Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17244 del 22/08/2016


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Cassazione civile sez. lav., 22/08/2016, (ud. 07/06/2016, dep. 22/08/2016), n.17244

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MACIOCE Luigi – Presidente –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15298-2011 proposto da:

A.G. C.E. (OMISSIS), elettivamente omiciliato in ROMA,

LARGO GOLDONI 47, presso lo studio dell’avvocato NICOLO’ ETTORE

ZITO, rappresentato e difeso dagli avvocati PIER FRANCESCO ANGELINI

e ROBERTO BOTTONI, giusta delega in atti;

– ricorrente –

nonchè contro

AZIENDA SANITARIA LOCALE (OMISSIS) TORINO (quale incorporante la

cessata A.S.L. (OMISSIS) di Pinerolo) C.F. (OMISSIS);

– intimata –

Nonchè da:

– ASL TO (OMISSIS) (già incorporante la A.S.L. (OMISSIS) Pinerolo)

C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore Generale pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DEI BASTIONI DI

MICHELANGELO 5/A, presso lo studio dell’Avvocato VINCENZO DIURNI,

rappresentata e difesa dall’Avvocato GIORGIO PIACENTINO, giusta

delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

nonchè contro

A.G. C.F. (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 30/2011 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 17/02/2011 R.G. N. 1375/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/06/2016 dal Consigliere Dott. BOGHETICH ELENA;

udito l’Avvocato RAFFAELLA DE ANGELIS per delega orale PIER FRANCESCO

ANGELINI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO Rita, che ha concluso per raccoglimento del ricorso

principale, per il rigetto del ricorso incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza depositata il 17.2.2011 la Corte d’appello di Torino accoglieva il gravame interposto dalla ASL TO (OMISSIS) (incorporante la cessata ASL (OMISSIS) Pinerolo) contro la pronuncia del Tribunale di Pinerolo che aveva accolto la domanda intesa ad ottenere la condanna dell’azienda ospedaliera ad erogargli gratuitamente la terapia nota come metodo Dikul, ossia un metodo di rieducazione motoria intensa, continuativa e personalizzata – conosciuta anche con l’acronimo R.I.C. – per soggetti colpiti da lesioni midollari, eseguita presso un centro specializzato (il Centro Giusti di Firenze).

La Corte torinese respingeva la domanda di A.G. di erogazione gratuita della terapia rilevando, a seguito di rinnovazione di C.T.U., la mancanza di validazione scientifica della terapia e, quindi, l’insussistenza del requisito richiesto dalla L. n. 502 del 1992, art. 1, comma 7, per la somministrazione a carico del Servizio Sanitario Nazionale.

Per la cassazione della sentenza emessa dalla Corte territoriale ricorre A.G. affidandosi a quattro motivi.

L’ASL TO (OMISSIS) resiste con controricorso e a sua volta spiega ricorso incidentale basato su sei motivi, cui il ricorrente principale resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente principale lamenta violazione dell’art. 112 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) avendo, la Corte territoriale, disposto C.T.U. per accertare l’efficacia, sulla base delle evidenze scientifiche disponibili, della terapia suscettibile di erogazione da parte del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) nonostante tale profilo non fosse oggetto di motivo di gravame da parte della ASL. (OMISSIS). La stessa doglianza viene fatta valere, in sostanza, anche con il secondo motivo, rilevandosi, in particolare, che il C.T.U. nominato dalla Corte territoriale non ha valutato la documentazione inviata allo stesso dal CTP di A. nè ha contattato lo stesso CTP, producendo documentazione inconferente, comprensiva altresì di una interrogazione parlamentare.

3. Con il terzo ed il quarto motivo parte ricorrente deduce vizio di motivazione avendo, la Corte, consentito il deposito della relazione peritale, peraltro scarna, senza che si fosse svolto un minimo contraddittorio tra C.T.U. e CTP o chiesto chiarimenti al Centro specializzato che eroga la terapia o effettuato visite a pazienti che hanno usufruito di tale terapia o interpellato le ASL che erogano il trattamento o, come ritenuto da alcune pronunce della giurisprudenza di legittimità, valutato l’incidenza della pratica terapeutica sulle condizioni di vita dell’ A..

4. Con il ricorso incidentale, peraltro condizionato all’accoglimento dei motivi del ricorso principale, la ASL ha dedotto vizi di motivazione concernenti l’omessa pronuncia sulla indeterminatezza della domanda circa la durata della terapia, sugli specifici benefici tratti dall’ A. e causalmente ricollegabili alla terapia Dikul, sulla indimostrata necessità di proseguire la terapia presso il Centro specializzato (avendo, il C.T.U. nominato in primo grado, rilevato esclusivamente un beneficio di natura psicologica), l’indeterminatezza dell’eventuale obbligo di erogazione gratuita della terapia, della sua intensità e dell’impegno finanziario eventualmente assunto dalla ASL.

5. I primi due motivi del ricorso principale sono strettamente connessi tra loro in quanto sottopongono a questa Corte il vizio di ultrapetizione (art. 112 c.p.c.) per avere la Corte territoriale esteso la propria cognizione su un punto rimasto estraneo al thema decidendum, quale delimitato dall’ambito dell’impugnazione (non avendo, l’appellante, contestato l’accertamento medico – legale di cui alla c.t.u. espletata in primo grado).

I motivi non meritano accoglimento.

La lettura delle argomentazioni esposte nell’atto di appello – trattandosi in tal caso della denuncia di un error in procedendo, che attribuisce alla Corte di Cassazione il potere – dovere di procedere direttamente all’esame ed all’interpretazione degli atti processuali e, in particolare, delle istanze e deduzioni delle parti (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 17109/2009, 11755/2004, 254/2006, 409/2006) – dimostra che la ASL TO (OMISSIS) ha concentrato le sue censure anche sulle risultanze della relazione peritale del C.T.U. a cui aveva fatto riferimento il giudice di primo grado, criticando in particolare la valutazione dei meri miglioramenti psicologici ottenuti dall’ A. con la terapia Dikul e rilevando la carenza di valutazione comparata tra l’efficacia della terapia ed i risultati ottenibili con i trattamenti erogati dal SSN sulla patologia sofferta dall’ A. (secondo e terzo motivo di appello).

Ebbene, se è pur vero che in tema di consulenza tecnica d’ufficio, il principio secondo il quale rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito valutare l’opportunità di rinnovare le indagini peritali va coordinato con il principio dell’effetto devolutivo dell’appello, sicchè, qualora l’appellante non abbia censurato la consulenza tecnica d’ufficio svolta in primo grado e anzi ne abbia posto le risultanze a fondamento del gravame, incorre nel vizio di ultrapetizione il giudice di appello che disponga la rinnovazione delle operazioni peritali, derivandone la nullità della nuova consulenza e della sentenza che vi aderisca (ass. n. 14338/2012), nel caso di specie risulta che la ASL appellante aveva prospettato motivi specifici attinenti ai benefici conseguiti dall’ A. con la terapia Dikul e all’omessa valutazione di trattamenti efficaci erogati dal SSN.

La Corte territoriale non ha, quindi, esteso il thema decidendum a questioni che non erano interessate dai motivi di gravame.

6. Il terzo motivo ed il quarto motivo di ricorso sono infondati.

Questa Corte ha già avuto modo di enunciare il principio – proprio con riguardo alla terapia Dikul – secondo cui, in tema di erogazione da parte del SSN di cure tempestive non ottenibili dal servizio pubblico, il relativo diritto, allorquando siano prospettati motivi di urgenza suscettibili di esporre la salute a pregiudizi gravi ed irreversibili, deve essere accertato in base ai presupposti richiesti dalla disciplina dettata in materia sanitaria dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 1, (nel testo modificato dal D.Lgs. 19 giugno 1999, n. 229, art. 1, applicabile ratione temporis).

In altre parole, la discrezionalità della pubblica amministrazione nel valutare sia le esigenze sanitarie di chi chieda una prestazione del SSN, sia le proprie disponibilità finanziarie, viene meno quando l’assistito chieda il riconoscimento del diritto all’erogazione di cure tempestive non ottenibili dal servizio pubblico, facendo valere una pretesa correlata al diritto alla salute, per sua natura non suscettibile di affievolimento. L’erogazione di tali cure a carico del SSN non dipende dalla mera scelta dell’assistito, atteso che, in virtù del principio di efficacia enunciato dalla normativa, i benefici conseguibili con la prestazione richiesta devono essere posti a confronto con l’incidenza della pratica terapeutica sulle condizioni di vita del paziente, dovendosi considerare in particolare – in relazione ai limiti temporali del recupero delle capacità funzionali – la compromissione degli interessi di socializzazione della persona derivante dalla durata e gravosità dell’impegno terapeutico.

In particolare, la valutazione espressa dal giudice di merito deve tenere presente il principio di appropriatezza fissato dalla norma di legge, in relazione al quale deve essere operato anche il giudizio di efficacia. Il principio suddetto richiede necessariamente un confronto tra i risultati positivi della cura e gli eventuali riflessi negativi della terapia stessa sulle condizioni di vita del paziente (cfr. Cass. nn. 20085/2015, 7279/2015, 18676/2014, 17541/2011, 10692/2008).

Ciò premesso, l’impugnata sentenza, partendo dal D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 1, comma 7, ha ritenuto – alla luce della c.t.u. svolta – che la terapia RIC non soddisfa il requisito, richiesto dalla norma, delle “evidenze scientifiche di un significativo beneficio in termini di salute, a livello individuale o collettivo, a fronte delle risorse impiegate”.

Invero, secondo il testo normativo, le condizioni di efficacia ed appropriatezza della cura nei confronti del singolo paziente presuppongono, come requisito prodromico, le “evidenze scientifiche” sui benefici apportati alla salute. Il tenore lessicale del comma 7 in esame, è chiaramente intellegibile nel senso di porre, quale requisito imprescindibile ai fini della erogazione dal parte del SSN, la necessità della ricorrenza di “evidenze scientifiche” della terapia o cura richiesta, e, in presenza di tale requisito, vengono escluse le cure che non si dimostrano efficaci ed appropriate al singolo caso. Ai fini dell’erogazione della terapia da parte del SSN, si tratta, insomma, di due requisiti concorrenti che appaiono coniugare ragionevolmente le diverse esigenze, concernenti la sfera della collettività e la tutela individuale, che il giudice delle leggi ha più volte rammentato con riguardo al diritto alla salute: da una parte, i condizionamenti derivanti dalle risorse finanziarie di cui lo Stato dispone per organizzare il Servizio sanitario, dall’altra il nucleo irriducibile del diritto alla salute come ambito inviolabile della dignità umana (cfr. Corte Cost. nn. 354/2008, 432/2005, 252/2001, 509/2000, 309/1999).

Ebbene, la Corte, con motivazione immune da vizi logico – giuridici, ha rilevato che non vi sono evidenze scientifiche atte a comprovare la validità della terapia Dikul (o R.I.C.) ed ha pertanto escluso l’erogabilità da parte del SSN, diventando, ultroneo accertare i riscontri di efficacia sulle condizioni di vita del paziente.

Le contrarie argomentazioni svolte in ricorso scivolano sul piano della delibazione in punto di fatto, estranea a questa sede ed inammissibile.

7. Il ricorso incidentale proposto dalla ASL, essendo condizionato, è assorbito.

8. In conclusione, il ricorso principale va rigettato, assorbito il ricorso incidentale. Le spese di lite seguono il criterio della soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale. Condanna il ricorrente a rimborsare le spese del giudizio al controricorrente, liquidate in Euro 100,00 per esborsi ed Euro 3.000,00 per compensi professionali oltre spese generali al 15% ed interessi di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 7 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 agosto 2016

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