Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17237 del 12/08/2011

Cassazione civile sez. VI, 12/08/2011, (ud. 15/07/2011, dep. 12/08/2011), n.17237

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BUCCIANTE Ettore – Presidente –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. MATERA Lina – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

S.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIALE BRUNO BUOZZI 19, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE

GRIMALDI, rappresentato e difeso dall’avvocato GRECO GIANCARLO,

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

G.G. (OMISSIS), V.F., V.

G. (OMISSIS), VA.GU.IO.MA.,

C.F. (OMISSIS) C.

S. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

FLAMINIA 362, presso lo studio dell’avvocato TRANE PASQUALE,

rappresentati e difesi dall’avvocato ADRIGNOLA GIOACCHINO, giusta

mandato a margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 312/2010 della CORTE D’APPELLO di PALERMO del

18.12.09, depositata il 02/03/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/07/2011 dal Consigliere Relatore Dott. VINCENZO MAZZACANE;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. PASQUALE

PAOLO MARIA CICCOLO.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 27-6-2005 il Tribunale di Termini Imerese rigettava la domanda di petizione ereditaria proposta da S.G. con atto di citazione notificato il 3-7-2002 nei confronti di F. V., C.F., C.S., V.G., Jo.Ma.Gu. e G.G. con riferimento ai beni relitti da L.G.G., deceduta il (OMISSIS).

Il S. proponeva appello chiedendo l’accoglimento della suddetta domanda previa ammissione di una prova testimoniale in ordine alla sussistenza di un testamento olografo con il quale la “de cuius” aveva istituito l’esponente suo unico erede ed alla sua successiva sparizione dopo che le controparti, in seguito al decesso della L. G., si erano recate presso l’abitazione di costei prelevandone alcuni documenti; gli appellati resistevano al gravame.

La Corte di Appello di Palermo con sentenza del 2-3-2010 ha rigettato il gravame.

Per la cassazione di tale sentenza il S. ha proposto un ricorso articolato in due motivi cui gli intimati hanno resistito con controricorso.

Il Consigliere designato con relazione ex art. 380 bis c.p.c. ha concluso per il rigetto del ricorso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 5.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 2724 c.c., n. 3 e dell’art. 2725 c.c., censura la sentenza impugnata per aver rigettato la richiesta di prova testimoniale tendente a dimostrare l’esistenza del suddetto testamento fino al momento del decesso della L.G. e la sottrazione dello stesso da parte delle controparti durante la visita da loro eseguita in casa della “de cuius” dopo il suo decesso.

Il S. assume che la Corte territoriale non ha considerato che l’esponente non poteva essere ritenuto responsabile, nè tantomeno colpevole, della perdita del testamento in questione, non essendone mai stato custode, considerata l’impossibilità materiale e morale per l’attuate ricorrente di recuperare il testamento stesso custodito presso l’abitazione della L.G..

La censura è infondata.

Come evidenziato nella menzionata relazione, il giudice di appello si è richiamato all’affermazione della sentenza di primo grado secondo cui dal verbale di inventario redatto dal curatore della defunta (essendo quest’ultima stata dichiarata inabilitata) il (OMISSIS), si evinceva che i parenti di costei erano entrati nella sua abitazione soltanto il giorno successivo al decesso, previa consegna delle chiavi di ingresso che la L.G., prima di essere ricoverata in ospedale, aveva lasciato a Ra.Fr., residente nello stesso stabile; inoltre da tale verbale non era risultato il rinvenimento di alcun testamento; la Corte territoriale ha quindi aderito al convincimento del Tribunale di Termini Imerese che, nel ritenere inammissibile la suddetta prova testimoniale, aveva osservato che il S. avrebbe potuto, subito dopo la morte della L.G., recarsi dal predetto curatore e, alla presenza dello stesso, recuperare il testamento, qualora esistente, ed aveva escluso che nella specie fosse ravvisabile una perdita incolpevole del documento.

Pertanto correttamente la sentenza impugnata ha ritenuto che le circostanze oggetto della richiamata prova testimoniale si ponevano in insanabile contrasto con il contenuto del menzionato verbale (non oggetto di contestazione da parte del S.), e quindi con la ricostruzione della vicenda per cui è causa emergente da tale documento.

Con il secondo motivo il ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 244 e 253 c.p.c. ed omessa ed insufficiente motivazione, assume che erroneamente il giudice di appello ha affermato che la prova testimoniale articolata dall’esponente non avrebbe consentito di dimostrare nè che fosse stato formato un testamento dotato di validità formale (posto che in particolare non era stata indicata la data di esso), nè che tale testamento esistesse ancora alla data del decesso della L.G., nè che il testamento stesso fosse stato smarrito o fosse stato distrutto per caso fortuito, per forza maggiore o per fatto di terzi.

Il S. sostiene che in sede di assunzione della prova sarebbe stato possibile accertare l’esistenza di un testamento redatto di pugno dalla testatrice munito di data e sottoscritto dalla stessa, che inoltre la risposta positiva all’ultimo capitolo della prova avrebbe permesso di appurare che fino ad un momento prima dell’accesso alla casa di abitazione della defunta da parte delle controparti il testamento era ivi custodito, e che infine l’esame complessivo, oltre che dei capitoli di prova, delle deduzioni dell’atto di appello e degli atti del giudizio di primo grado avrebbe consentito di ritenere del tutto probabile la circostanza che la L. G. avesse istituito suo unico erede l’esponente, non intendendo lasciare nulla ai suoi parenti nei cui confronti nutriva un profondo astio.

La suddetta relazione ha ritenuto infondata anche tale censura affermando anzitutto che la sentenza impugnata correttamente ha ritenuto la prova articolata inidonea a dimostrare la pregressa formazione di un testamento dotato di validità formale; in particolare la mancata deduzione della data di esso, trattandosi di un requisito indispensabile del testamento olografo non desumibile “aliunde”, non poteva essere superata da una eventuale integrazione in sede di espletamento della prova stessa; ha poi evidenziato che la Corte territoriale ha escluso che la suddetta prova potesse dimostrare che tale testamento fosse esistito fino alla data del decesso della L.G., che invero avrebbe potuto successivamente distruggerlo; proprio per tale ragione il mancato reperimento di un testamento olografo giustifica la presunzione che il “de cuius” lo abbia revocato distruggendolo deliberatamente, con la conseguenza che la parte che intenda ricostruire mediante prove testimoniali a norma dell’art. 2724 c.c., n. 3 e dell’art. 2725 c.c. un testamento di cui si assume la perdita incolpevole per smarrimento o per distruzione, deve fornire la prova dell’esistenza del documento al momento dell’apertura della successione (Cass. 13-10-1975 n. 3286; Cass. 22- 11-1995 n. 12098); orbene nella specie il relativo capitolo di prova era estremamente generico, non essendo state precisate minimamente le modalità di custodia del documento in questione nell’abitazione della L.G..

Infine la relazione citata ha osservato che dalle stesse deduzioni del ricorrente traspariva che il fatto che il preteso testamento olografo fosse stato sottratto dalla abitazione della defunta ad opera delle controparti era stato prospettato in termini di mera eventualità sulla base di elementi di natura meramemte presuntiva.

Il Collegio ritiene del tutto condivisibili le conclusioni di cui alla predetta relazione anche con riferimento all’esame del secondo motivo di ricorso, considerato altresì che il ricorrente ha omesso di sollevare rilievi critici avverso le ragioni espresse in tale relazione a sostegno della affermata manifesta infondatezza del ricorso.

Il ricorso deve quindi essere rigettato; le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento di Euro 200,00 per spese e di Euro 3000,00 per onorari di avvocato.

Così deciso in Roma, il 15 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 12 agosto 2011

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