciò, la CTR ha annullato l’atto impositivo muovendo dal presupposto secondo cui i rilievi mossi dall’ufficio avrebbero avuto origine sostanzialmente da un unico fatto generativo di imposizione fiscale, senza adeguatamente prendere in esame gli elementi offerti dall’Ufficio che, costituendo un quadro di circostanze astrattamente suscettibile, per gravità, precisione e concordanza, di legittimare la determinazione induttiva del reddito e, quindi, di orientare diversamente il giudizio, imponeva di esplicitare in modo più esaustivo e puntuale il percorso logico-giuridico seguito per addivenire alla decisione.

La Commissione regionale è, quindi, incorsa nel vizio denunciato, perchè dalle argomentazioni giustificative della decisione è evincibile una obiettiva carenza nell’iter logico che l’ha condotta a regolare la vicenda al suo esame, considerato che ha individuato solo uno degli elementi indiziari posti a fondamento della pretesa fiscale, affermando che fosse l’unica questione rilevante dell’intera controversia, senza nemmeno esaminarlo per affermarne la decisività, non rispettando i principi che regolano l’accertamento presuntivo.

La sentenza deve essere conseguentemente cassata con rinvio alla CTR della Toscana, in diversa composizione che liquiderà anche le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Toscana, in diversa composizione che liquiderà anche le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 17 giugno 2021

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