Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17225 del 18/08/2020

Cassazione civile sez. lav., 18/08/2020, (ud. 26/02/2020, dep. 18/08/2020), n.17225

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TORRICE Amelia – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13789-2015 proposto da:

M.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

ANGELICO 38, presso lo studio dell’avvocato CARLO DE MARCHIS, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

CITTA’ METROPOLITANA DI ROMA CAPITALE, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

IV NOVEMBRE 119/A, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNA ALBANESE,

che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 9478/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 16/12/2014 R.G.N. 7432/2011.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. con sentenza 16 dicembre 2014, la Corte d’appello di Roma dichiarava improponibile il ricorso di M.A. nei confronti della Provincia di Roma (ora Città Metropolitana di Roma Capitale), per la formazione, in identico giudizio tra le parti, di un giudicato formale sulla sentenza n. 15258/2002 dello stesso Tribunale di Roma, declinatoria della propria competenza territoriale in favore di quella del Tribunale di Napoli, senza riassunzione ivi del giudizio: così riformando la sentenza di primo grado, che aveva invece rigettato, per intervenuta prescrizione, le domande della lavoratrice di accertamento di illegittimità del rifiuto di assumerla da parte di Tesima s.p.a. e di sua condanna risarcitoria o, in alternativa, di accertamento di responsabilità della Provincia di Roma, con relativa condanna risarcitoria;

2. avverso tale sentenza, con atto notificato il 20 maggio 2015, la lavoratrice ricorreva per cassazione con quattro motivi, cui la Città Metropolitana Roma Capitale resisteva con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. la ricorrente deduce nullità della sentenza e del procedimento per violazione degli artt. 112,132 c.p.c. e art. 118 disp. att. c.p.c., per inosservanza, con la pronuncia di improponibilità del ricorso introduttivo della lavoratrice sull’apodittica affermazione di identità dei giudizi davanti al Tribunale di Roma (il primo deciso con una pronuncia di incompetenza territoriale in giudicato, il secondo quello attuale), del principio di corrispondenza del chiesto al pronunciato e per motivazione apparente in ordine alla suddetta identità dei giudizi, in alcun modo argomentata (primo motivo); omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, in riferimento al contenuto fattuale dei ricorsi della lavoratrice e dei fatti a fondamento della domanda, violazione e falsa applicazione degli artt. 414,437,112 c.p.c. anche in relazione all’art. 1362 c.c., nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell’art. 324 c.p.c. e art. 2909 c.c., per esclusione di identità dei due giudizi introdotti davanti al Tribunale di Roma, con l’inesistenza di una preclusione, per effetto di un giudicato formale sulla pronuncia di incompetenza territoriale del Tribunale di Roma con la sentenza n. 15258/2002, della decisione nel merito delle domande proposte con il secondo ricorso (secondo motivo); nullità della sentenza e del procedimento per violazione degli artt. 44,310,324 c.p.c., art. 2909 c.c. e dell’art. 112c.p.c., artt. 111 e 24 Cost., per erronea identificazione e interpretazione del giudicato formale ed erronea assunzione della fattispecie concreta nella normativa applicata, sul rilievo dell’inibizione di un giudicato solo formale sulla competenza all’introduzione di altro diverso giudizio, in assenza di una statuizione della Corte di cassazione in sede di regolamento di competenza (terzo motivo); nullità della sentenza e del procedimento per violazione degli artt. 38,44,50 e 112 c.p.c., per erronea pronuncia di improponibilità della domanda della lavoratrice, alla luce dei suoi requisiti, in luogo della rimessione della causa al giudice territorialmente competente (quarto motivo);

2. essi sono tutti congiuntamente esaminabili, per le ragioni di stretta connessione individuabili nella loro convergenza, sotto i diversi profili dedotti, nell’ingiustificata assenza di pronuncia nel merito della controversia per effetto di un precedente giudicato formale (sulla competenza territoriale) tra la parti e sono fondati;

2.1. non è discussa tra le parti la formazione di un giudicato (per inammissibilità del ricorso per regolamento di competenza, in quanto tardivo, dichiarata dalla Corte di Cassazione con sentenza 17 dicembre 2004, n. 23516) esclusivamente formale sulla sentenza n. 15258/2002 dello stesso Tribunale di Roma, declinatoria della propria competenza territoriale in favore di quella del Tribunale di Napoli, senza riassunzione ivi del giudizio;

2.2. secondo principio assolutamente consolidato in sede di legittimità, meritevole di continuità, la sentenza del giudice che statuisca unicamente sulla competenza non contiene alcuna pronuncia di merito, nè esplicita nè implicita, idonea a passare in giudicato, anche nell’ipotesi che abbia esaminato e deciso questioni preliminari di merito ai fini dell’accertamento della competenza, sicchè dà luogo ad un giudicato solo formale: ed esso non osta a che il giudice dichiarato competente esamini ed applichi, per la decisione di merito, le norme di diritto sostanziale, ancorchè in contrasto con le premesse della sentenza sulla competenza (Cass. 20 marzo 2018, n. 6970; Cass. 18 luglio 2019, n. 19472), concretandosi in una preclusione alla riproposizione della questione soltanto davanti al giudice dello stesso processo, senza fare stato in un distinto giudizio promosso dalle stesse parti dinanzi ad un giudice diverso (Cass. 14 novembre 2003, n. 17248; Cass. 12 febbraio 2013, n. 3291; Cass. 3 novembre 2017, n. 26178);

2.3. soltanto le decisioni della Corte di Cassazione in sede di regolamento di competenza, cui, per la funzione istituzionale di organo regolatore della giurisdizione e della competenza spetta il potere di adottare decisioni dotate di efficacia esterna (cd. efficacia panprocessuale), producono effetti anche nei successivi processi tra le stesse parti: con ciò derogando alla regola generale, prevista dall’art. 310 c.p.c., comma 2, che non consente alle sentenze di contenuto processuale di sopravvivere all’estinzione del processo e quindi di avere efficacia vincolante nei successivi processi tra le stesse parti (Cass. 27 giugno 2005, n. 13768; Cass. 17 giugno 2008, n. 16405; Cass. 15 dicembre 2017, n. 30200);

2.4. in base alla suindicata disposizione, la sentenza che regola la competenza continua, infatti, a spiegare i suoi effetti per il futuro nonostante il provvedimento di estinzione del processo (Cass. 26 agosto 2003, n. 12509; Cass. 3 giugno 2013, n. 13975);

3. in esito coerente alle superiori argomentazioni, assorbenti ogni altro profilo dedotto, il ricorso deve pertanto essere accolto, con la cassazione della sentenza e rinvio, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.

PQM

LA CORTE

accoglie il ricorso; cassa la sentenza e rinvia, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 26 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 agosto 2020

 

 

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