Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17228 del 18/08/2020

Cassazione civile sez. lav., 18/08/2020, (ud. 04/03/2020, dep. 18/08/2020), n.17228

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10385-2014 proposto da:

FONDO PENSIONE COMPLEMENTARE PER IL PERSONALE DEL BANCO DI NAPOLI, in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA BARBERINI 47, presso lo studio

dell’avvocato ANGELO PANDOLFO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

C.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO

70, presso lo studio dell’avvocato PAOLO PALMA, rappresentato e

difeso dall’avvocato PASQUALE PACIFICO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5506/2013 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 11/10/2013 R.G.N. 9191/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/03/2020 dal Consigliere Dott. DANIELA CALAFIORE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FRESA Mario, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato MARIA LUCREZIA TURCO per delega verbale Avvocato

ANGELO PANDOLFO;

udito l’Avvocato MARIA PETTORINO, per delega verbale Avvocato

PASQUALE PACIFICO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. C.A., ex dipendente del Banco di Napoli s.p.a., chiese al Tribunale di Napoli l’emissione di un decreto ingiuntivo nei confronti del Fondo Pensione Complementare per il Personale del Banco di Napoli (d’ora in avanti Fondo) deducendo: di essere stato iscritto d’ufficio alla Sezione A) del Fondo il quale, in data 30 luglio 2002, gli aveva formulato l’offerta (prevista dall’art. 47, comma 1, lett. B) dello Statuto) di una somma una tantum (denominata “zainetto”) per consentirgli il trasferimento di tale somma alla Sezione B) rinunziando ai diritti di previdenza integrativa nascenti dalla iscrizione alla Sezione A; che, però, la somma offerta con la menzionata lettera del 30 luglio 2002 era risultata errata, sicchè era stata nuovamente quantificata, con nota del 5 luglio 2004, in Euro 189.714,00 con la precisazione che, qualora il C. avesse optato per l’esercizio del diritto ex art. 47 dello Statuto, la predetta somma sarebbe andata ad incrementare la posizione individuale intrattenuta presso la Sezione B), con valuta 1.1.2003. Il C. accettò l’opzione e, poichè in data 30 giugno 2004 lo stesso era stato collocato in quiescenza, chiese il riscatto della posizione individuale presso la Sezione B.

2. Il Fondo, dopo aver trasmesso un prospetto di liquidazione salvo conguaglio ed un successivo prospetto definitivo calcolato alla data del 28 febbraio 2005, procedette alla definitiva liquidazione della posizione del ricorrente accesa all’interno della Sezione B), calcolandola in Euro 159.601,76 al netto di IRPEF, somma nella quale non erano stati ricompresi i rendimenti conseguiti dalla gestione del patrimonio del cd. “zainetto” dall’1.1.2003 al 2.5.2005. Tanto esposto, C.A. chiese la condanna del Fondo al pagamento dell’importo di Euro 13.533,37 oltre interessi e rivalutazione monetaria dal 1.5.2005 al soddisfo.

3. Emesso il decreto ingiuntivo, il Fondo propose opposizione che il Tribunale accolse. Tale decisione, con sentenza dell’11 ottobre 2013, venne riformata dalla Corte d’appello di Napoli che accolse l’appello del C. ritenendo che, come affermato dall’appellante, con la missiva inoltrata dal C. al Fondo in data 6 giugno 2005 quest’ultimo non aveva riconosciuto la correttezza delle somme a lui attribuite a titolo di rendimenti con valuta dal 1.1.2003, in quanto in essa il predetto aveva prospettato soprattutto un possibile pregiudizio di natura fiscale; peraltro, che il C. non avesse riconosciuto di aver percepito quanto spettantegli emergeva anche dal fatto che aveva chiesto chiarimenti in ordine alla imputazione delle somme corrisposte – se a titolo di contributi ovvero di rendimento anche per le possibili rilevanti ricadute fiscali conseguenti all’ascrivibilità all’uno o all’altro titolo; inoltre, ad avviso della Corte, i conteggi proposti dal C. non erano stati efficacemente contestati.

4. Per la cassazione di tale decisione ricorre il Fondo sulla base di due motivi. Resiste con controricorso C.A.. Entrambe le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si deduce omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), non avendo la Corte territoriale tenuto conto di quanto sostenuto dal Fondo in ordine al fatto che la somma di Euro 13.533,27, pretesa a titolo di rendimenti dal C., era stata già calcolata nella voce “contributo a carico dell’azienda” e corrisposta all’ex dipendente; tale fatto era rimasto del tutto inesplorato tanto in primo che in secondo grado.

2. Con il secondo motivo viene dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116,112 c.p.c., dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 24 Cost. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), ciò per non avere, il giudice del gravame, tenuto in alcuna considerazione la missiva inoltrata dal C. nel giugno 2005 e per non aver utilizzato i poteri istruttori ufficiosi, omettendo di ammettere la prova testimoniale articolata dal Fondo e formulando al consulente tecnico un quesito inadeguato a risolvere il vero nodo della questione; si rimprovera alla Corte di merito: di aver concentrato l’attenzione sulla problematica di natura fiscale del tutto estranea, invece, al thema decidendum, continuando a svalutare la portata della missiva del giugno 2005, laddove ciò che veniva contestata era solo la diversa imputazione delle somme e non il “quantum” corrisposto dal Fondo; di avere ingiustamente avallato le risultanze della consulenza espletata in primo grado, laddove l’ausiliare non aveva chiarito quello che era il punto centrale della causa.

6. Il ricorso, tempestivo ai sensi dell’art. 327 c.p.c. in quanto avviato per la notifica in data 11 aprile 2014 a fronte della pubblicazione della sentenza avvenuta l’11 ottobre 2014, va rigettato in continuità con il precedente di questa Corte di legittimità n. 14422 del 2019.

7. Il primo motivo è inammissibile in quanto non presenta alcuno dei requisiti di ammissibilità richiesti dall’art. 360, comma 1, n. 5 così come novellato nella interpretazione fornitane dalle Sezioni unite di questa Corte e dalla successiva giurisprudenza di legittimità (Cass. S.U. n. 8053 del 7 aprile 2014; Cass. n. 30684 del 21/12/2017), finendo con il denunciare non l’omesso esame di un fatto, bensì una errata interpretazione della domanda da parte tanto del Tribunale che della Corte territoriale, interpretazione che è attività riservata al giudice di merito integrando un tipico accertamento di fatto censurabile in questa sede solo dal punto di vista della correttezza della motivazione che lo sorregge. Va pure considerato che, dalla lettura della sentenza impugnata, emerge come la Corte d’appello abbia ben compreso il tenore delle difese del Fondo ed il “thema decidendum” della causa.

7. Del pari da rigettare è il secondo motivo, perchè sollecita una rivisitazione del merito della controversia non consentita in questa sede. Invero, è stato in più occasioni affermato dalla giurisprudenza di questa Corte che la valutazione delle emergenze probatorie, come la scelta, tra le varie risultanze, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive (cfr., ex plurimis, Cass. n. 17097 del 21/07/2010; Cass. n. 12362 del 24/05/2006; Cass. n. 11933 del 07/08/2003). Si denunciano, infatti: a) un errato scrutinio del contenuto di documenti acquisiti al processo, proponendone una diversa e più appagante interpretazione; b) la mancata ammissione di una prova testimoniale che, però, per come articolata, è priva del carattere di decisività; c) genericamente, il contenuto del quesito posto dal Tribunale all’ausiliare consulente tecnico, senza neppure precisare se ne fosse stata richiesta la riformulazione in sede di affidamento dell’incarico.

8. Pertanto, il ricorso va rigettato. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura di cui al dispositivo, con attribuzione all’avvocato Pasquale Pacifico che ha reso la dichiarazione prescritta.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 4.500,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%, con attribuzione in favore dell’avvocato Pasquale Pacifico.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto del sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis., ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 4 marzo 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 agosto 2020

 

 

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