Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17218 del 11/08/2011

Cassazione civile sez. II, 11/08/2011, (ud. 17/05/2011, dep. 11/08/2011), n.17218

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. PROTO Cesare Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 30298/2005 proposto da:

ALBA MILAGRO INTERNATIONAL SPA (INCORPORANTE LA MILAGRO INTERNATIONAL

SRL) P.I. (OMISSIS) IN PERSONA DEL PRESIDENTE AMMINISTRATORE

DELEGATO SIG. T.P., elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA CARLO POMA 2, presso lo studio dell’avvocato ORLANDO Fabio

Massimo, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato ADAMO

MARIO;

– ricorrente –

contro

G.M. C.F. (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 94, presso lo studio

dell’avvocato FIORE Giovanni, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato MALTONI PIER UGO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1216/2004 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 13/10/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

17/05/2011 dal Consigliere Dott. CESARE ANTONIO PROTO;

udito l’Avvocato Adamo Mario difensore della ricorrente che si

riporta agli atti depositati;

udito l’Avv. Fiore Giovanna difensore del resistente che si riporta

anch’essa;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

LETTIERI Nicola, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso in data 20/12/1996 G.M. chiedeva e otteneva decreto ingiuntivo per l’importo di L. 73.000.000 nei confronti di Alba Milagro International s.r.l. quale residuo compenso per l’espletamento di un incarico non integralmente pagato dalla ingiunta Alba Milagro; quanto all’oggetto dell’incarico, il testo contrattuale era così formulato “… incarico di organizzare una rete di vendita dei nostri prodotti. Il suo incarico potrà dirsi completato con la segnalazione di un coordinatore della rete di vendita e di n. 7 agenti. A fronte di tale incarico Le riconosceremo un compenso di L. 50.000.000 per il 1996, da corrispondere in due rate da L. 25.000.000 al 28/2/1996 ed al 30/9/1996 e per tutto il 1991 di L. 48.000.C00 da corrispondersi in due rate, la prima da L. 25.000.000 al 28/2/1997 e la seconda da L. 23.000.000 al 30/9/1997”.

L’ingiunta con citazione del 28/2/1997 proponeva opposizione esponendo:

– che l’incarico conferito al G. era finalizzato a la cessione della rete di vendita di Agrobiotec -Agro s.r.l. (di cui il G. era socio e amministratore unico) ad essa Alba Milagro, da attuarsi mediante il passaggio degli agenti e di un coordinatore;

i soci di Agrobiotec avevano voluto che il G. assumesse l’impegno in prima persona;

– che il contratto con il quale era stato conferito l’incarico aveva avuto un principio di esecuzione, ma non aveva avuto seguito perchè il soggetto che avrebbe dovuto assumere il ruolo di coordinatore, aveva deciso di prestare la propria attività a favore di una società concorrente.

Pertanto l’opponente chiedeva la revoca del decreto ingiuntivo e, in via riconvenzionale, la risoluzione del contratto per inadempimento del G. e la condanna di quest’ultimo alla restituzione dell’acconto e al risarcimento dei danni quantificati in L. 300.000.000; in via subordinata, chiedeva la condanna dell’attore a restituire la differenza tra quanto ricevuto e il valore della prestazione effettuata.

Il G. si costituiva, sosteneva di avere espletato integralmente l’incarico e chiedeva il rigetto dell’opposizione e delle domande riconvenzionali.

Il Tribunale di Fori con sentenza del 22/3/2002 rigettava l’opposizione e le domande riconvenzionali.

La Alba Milagro International s.r.l. proponeva appello lamentando che la decisione era difforme rispetto al thema decidendum, che non erano state considerate le risultanze istruttorie e che il contratto posto a fondamento della pretesa attorea era stato erroneamente e illegittimamente interpretato.

L’appellato si costituiva contestando in fatto e in diritto le avversare deduzioni.

La Corte di Appello di Bologna con sentenza del 13/10/2004 rigettava l’appello e dichiarava inammissibile la domanda di accertamento della simulazione del contratto posto a fondamento della pretesa dell’attore, ritenendola domanda nuova proposta solo in grado di appello.

Propone ricorso per cassazione fondato su 5 motivi la Alba Milagro International S.p.A. dichiarandosi incorporante la Milagro International s.r.l..

Resiste con controricorso G.M. che, inoltre, deposita memoria con la quale eccepisce, tra l’altro, l’inammissibilità del ricorso in quanto notificato oltre il termine annuale (non considerando la sospensione feriale) al domiciliatario invece che aria parte personalmente.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. L’eccezione preliminare del resistente di inammissibilità del ricorso in quanto notificato presso il difensore domiciliatario e non alla parte personalmente ai sensi dell’art. 330 c.p.c., comma 3, si regge sull’assunto per il quale il suddetto comma 3 (“… in ogni caso, dopo un anno dalla pubblicazione della sentenza, l’impugnazione… si notifica personalmente…”) stabilirebbe un limite temporale corrispondente ad un anno solare, a prescindere dalla sospensione feriale, oltre il quale perderebbe efficacia l’elezione di domicilio.

2. L’eccezione è infondata.

Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, l’impugnazione deve essere proposta entro l’anno dalla pubblicazione della sentenza, ma nel computo dell’anno deve aggiungersi il periodo di sospensione feriale dei termini se la causa vi è soggetta; l’impugnazione che rispetti questo termine costituisce impugnazione nel termine fissato dall’art. 327 cod. proc. civ., e pertanto deve essere notificata nei luoghi indicati dall’art. 330 cod. proc. civ., comma 1 e non personalmente alla parte, come invece previsto dal comma 3 di detta norma per il diverso caso d’impugnazione oltre il suddetto termine (Cass. Sez. un. 20 dicembre 1993 n. 12593, e successive conformi sino alla recente Cass. 26/6/2007 n. 14756 che richiama Cass. 15/9/2004, n. 18572; Cass. 11/11/2003, n. 16945).

3. Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115 e 116 c.p.c. e il vizio di motivazione perchè il giudice di appello:

avrebbe pronunciato, in violazione dell’art. 112 c.p.c., trascurando la prospettazione dei fatti costitutivi della pretesa, quali risultavano dai capitoli di prova dedotti dallo stesso attore e a tenore dei quali era pacifico (secondo la ricorrente) che il G. avrebbe dovuto trasferire l’intera rete di vendita;

non avrebbe posto a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti, ossia le circostanze che costituivano oggetto dei capitoli di prova proposti dallo stesso G., violando l’art. 115 c.p.c.; – non avrebbe riconosciuto, in violazione dell’art. 116 c.p.c., valore indiziario alle deduzioni istruttorie del difensore del G. affermando, senza motivazione, che le deduzioni istruttorie non avrebbero trovato conferma negli elementi di prova acquisiti nel processo;

avrebbe insufficientemente motivato in ordine ai l’individuazione della controprestazione alla quale si era obbligato il G..

4. Con il secondo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1175 e 1375, 1362, 1363, 1366, 1367 e 1371 e 1419 c.c., oltre che, nuovamente, il vizio di motivazione perchè il giudice ci appello:

a) avrebbe motivato in modo contraddittorio affermando, da un lato, che il testo contrattuale era chiaro nella sua formulazione letterale e, dall’altro, interpretando estensivamente alcuni termini (segnalazione da intendersi come reperimento, ricomprendendo, nella prestazioni dovute anche un’opera di persuasione della qual non v’era traccia nel testo contrattuale; non avrebbe analizzato se i comportamenti esecutivi, del contratto fossero conformi a buona fede, non avrebbe considerato il contenuto dell’obbligazione di organizzare un rete di vendita;

b) avrebbe violato il criterio dell’interpretazione secondo la comune intenzione delle parti, non avrebbe considerato la sproporzione tra l’attività di segnalazione di otto nominativi, apparente oggetto del contratto, e il compenso stabilito di L. 98.000.000, l’intendimento delle parti di realizzare la cessione dell’intera azienda mediante il trasferimento della rete di agenti e del parco clienti di Agrobiotec;

sarebbe venuta meno al dovere di interpretare le clausole le une per mezzo delle altre (con riferimento a la mancata considerazione della previsione di una attività della durata di due anni e dell’impegno di organizzare una rete di vendita); non avrebbe interpretato il contratto secondo buona fede; avrebbe violato le regole per le quali l’interpretazione deve consentire di attribuire un senso alle singole clausole e, nei casi dubbi, deve essere favorita l’interpretazione meno gravosa per l’obbligato; non avrebbe applicato l’art. 1419 c.c., che avrebbe imposto di dichiarare la nullità parziale della clausola per la quale l’incarico avrebbe dovuto ritenersi completato con la segnalazione dei nominativi del coordinatore e di sette agenti.

5. Con il terzo motivo la ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., in quanto la Corte di Appello avrebbe erroneamente qualificato come nuova la domanda di simulazione relativa del contratto, mentre sin dal primo grado la ricorrente avrebbe svolto le sue difese deducendo che, quanto all’oggetto e alla prestazione da eseguirsi, il contratto era simulato, con riferimento a circostanze fattuali, deponenti per l’assunzione di un’obbligazione di risultato e non di mezzi, sulle quali controparte avrebbe accettato il contraddittorio.

6. Con il quarto motivo la ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1418, 1345, 1421 c.c., in relazione all’art. 2634 c.c.; nel motivo si assume che sarebbero stati dedotti in causa, dalla stessa ricorrente, fatti in base ai quali avrebbe dovuto riconoscersi al contratto l’illecita finalità, comune ad entrambi i contraenti, di distrarre il bene aziendale costituito dalla rete di vendita dal patrimonio della società amministrata dal G. e a vantaggio esclusivo di quest’ultimo; la Corte di Appello avrebbe, quindi dovuto accertare e dichiarare di ufficio, ai sensi dell’art. 1421 c.c., la nullità del contratto ai sensi degli artt. 1418 e 1345 c.c., per illiceità dei motivi.

Con il quinto motivo la ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. e il vizio di motivazione; nel motivo si assume che sarebbero state negate risultanze probatorie esistenti in atti e affermate risultanze inesistenti.

8. Del tutto preliminare rispetto alla valutazione delle censure come dianzi riportate si pone la questione concernente l’ammissibilità stessa del ricorso in relazione alla legitimatio ad causam della società ricorrente; la questione, in quanto riguardante la regolare costituzione del rapporto processuale, attiene all’ordine pubblico e va, pertanto, rilevata e decisa anche di ufficio in ogni stato e grado del giudizio.

Il giudizio di appello si è, infatti, svolto tra la “Alba Milagro International s.r.l.” (come si evince dall’intestazione della sentenza ora impugnata) e G.M., mentre il ricorso per Cassazione risulta essere stato proposto dalla “Alba Milagro International S.p.A.” (come si evince dall’intestazione e dalla procura in calce al ricorso). E’ pur vero che nell’intestazione del ricorso, dopo l’indicazione del soggetto che lo propone (Alba Milagro International S.p.A.) è inserita la frase “incorporante la Milagro International s.r.l.” ma per potere accertare se effettivamente si fosse verificata la dedotta vicenda meramente evolutivo-modificativa del medesimo soggetto giuridico (allo stesso modo di quanto avviene con la trasformazione) originariamente costituito in giudizio, malgrado la diversa forma giuridica, occorreva che la parte interessata avesse comprovato l’avvenuta incorporazione in modo da rendere certa la continuità, anche per i rapporti processuali, con l’originario soggetto sociale; tale continuità nei rapporti processuali deriverebbe infatti dall’art. 2504 bis cod. civ., che, nella nuova formulazione, prevede che la società incorporante assuma i diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla fusione, proseguendo in tutti i loro rapporti, anche processuali anteriori, alla fusione; pertanto l’incorporazione configura una vicenda meramente evolutivo-modificativa del medesimo soggetto giuridico (sul punto, da ultimo, v. anche Cass. S.U. 17/9/2010 n. 19698).

Al riguardo della prova da offrire, si deve osservare che ove un soggetto che non risulti essere stato parte nella precedente fase del giudizio, proponga impugnazione avverso la decisione adottata all’esito di tale fase, deve non solo dedurre di avere acquistato la legittimazione sulla base d’una sopravvenuta situazione giuridica idonea a fondarla, ma deve altresì provare la situazione che lo legittima al ricorso, posto che ogni qualvolta si faccia valere una posizione giuridica soggettiva attiva – nella specie un potere o comunque un diritto potestativo di natura processuale – si ha correlativamente l’onere di dare la prova del fatto che la costituisce, in base al generale principio di cui all’art. 2697 cod. civ..

Pertanto, al fine dell’ammissibilità del ricorso per cassazione proposto da chi non risulti essere stato parte del giudizio di merito, questi deve allegare la propria legitimatio ad causam e fornire la dimostrazione per essere subentrato nella medesima posizione del proprio dante causa ed, in particolare, ove ricorrente sia una società che assuma di avere assunto i diritti e gli obblighi dell’incorporata che aveva partecipato al giudizio, proseguendo in tutti i rapporti processuali anteriori alla incorporazione deve dare la dimostrazione della sua derivazione dalla parte processuale che era presente nel precedente grado di giudizio, dimostrazione consentita anche in sede di legittimità, a norma dell’art. 372 cod. proc. civ., e da fornirsi, come ripetutamente affermato da questa Corte, mediante deposito e comunicazione alla parte avversaria, di copia degli atti relativi al procedimento di trasformazione o fusione (v. Cass, n. 17681/2007; Cass. n. 396/2003; Cass. n. 1468/2002, Cass. n. 2119/1995).

Ne varrebbe opporre che, una volta dichiarato che la ricorrente agisce quale incorporante, il subentro nella stessa posizione processuale dell’incorporata deriverebbe dalla legge (art. 2504 bis c.c.), posto che l’oggetto della prova non sono gli effetti dell’incorporazione, ma il fatto stesso dell’incorporazione che, invece, non risulta in alcun modo provata nè, d’altra parte v’è alcuna indicazione di documenti comprovanti l’incorporazione nel contesto dell’atto d’impugnazione.

Poichè, dunque, la società ricorrente non ha adempiuto agli oneri indicati, è rimasto del tutto indimostrata la sua legittimazione all’impugnazione, non potendosi dare consistenza di prova alla semplice asserzione del ricorrente di agire quale incorporante, contenuta nell’intestazione del ricorso.

9. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza della ricorrente.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente Alba Milagro S.p.A. a pagare al controricorrente G.M. le spese di questo giudizio di cassazione che sì liquidano in complessivi Euro 2.400,00 di cui 200,00 Euro per esborsi, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 17 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 11 agosto 2011

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