Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17252 del 12/07/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 17252 Anno 2013
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: PERRINO ANGELINA MARIA

Data pubblicazione: 12/07/2013

SENTENZA
sui ricorsi riuniti iscritti ai numeri 23603 del ruolo

generale dell’anno 2009 e 26391 del ruolo generale
dell’anno 2012, rispettivamente ploposti
da
Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro

tempore,

rappresentato e difeso

ope legis

dall’avvocatura dello Stato, presso gli uffici della
quale in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12,
domicilia;

ricorrentecontro
Centro Servizi Pulizia s.c.a.r.1., in persona del legale
rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso,
giusta mandato a margine del controricorso, dagli
avvocati Mara Vurchio e Francescantonio Borello,
RG n. 23603/2009 + n. 26391/12

Angel

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domiciliato presso lo studio del secondo in Roma, alla via di Vigna Fabbri, n. 29

-controricorrente
e da
Centro Servizi Pulizia s.c.a.r.1., in persona del legale rappresentante pro
tempore, rappresentato e difeso, giusta mandato a margine del ricorso, dagli
avvocati Mara Vurchio e Francescantonio Borello, domiciliato presso lo studio

-ricorrente
contro
Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore, rappresentato e
difeso ope legis dall’avvocatura dello Stato, presso gli uffici della quale in
Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, domicilia;

-intimataper la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del
Piemonte, sezione 26°, depositata in data 22 luglio 2008, numero 22/26/08 e del
diniego di definizione della lite pendente datato 21 agosto 2012, numero di
protocollo 2012/144592;
udita la relazione sulla causa svolta alla pubblica udienza in data 4 giugno 2013
dal consigliere Angelina-Maria Perrino;
uditi per l’Agenzia delle entrate l’avvocato dello Stato Marco La Greca e per la
società l’avv. Francescantonio Borello;
udito il pubblico ministero in persona del sostituto procuratore generale Federico
Sorrentino, che ha concluso per il rigetto del ricorso proposto dalla società e per
l’accoglimento del ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate
Fatto
La società contribuente ricevette la notifica di una cartella di pagamento,
emessa in esito al controllo compiuto a norma dell’articolo 54bis del decreto del
Presidente della Repubblica numero 633 del 1972, che concerneva gli interessi e
le sanzioni relativi al tardivo versamento dell’ Iva.
RG n. 23603/2009 + n. 26391/12

Angelina

del secondo in Roma, alla via di Vigna Fabbri, n. 29

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Conseguiva, la cartella, al ravvedimento operoso operato dalla società che,
tuttavia, secondo l’ufficio, non era dirimente, in quanto l’importo della sanzione
versato unitamente all’imposta non era congruo.
La società impugnò la cartella e la Commissione tributaria provinciale
respinse il ricorso, là dove, di contro, la Commissione tributaria regionale ha
accolto l’appello, reputando, per un verso, che la contribuente ha provveduto a

sanare col pagamento delle sanzioni la tardività dei versamenti e, per altro verso,
che ha presentato denuncia integrativa, con l’opzione dell’affidamento a terzi
della contabilità, di guisa che non si è determinato «il carico probatorio

segnalato dall’ufficio».
Ricorre l’Agenzia delle entrate per ottenere la cassazione della sentenza,
affidando il ricorso a cinque motivi.
Replica la contribuente con controricorso.
Nelle more del procedimento di cassazione, la contribuente ha impugnato il
diniego di definizione della lite pendente indicato in epigrafe, opposto
dall’Agenzia, che ha ritenuto non definibile una lite fiscale concernente, come
nel caso in esame, un atto di mera riscossione, ricognitivo di quanto dichiarato
dal contribuente o dal sostituto d’imposta.
L’Agenzia delle entrate non spiega difese.

Diritto
/.- Va preliminarmente disposta la riunione dei due ricorsi, in quanto
pregiudizialmente connessi.

2.- Come già osservato dalla Corte, il diniego di condono è atto vincolato e
non discrezionale, in ordine al quale la legge prevede la diretta impugnazione
dinanzi alla Corte di Cassazione, quale organo dinanzi al quale pende la lite, che
è in tal modo, eccezionalmente, investito della pienezza del giudizio.
Fatto, questo, che corrisponde, del resto, alla possibilità per la Corte di
Cassazione di decidere nel merito quando cassa la sentenza impugnata per vizio
di legittimità (espressamente in termini, Cass. 9 marzo 2005, n. 5092).
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Angelina-

estensore

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3.-Ciò posto, l’impugnazione del diniego di definizione è infondata.
Indubbiamente, come sostiene la società, l’articolo 16 della legge numero
289/2002, richiamato dall’articolo 39, 12° comma, del decreto legge 6 luglio
2011, n. 98, prevede la chiusura delle liti pendenti, definendo come

“lite

pendente” quella avente ad oggetto avvisi di accertamento, provvedimenti di
irrogazione delle sanzioni ed ogni altro atto di imposizione, di guisa che, ha

precisato la Corte, anche il ruolo può costituire atto di imposizione, in quanto
con esso venga esercitata una pretesa tributaria, ossia la richiesta di una somma
di danaro che l’amministrazione finanziaria ritiene dovuta dal contribuente e che
il contribuente può contestare (Cass. 5092/2005).
3.1.-In particolare, ha precisato la Corte, la definizione agevolata delle liti
fiscali pendenti postula l’esistenza di una lite, configurabile soltanto nel caso in
cui controversia abbia ad oggetto pretese creditorie dell’amministrazione
finanziaria ulteriori rispetto a quelle derivanti dagli elementi offerti dal
contribuente; la lite, di contro, non è configurabile allorquando la controversia,
come nel caso in questione, investa esclusivamente la correttezza di atti
liquidatori, esaurendosi nel controllo dei criteri di fissazione del quantum
dell’obbligazione, secondo gli stessi dati addotti dal debitore (Cass. 5 luglio
2011, n. 14811, la quale ha altresì precisato che, in tema di condono fiscale, non
muta la natura della cartella di atto esecutivo anche se contestualmente siano
state irrogate le sanzioni, dal momento che queste ultime ineriscono all’imposta
principale nello stesso contesto; Cass. 17 novembre 2006, n. 24489; Cass. 12
maggio 2006, n. 11082).

3.2.- E ciò soprattutto ove si consideri la regola generale secondo la quale il
condono fiscale, essendo un accertamento straordinario o eccezionale, in deroga
alle norme generali ed ordinarie, di un rapporto giuridico tributario, non è
ammissibile, in mancanza di un’esplicita disposizione legislativa, relativamente a
un ulteriore accertamento straordinario, nel quale pur sempre si risolve il
ravvedimento operoso: una diversa opzione equivarrebbe, come la Corte ha
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Angeli

errino estensore

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osservato in tema di condono su condono, ad ammettere un’eccezione di secondo
grado (Cass., sez.un., 25 luglio 2007, n. 16412).
Sul piano generale, d’altronde, le norme che disciplinano i condoni tributari,
essendo derogatorie rispetto a quelle generali dell’ordinamento tributario,
integrano sistemi compiuti di natura eccezionale, di stretta interpretazione (Cass.
20 novembre 2012, n. 21364).

4.- Passando all’esame del ricorso iscritto al numero 23603/2009, col quinto
motivo di ricorso, logicamente prodromico rispetto all’esame dei restanti,
proposto ex articolo 360, 1° comma, numero 4, c.p.c., l’Agenzia delle entrate
lamenta la nullità della sentenza per violazione dell’articolo 36, 2° comma,
numero 4, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, numero 546 e dell’articolo
118 delle disposizioni di attuazione al codice di procedura civile in
combinazione con l’articolo 132 del medesimo codice. L’ufficio si duole del
fatto che, sebbene avesse eccepito nelle controdeduzioni all’appello della società
che la cartella di pagamento era stata emessa perché la contribuente aveva
versato l’imposta con un ritardo superiore a trenta giorni e sebbene la
Commissione tributaria provinciale avesse accertato il ritardato pagamento, la
Commissione tributaria regionale si è limitata ad affermare che

«la

contribuente ha provveduto a sanare con il pagamento delle sanzioni la
tardività dei versamenti», senza dar conto del ragionamento adottato.
4.1.-11 motivo è infondato e va in quanto tale respinto.
La Corte ha già avuto occasione di rimarcare (vedi, in particolare, tra le tante,
Cass. 27 maggio 2011, n. 11710) che non adempie il dovere di motivazione il
giudice che non formuli alcuna specifica valutazione sui fatti rilevanti di causa, e
dunque non ricostruisca la fattispecie concreta ai fini della sussunzione in quella
astratta. In casi simili il sillogismo, che distingue il giudizio, finisce per esser
monco della premessa minore, e dunque necessariamente privo della conclusione
razionale.

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Angelina

tensore

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4.2.-Nel caso in questione, la Commissione tributaria regionale ha correlato
l’efficacia sanante del ravvedimento operoso alla circostanza della presentazione
della denuncia integrativa che <

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