Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17257 del 22/07/2010
Cassazione civile sez. trib., 22/07/2010, (ud. 27/05/2010, dep. 22/07/2010), n.17257
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –
Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –
Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –
Dott. VIRGILIO Biagio – rel. Consigliere –
Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
M.C., elettivamente domiciliato in Roma, via Luigi Lilio
n. 65, presso l’avv. MOZZI Vincenzo, che lo rappresenta e difende
giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
COMUNE di CASERTA, in persona del Sindaco pro tempore, e TELESERVIZI
s.r.l.;
– intimati –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della
Campania n. 57/50/08, depositata il 17 marzo 2008.
Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
27 maggio 2010 dal Relatore Cons. Dott. Biagio Virgilio.
La Corte:
Fatto
RITENUTO IN FATTO
che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
“1. M.C. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 57/50/08, depositata il 17 marzo 2008, con la quale, rigettando l’appello del contribuente, è stata confermata la legittimità dell’avviso di accertamento notificatogli, per conto del Comune di Caserta, dalla Teleservizi s.r.l. per TARSU relativa all’anno 2002:
in particolare, il giudice a quo ha ritenuto che il contribuente non avesse fornito idonea e aggiornata dimostrazione dell’obiettiva inutilizzabilità dei locali oggetto di contestazione, in quanto l’esibita copia della concessione edilizia si riferisce all’anno 1979 e nulla prova circa l’inutilizzabilità dei locali che non pare abbiano una delimitata autonomia funzionale, nè poteva assumere alcuna valenza probatoria la prodotta dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà.
Il Comune e la Teleservizi s.r.l. non si sono costituiti.
2. Il primo motivo di ricorso, con il quale si denuncia la violazione degli artt. 2697 e 2727 cod. civ., dell’art. 116 c.p.c., dell’art. 4 del Regolamento comunale relativo alla Tarsu e dell’art. 111 Cost.
(principio del giusto processo), appare inammissibile, poichè contiene tre quesiti di diritto non rispondenti, per la loro genericità, ai requisiti prescritti dall’art. 366 bis c.p.c., il quale richiede che il quesito deve essere formulato in termini tali da costituire una sintesi logico-giuridica della questione, così da consentire al giudice di legittimità di enunciare una regula iuris suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata: ne consegue che è inammissibile il motivo di ricorso sorretto da quesito la cui formulazione è generica ed inidonea a chiarire l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in riferimento alla concreta fattispecie (ex plurimis, Cass. Sez. un., n. 26020 del 2008).
3. Il terzo motivo, con il quale si denuncia omessa e insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo, costituito dalla natura (sottotetto) del locale in contestazione, appare anch’esso inammissibile, o, comunque, manifestamente infondato: prescindendo, infatti, dal rilievo che il contribuente sembra erroneamente ritenere che per la esclusione dalla tassa in esame sia sufficiente la inutilizzabilità del locale a scopo abitativo, il motivo, da un lato, si risolve in una serie di censure generiche e prive di autosufficienza (là dove si fa riferimento alla concessione edilizia, al progetto grafico ed all’atto di notorietà, senza riportarne il contenuto), e, dall’altro, contrasta con il fatto che il giudice a quo per un verso ha motivato l’irrilevanza della concessione edilizia in quanto risalente al 1979, e per altro verso ha negato alcuna valenza probatoria alla dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà in quanto surrogato di testimonianza, affermazione che andava semmai contestata sotto il profilo della violazione di legge.
4. In conclusione, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per manifesta infondatezza”;
che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata all’avvocato del ricorrente;
che non sono state presentate conclusioni scritte da parte del P.M., mentre ha depositato memoria il ricorrente.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
che il Collegio, a seguito della discussione in Camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione (la quale, contrariamente a quanto affermato nell’anzidetta memoria, concerne anche il secondo quesito contenuto nel primo motivo), con la precisazione che il ricorso deve essere complessivamente dichiarato inammissibile (tale dovendo ritenersi anche il secondo motivo – indicato nella relazione, per mero errore materiale, come terzo -, per le ragioni esposte in via principale nella relazione stessa), anzichè manifestamente infondato;
che non v’è luogo a provvedere in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità, in assenza di svolgimento di attività difensiva da parte degli intimati.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, il 27 maggio 2010.
Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2010