Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17255 del 23/08/2016


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Cassazione civile sez. lav., 23/08/2016, (ud. 18/05/2016, dep. 23/08/2016), n.17255

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VENUTI Pietro – Presidente –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – rel. Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22402-2013 proposto da:

M.A., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA VALADIER 43, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI ROMANO, che

la rappresenta e difende unitamente all’avvocato EGIDIO LIZZA,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

NAXAS S.R.L.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 3621/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 09/07/2013, R.G. N. 7379/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/05/2016 dal Consigliere Dott. FEDERICO BALESTRIERI;

udito l’Avvocato EGIDIO LIZZA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso al Tribunale di Roma, depositato il 10.4.09, M.A. esponeva di aver lavorato alle dipendenze di Auxilium Assistance soc. coop. r.l. in qualità di economa, inquadrata nel livello quadro B ai sensi del c.c.n.l. turismo, dal 23.5.05 presso la casa dello studentato ENAM di (OMISSIS) fino al 23.6.05, e presso la colonia marina INPDAP di (OMISSIS) fino al 31.8.05, data in cui era stata licenziata; che con sentenza n.1963 /07 il Tribunale di Roma dichiarò illegittimo il licenziamento, ordinando alla società (Auxilium) di reintegrarla nel posto di lavoro e di pagarle tutte le retribuzioni medio tempore maturate, nonchè di pagarle la somma di Euro 3.418,00 a titolo di retribuzioni di luglio ed agosto 2005; esponeva inoltre che nelle more era venuta a conoscenza che con atto del 16.9.2005 la società aveva ceduto l’azienda alla Naxas s.r.l. e di aver dunque posto in esecuzione la sentenza n. 1936/07 nei confronti di tale società; che tale giudizio si era concluso negativamente con sentenza n. 4609/08 del Tribunale di Roma.

Chiedeva dunque: a) l’accertamento della continuità giuridica del rapporto di lavoro con la Naxas s.r.l. ai sensi dell’art. 2112 c.c.; b) l’ordine alla predetta società di reintegrarla nel posto di lavoro e, c) la condanna della medesima società al pagamento di tutte le retribuzioni maturate, oltre alle retribuzioni di luglio e agosto 2005 ed al risarcimento degli ulteriori danni.

Costituitasi in giudizio, la Naxas s.r.l. contestava la fondatezza della domanda. Il giudice adito, con sentenza del 13.5.2010, accoglieva la domanda ad eccezione di quella -reputata del tutto generica – di risarcimento dei danni ulteriori.

Avverso tale decisione la Naxas proponeva appello, censurandola per avere erroneamente: – utilizzato la sentenza n. 1963/07 per accogliere la domanda nei suoi confronti; – interpretato il contratto di cessione del ramo d’azienda. Costituitasi in giudizio, la M. contestava la fondatezza dei motivi di gravame, di cui chiedeva il rigetto.

Con sentenza depositata il 9 luglio 2013, la Corte d’appello di Roma, in riforma della pronuncia gravata, dichiarava inammissibile, per l’esistenza di un giudicato esterno preclusivo, la domanda proposta dalla M. col ricorso introduttivo.

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso quest’ultima, affidato a cinque motivi.

La s.r.l. Naxas è rimasta intimata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.-Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

Lamenta che la sentenza impugnata ritenne che la sentenza n. 4609/08 del Tribunale di Roma, passata in giudicato e statuente l’inopponibilità alla Naxas s.r.l. della sentenza n. 1963/07 del medesimo Tribunale di Roma, intervenuta tra la M. e la Auxilium, precludesse l’azione successivamente proposta dalla M..

2.- Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 101 c.p.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4).

Lamenta che la sentenza impugnata, avendo inteso porre a base della sua decisione il detto giudicato esterno, avrebbe dovuto rendere edotte le parti della questione, pur rilevabile d’ufficio (Cass. SU n. 20935/09).

3.- Con il terzo motivo la ricorrente denuncia nuovamente la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., nonchè degli artt. 115 e 116 c.p.c.

Deduce che la sentenza impugnata ritenne erroneamente che l’aver chiesto ed ottenuto una sentenza, passata in giudicato, di reintegra solo nei confronti della cedente (Auxilium) escludeva che si potesse poi ottenere altra sentenza di identico tenore nei confronti della cessionaria, anche considerato che la sentenza n. 1963/07 era intervenuta in un contesto processuale nel quale la cessione del ramo d’azienda era senz’altro questione deducibile e dunque coperta dal detto giudicato. Lamenta che la questione avrebbe potuto essere introdotta solo ex art. 420 c.p.c., comma 1, e non d’ufficio.

4.- Con il quarto motivo la ricorrente denuncia, riproducendo ampiamente le doglianze contenute nel precedente motivo, ancora la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. e dell’art. 115 c.p.c. Lamenta che la cessione del ramo d’azienda alla Naxas non era deducibile nel giudizio conclusosi con sentenza n. 1963/07, avendo la controparte contestato la circostanza. Lamenta che la mancata pubblicità legale della cessione di ramo d’azienda determinava l’impossibilità di dedurre in giudizio la responsabilità della cessionaria nei confronti della lavoratrice addetta al ramo ceduto, con conseguente impossibilità di ritenere che il giudicato formatosi sulla pronuncia che accertava l’unica responsabilità della cedente, implicasse un giudicato negativo sulla legittimazione passiva della cessionaria, pregiudicando una successiva autonoma azione della lavoratrice nei confronti della cessionaria medesima.

5.- Con il quinto motivo la ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2909 e 1306 c.c.

Lamenta la non identità dell’azione proposta nel giudizio conclusosi con sentenza n. 1936/07, con l’azione posta alla base del presente giudizio, non essendovi alcuna ragione per ritenere operanti le preclusioni di cui all’art. 2909 cc., anche ex art. 1306 c.c., secondo cui la sentenza pronunziata tra il creditore ed uno dei debitori in solido, o tra il debitore ed uno dei creditori in solido, non ha effetto contro gli altri debitori o contro gli altri creditori.

6.- I motivi, che per la loro connessione possono essere trattati congiuntamente, sono infondati.

Premesso infatti che la questione della deducibilità della cessione di ramo d’azienda (verificatasi il 16.9.05) nell’ambito del ricorso conclusosi con la sentenza n. 1963/07 (oggetto della quarta censura), rappresenta solo una ulteriore ratio decidendi della sentenza impugnata, deve rilevarsi che la corte capitolina ha basato la sua decisione sulla incontestata circostanza che avverso tale ultima pronuncia, notificata dalla M. alla Naxas s.r.l., tale società propose opposizione all’esecuzione dinanzi al Tribunale di Roma che, con sentenza n. 4609/08, stabilì che detta sentenza (n. 1963/07) non faceva stato nei confronti della Naxas s.r.l. Che tale sentenza (n. 4609/08) era passata in giudicato ed impediva dunque, come già rilevato dal primo giudice (sentenza del 13.5.2010, impugnata dinanzi alla Corte d’appello di Roma che ha emesso la sentenza oggi impugnata, restando così esclusa la denunciata violazione dell’art. 101 c.p.c.), alla ricorrente di fondare l’odierna pretesa nei confronti della Naxas s.r.l. sulla ridetta sentenza n. 1963/07.

A tale conclusione non osta il principio che il giudicato formatosi nel giudizio di opposizione all’esecuzione deve limitarsi ad accertare se il creditore può agire in via esecutiva, avvalendosi di quel dato titolo esecutivo oppure no.

Ed invero l’oggetto del giudizio di opposizione all’esecuzione può estendersi, iuxta alligata, anche all’esistenza o meno del diritto sostanziale (nel nostro caso: del diritto nei confronti della società cessionaria, poi opponente).

La sentenza n. 4609/08, non rilevando qui se correttamente od erroneamente, essendo passata in giudicato, accertò non solo che la cessionaria Naxas s.r.l. era estranea al titolo – sentenza n. 1963/07 (tra lavoratrice e cedente, accertamento che non potrebbe formare giudicato tra la M. e la Naxas s.r.l. nella presente controversia) ma che essa (sentenza) non poteva essere opposta alla cessionaria Naxas neppure in base alla dedotta cessione d’azienda, questione che formò dunque oggetto di quel giudizio. La pronuncia ha in sostanza accertato che tale sentenza (n. 1963/07) non poteva essere opposta alla Naxas neppure quale cessionaria dell’azienda, e sul punto non può che essere idonea a formare giudicato esterno preclusivo, così come stabilito dalla sentenza oggi impugnata, posto che, in sostanza, l’oggetto del giudizio di opposizione all’esecuzione riguarda pur sempre ciò che le parti hanno chiesto in tale giudizio, e non soltanto quel che è diretto all’esecuzione del titolo, e cioè ad accertare quale sia l’esatto ambito oggettivo e soggettivo del suddetto titolo (cfr. Cass. n. 10676/2008). In tal caso il provvedimento del giudice dell’esecuzione perde natura esecutiva per assumere quella di una statuizione cognitiva (Cass. n. 15727 del 18/07/2011, Cass. n. 3722 del 09/03/2012, Cass. n. 14208 del 23/06/2014), che potrà poi essere impugnata ad opera dell’esecutante, cosa nella specie non avvenuta. In tal senso cfr. Cass. n. 22890/2015, secondo cui la sentenza passata in giudicato all’esito di un giudizio di opposizione all’esecuzione, in cui si sia (anche infondatamente) contestata la successione nella titolarità del diritto di credito (oggetto ulteriore rispetto alla mera esecuzione del titolo), fa stato tra le parti ai sensi dell’art. 2909 c.c.

Risulta dunque infondata la censura che la sentenza n. 4609/08 non precludeva l’azione svolta nei confronti della Naxas s.r.l., così come la dedotta violazione dell’art. 101 c.p.c., o dell’art. 420 c.p.c., ultimo periodo, risultando la questione già esaminata dal primo giudice.

Parimenti infondata è la doglianza, di cui alla quinta censura, secondo cui, ex art. 1306 c.c., la sentenza pronunziata tra il creditore ed uno dei debitori in solido, o tra il debitore ed uno dei creditori in solido, non ha effetto contro gli altri debitori o contro gli altri creditori, posto che nella specie il giudicato in questione ha riguardato proprio la società Naxas, di cui venne esclusa la legittimazione passiva con riferimento all’azione oggi proposta dalla lavoratrice e non un altro debitore in solido.

7.- Il ricorso deve essere pertanto rigettato.

Nulla per le spese, non avendo la società Naxas svolto attività difensiva.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti, come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 23 agosto 2016

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