Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17249 del 23/08/2016


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Cassazione civile sez. lav., 23/08/2016, (ud. 27/04/2016, dep. 23/08/2016), n.17249

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4064-2015 proposto da:

I.G., C.F. (OMISSIS), domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato ALBERTO CUTAIA, giusta delega

in atti;

– ricorrente –

contro

A.N.E.E. ASSOCIAZIONE NAZIONALE FAMIGLIE EMIGRATI DELEGAZIONE

REGIONALE SICILIA, P.I. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

TERENZIO 21, presso lo studio dell’avvocato FAUSTO MARIA AMATO,

rappresentata e difesa dall’avvocato CLAUDIA AMATO, giusta delega in

atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2262/2014 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 21/11/2014 r.g.n. 1276/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza de

24/04/2616 dal Consigliere Dott. LUCIA ESPOSITO;

udito l’Avvocato CUTAIA ALBERTO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FRESA Mario, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza depositata il 21/11/2014, la Corte d’appello di Palermo ha confermato la pronuncia del giudice di primo grado che aveva rigettato l’opposizione proposta da I.G. avverso l’ordinanza che aveva respinto l’impugnativa del licenziamento ex L. n. 223 del 1991 intimato al predetto dall’Associazione Nazionale Famiglie Emigranti il 27 settembre 2012. Lo I. aveva denunciato l’errore nel quale era incorso il Tribunale per avere ritenuto valido il criterio di scelta dei lavoratori da collocare in mobilità stabilito con verbale sindacale del 19/7/2012, facente riferimento all’anzianità storica senza soluzione di continuità nel comparto della formazione; aveva lamentato, altresì, il mancato integrale riconoscimento della pregressa anzianità di servizio maturata nel periodo 31 luglio – 31 dicembre 2006 alle dipendenze di altro ente di formazione (IRAPS Onlus).

2. La Corte territoriale rilevava che in tema di licenziamenti collettivi per riduzione di personale il controllo giudiziale sull’esercizio del potere di scelta dei lavoratori da licenziare poteva esercitarsi sull’avvenuto rispetto dei parametri normativi o con riferimento alla completezza, coerenza e ragionevolezza della motivazione, dovendosi escludere ogni diretta ingerenza del giudice sul merito delle scelte. Osservava che in sede di accordo tra ANFE e organizzazioni sindacali erano stati selezionati quattro criteri di scelta per individuare i lavoratori in esubero, tutti conformi ai principi di non discriminazione e di razionalità; che, in particolare, la scelta di preferire i dipendenti dotati di maggiore anzianità di servizio continuativa all’interno del comparto formazione non era irrazionale, rispondendo all’esigenza di prediligere quei lavoratori che, non avendo mai interrotto il loro rapporto professionale con il settore della formazione, avevano acquisito un più consistente bagaglio tecnico culturale rispetto a coloro che avevano vissuto un’esperienza nel comparto discontinua o temporalmente risalente, risultando il criterio di trasparente interpretazione e alieno da potenziali ingerenze datoriali. Rilevava la Corte che l’eventuale riconoscimento, ai fini del computo dell’anzianità di servizio, anche del periodo intercorso dal 31 luglio al 31 dicembre 2006 alle dipendenze di IRAP Onlus, non avrebbe consentito al reclamante di beneficiare di alcun vantaggio in termini di esclusione dalla procedura di licenziamento, stante la carenza dell’ulteriore requisito dello svolgimento della prestazione senza soluzione di continuità, tenuto conto che il contratto a tempo determinato alle dipendenze di IRAP risulta sottoscritto dieci giorni dopo la scadenza del primo contratto a tempo determinato.

3. Avverso la sentenza il lavoratore propone ricorso per cassazione sulla base di tre motivi, illustrati mediante memorie. Resiste l’ANFE con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione, falsa applicazione ed erronea interpretazione della L. n. 223 del 1991, artt. 4 e 5. Nullità della sentenza impugnata per mancanza di motivazione e/o per grave illogicità e/o contraddittorietà della motivazione. Osserva che il criterio adottato dall’ente non presenta i caratteri di non discriminazione e di razionalità che avrebbero dovuto connotare le scelte del datore di lavoro, poichè fa riferimento alla continuità del servizio piuttosto che alla maggiore o minore anzianità, senza tenere conto che, seppure non continuativa, l’anzianità di servizio del ricorrente era maggiore di quella di altri dipendenti non licenziati. Al contempo osserva che il modo di argomentare della Corte evidenzia un vizio della motivazione, non essendo state adeguatamente spiegate le ragioni secondo le quali il criterio di continuità del servizio svolto integrasse gli estremi della razionalità, obiettività e non discriminazione, posto che l’unico criterio oggettivo e razionale era quello della maggiore anzianità di servizio, senza la necessità che l’attività prestata fosse continuativa. Rileva che non era stato considerato che con l’applicazione del criterio suddetto era stata compiuta una discriminazione nei confronti del ricorrente, il quale vantava una maggiore anzianità di servizio rispetto ad altra lavoratrice.

2. Con ulteriore censura il ricorrente rilevava che, in ragione del servizio svolto con contratto a tempo determinato nel periodo agosto 2006-dicembre 2006, egli vantava un’anzianità maggiore di quella considerata, decorrente dal 10/1/2007, e che l’anzianità derivante dal suddetto periodo, secondo l’interpretazione autentica dell’art. 25, lett. D del CCNL fornita dalla Commissione Paritetica Bilaterale Nazionale in data 13/4/2008, doveva essere computata nel caso di trasformazione del rapporto di lavoro da tempo determinato in tempo indeterminato, ricomprendendo i periodi svolti alle dipendenze dello stesso datore di lavoro. Precisava che, avendo ottenuto la trasformazione da tempo determinato a tempo indeterminato del proprio rapporto di lavoro con IRAPS Onlus, ente dal quale era transitato all’ANFE a seguito di accordo sottoscritto dinanzi all’UPLMO, aveva diritto al riconoscimento ai fini giuridici ed economici del predetto periodo di lavoro, poichè nell’accordo era stato precisato che i lavoratori avrebbero mantenuto lo stato giuridico ed economico maturato alla data del trasferimento in forza del periodo prestato alle dipendenze di IRAP Onlus.

3. Con l’ultimo motivo il ricorrente osserva che il riconoscimento del servizio svolto nel periodo agosto-dicembre 2006 non può non avere conseguenze sulla complessiva anzianità di servizio, che, in ogni caso, si determina mediante la somma di ciascun periodo di lavoro, anche non continuativo. Il criterio adottato dall’ente, che ha determinato la mancata valutazione del suddetto periodo, oltre a comportare una violazione del principio di razionalità e non discriminazione, avrebbe determinato, altresì, la violazione del generale principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost..

4. Vanno superati preliminarmente i rilievi di inammissibilità formulati con il controricorso, potendosi evincere dal complessivo tenore del ricorso il contenuto delle censure esaminabili, anche in presenza dell’enunciazione cumulativa di più motivi. Ciò premesso, i motivi possono essere trattati congiuntamente in ragione dell’intima connessione. Essi involgono, sotto il profilo della violazione di legge, l’applicazione del criterio di cui alla L. n. 223 del 1991, art. 5. A tal proposito è da evidenziare che il criterio dell’anzianità in servizio senza soluzione di continuità è stato adottato con accordo sindacale, secondo le previsioni di cui al citato art. 5, comma 1. Si tratta di criterio oggettivo che trova applicazione all’intera platea di lavoratori, il che esclude in radice il carattere discriminatorio dello stesso. Neppure è ravvisabile la denunciata irrazionalità, per le ragioni evidenziate nella sentenza impugnata, nella quale è posta in rilievo la rispondenza del criterio all’esigenza di prediligere i lavoratori che, non avendo mai interrotto il loro rapporto professionale nel settore, hanno acquisito un più consistente bagaglio culturale rispetto a coloro che hanno vissuto un’esperienza nel comparto discontinua o temporalmente risalente, ancorchè quantitativamente più rilevante. E’ da rilevare che il criterio utilizzato è conforme ai parametri indicati dalla giurisprudenza di legittimità, poichè connotato dai caratteri della oggettività e verificabilità, nonchè scevro della possibilità di una valutazione di tipo discrezionale (in tal senso Cass. Sez. L, Sentenza n. 12544 del 09/06/2011, Rv. 617383: “In tema di licenziamento collettivo, i criteri di scelta dei lavoratori da collocare in mobilità, individuati dai contratti collettivi ai sensi della L. 23 luglio 1991, n. 223, art. 5devono essere, tutti ed integralmente, basati su elementi oggettivi e verificabili, in modo da consentire la formazione di una graduatoria rigida e da essere controllabili in fase applicativa, e non possono implicare valutazioni di carattere discrezionale, neanche sotto forma di possibile deroga all’applicazione di criteri in sè oggettivi. (Fattispecie in cui il criterio di scelta oggettivo, riferito al raggiungimento dei requisiti per il pensionamento di anzianità entro un dato periodo, era però integrato dalla frase “fatte salve le competenze professionali necessarie alla gestione delle aziende, da queste discrezionalmente identificate”)”; in senso sostanzialmente conforme anche Cass. sez lav. n. 19576 del 26/8/2013, rv 628268.

5. In ordine, poi, al mancato riconoscimento del servizio svolto con contratto a tempo determinato, non può assumere rilievo il citato art. 25, lett. D CCNL F.P., nè il riferimento nel contratto di assunzione al mantenimento, come data di assunzione storica nella formazione professionale, di quella del primo rapporto di lavoro stipulato con l’ente di provenienza. L’art. 25, infatti, fa riferimento alla progressione economica (come si evince dalla rubrica “trattamento economico”), in cui l’anzianità è presa in considerazione ai fini del calcolo della PEOI (progressione economica orizzontale individuale) e ha rilievo, pertanto, solo sotto il profilo economico; neppure l’indicata previsione contrattuale, pertanto, può porre in crisi l’individuazione del criterio di scelta connotato da carattere di oggettività.

5. Quanto ai rilievi attinenti alla motivazione, gli stessi si limitano evidenziare profili di presunta illogicità o contraddittorietà (in relazione al criterio di scelta adottato), senza enunciare l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, secondo quanto imposto dalla nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5. Pertanto devono ritenersi inammissibili.

6. In base alle svolte argomentazioni il ricorso va integralmente rigettato. Le spese di giudizio seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore di A.N.F.E. delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 4.100,00, di cui Euro 4.000,00 per compenso professionale, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 27 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 23 agosto 2016

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