Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17246 del 22/07/2010

Cassazione civile sez. II, 22/07/2010, (ud. 16/06/2010, dep. 22/07/2010), n.17246

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – rel. Presidente –

Dott. MENSITIERI Alfredo – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto l’1 marzo 2005 da:

Betulla s.n.c. (già Betulla S.r.l.) – in persona dell’amministratore

Sig. A.L.1 – rappresentata e difesa in virtù di

procura speciale a margine del ricorso dall’avv. MANFREDINI Domenico

Paolo del foro di Verbania ed elettivamente domiciliata in Roma, alla

Via degli Scipioni, n. 94, int. 8, presso l’avv. Giovanna Fiore;

– ricorrente –

contro

Condominio

(OMISSIS) – in persona dell’amministratore P.G.

rappresentato e difeso in virtù di procura a margine del

controricorso dall’avv. CROCE Gianni del foro di Vercelli e dall’avv.

Epifanio Ales, presso il quale è elettivamente domiciliato in Roma,

alla via della Meloria, n. 81;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Torino n. 1710 del 25

ottobre 2004 – notificata il 7 febbraio 2005.

Udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 16

giugno 2010 dal Presidente Dott. Massimo Oddo;

udito per il ricorrente l’avv. Giovanna Fiore;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato il 22 marzo 1999, la condomina Betulla S.r.l.

convenne il Condominio (OMISSIS) davanti al Tribunale di Vercelli e domandò la declaratoria di nullità e/o l’annullamento della Delib. 30 gennaio 1999, nella parte in cui l’assemblea del condominio aveva, tra l’altro, disconosciuto il suo credito verso il condominio di L. 101.732,654 per una eccedenza di oneri versati. Si costituì il Condominio, resistendo alla domanda, ed il Tribunale con sentenza del 19 luglio 2003 annullò la delibera impugnata e condannò il Condominio a restituire Euro 52.540,53 alla società Betulla. La decisione, gravata dal Condominio, e in via incidentale dalla società, venne riformata il 25 ottobre 2004 dalla Corte di appello di Torino, che rigettò la domanda della Betulla, osservando che la sua pretesa non era sostenuta da sufficiente materiale probatorio. La Betulla è ricorsa per la cassazione della sentenza con tre motivi, illustrati da successiva memoria, ed il Condominio ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, il ricorso denuncia la nullità della sentenza impugnata, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, per violazione degli artt. 1988 e 2697 c.c., ed insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo, avendo escluso che le ricevute di versamento prodotte in giudizio dispensassero la società dal fornire ulteriore prova del credito vantato, benchè l’art. 1988 c.c., disponga che “la ricognizione di debito dispensa colui a favore del quale è fatta dall’onere di provare il rapporto fondamentale. L’esistenza di questo si presume sino a prova contraria” ed il Condominio non avesse disconosciuto la sottoscrizione delle ricevute da parte del suo cessato amministratore.

Il motivo è in parte inammissibile ed in altra fondato.

La quietanza costituisce la prova della ricezione di un pagamento rilasciata dal creditore al debitore (cfr.: art. 1199 c.c.) e non la ricognizione di un debito che fa presumere sino a prova contraria il rapporto fondamentale e dispensa colui a favore del quale è fatta dall’onere di provare il rapporto stesso.

Privo di pertinenza è, quindi, il richiamo a detta presunzione per evidenziare un vizio di legittimità della pronuncia, che non ha in alcun modo investito il rapporto a fondamento del rilascio delle quietanze, ma l’efficacia delle stesse a documentare i pagamenti.

Non è ravvisabile, invece, una violazione dell’onere della prova nella corretta applicazione ai fini del giudizio del principio (cfr.:

Cass. civ., sez. L, sent. 12 maggio 2008, n. 11674; Cass. civ., sez. li, sent. 1 luglio 1996, n. 5958) che il riconoscimento tacito di una scrittura privata ai sensi dell’art. 215, c.p.c., al pari della sua verificazione, attribuisce alla scrittura (nella specie: quietanza) il valore di piena prova fino a querela di falso, secondo quanto dispone l’art. 2702 c.c., della sola provenienza della stessa da chi ne appare come sottoscrittore e non anche della veridicità delle dichiarazioni in essa rappresentate e che, conseguentemente, il contenuto di queste ultime può essere contestato dal sottoscrittore con ogni mezzo di prova, entro i limiti di ammissibilità propri di ciascuno di essi.

Con il secondo motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, per violazione dell’art. 1130 c.c., ed insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo, atteso che la conferma dei versamenti della società da parte del cessato amministratore, benchè avesse un interesse contrario ad attestare il contenuto delle quietanze, ed il riscontri di essi menzionati in un allegato da lui sottoscritto non potevano essere disattesi sul solo rilievo dell’incompletezza, mancanza di prova e contraddittorietà dei riscontri di essi con le emergenze processuali.

Il motivo è inammissibile.

Il richiamo alla violazione dell’art. 1130 c.c., che elenca le attribuzioni dell’amministratore del condominio, non è conferente all’apprezzamento di merito in concreto censurato ed è del tutto generica censura alla motivazione della sentenza, giacchè non contiene alcuno specifico riferimento al testo della decisione impugnata. Con il terzo motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, per insufficiente e contraddittoria motivazione circa il punto decisivo della controversia della “contraddittorietà delle ulteriori affermazioni contenute nella ricevuta”, avendo escluso la riferibilità delle quietanze a pagamenti della società per la sola circostanza che questi erano stati effettuati mediante assegni tratti dallo stesso cessato amministratore su un c/c della società ovvero su un c/c a lui intestato, relativamente al quale sussisteva la prova (ordine di incasso alla banca; distinta delle somme richiesta ad uno dei conduttori; deposizione del cessato amministratore) che in esso confluivano i canoni di locazione delle unità immobiliari dell’edificio condominiale di cui la società era proprietaria.

Il motivo è infondato.

La sentenza, premesso che la medesima società, onerandosi della relativa prova, aveva allegato a sostegno della veridicità delle quietanze l’emissione di assegni tratti dal cessato amministratore e che erano emerse indubbie cointeressenze tra la società ed il traente, essendo stata una parte dei titoli emessa su di un c/c intestato alla prima ed al tra parte su di un c/c intestato al secondo, sul quale la società aveva asserito che confluivano esborsi dei propri conduttori, ha osservato che, in assenza anche di una precisa contabilità che desse conto delle somme dovute da ciascuno dei condomini, le quietanze rilasciate alla società dal traente- amministratore a fronte degli assegni da lui stesso emessi non costituivano prova esauriente nè dell’emissione dei titoli per conto della società e nè dell’acquisizione della loro valuta da parte del Condominio e che, considerato l’evidente rapporto omnicomprensivo che aveva legato il cessato amministratore alla maggiore condomina, la prova non poteva essere rappresentata dalla sola affermazione del primo che le somme degli assegni da lui emessi erano state utilizzate per pagamenti di debiti condominiali.

Tale osservazione non è insufficiente a sorreggere la pronuncia, considerata anche l’inammissibilità del riferimento della ricorrente al mancato esame di documenti dei quali non è specificato il tempo della produzione ed il tenore letterale, e non è carente di logicità, sostanziandosi nel rilievo che la “cointeressenza” tra la società ed il cessato amministratore non consentivano di attribuire, in difetto di una regolare contabilità dell’attività da quest’ultimo lui svolta nella sua duplice veste di mandatario sia della società che dei condomini la sicura riferibilità al Condominio degli importi che avevano giustificato l’emissione delle quietanze.

Il motivo di ricorso si risolve, quindi, in una critica alla valutazione dei mezzi di prova che esula dal sindacato di legittimità, attenendo al potere discrezionale del giudice di merito.

All’inammissibilità o infondatezza dei motivi seguono il rigetto del ricorso e la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, che liquida in Euro 2.500,00, di cui Euro 200,00 per spese vive, oltre spese generali, I.V.A., C.P.A. ed altri accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2010

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