Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17238 del 12/07/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 17238 Anno 2013
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: TERRUSI FRANCESCO

SENTENZA

sul ricorso 21835-2008 proposto da:
DALLE VEDOVE ENNIO, elettivamente domiciliato in ROMA
VIA PAOLO EMILIO 57, presso lo studio dell’avvocato
MAGNANI STEFANO, rappresentato e difeso dall’avvocato
DI MAMBRO LUIGI giusta delega a margine;
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controri corrente –

Data pubblicazione: 12/07/2013

avverso

la

sentenza

n.

COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di LATINA,

156/2007

della

depositata il

30/05/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 15/05/2013 dal Consigliere Dott.

udito per il controricorrente l’Avvocato CASELLI che
ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ENNIO ATTILIO SEPE che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

FRANCESCO TERRUSI;

21835-08

Svolgimento del processo
Ennio Dalle Vedove impugnava un avviso di liquidazione per
imposte di registro, catastale, di trascrizione e Invim
emesso dall’agenzia delle entrate di Latina, in relazione
a un verbale di conciliazione giudiziale col quale,

dinanzi al tribunale di Latina, era stata definita una
causa di scioglimento di comunione immobiliare.
L’adita commissione tributaria provinciale accoglieva il
ricorso del contribuente, ma la sentenza era riformata in
appello.
Il giudice d’appello riteneva errata la considerazione in
base alla quale la commissione provinciale aveva accolto
la tesi del contribuente a proposito della carente
motivazione dell’atto, in relazione all’art. 52, 2 ° co.,
del d.p.r. n. 131 del 1986, dal momento che – osservava ratto aveva implicitamente liquidato le imposte in base a
quanto dichiarato dalla parte, con riferimento sia al
valore della massa, che delle singole quote assegnate in
sede di conciliazione, ivi compresi i conguagli.
Contro la decisione di secondo grado, della commissione
tributaria regionale del Lazio, il contribuente ha
proposto ricorso per cassazione in due motivi, ai quali
l’agenzia delle entrate ha replicato con controricorso.
Motivi della decisione
I. – Col primo mezzo è dedotto il vizio di motivazione
della sentenza (art. 360 n. 5. c.p.c.). Ma il motivo è
inammissibile perché concluso da un quesito di diritto,

1

articolato in plurimi interrogativi e prioritariamente
gravitante attorno alla pretesa nullità dell’avviso di
liquidazione per carenza di riferimenti motivazionali
conformi al disposto ex art. 52 del d.p.r. n. 131 del
1986.
Osserva la corte che l’unico inciso in qualche modo

pertinente alla sentenza impugnata si rinviene nell’ultima
frase che conclude il motivo (“può il giudice di secondo
grado omettere la valutazione degli atti e documenti
depositati in giudizio per la corretta interpretazione
della dichiarazione di valore depositata dai
contribuente”); ma è inciso del tutto generico, non
essendo infine indicato, in apposita sintesi, il fatto
controverso, decisivo per il giudizio, con riguardo al
quale la sentenza non avrebbe motivato (o avrebbe motivato
in modo insufficiente o contraddittorio).
M – Col secondo mezzo è dedotta la violazione degli
artt. 51 e 52 del d.p.r. n. 131 del 1986 e la violazione o
la falsa applicazione degli artt. 7 e 10 della 1. n. 212
del 2000 in relazione alla buona fede e alla corretta
interpretazione del negozio unilaterale costituito dalla
dichiarazione di valore resa dal contribuente, nonché
alla non corretta valutazione dei documenti depositati in
giudizio.
Anche il secondo motivo è inammissibile.
Da un lato esso difetta di autosufficienza, dal momento
che

non

è

riportato

il

contenuto

della

detta

dichiarazione; dall’altro, si palesa concluso da quesito

2

composto in proposizioni multiple e incoerentemente
formulate.
III. – Il quesito complessivamente attiene: (a) al valore
da attribuire alla dichiarazione detta; (b) ad asserite
omissioni valutative su “documenti e atti depositati”
(così genericamente menzionati); (c) alla presunta nullità

dell’atto impositivo per carenza di motivazione; (d) alla
possibilità, o meno, in tali casi, di notificare il solo
avviso di liquidazione d’imposta; (e) alla esistenza, o
meno, in capo all’ufficio, di un onere di sottopozione
della dichiarazione medesima a vaglio critico.
Le sezioni unite di questa corte hanno affermato che, in
caso di proposizione di motivi di ricorso per cassazione
formalmente unici, ma in effetti articolati in profili
autonomi

e

differenziati,

sostanziandosi

tale

prospettazione nella proposizione cumulativa di più
motivi, affinché non risulti elusa la ratio dell’art. 366bis c.p.c., deve ritenersi che tali motivi cumulativi
debbano concludersi con la formulazione di tanti quesiti
per quanti sono i profili fra loro autonomi e
differenziati in realtà avanzati (sez. un. n. 5624/09).
Nel caso di specie i quesiti formulati non rispecchiano
neppure in parte la censura proposta, o comunque non
consentono di comprendere in cosa, concretamente, la detta
censura abbia a sostanziarsi in rapporto alla sopra
sintetizzata

decisione

della

commissione

tributaria

regionale; donde non sono idonei a rappresentare un valido

3

itSENTEDAREC;ST:T.AZIONE
M SENSI D.
N. 131

riscontro rispetto alla (pur essa confusa) esposizione che
li precede.
IV. – In tale situazione, essendo impedita la formulazione
di un principio di diritto idoneo a definire la
controversia, non può ritenersi soddisfatta la condizione

dell’ammissibilità del ricorso per cassazione.
Spese alla soccombenza.
p.q.m.
La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna
il ricorrente alle spese processuali, che liquida in euro
5.000,00 per compensi, oltre le spese prenotate a debito.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della quinta
sezione civile, addì 15 maggio 2013.
Presid Ate

richiesta dall’art. 366-bis c.p.c. ai fini

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