Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17238 del 17/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 17/06/2021, (ud. 18/01/2021, dep. 17/06/2021), n.17238

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 15979 del ruolo generale dell’anno 2013

proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, è domiciliata;

– ricorrente –

contro

Impresa G. s.a.s. di G.L.D.G., in

persona del legale rappresentante, nonchè G.L. e

G.P.;

– intimati –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Puglia, sezione staccata di Foggia, n. 89/25/12,

depositata in data 8 maggio 2012;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18 gennaio

2021 dal Consigliere Giancarlo Triscari.

 

Fatto

dall’esposizione in fatto della sentenza impugnata si evince che: l’Agenzia delle entrate aveva notificato a Impresa G. s.a.s. di G.L.D.G. un avviso di accertamento con il quale, relativamente all’anno di imposta 2004, aveva contestato, ai fini Iva e Irap, ricavi non dichiarati e costi illegittimamente dedotti; in particolare, per quanto di interesse, la società aveva dedotto costi non documentati relativi al valore iniziale delle rimanenze senza avere, tuttavia, fornito la distinta attestante la consistenza qualitativa e quantitativa delle stesse; successivamente, erano state notificate ai soci accomandanti G.L. e G.P. le cartelle di pagamento conseguenti all’iscrizione a ruolo delle somme dovute; avverso l’avviso di accertamento e le cartelle di pagamento la società ed i soci accomandanti avevano proposto rispettivi ricorsi; il giudice di primo grado, previa riunione, aveva accolto i ricorsi; avverso la pronuncia del giudice di primo grado l’Agenzia delle entrate aveva proposto appello;

la Commissione tributaria regionale della Puglia, sezione staccata di Foggia, ha rigettato l’appello, in particolare ha ritenuto che: rispetto alla pronuncia del giudice di primo grado, l’Agenzia delle entrate aveva prestato acquiescenza, ad eccezione della questione relativa alla non deducibilità dei costi di cui alle rimanenze iniziali; gli stessi erano stati correttamente contabilizzati nel rispetto del principio della continuità dei valori di bilancio, avendo riportato per l’anno 2004 il valore delle rimanenze finali dell’anno precedente, non oggetto di contestazione; nella fattispecie, si trattava di opere realizzabili per stati di avanzamento, in cui i lavori, per una parte, pur essendo stati ultimati di fatto nell’anno 2003, potevano essere ritenuti completati e fatturabili solo a seguito della verifica dell’ente appaltante, mentre per altra parte, aveva riguardato lavori effettivamente completati e fatturati, a seguito di verifica, nell’anno 2004, sicchè non potevano che costituire rimanenze iniziali;

l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza affidato a due motivi;

la società ed i soci sono rimasti intimati.

Diritto

CONSIDERATO

che:

si evince dalla sentenza censurata che la controversia aveva ad oggetto un avviso di accertamento notificato a Impresa G. s.a.s. di G.L.D.G. con il quale, relativamente all’anno di imposta 2004, l’Agenzia delle entrate aveva contestato, ai fini Iva e Irap, ricavi non dichiarati e costi illegittimamente dedotti, nonchè le cartelle di pagamento notificate ai soci accomandanti G.L. e G.P., e che parti del giudizio, sin dal primo grado, erano state unicamente la società ed i suddetti soci accomandanti;

si evince, inoltre, dall’avviso di accertamento che la società era composta da G.C., G.F.A., G.L. e G.P.;

si evince, infine, dalla istanza di autotutela del 21 aprile 2008, che il socio accomandatario G.F.A. sarebbe deceduto in data (OMISSIS) e che in data (OMISSIS), con verbale redatto innanzi al notaio Dott.ssa S.R., la società era stata messa in liquidazione con ingresso di D.G.G.L. nelle quote del suddetto socio deceduto e come socia accomandataria;

quel che è certo, dunque, è che il giudizio di primo grado nonchè quello di appello si è svolta senza la necessaria presenza di tutti i soci della società;

questa Corte ha più volte precisato che l’unitarietà dell’accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi della società di persone e di quelle dei singoli soci comporta, in linea di principio, la configurabilità di un litisconsorzio necessario, con il conseguente obbligo per il giudice, investito dal ricorso proposto da uno soltanto dei soggetti interessati, di procedere all’integrazione del contraddittorio, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14, pena la nullità assoluta del giudizio stesso, rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del processo” (Cass. civ., 5 novembre 2020, n. 24727; Cass. civ., 25 giugno 2018, n. 16730; Cass. civ., 30 ottobre 2018, n. 27603; Cass. civ., 22 gennaio 2018, n. 1472);

il litisconsorzio non viene meno allorquando, come in ipotesi, si discuta di Irap e Iva: da un lato, l’Irap è imputata per trasparenza ai singoli soci (Cass. Sez. Un., 29 maggio 2017, n. 13452; Cass. Sez. Un., 20 giugno 2012, n. 10145; Cass. civ., 13 novembre 2018, n. 29128; Cass. civ., 24 luglio 2018, n. 19593; dall’altro, se è vero che in tema di Iva non si pone un problema di litisconsorzio, è altrettanto vero che allorquando l’Ufficio abbia contestualmente proceduto, con un unico atto, ad accertamenti ai fini anche di altre imposte (come appunto l’Irap), fondati su elementi comuni, il profilo dell’accertamento impugnato concernente l’imponibile Iva non si sottrae al vincolo necessario del simultaneus processus per l’inscindibilità delle due situazioni, insuscettibili di autonoma definizione (Cass. civ., 14 marzo 2018, n. 6303; Cass. civ., 21 ottobre 2015, n. 21340; Cass. civ., 30 dicembre 205, n. 26071);

la necessità dell’integrazione del contraddittorio nei confronti dei litisconsorti pretermessi è esclusa unicamente nel caso di contemporanea pendenza di più giudizi introdotti dai litisconsorti e trattati e decisi in unico contesto (Cass. civ., 13 dicembre 2017, n. 29843; Cass. civ., 18 febbraio 2010, n. 3830), con possibile riunione sanante in appello (Cass. civ., 15 febbraio 2018, n. 3789), ma non in sede di legittimità (Cass. civ., 30 maggio 2017, n. 13595);

l’evidenziata non integrità del contraddittorio implica la declaratoria di nullità delle sentenze di primo e secondo grado e la loro cassazione con rinvio in primo grado alla Commissione tributaria provinciale di Foggia per nuovo esame, previa integrazione del contraddittorio nei confronti dei litisconsorti che, previa verifica della effettiva titolarità delle quote di partecipazione, risultino essere stati pretermessi; tenuto conto del rilievo solo ufficioso del difetto di contraddittorio, sussistono giusti motivi per la compensazione tra le parti delle spese dell’intero giudizio;

il rilievo di nullità della sentenza e del procedimento è assorbente della necessità di trattazione dei motivi di ricorso.

P.Q.M.

La Corte:

pronunciando sul ricorso, dichiara la nullità delle sentenze di merito di primo e secondo grado per violazione del litisconsorzio necessario tra la società e i soci, cassa le menzionate sentenze e rinvia per la trattazione del giudizio davanti alla Commissione tributaria provinciale di Foggia, in diversa composizione, previa integrazione del contraddittorio nei confronti dei litisconsorti pretermessi; compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 18 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 17 giugno 2021

 

 

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