Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17248 del 12/07/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 5 Num. 17248 Anno 2013
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: CHINDEMI DOMENICO

SENTENZA
sul ricorso 29766-2008 proposto da:
CASELLA ANGELO, elettivamente domiciliato in ROMA VIA
PACUVIO 34, presso lo studio dell’avvocato ROMANELLI
GUIDO, che lo rappresenta e difende unitamente
all’avvocato DE PAZ GINO giusta delega in calce;
– ricorrente 2013
1903

contro
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI GENOVA 1 in
persona del Direttore pro tempore, elettivamente
domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta

Data pubblicazione: 12/07/2013

e difende ope legis;

controricorrenti

avverso la sentenza n. 64/2007 della COMM.TRIB.REG.
di GENOVA, depositata il 07/12/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

CHINDEMI;
udito per il ricorrente l’Avvocato LORENZO ROMANELLI
delega Avvocato GUIDO ROMANELLI che ha chiesto
l’accoglimento e in riferimento al 3 ° motivo
remissione atti alla Corte Costituzionale;
udito per il controricorrente l’Avvocato CAPOLUPO che
ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udienza del 30/05/2013 dal Consigliere Dott. DOMENICO

(omplel,tre
R.G.29766/2008
Fatto
La Commissione tributaria regionale della Liguria, con sentenza n. 64/07/07, depositata il
7.12.2007, confermava la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Genova n.
77/05/204 confermava la legittimità dell’avviso di liquidazione e irrogazioni sanzioni relativamente
all’imposta dovuta per la successione di Ester Rossini a causa del mancato riconoscimento di

Proponeva ricorso per cassazione il contribuente deducendo i seguenti motivi:
a) violazione e falsa applicazione dell’art. 33 D.Igs 346/1990, in relazione all’art. 360, n, 3, c.p.c.,
rilevando il difetto di motivazione dell’avviso di liquidazione che avrebbe censurato la ragione della
pretesa in relazione alla lettera b del comma 2 dell’rt. 33 cit. , anziché ai sensi della lettera a)
b) violazione e falsa applicazione dell’art. 23 D.Igs 346/1990, in relazione all’art. 360, n, 3, c.p.c.
rilevando la inapplicabilità del termine decadenziale di tre anni dall’apertura della successione per
l’esistenza di debiti deducibili, applicabile solo al caso della mancata indicazione in dichiarazione;
c) violazione e falsa applicazione dell’art. 32 D.Igs 346/1990, in relazione all’art. 360, n, 3, c.p.c. in
quanto l’Ufficio, in caso di mancata allegazione dei documenti, avrebbe dovuto assegnare al
contribuente un termine per la regolarizzazione;
d) violazione e falsa applicazione dell’art. 32 D.Igs 346/1990, in relazione all’art. 360, n, 3, c.p.c.
rilevando come , a fronte di una dichiarazione di successione irregolare per la mancanza di
documentazione l’Ufficio avesse il dovere di invitare l’erede dichiarante a provvedere nel termine
di 60 gg. alla regolarizzazione della dichiarazione con la produzione della documentazione e, in
mancanza la dichiarazione deve considerarsi omessa con conseguente applicazione dell’art. 35 T.U;
e) questione di illegittimità costituzionalità del terzo comma dell’art. 35 D.Igs 346/1990 n. 346 per
violazione dell’art. 3 Cost. laddove non prevede che il termine di sei mesi decorrente dalla notifica
dell’avviso di accertamento e liquidazione, concesso al’erede che abbia omesso la dichiarazione di
successione o abbia presentato una dichiarazione nulla o irregolare, non regolarizzata nel termine di
cui al primo comma dell’art. 23 del T.U., sia applicabile anche a favore dell’erede che abbia
presentato la dichiarazione tardivamente;
f) questione di illegittimità costituzionalità della seconda parte del primo comma dell’art. 32 D.Igs
346/1990 n. 346 per violazione dell’art. 97 Cost. laddove prevede che la concessione all’erede che
abbia presentato una dichiarazione irregolare, del termine di sessanta giorni, decorrente dall’avviso
dell’Ufficio, per procedere alla regolarizzazione di detta dichiarazione, sia oggetto di un potere

passività ereditarie.

discrezionale dell’Ufficio stesso, anziché di un suo dovere, idoneo ad assicurare l’imparzialità della
P.A.;
g) violazione e falsa applicazione del’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia sulla eccezione proposta
dal ricorrente e rilevabile d’ufficio in ordine alla illegittimità della sanzione applicabile in
riferimento all’art. 50 D.lgs 346/1990;
h) violazione e falsa applicazione dell’art. 50 D.Igs 346/1990, in relazione all’art. 360, n, 3,
c.p.c.per omessa pronuncia sulla sanzione applicabile senza considerare che detta norma, ratione

tardività;
L’agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso. Il contribuente presentava memoria.
11 ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 30.5.2013, in cui il PG ha concluso come in
epigrafe.
Motivi della decisione
1. La censura relativa al mancato riconoscimento da parte del giudice di merito del difetto di
motivazione dell’avviso impugnato è infondata.
Il vizio dedotto, per espressa ammissione del ricorrente, risulta dedotto non nel ricorso introduttivo
ma nella memoria in data 23.4.2004 (pag. 6 ricorso, ultimo rigo) ed è, pertanto tardivo, come anche
ritenuto dal giudice di primo grado.
Le eventuali lacune del ricorso non possono essere emendate ex post con le difensive depositate
dalla ricorrente ai sensi dell’art. 378 c.p.c., che hanno la sola funzione di illustrare i motivi del
ricorso, e non sono pertanto idonee a far venire meno una causa di inammissibilità dei motivi stessi,
sostituendosi, “quoad effectum”, ad essi (cfr.Corte cass. III sez. 7.4.2005 n. 7260; id. 111 sez.
29.3.2006 n. 7237.
Le memorie sono destinate esclusivamente ad illustrare ed a chiarire i motivi della impugnazione
ovvero alla confutazione delle tesi avversarie, ma non possono essere dedotte nuove censure ne’
venire sollevate questioni nuove, che non siano rilevabili d’ufficio, e neppure può venir specificato,
integrato o ampliato il contenuto dei motivi originari del ricorso
Il motivo è anche inammissibile per la inesatta formulazione del quesito non essendo , dovendo il
ricorrente dedurre la violazione dell’art. 24 D.Igs 546/1992 in tema di motivi aggiunti.
Peraltro il motivo è anche infondato nel merito in quanto l’art. 33 D.Igs 346/1990 prevede
l’esclusione delle passività indicate nella dichiarazione di successione per le ragioni esplicitate nelle
lettere a), b) e c) del comma 2 del cit. art. 33 e trattandosi di passività escluse per difetto dei
presupposti di legge è sufficiente la indicazione, anche generica della violazione nell’avviso di
liquidazione, consentendosi al contribuente la possibilità di difesa in giudizio.
2

temporis, si riferisce al solo caso di omissione della dichiarazione e non anche al caso della sua

2. Anche il secondo motivo va disatteso.
Il termine decadenziale di tre anni dall’apertura della successione per l’esistenza di debiti
deducibili, ancorchè non indicati in dichiarazione, è applicabile in via generale e non solo nel caso
della mancata indicazione in dichiarazione di quei debiti in quanto l’art. 23 T.0 non concerne la
deducibilità delle passività solamente dei debiti mai indicati in dichiarazione, non evincendosi tale
indicazione dalla normativa di riferimento.
Questa Corte ha già affermato, al riguardo che “il termine perentorio di tre anni previsto dall’art. 23

dimostrazione delle passività, al di fuori della regola secondo cui le stesse debbono essere dedotte
e dimostrate fino alla presentazione della dichiarazione di successione, si riferisce
inequivocabilmente non solo alle passività non indicate nella denunzia, ma anche a quelle già
indicate, la cui deduzione è quindi subordinata a prove predeterminate da produrre entro termini
decadenziali, senza che assuma alcun rilievo la possibilità, prevista dall’art. 30, comma quinto,
d’invitare il contribuente ad integrare la dichiarazione, trattandosi di una mera facoltà dell’Ufficio,
il cui esercizio presuppone comunque l’esistenza di una “semiplena probatio”.

(Cass. Sez. 5,

Sentenza n. 11147 del 15/05/2006)
3. 11 terzo e quarto motivo, esaminati congiuntamente in quanto logicamente connessi, vanno
rigettati
Entrambi i motivi sono inammissibili
A fronte della mancanza di documentazione giustificativa delle passività dichiarate , l’Agenzia ha
proceduto correttamente alla liquidazione della maggiore imposta dovuta sulla base della
dichiarazione presentata dal contribuente, ai sensi dell’art. 33 T.U.
Il disconoscimento di passività meramente indeducibili, ma esistenti, deve essere compiuto
dall’Amministrazione finanziaria, ai sensi dell’art. 33 comma secondo, d.lgs. n. 346 del 1990,
nell’esercizio dei suoi poteri di liquidazione dell’imposta in base alla dichiarazione e non con lo
strumento dell’avviso di rettifica e liquidazione di maggiore imposta, regolato dall’art. 34 del
medesimo d.lgs., per la diversa ipotesi di dichiarazione incompleta o infedele (Cass. Sez. 5,
Sentenza n. 24548 del 26/11/2007)
L’agenzia delle Entrate, a fronte della completa assenza di qualsivoglia giustificazione delle
passività solamente dichiarate ha correttamente effettuato un’attività liquidatoria della maggiore
imposta dovuta sulla base della stessa dichiarazione presentata dal contribuente.
4. Le dedotte censure di illegittimità costituzionale di cui ai motivi 5 e 6 sono inammissibili non
risultando dedotta alcuna censura ai sensi dell’art. 360 c.p.c.

3

del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, costituendo un limite inderogabile al potere di deduzione e

Infatti anche nel caso di declaratoria di incostituzionalità della normativa indicata

entrambi i

motivi di ricorso dovrebbero essere dichiarati inammissibile per la mancata specificazione dei
motivi e delle norme.
Ai fini dell’ammissibilità del ricorso per cassazione, seppure l’indicazione delle norme che si
assumono violate non si pone come requisito autonomo ed imprescindibile, occorre comunque tener
presente che si tratta di elemento richiesto allo scopo di chiarire il contenuto delle censure formulate
e di identificare i limiti dell’impugnazione. Ne consegue che la mancata indicazione delle

argomenti addotti non consentano di individuare le norme e i principi di diritto di cui si denunci la
violazione.
Medesime considerazioni valgono anche nel caso di deduzione di censure di illegittimità
costituzionale ove non si indichino i motivi di ricorsi e le censure alla sentenza impugnata nel caso
di accoglimento dell’eccezione di costituzionalità da parte della Consulta.
Peraltro entrambe le eccezioni non meritano accoglimento.
Non è irragionevole riconoscere solamente all’erede che abbia omesso la dichiarazione di
successione o abbia presentato una dichirazione di successione irregolare o nulla, il termine
semestrale per la dimostrazione della sussistenza della passività e per la spettanza di deduzioni e
detrazioni e non riconoscerlo, invece, all’erede che abbia presentato una dichirazione di successione
tardiva.
La questione non è, peraltro, rilevante ai fini del presente giudizio in quanto l’Agenzia delle Entrate
non ha effettuato alcuna attività accertativa ai sensi dell’art. 35 T.U. e non rileva quindi
l’applicazione del terzo comma del citato articolo.
Anche la censura di incostituzionalità dedotta col sesto motivo è manifestamente infondata essendo
demandato al legislatore riservare alla Amministrazione l’esercizio del potere discrezionale ove,
come nel caso di specie, non incida sulla imparzialità della stessa e non si traduca in un mero
arbitrio, ben potendo l’invito alla regolarizzazione della dichiarazione del contribuente essere
oggetto di mera facoltà e non di obbligo da parte della A.F. , non violandosi alcuno dei principi
dell’azione amministrativa.
5. in relazione al settimo e ottavo motivo, esaminati congiuntamenti in quanto rappresentanti le
medesime censure sotto diversi profili (il settimo quale omessa pronuncia e l’ottavo quale
violazione di legge) sono entrambi inammissibili per mancanza di autosufficienza, non avendo
allegato il ricorrente l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di primo grado, onde
dar modo alla Corte di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel
merito la questione stessa. (Cass. Sez. 3, 20/10/2006, n. 22540)
4

disposizioni di legge può comportare l’inammissibilità della singola doglianza, qualora gli

CS.NTEfl
AI SF,r;, :.
N. 131 1
MATE;,

REGisTR.AzioNE
_ N.5
1dA

Sussiste, infatti, il difetto di autosufficienza, se vengono sottopongono all’esame del Giudice di
legittimità questione nuove non esaminate dai giudici di merito se non risulta dalla sentenza
impugnata che la parte abbia formulato le relative questioni con il ricorso introduttivo, né -ove
l’avesse proposte- che abbia “riproposto” tali questioni davanti al giudice di appello.
Va, conseguentemente, rigettato il ricorso con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del
giudizio di legittimità.
PQM

liquida in €.4.000 per compensi professionali, oltre alle spese prenotate a debito
Così deciso in Roma, il 30.5.2013

Rigetta il ricorso, condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA