Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1722 del 28/01/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Ord. Sez. 6 Num. 1722 Anno 2014
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: GARRI FABRIZIA

ORDINANZA
sul ricorso 29074-2011 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE 80078750587 in persona del Presidente e legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA CENTRALE
DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati CORETTI
ANTONIETTA, DE ROSE EMANUELE, STUMPO VINCENZO,
TRIOLO VINCENZO, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente contro
COSTANTINO ANNA;

– intimata avverso la sentenza n. 5589/2010 della CORTE D’APPELLO di
BARI del 2.11.2010, depositata il 23/11/2010;

Data pubblicazione: 28/01/2014

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
07/11/2013 dal Consigliere Relatore Dott. FABRIZIA GARRI;
udito per il ricorrente l’Avvocato Antonietta Coretti che si riporta agli
scritti.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. GIUSEPPE

FATTO E DIRITTO
Con ricorso al Tribunale di Lucera, Anna Costantino, operaia
agricola a tempo determinato, aveva convenuto in giudizio l’Inps,
chiedendo venisse accertato il suo diritto alla differenza dell’indennità
di disoccupazione per l’anno 1998; la ricorrente – premesso che il
trattamento di disoccupazione le era stato corrisposto dall’Istituto sulla
base del salario medio convenzionale congelato all’anno 1995 sosteneva che tale trattamento doveva essere invece calcolato, ai sensi
del D. Lgs. n. 146 del 1997, art. 4, sui minimi retributivi previsti dalla
contrattazione collettiva provinciale, ivi compreso l’elemento
denominato t.f.r., con conseguente diritto alle differenze tra quanto
spettante e quanto percepito.
La domanda è stata dichiarata inammissibile dal giudice di primo
grado, la cui decisione è stata riformata dalla Corte d’appello di Bari
con sentenza depositata il 23 novembre 2010, che ha accolto
integralmente la domanda.
Avverso detta sentenza, l’Inps propone ricorso per cassazione —
notificato in data 22-28 novembre 2011 -, con tre motivi.
La parte intimata non si è costituita in questa sede.
Il procedimento è regolato dagli artt. 360 e segg. c.p.c. con le
modifiche e integrazioni successive, in particolare quelle apportate
dalla legge 18 giugno 2009 n. 69.

Ric. 2011 n. 29074 sez. ML – ud. 07-11-2013
-2-

CORASANITI che si riporta alla relazione scritta.

Tanto premesso si osserva che il primo motivo, con il quale l’Istituto
denuncia la violazione dell’art. 47 D.P.R. 30 aprile 1970 n. 639 e
successive modificazioni è infondato.
Va premesso che l’originario testo dell’art. 47 del D.P.R. 30 aprile 1970

‘Esauriti i ricorsi in via amministrativa, può essere proposta l’azione dinanzi
all’autorità giudiziaria, ai sensi degli arti. 459 e ss. cod. proc. civ.
L ‘,nione giudkiaria può essere proposta entro il temine di dieci anni dalla data di
comunicazione della decisione definitiva del ricorso pronunziata dai competenti
organi dell’istituto o dalla data di scadenza del termine stabilito per la pronunzia
della decisione medesima, se trattasi di controversie in materia di trattamenti
pensionistici.
L’azione giudiziaria può essere proposta entro il termine di cinque anni dalle date
di cui al precedente comma se trattasi di controversie in materia di prestazioni a
carico dell’assicurazione contro la tubercolosi e dell’assicurazione contro la
disoccupazione involontaria”.
Come è noto, i termini stabiliti dall’articolo di legge citato erano stati
ritenuti dalle sezioni unite di questa Corte (Cass. S.U. 21 giugno 1990
n. 6245) di decadenza, di tipo peraltro procedimentale, vale a dire
finalizzata unicamente a delimitare l’efficacia temporale della
condizione di procedibilità della domanda giudiziaria, rappresentata
dall’attivazione e dall’esaurimento del procedimento amministrativo.
Col successivo art. 6 del D.L. 29 marzo 1991 n. 103, convertito con
modificazioni nella legge 10 giugno 1991 n. 166, ritenuto da Corte
Cost., con la sent. n. 246 del 1992, di interpretazione autentica dell’art.
47 D.P.R. n.639/70, venne poi stabilito:
“1 — I termini previsti dall’art. 47, commi secondo e terzo del D.P.R. 30 aprile
1970 n. 639 sono posti a pena di decadenza per l’esercizio del diritto alla
Ric. 2011 n. 29074 sez. ML – ud. 07-11-2013
-3-

n. 639 stabiliva quanto segue.

prestazione previdenziale . la decadenza determina l’estinzione del diritto ai ratei
pregressi delle prestazioni previdenziali e l’inammissibilità della relativa domanda
giudiziale. In caso di mancata proposizione del ricorso amministrativo, i termini
decorrono dall’insorgenza del diritto ai singoli ratei.
2 — Le disposizioni di cui al comma precedente hanno efficacia retroattiva, ma non

decreto “.
Con l’art. 4 del D.L. 19 settembre 1992 n. 384, i commi secondo e
terzo del citato art. 47 sono stati successivamente sostituiti dai
seguenti:
‘Per le controversie in materia di trattamenti pensionistici, l’azione giudiziaria può
essere proposta, a pena di decadenza, entro il termine di tre anni dalla data di
comunicazione della decisione del ricorso pronunziata dai competenti organi
dell’istituto o dalla data di scadenza del termine stabilito per la pronunzia della
predetta decisione ovvero dalla data di scadenza dei termini prescritti per
l’esaurimento de/procedimento amministrativo, computati a decorrere dalla data di
presentazione della richiesta di prestazione.
Per le controversie in materia di prestazioni della gestione di cui all’art. 24 della
legge 9 marzo 1989 n. 88, l’azione giudiziaria può essere proposta, a pena di
decadenza, entro il termine di un anno dalle date di cui al precedente commd’.
L’ultimo comma dell’art. 4 ha poi stabilito che le disposizioni indicate
“non si applicano ai procedimenti istaurati anteriormente alla data di entrata in
vigore de/presente decreto ancora in corso alla medesima data”.
Infine, recentemente, l’art. 38, primo comma, lett. d) del D.L. 6 luglio
2011 n. 98, convertito in legge n. 111 del medesimo anno, ha aggiunto
al citato art. 47 un ultimo comma, del seguente tenore: ‘Le decadenze
previste dai commi che precedono si applicano anche alle azioni giudiziarie aventi
ad oggetto l’adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di
accessori del credito. In tal caso il termine di decadenza decorre dal riconoscimento
Ric. 2011 n. 29074 sez. ML – ud. 07-11-2013
-4-

si applicano ai processi che sono in corso alla data di entrata in vigore de/presente

parziale della prestazione ovvero dal pagamento della sorte”, precisando al
quarto comma che “Le disposizioni di cui al comma 1, lett. c) e d) si applicano
anche ai giudizi pendenti in primo grado alla data di entrata in vigore de/presente
decreto”.
Questo essendo il quadro di riferimento normativo, la giurisprudenza

Cass. 20 gennaio 2010 n. 948 e 26 gennaio 2010 n. 1580 che sulla base
di Cass. S.U. 29 maggio 2009 n. 12720 – che ribadisce le tesi della
precedente Cass. S.U. 18 luglio 1996 n. 6491) era, per quanto qui
interessa e fino alla citata recente novella del 2011, nel senso della
inapplicabilità della decadenza alle domande di adeguamento di
prestazioni previdenziali già riconosciute e liquidate solo parzialmente
dall’ente previdenziale.
Infatti le sezioni unite di questa Corte, con la sentenza n. 12720 del 29
maggio 2009, componendo un contrasto di giurisprudenza insorto
nell’ambito della sezione lavoro, avevano affermato che “La decadenza
di cui al D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 47- come inteTretato dal D.L 29
marzo 1991, n. 103, art. 6, convertito, con modificazioni, nella L 1 giugno
1991, n. 166 – non può trovare applicazione in tutti quei casi in cui la domanda
giudiziale sia rivolta ad ottenere non già il riconoscimento del diritto alla
prestazione previdenziale in sé considerata, ma solo l’adeguamento di detta
prestazione già riconosciuta in un importo inferiore a quello dovuto, come avviene
nei casi in cui l’Istituto previdenziale sia incorso in errori di calcolo o in errate
interpretazioni della normativa legale o ne abbia disconosciuto una componente, nei
quali casi la pretesa non soggiace ad altro limite che non sia quello della ordinaria
prescrizione decennale”.
Recentemente, peraltro, la questione era stata nuovamente rimessa da
un collegio della sezione lavoro, con ordinanza interlocutoria
depositata il 18 gennaio 2011, n. 1071, alle sezioni unite di questa
Ric. 2011 n. 29074 sez. ML – ud. 07-11-2013
-5-

consolidata, pur tra frequenti contrasti, di questa Corte (v. ad esempio

Corte, sulla base del rilievo che l’interpretazione prevalente non
apparirebbe giustificata dal tenore letterale e dalla considerazione delle
finalità della norma, la quale riguarderebbe viceversa ogni tipo di
azione in materia di prestazioni previdenziali.
Intervenuta, tra l’ordinanza interlocutoria di rimessione alle sezioni

novella di cui all’art. 38, primo comma, lett. d) del recente D.L. 6 luglio
2011 n. 98, convertito in legge n. 111/’11, è stata quindi disposta la
restituzione degli atti alla sezione lavoro, sulla base della
considerazione della necessità di valutare la persistenza del proposito
di investire della questione le sezioni unite, alla luce della valutazione
della eventuale incidenza delle norme di legge citate sulla
interpretazione del l’art. 47, vigente prima di essa.
Ciò premesso, non può non rilevarsi che la nuova disciplina,
esprimendo il proposito del legislatore di modificare in materia, con
una limitata efficacia retroattiva, la regola preesistente, quale
consolidatasi per effetto delle recente pronuncia delle sezioni unite del
2009, conferma indirettamente la corrispondenza di quest’ultima
all’originario contenuto dell’art. 47, nel testo vigente fino alla novella
del 2011.
L’autorità del precedente arresto interpretativo delle sezioni unite della
Corte e l’indiretta conferma della sua correttezza proveniente dallo
stesso legislatore convincono il collegio della inapplicabilità dell’art. 47
del D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, prima delle integrazioni apportate
dell’art. 38 del D.L. n. 98 del 2011, al caso di richiesta di riliquidazione
di prestazioni previdenziali solo parzialmente riconosciute e liquidate
dall’ente previdenziale.
In conclusione la censura è manifestamente infondata.

Ric. 2011 n. 29074 sez. ML – ud. 07-11-2013
-6-

unite della Corte e la data dell’udienza avanti a queste ultime, la citata

Sono per contro fondati il secondo ed il terzo motivo con i quali
l’Istituto ricorrente, lamentando la violazione dell’art. 18, comma 18°
del D.L. n. 98/2011, convertito in L. n. 111/2011 e, in via subordinata,
degli artt. 46, 51 e 55 del CCNL per gli operai agricoli e florovivaisti
del 2002 in relazione all’art. 6, comma 4°, lettera a) del d.lgs. n. 314/97
commi 10 0 e 11 ° legge 297/82, censura, in via logicamente
subordinata, la sentenza unicamente per avere incluso nella
retribuzione da prendere a base per la liquidazione dell’indennità di
disoccupazione anche la voce denominata “quota di TFR”, la quale
invece non dovrebbe esserlo, per avere essa — contrariamente a quanto
affermato la Corte territoriale — effettiva natura di retribuzione
differita.
Le censure da trattarsi unitariamente sono manifestamente fondate.
In proposito, si ricorda che questa Corte ha ripetutamente enunciato,
ad es. con la sentenza n. 202/2011, con riferimento a fattispecie
analoghe a quella in esame, il seguente principio: “Confermandosi quanto
già ritenuto dalla precedente sentenza di questa Corte n. 10546/2007 per cui ai
fini della liquidazione delle prestazioni temporanee in agricoltura, la nozione di
retribuzione – definita dalla contrattazione collettiva provinciale, da porre a
confronto con il salario medio convenzionale ex art. 4 del Digs. 16 aprile 1997 n.
146 – non è comprensiva del trattamento di fine rapporto, va ulteriormente
affermato che, sulla base del suddetto principio, la voce denominata “quota di
TFR” dai contratti collettivi vigenti a partire da quello del 27.11.1991, va esclusa
dal computo della indennità di disoccupazione, in considerazione della volontà
espressa dalle parti stipulanti, che è vietato disattendere in forza della disposizione
di cui all’art. 3 D.L. 14 giugno 1996 n. 318 convertito in legge 29 luglio 1996 n.
402, a norma del quale, agli effetti previdenziali, la retribuzione dovuta in base
agli accordi collettivi, non può essere individuata in difformità rispetto a quanto
Ric. 2011 n. 29074 sez. ML – ud. 07-11-2013
-7-

nonché in relazione agli artt. 1362 e ss., 2120 cod. civ. ed all’ artt. 4

definito negli accordi stessi. Dovendo escludersi che detta voce abbia natura diversa
rispetto a quella indicata dalle parti stipulanti, non è ravvisabile alcuna illegittima
alterazione degli istituti legali da parte dell’autonomia collettiva.”
Si rileva altresì, in proposito, che recentemente il significato della
norma di cui all’art. 4 del D. Lgs. n. 146 del 1997 individuato dalla

all’art. 18, comma 18° del D.L. n. 98 del 2011, convertito nella legge n.
111 dello stesso anno, ha specificato che ‘L’art. 4 del D. Lgs. 16 aprile
1997 n. 146 e l’art. 1, comma 5° del D.L. 10 gennaio 2006 n. 2, convertito con
modificazioni dalla legge 11 marzo 2006 n. 81, si interpretano nel senso che la
retribuzione utile per il calcolo delle prestazioni temporanee in favore degli operai
agricoli a tempo determinato non è comprensiva della voce del trattamento di fine
rapporto comunque denominato dalla contrattazione collettiva”.
Per le esposte considerazioni il secondo ed il terzo motivo vanno
accolti, con conseguente rigetto della domanda quanto all’inclusione
della quota di TFR nella base di calcolo dell’indennità di
disoccupazione agricola chiesta.
Sussistono giusti motivi, ravvisabili nell’evoluzione giurisprudenziale e
legislativa della materia, per compensare tra le parti le spese dell’intero
processo.
PQM
LA CORTE
Rigetta il primo motivo di ricorso. Accoglie gli altri. Cassa la sentenza
impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta da
Costantino Anna quanto all’inclusione della quota di TFR nella base di
calcolo dell’indennità di disoccupazione agricola chiesta.
Compensa tra le parti le spese dell’intero processo.
Così deciso in Roma il 7 novembre 2013

Ric. 2011 n. 29074 sez. ML – ud. 07-11-2013

giurisprudenza sopra citata è stato esplicitato anche dal legislatore, che

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA