Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17235 del 18/08/2020

Cassazione civile sez. I, 18/08/2020, (ud. 23/06/2020, dep. 18/08/2020), n.17235

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 739/2019 proposto da:

F.N., elettivamente domiciliato in Quinto vicentino (VI) via

Del Pozzo n. 7, presso lo studio dell’avvocato Martino Benzoni, che

lo rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di Venezia, depositato il 30

novembre 2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/06/2020 dal cons. Dott. ALDO ANGELO DOLMETTA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.- F.N., proveniente dal (OMISSIS), ha presentato ricorso avanti al Tribunale di Venezia avverso il provvedimento della Commissione territoriale di Vicenza, di diniego del riconoscimento della protezione internazionale (status di rifugiato; protezione sussidiaria) e pure di diniego di riconoscimento della protezione umanitaria.

Con decreto depositato il 30 novembre 2018, il Tribunale adito ha rigettato il ricorso.

2.- Il decreto ha ritenuto non credibile il racconto svolto dal richiedente, perchè generico e anzi connotato da circostanze non verosimili. Ha escluso, sulla base del raffronto di fonti Amnesty International 2017/2018, la sussistenza di una situazione di conflitto armato e/o di violenza indiscriminati nel Paese di provenienza del richiedente. Ha rilevato che, nella specie, non sono emersi profili di vulnerabilità specifici alla persona del richiedente, nè risultano elementi di integrazione lavorativa e sociale sufficienti.

3.- Avverso questo provvedimento il richiedete ha presentato ricorso, articolando cinque motivi di cassazione.

L’amministrazione intimata non ha spiegato difese, nessun rilievo potendosi riconoscere a un “atto di costituzione” depositato al solo fine di un’eventuale sua partecipazione all’udienza di discussione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4.- Il ricorrente assume: (i) col primo motivo, la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 8, per non avere il Tribunale ordinato l’esibizione della documentazione integrale della procedura amministrativa di cui alla Commissione territoriale; (ii) col secondo motivo, la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 9, per non avere il Tribunale ritenuto doverosa l’acquisizione delle informazioni sul paese d’origine nel contraddittorio con la parte; (iii) col terzo motivo, la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 14 per avere ritenuto inverosimile il racconto del richiedente, “esprimendo unicamente una opinione personale non sorretta da alcun elemento oggettivo”; (iv) col quarto motivo, la violazione dell’art. 16 Dir. 32/20137UE e la nullità della decisione, in quanto le dichiarazioni del richiedente sono “state a sorpresa giudicate inattendibili senza che sia mai stata offerta l’eventuale dubbio del giudicante; (v) col quinto motivo, la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in tema di protezione umanitaria.

5.- Il ricorso è inammissibile.

Quanto al primo motivo, va osservato che il ricorrente non indica come pure avrebbe dovuto – quale effettiva e specifica lesione al diritto di difesa gli avrebbe comportato la mancata disponibilità, nel procedimento avanti al Tribunale, della documentazione relativa al procedimento amministrativo avanti la Commissione.

In relazione al secondo motivo, va osservato che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, l’omessa sottoposizione al contraddittorio delle COI assunte d’ufficio dal giudice ad integrazione del racconto del richiedente, non lede il diritto di difesa di quest’ultimo, posto che l’attività di cooperazione istruttoria è integrativa dell’inerzia della parte e non ne diminuisce le garanzie processuali (cfr. Cass., 11 novembre 2019, n. 29056).

Il terzo motivo non si confronta con la motivazione svolta dal Tribunale in punto di (non) credibilità del racconto del richiedente, dato che il decreto ha posto a base della sua decisione una motivazione chiara e oggettivamente ragionevole.

Quanto al quarto motivo, si deve notare che lo stesso ricorrente riconosce come, in sede di udienza, sia stato interrogato in via di “approfondimento” del racconto svolto avanti alla Commissione; nè il motivo indica, d’altra parte, quali elementi ulteriori avrebbe potuto sviluppare per condurre il giudice del merito verso una conclusione diversa da quella poi abbracciata e perchè non li abbia esplicitati.

Il quinto motivo si sostanzia, poi, nell’enunciazione di una serie di considerazioni generiche o comunque astratte dalla fattispecie concretamente in esame. Il motivo, in effetti, assume la vulnerabilità del richiedente in quanto appartenente “alla minoranza religiosa musulmano sciita”, che un meglio identificato Tribunale di Trieste avrebbe trascurato (cfr. ricorso, p. 24): laddove nella specie il racconto del richiedente si è imperniato sulle problematiche connesse alla sua assunta condizione di omosessuale.

6.- Nulla deve disporsi in punto di spese del presente giudizio, stante la mancata costituzione del Ministero.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, secondo quanto stabilito dalla norma dell’art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile, il 23 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 agosto 2020

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