Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17226 del 13/07/2017


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Cassazione civile, sez. III, 13/07/2017, (ud. 04/11/2016, dep.13/07/2017),  n. 17226

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – rel. Consigliere –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14033-2014 proposto da:

EDILAZIO 92 SCARL in persona del legale rappresentante

C.E., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VINCENZO ARANGIO RUIZ

23, presso lo studio dell’avvocato PIERFRANCESCO MACONE, che la

rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

IMMOBILIARE BULLICANTE SRL in persona del legale rappresentante Dott.

Z.D., elettivamente domiciliata in ROMA, P.ZA DELLA

LIBERTA’ 10, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO CAPECCI, che

la rappresenta e difende unitamente all’avvocato ENRICO PERRELLA

giusta procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1271/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 25/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/11/2016 dal Consigliere Dott. GIACOMO TRAVAGLINO;

udito l’Avvocato FRANCESCO CAPECCI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI RENATO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

I FATTI

Il Tribunale di Roma, accogliendo la domanda proposta dalla s.r.l. Immobiliare Bullicante, dichiarò cessato il contratto di locazione stipulato con la conduttrice Edilazio 92 alla scadenza del 31.3.2011, condannando quest’ultima al rilascio dell’immobile e rigettandone la domanda riconvenzionale di pagamento dell’indennità da perdita dell’avviamento commerciale.

La corte di appello di Roma, investita dell’impugnazione proposta dalla Edilazio, la rigettò.

Avverso la sentenza della Corte capitolina la società appellante ha proposto ricorso per cassazione sulla base di 5 motivi di censura.

L’Immobiliare Bulicante resiste con controricorso.

Diritto

LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso è infondato.

Con il primo motivo, si denuncia error in procedendo in relazione all’art. 622 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 3).

Il motivo – con il quale si lamenta nuovamente, in questa sede, l’erroneità del provvedimento di revoca dell’ordinanza di cessazione degli effetti dell’intimazione di sfratto pronunciato dal Tribunale, nonostante la Corte di appello, al folio 2 della sentenza, abbia offerto corretta e convincente (sia pur implicita) motivazione in proposito – è privo di pregio, attesane la patente carenza di interesse attuale a proporlo: l’immobile locato, difatti, è stato spontaneamente rilasciato dall’odierna ricorrente nelle more del giudizio di merito, senza la necessità di procedere ad esecuzione per rilascio in forza di un accordo intervenuto tra le parti, cui era conseguita la cessazione degli effetti del contratto per mutuo consenso, onde la irrilevanza di ogni questione endoprocedimentale relativa alla legittimità del provvedimento di revoca dell’ordinanza pronunciata ex art. 622 c.p.c..

Con il secondo motivo, si denuncia error in iudicando sul diniego dell’indennità L. n. 392 del 1978, ex art. 34 (art. 360 c.p.c., n. 3).

Il motivo è manifestamente infondato.

Con motivazione scevra da vizi logico-giuridici, la Corte territoriale ha ritenuto inapplicabile la norma in parola ai contratti, quale quello di specie, relativi a laboratori e uffici condotti in locazione da società editoriali, anche nell’ipotesi in cui vi si svolgano attività di vendita di arretrati, stipula di abbonamenti, sottoscrizione di contratti pubblicitari (Cass. 5268/1997).

Ne consegue che, sotto le spoglie del vizio di violazione di legge, si sollecita, inammissibilmente, a questa Corte la rivisitazione di fatti di causa il cui esame è rimesso in via esclusiva al giudice del merito.

Con il terzo motivo, si denuncia nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 4).

Il motivo – con il quale si lamenta la illegittimità del decisum della Corte territoriale nella parte in cui ha ritenuto che l’asserito mutamento di destinazione non fosse mai stato comunicato alla locatrice, nè questa ne fosse mai venuta a conoscenza prestandovi acquiescenza – non ha giuridico fondamento.

La contestazione del presupposto fattuale dell’avviamento commerciale, difatti, non costituisce eccezione in senso stretto, bensì mera difesa, desumibile anche implicitamente dal contenuto degli atti processuali sottoposti al vaglio del giudicante, onde nessuna violazione dell’art. 112 c.p.c. appare nella specie predicabile.

Con il quarto motivo, si denuncia error in iudicando in relazione alla L. n. 392 del 1978, artt. 34 e 80 (art. 360 c.p.c., n. 3).

La doglianza è inammissibile.

Con essa, difatti, si invoca, sia pur implicitamente, a questa Corte una rivisitazione modificativa dei criteri interpretativi costantemente adottati dal giudice di legittimità in relazione alla portata applicativa della L. n. 392 del 1978, art. 80 senza offrire, peraltro, alcun credibile argomento per tale mutamento ermeneutico.

Con il quinto motivo, si denuncia, infine, error in iudicando in relazione all’art. 91 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 3).

La censura è manifestamente inammissibile, avendo la Corte territoriale fatto buon governo – alla luce del criterio della soccombenza anche virtuale – dei principi posti a presidio del riparto delle spese di giudizio.

Il ricorso è pertanto rigettato.

Le spese del giudizio di Cassazione seguono il principio della soccombenza. Liquidazione come da dispositivo.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di Cassazione, che si liquidano in complessivi Euro 7.800, di cui 200 per spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari alla somma già dovuta, a norma del predetto art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 4 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2017

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