Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17221 del 22/07/2010

Cassazione civile sez. lav., 22/07/2010, (ud. 27/04/2010, dep. 22/07/2010), n.17221

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati FABIANI

GIUSEPPE, DE ROSE EMANUELE, TRIOLO VINCENZO, giusta mandato in calce

al ricorso;

– ricorrenti –

contro

B.S.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 13/2006 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,

depositata il 27/01/2006 r.g.n. 156/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/04/2010 dal Consigliere Dott. MELIADO’ Giuseppe;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza in data 19.1 – 27.1.2006 La Corte di appello di Potenza confermava la sentenza resa dal Tribunale di Matera il 24.2.2004, impugnata DALL’INPS, che dichiarava la legittimita’ della percezione da parte di B.S. del trattamento di cigs corrispostogli nel periodo dal 21.3.1988 al 31.3.1992.

Osservava in sintesi la corte territoriale che la decadenza dal trattamento di integrazione salariale nel caso di omessa preventiva comunicazione all’inps dello svolgimento, durante il periodo di godimento della provvidenza, di attivita’ di lavoro subordinato o autonomo, per come stabilito dal D.L. n. 86 del 1988, art. 8 conv.

nella L. n. 160 del 1988, presupponeva lo svolgimento di attivita’ suscettibile di redditivita’, quale non poteva considerarsi quella, di amministratore senza alcuna retribuzione, svolta dal B..

Per la cassazione della sentenza propone ricorso l’INPS con un unico motivo. Non si e’ costituito l’intimato.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con un unico motivo l’Istituto lamenta violazione e falsa applicazione di norme di diritto (D.L. n. 86 del 1988, art. 6, comma 5 conv. nella L. n. 160 del 1988, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3) osservando che la decadenza prevista dalla norma risulta espressamente comminata per l’omissione, da parte del lavoratore beneficiario del trattamento, della comunicazione preventiva di qualsiasi attivita’ lavorativa, a carattere subordinato o autonomo, e che la finalita’ sanzionatoria della disposizione risulta condizione sufficiente per la sua operativita’. Il ricorso e’ meritevole di accoglimento.

Prevede il D.L. n. 86 del 1988, art. 8 conv. nella L. n. 160 del 1988: “Il lavoratore che svolga attivita’ di lavoro autonomo o subordinato durante il periodo di integrazione salariale non ha diritto al trattamento per le giornate di lavoro effettuate” (comma 4); “Il lavoratore decade dal diritto al trattamento di integrazione salariale nel caso in cui non abbia provveduto a dare preventiva comunicazione alla sede provinciale dell’INPS dello svolgimento della predetta attivita’” (comma 5).

Come ha gia’ avuto modo di precisare la giurisprudenza di legittimita’, con riferimento all’interpretazione di tale norma, se la prima disposizione persegue lo scopo di evitare il cumulo, fino alla concorrenza, tra l’erogazione (quantomeno integrale: cfr. Cass. n. 6712/1995) della provvidenza pubblica e i proventi derivanti da una attivita’ lavorativa suscettibile di produrre reddito ed implica, pertanto, per la sua concreta applicazione l’accertamento a posteriori della effettiva percezione di un reddito e del relativo ammontare, la disposizione del comma quinto e’, invece, diretta a consentire all’Istituto previdenziale (per come e’ reso palese dalla prescrizione che la comunicazione debba essere preventiva) la tempestiva verifica circa la compatibilita’ dell’attivita’ temporanea o saltuaria che l’interessato intende svolgere con l’erogazione, totale o parziale, dell’integrazione salariale nel medesimo periodo (cfr. ad es. Cass. n. 15890/2004; Cass. n. 173/2006; da ultimo Cass. n. 5720/2009). Ne segue, alla luce della diversa ratio, che nel secondo caso, a differenza che nel primo, non e’ necessario che si tratti di attivita’ lavorativa retribuita (v. ad es., Cass. n. 173/2006; Cass. n. 5720/2009), quanto che essa, nel contesto in cui viene svolta, sia suscettibile di produrre un reddito per chi la svolge, anche se in concreto, poi, non ne risulti l’effettivo conseguimento, e che, pertanto, la disposizione risulta riferibile a qualunque attivita’ (ivi compresa quella di socio o di amministratore: v. Cass. n. 11679/2005; Cass. n. 15890/2004), pur non rientrante nello schema degli artt. 2222 e 2230 c.c. e non assistita da una contestuale tutela previdenziale di natura obbligatoria, ma suscettibile, comunque, di “redditivita’”.

Requisito che, per come si e’ detto, ricorre anche nel caso dell’amministratore di societa’ di capitali (v. artt. 2389 e 2487 nel testo vigente ratione temporis), essendo acquisita l’affermazione che l’onerosita’ e’ elemento naturale del rapporto fra societa’ ed amministratori, tant’e’ che, mancando la determinazione del compenso da parte dell’atto costitutivo o dell’assemblea o risultando la sua misura manifestamente inadeguata, gli amministratori possono chiedere tale determinazione al giudice, cosi’ come e’ espressamente previsto per il mandatario (cfr. Cass. n. 1467/1997; Cass. n. 2895/1991).

Il ricorso va, pertanto, accolto e, non apparendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa decisa nel merito, con il rigetto della domanda.

Nulla sulle spese, in applicazione dell’art. 152 disp. att. c.p.c. nel testo (anteriore alla novella di cui art D.L. n. 269 del 2003, art. 42, comma 11 conv. nella L. n. 326 del 2003, entrato in vigore il 2.10.2003) vigente ratione temporis.

P.Q.M.

LA CORTE accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda del B.; nulla sulle spese dell’intero processo.

Cosi’ deciso in Roma, il 27 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2010

 

 

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