Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17230 del 12/07/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 17230 Anno 2013
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: CIGNA MARIO

SENTENZA

sul ricorso 18607-2007 proposto da:
MIGLIORE SABATINO, elettivamente domiciliato in ROMA
VIA CRESCENZIO 19, presso lo studio dell’avvocato
PIERMARINI ALESSANDRO, rappresentato e difeso
dall’avvocato SGAMBATO CLAUDIO giusta delega a
margine;
– ricorrente –

2013
515

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

Data pubblicazione: 12/07/2013

- contrari corrente –

avverso la sentenza n. 68/2006 della COMM.TRIB.REG.
di NAPOLI, depositata il 12/05/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 13/02/2013 dal Consigliere Dott. MARIO

udito per il controricorrente l’Avvocato GUIDA che ha
chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IMMACOLATA ZENO

che

ha

concluso per

l’inammissibilità del ricorso in subordine rigetto.

CI GN;

Svolgimento del processo
Con ricorso proposto dinanzi alla CTP di Caserta Migliore Sa batino deduceva l’illegittimità dell’avviso di accertamento
n. 601015/2002 contestato alla presunta “società di fatto dei fratelli Migliore Sabatino e Luigi”, per mancato
versamento IVA relativo all’anno di imposta 1996 (in uno alla mancata presentazione della dichiarazione di inizio
attività ed all’omessa istituzione delle scritture contabili); in particolare sosteneva che la predetta società era stata
creata dalla Guardia di Finanza “d’ufficio” e in mancanza di qualsiasi riscontro obiettivo; nel merito, contestava
l’applicazione ordinaria dell’imponibile effettuata dall’Ufficio, ritenendo che, invece, nel caso in questione,

cui agli artt. 36 e 38 D.L. 41/95.
L’adita CTP riteneva insussistente la società di fatto e, condividendo l’applicabilità del regime del margine, rigettava
nel resto il ricorso.
Avverso detta sentenza proponevano appello sia l’Agenzia delle Entrate, ribadendo l’esistenza della società di fatto e
l’applicazione dell’IVA con regime ordinario, sia Migliore Sabatino, dolendosi che il Giudice di prime cure, pur in
assenza della società di fatto, non avesse dichiarato illegittimo l’avviso di accertamento in quanto emesso nei
confronti di soggetto (la società di fatto) inesistente.
Con sentenza 28-4/12-5-2006 la CTR di Napoli rigettava l’appello proposto da Migliore Sabatino e accoglieva l’appello
dell’Agenzia con riferimento alla non applicabilità del regime del margine;.
In motivazione la CTR riteneva gli elementi addotti dall’Ufficio non sufficienti a provare l’esistenza della società di fatto
e dichiarava integralmente valido l’accertamento a carico di Migliore Sabatino; a tale riguardo evidenziava: che siffatto
accertamento, emesso dall’Ufficio sulla presunzione dell’esistenza della società di fatto con il fratello Luigi, non
modificava il destinatario dell’imposizione, in quanto l’atto propedeutico (rappresentato dal pvc della Guardia di
Finanza) risultava essere stato regolarmente notificato allo stesso Migliore Sabatino, nella qualità di responsabile; che,
trattandosi nel caso in esame di una paventata forma societaria anomala, gli atti conservavano in pieno la loro
efficacia con attribuzione giuridica e di fatto a carico del soggetto che li aveva prodotti; che non era applicabile il
regime del margine, avendo riscontrato una palese e documentata violazione della normativa vigente in materia
(omessa presentazione sia di dichiarazione d’inizio attività, sia di dichiarazione annuale sia di tenuta contabilità).
Avverso detta sentenza proponeva ricorso per Cassazione Migliore Sabatino, affidato a due motivi, cui resisteva
l’Agenzia.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso Migliore Sa batino, deducendo —ex art. 360, comma 1 n. 3 cpc- violazione e falsa
applicazione dell’art. 42 DPR 600/1973, riteneva, in primo luogo, non potesse considerarsi valido nei confronti di esso
ricorrente (quale titolare di ditta individuale) un avviso di accertamento notificatogli non in proprio ( e dunque quale
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titolare della ditta) ma nella qualità di socio di una società di fatto creata d’ufficio dall’Agenzia delle

concernente attività destinata alla vendita di auto usate, fosse obbligatoria l’adozione del “regime del margine “, di

successivamente dichiarata inesistente; al proposito sosteneva che a nulla rilevava che il p.v.c. era stato notificato a
Migliore Sabatino in proprio, attesa l’autonomia e la distinzione tra p.v.c ed accertamento.
Siffatto motivo è infondato.
Per condiviso principio di questa S.C., infatti, “allorché l’accertamento ai fini IRPEF ed ILOR nei confronti dei pretesi
soci sia fondato sull’esistenza di una società di fatto, l’eventuale annullamento dell’accertamento, per l’insussistenza
della società stessa, non determina l’automatico annullamento dell’accertamento in questione, dovendo il giudice

singolarmente od anche solo da alcuno di essi. Infatti, dal coordinato disposto dell’art. 5 del d.P.R. 22 dicembre 1986,
n. 917 e degli artt. 1 e 2 del. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599 discende che, in ipotesi di società di fatto tra due o più
soggetti, l’ILOR fa carico alla società e l’IRPEF (o l’IRPEG, se uno dei soci di fatto è una società regolare) al singolo socio
proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili. Pertanto, allorché sia accertata esistenza di una società
di fatto, i soci sono soggetti passivi, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili, unicamente dell’imposta
sui redditi, in quanto è la società il soggetto passivo dell’ILOR; mentre, quando sia accertata l’inesistenza della società
di fatto, il soggetto passivo di entrambe le imposte per il reddito prodotto dall’attività economica ascritta (in origine)
alla società, risultata inesistente, va individuato nella persona cui sia riconducibile quell’attività; ed invero, la
mancanza, nella società di fatto, di una personalità distinta da quella dei pretesi soci impone di ritenere comunque
riferito, già nella contestazione dell’Ufficio, individualmente ad ogni ipotizzato socio l’avvenuto svolgimento di
quell’attività economica produttiva di reddito imponibile, con la conseguenza dell’assunzione “ex lege”, da parte del
medesimo, della qualità di soggetto passivo di entrambe le imposte” (Cass. 12765/2011); di conseguenza, “in ipotesi
di accertamento fondato sull’esistenza di una società di fatto, l’eventuale annullamento dell’accertamento in capo alla
stessa per la sua insussistenza, non determina l’automatico annullamento dell’accertamento fiscale in capo ai pretesi
soci, dovendo il giudice comunque accertare se le operazioni economiche ascritte alla società ritenuta inesistente
siano state comunque compiute dai soci singolarmente e/o solo da alcuni di essi” (v. cit. sentenza, in motivazione).
Detto principio è applicabile anche in caso di accertamento, quale quello di specie, concernente mancato versamento
IVA (in uno alla mancata presentazione della dichiarazione di inizio attività ed all’omessa istituzione delle scritture
contabili); invero, per la predetta mancanza -nella società di fatto- di una personalità giuridica distinta da quella dei
soci , in ipotesi di ritenuta insussistenza della società di fatto, la relativa attività economica deve ritenersi riferita
individualmente al singolo, così come i conseguenti obblighi; ne consegue l’irrilevanza della circostanza che la
notificazione dell’accertamento sia avvenuta al contribuente, quale socio della società di fatto, anzichè in proprio,
quale imprenditore individuale.
Correttamente, pertanto, la CTR, sia pure per ragioni diverse da quelle su evidenziate, pur avendo annullato (in
conformità alla decisione di primo grado) l’accertamento in capo alla società di fatto per insussistenza di quest’ultima,
ha poi proceduto all’esame dell’avviso di accertamento a carico di Migliore Sabatino, ritenendo siffatto accertamento
legittimo per ragioni di merito, che non sono state oggetto di specifica censura se non con riferimento alla q stione
della non applicazione nel caso di specie del “regime di margine” ai fini IVA, doglianza oggetto del success
ricorso.

vo di

accertare se le operazioni economiche ascritte alla società ritenuta inesistente siano state compiute dai soci

Con il secondo motivo deducendo —ex art. 360 n. 3 cpc, violazione e falsa applicazione degli artt. 36 e 38 D.L. 41/95,
sosteneva che, ai sensi delle norme di cui sopra, il “regime del margine” non è una “facoltà” ma è obbligatorio, sicchè
erroneamente la CTR aveva escluso l’applicabilità del detto regime sol perchè il ricorrente (che svolgeva un’attività —
rivendita di auto usate- per la quale era previsto il regime medesimo) non aveva presentato la dichiarazione annuale e
non aveva quindi comunicato (attraverso detta dichiarazione) di volere beneficiare di siffatto regime.
Anche siffatto motivo è infondato.

organicamente, ai fini IVA, il commercio di beni mobili usati, tra cui autovetture, autocaravan, eccetera; tale
normativa ha introdotto, in ottemperanza a specifica direttiva comunitaria, un regime speciale di applicazione
dell’IVA, detto anche “regime del margine”, allo scopo di evitare fenomeni di doppia o reiterata imposizione per i beni
mobili che, dopo la prima uscita dal circuito commerciale, vengono successivamente te duti ad un soggetto passivo
d’imposta che intende rivenderli; siffatto regime ha fondamentalmente lo scopo di evitare che un bene, già colpito
dall’imposta (perché ad esempio giunto al consumatore finale), nel momento in cui viene venduto di nuovo, venga
tassato nuovamente, con una reiterazione dell’imposta contrastante con i principi fondamentali del tributo; il margine
su cui applicare l’imposta è, in tal caso, ordinariamente costituito dalla differenza tra il prezzo di acquisto dell’usato e
quello di vendita; conseguentemente la relativa imposta non è detraibile; nell’ipotesi di cessione di autovetture,
affinché il regime del margine sia operante, è necessario che il mezzo sia stato acquisito dal cedente senza
applicazione dell’IVA; in questo caso, all’atto della cessione dell’autovettura, l’IVA andrà scorporata dalla differenza tra
prezzo di vendita dell’autovettura e prezzo di acquisto della stessa, la cui fattura va emessa con la seguente dicitura
“operazione soggetta al regime del margine di cui all’articolo 36 del DL 41/1995 e successive modificazioni”.
Ciò precisato, va rilevato che per condiviso principio di questa Corte, “in tema di IVA, l’applicazione del regime del
margine di utile, di cui all’art. 36 del d.l. 23 febbraio 1995, n. 41, convertito in legge 22 marzo 1995, n. 85, costituisce …
un regime impositivo speciale e derogatorio rispetto a quello ordinario. Ne consegue che, tutte le volte in cui la
contestazione dell’Amministrazione trovi fondamento in elementi oggettivi, l’onere di provare la sussistenza dei
presupposti di fatto che giustificano l’operatività di tale regime di deroga incombe al contribuente-cessionario, il quale
è tenuto a verificare preventivamente la regolarità sostanziale dell’operazione, pure con riferimento alla mancata
detrazione dell’IVA corrisposta a monte da parte del cedente, nei limiti imposti dal dovere di agire con la diligenza
richiesta in base alle concrete circostanze, anche in relazione alla sua qualità professionale, ove trattasi di operatore
commerciale del settore, ed alla stregua dei documenti negoziali in suo possesso, conformemente al principio di
vicinanza al fatto oggetto di prova ed al sistema del diritto comunitario” (Cass. 15219/2012); in termini anche Cass.
2227/2011, secondo cui “in tema di IVA, il regime del margine previsto dall’art. 36 del d.l. 23 febbraio 1995, n. 41,
convertito nella legge 22 marzo 1995, n. 85, presuppone la mancata detrazione dell’IVA all’acquisto da parte del
cedente, condizione la cui assenza (o il difetto della prova da parte del cessionario della sua sussistenza) comporta
l’inapplicabilità del regime “de quo”, indipendentemente dalla consapevolezza che di essa abbia avuto il cessionario,
potendo eventualmente tale difetto di consapevolezza incidere solo sull’aspetto sanzionatorio”.
Alla stregua dei predetti principi va, pertanto, ritenuto, contrariamente a quanto sostenuto dal rico
relativamente all’IVA, il regime del margine sia speciale e derogatorio rispetto a quello normale, e che pr

Preliminarmente occorre ricordare che gli articoli da 36 a 40 bis del decreto legge 41 del 1995 disciplinano

tisélwrE DA REGISTR AZIONE
AI SENSI DEL D, MR.
N. 131 TA13. ALL.

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MATERIA TRIBUTARIA
una serie di adempimenti da rispettare a carico del contribuente, in mancanza dei q uali risulta impossibile procedere
al calcolo dell’IVA come richiesto dalle predette disposizioni di le gge.
In particolare, va rilevato che l’art. 38, comma 5 (che il ricorrente intende porre a fondamento della decisione), in base
al q uale le omissioni o le inesattezze nelle annotazioni nei re gistri comportano solo l’applicazione di specifiche
sanzioni ma non determinano la non applicabilità del re gime del margine, si riferisce appunto solo ed esclusivamente
ad omissioni o inesattezze e non invece alla totale mancanza dei re gistri e delle scritture contabili ; siffatta mancanza,
verificatasi nel caso di specie, non può che comportare, come detto, la non applicabilità del re gime del margine (da

l’imposta relativa alla rivendita è commisurata non all’intero prezzo ma alla differenza tra il prezzo dovuto dal
cessionario del bene e q uello relativa all’acq uisto), non consentendo infatti detta mancanza il controllo -da parte
dell’Agenzia- dei presupposti fissati per l’applicazione (in particolare la mancata detrazione dell’IVA all’ac q uisto da
parte del cedente).
In conclusione, pertanto, il ricorso va ri gettato.
In considerazione dell’affermazione, da parte della 5.C., del predetto principio di diritto relativo alla società di fatto in
epoca successiva alla proposizione del presente ricorso, si ritiene sussistano giusti motivi per dichiarare interamente
compensate tra le parti i compensi e le spese di lite relativi al presente giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte, rigetta il ricorso ; dichiara interamente compensate tra le parti i compensi e le spese di lite relativi al presente
giudizio di leg ittimità.
Così deciso in Roma nella Camera di Consi glio della sez. tributaria in data 13-2-2013.

ritenersi, contrariamente a q uanto sostenuto in ricorso, a gevolativo per il contribuente, in q uanto, come detto,

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