Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17235 del 12/08/2011
Cassazione civile sez. VI, 12/08/2011, (ud. 05/07/2011, dep. 12/08/2011), n.17235
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –
Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –
Dott. GIACALONE Giovanni – rel. Consigliere –
Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
S.H. (OMISSIS), elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA QUIRINO MAJORANA 203, presso lo studio dell’avvocato
PAVONCELLO LINA, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato
WENTER MARKUS e all’avvocato MARTIN GABRIELI giusta procura alle liti
che viene allegata in atti;
– ricorrente –
contro
G.L.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 63/2010 della CORTE D’APPELLO di TRENTO del
19.1.2010, depositata il 17/02/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
05/07/2011 dal Consigliere Relatore Dott. GIOVANNI GIACALONE;
udito per il ricorrente l’Avvocato Lina Pavoncello che si riporta
agli scritti, deposita n. 2 cartoline postali A/R e istanza di
trasmissione del fascicolo d’ufficio dei precedenti gradi;
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. TOMMASO
BASILE che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.
Fatto
IN FATTO E IN DIRITTO
Nella causa R. G. n. 20090/2010, è stata depositata la seguente relazione:
“1 – La sentenza impugnata, riformando quella del Tribunale di Trento, ha, per quanto qui rileva, accolto l’appello del G., ritenendo che la collisione tra sciatori oggetto della presente controversia si verificò per colpa esclusiva dell’odierno ricorrente, non essendo emersa alcuna prova di una turbativa da parte del G. nel creare pericoli per gli sciatori provenienti da tergo, mentre l’odierno ricorrente godeva effettivamente di un ampio campo visivo che gli consentiva di controllare il movimento dell’antagonista e di adottare le necessarie misure cautelari, la cui mancata adozione è a lui imputabile e tale colpa, in assenza di elementi su una concorrente responsabilità del G., comporta l’inapplicabilità della L. n. 363 del 2003, art. 19.
2. – Ricorre per cassazione lo S., con due motivi; la compagnia assicuratrice e gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.
3. – Il primo motivo denuncia plurima violazione dell’art. 163 bis c.p.c. e omessa motivazione, perchè ,essendo egli residente all’estero, non sarebbe stato rispettato in appello il termine di comparizione di 150 giorni e la Corte territoriale non si sarebbe pronunciata sulla relativa eccezione sollevata nella comparsa di costituzione di secondo grado. La censura è manifestamente priva di pregio ed è formulata in violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, non specificando se e come la pretesa irregolarità nell’introduzione dell’appello abbia inciso negativamente sul diritto di difesa dell’odierna ricorrente. Invero, deve ribadirsi che l’impugnazione di cui all’art. 360 c.p.c. non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce soltanto l’eliminazione del pregiudizio concretamente subito dal diritto di difesa della parte in dipendenza del denunciato error in procedendo (Cass. n. 6686/10; 4340/10;
4435(08; S.U. 16898/06).
3.1. – Con il secondo motivo deduce violazione della L. n. 363 del 2003, art. 19 art. 2697 c.c. ed insufficiente motivazione, poichè, per superare la presunzione di pari responsabilità di cui al richiamato art. 19, la Corte territoriale si sarebbe basata esclusivamente sulla C.T.U., “trattandola” alla stregua di un mezzo di prova e non considerando le altre risultanze di causa. La censura implica accertamenti di fatto e valutazioni di merito. Pur (impropriamente) rubricata e sviluppata sotto il profilo della violazione di legge, ripropone, in realtà, un’inammissibile “diversa lettura” delle risultanze probatorie. Invece, il giudice di appello ha proceduto ad una completa e puntuale valutazione degli elementi probatori acquisiti agli atti. Rispetto a tale congrua e corretta ricostruzione delle risultanze di causa, il ricorrente limita ad opporre, a quella fornita dai giudici di appello, una propria soggettiva e diversa lettura delle emergenze istruttorie e si duole che i giudici ne abbiano privilegiato alcune rispetto ad altre. Va, al riguardo ribadita la costante giurisprudenza di questa Corte secondo cui, quanto alla valutazione delle prove adottata dai giudici di merito, il sindacato di legittimità non può investire il risultato ricostruttivo in sè, che appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, (Cass. n. 12690/10, in motivazione; n. 5797/05; 15693/04). Del resto, i vizi motivazionali denunciabili in Cassazione non possono consistere nella difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, spettando solo a detto giudice individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge in cui un valore legale è assegnato alla prova (Cass. n. 6064/08; nonchè Cass. n. 26886/08 e 21062/09, in motivazione).
La sentenza impugnata, invece, ha congruamente spiegato le ragioni della propria decisione.
4. – Il relatore propone la trattazione del ricorso in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375, 376, 380 bis c.p.c. ed il rigetto dello stesso.” La relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti costituite.
Le parti non hanno presentato memorie.
Ritenuto che:
a seguito della discussione sul ricorso in camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;
il ricorso deve perciò essere rigettato essendo manifestamente infondato;
non v’è motivo di provvedere sulle spese del presente giudizio, non avendo gli intimati svolto attività difensiva;
visti gli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ..
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 5 luglio 2011.
Depositato in Cancelleria il 12 agosto 2011