Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17238 del 18/08/2020

Cassazione civile sez. I, 18/08/2020, (ud. 30/06/2020, dep. 18/08/2020), n.17238

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – rel. Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 32314/2018 proposto da:

S.M., rappresentato e difeso, giusta procura speciale

allegata al ricorso, dall’Avvocato Manuela Agnitelli, presso il cui

studio è elettivamente domiciliato in Roma, al Viale Giuseppe

Mazzini n. 6;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), in persona del Ministro pro-

tempore;

– intimato –

avverso il decreto del Tribunale di Roma n. 13760/2018, depositato

l’1/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30 giugno 2020 dal Consigliere Dott.ssa Irene Scordamaglia.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. S.M. ha impugnato dinanzi al Tribunale di Roma il provvedimento con il quale la Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ha respinto la sua richiesta di protezione internazionale, nelle forme del riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria.

Il ricorrente, cittadino (OMISSIS), aveva narrato di essere fuggito dalla regione di (OMISSIS), perchè coinvolto in atti di violenza verificatisi nel 2012, nel corso di scontri politico-elettorali.

2. Con il decreto impugnato, il Tribunale adito ha rigettato il ricorso, negando la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento delle forme di protezione invocate. In particolare, ha evidenziato come i fatti narrati dal richiedente, ancorchè veridici, non possedessero i requisiti per potere essere inquadrati nè negli atti di persecuzione politica, nè in quelli suscettibili di esporlo ad uno dei danni gravi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b): infatti, la temuta reazione dello Stato (OMISSIS), in caso di suo rimpatrio, oltre ad essere del tutto legittima, essendosi egli reso artefice di comportamenti di rilievo penale, non poteva dirsi caratterizzata da espressioni di rigore sanzionatorio o penitenziario in contrasto con i diritti umani fondamentali, posto che le attendibili fonti qualificate compulsate, oltre a dare atto dell’abolizione in (OMISSIS) della pena di morte, registravano criticità solo nel trattamento riservato agli indiziati o imputati di reati di terrorismo. Ha, inoltre, escluso che in (OMISSIS), sua regione di provenienza, sussistesse una situazione di violenza generalizzata derivante da conflitto armato, tanto desumendosi dalle aggiornate, plurime, qualificate fonti interrogate. Ha, infine, motivato il diniego di protezione umanitaria, rilevando come il postulante non avesse specificamente allegato nè situazioni denotanti ragioni di fragilità individuale atte a comportare, in caso di rimpatrio, la violazione di diritti primari, nè elementi atti a consentire una valutazione della sua raggiunta integrazione sociale nel paese ospitante, così che era impedito il richiesto apprezzamento comparativo tra la prima e la seconda.

3. Il ricorso per cassazione è affidato ad un solo motivo, di seguito dettagliatamente illustrato.

4. L’intimata Amministrazione dell’Interno ha depositato atto di costituzione, ma non ha sviluppato difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il motivo di ricorso formulato denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3 e art. 14, lett. b) e c), e artt. 1, 3, 6, e 18 CEDU e rileva la contraddittorietà della motivazione ostesa a sostegno della richiesta protezione sussidiaria, perchè il Tribunale, dapprima, aveva riconosciuto la veridicità di quanto raccontato dal richiedente protezione e, poi, aveva negato che questi potesse incorrere negli stessi trattamenti inumani riservati ai suoi compagni coinvolti negli scontri e negli atti di violenza del 2012; trattamenti carcerari, qualificati come non rispondenti agli standards umanitari da autorevoli fonti internazionali ufficiali delle quali il Tribunale non aveva tenuto conto. Nondimeno, ben diverso avrebbe potuto essere il giudizio espresso dallo stesso Tribunale in ordine alla situazione di violenza generalizzata esistente in (OMISSIS), se solo il decidente avesse esteso lo spettro del proprio accertamento officioso (da esplicare ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3).

2. Il motivo è inammissibile.

2.1. La ratio decidendi del diniego, nei confronti del richiedente, della protezione sussidiaria nelle forme di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b) e c), si rinviene nella esclusione sia di profili di inumanità dell’eventuale reazione che le Autorità (OMISSIS) potrebbero attuare nei confronti del richiedente medesimo – in risposta alle condotte di violenza da lui tenute nel 2012, sanzionate penalmente – in caso di rimpatrio, sia di una situazione di violenza generalizzata derivante da conflitto armato presente nella regione di (OMISSIS): tanto essendo attestato da aggiornate, plurime e qualificate fonti di informazione sul (OMISSIS) compulsate dal Tribunale.

2.2. Le deduzioni articolate dal ricorrente in punto di valutazione delle dichiarazioni del richiedente ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, sono, dunque, generiche, avendo il Tribunale puntualmente adempiuto a quanto richiesto dalla norma evocata.

2.3. Peraltro, sia l’esclusione nel sistema penale e penitenziario (OMISSIS) di trattamenti inumani nei confronti degli imputati o condannati di reati comuni, sia dell’esistenza in (OMISSIS) e nella regione di (OMISSIS) in particolare, di una situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, è frutto di un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, che non è suscettibile di essere posto in discussione mediante il mero richiamo a fonti diverse rispetto a quelle tenute in considerazione dal giudice censurato, ove, come nel caso di specie, sia stato condotto in conformità ai parametri di legge (D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3) e con completezza e plausibilità di argomentazione: vengono in rilievo, infatti, censure non consentite nel giudizio di legittimità in quanto dirette a sollecitare una riedizione del giudizio di merito in ordine ai paventati rischi in caso di rientro nel paese di origine (Sez. 1 -, n. 30105 del 21/11/2018 Rv. 653226; Sez. 6 – 1, n. 32064 del 12/12/2018, Rv. 652087).

3. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Nulla è dovuto per le spese, non avendo l’Amministrazione intimata spiegato difese. Doppio contributo se dovuto.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Il doppio contributo di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater dovrà essere versato ove ne ricorrano i presupposti.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 30 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 agosto 2020

 

 

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