Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17217 del 11/08/2011

Cassazione civile sez. II, 11/08/2011, (ud. 17/05/2011, dep. 11/08/2011), n.17217

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. MATERA Lina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 30057/2005 proposto da:

N.V. C.F. (OMISSIS), elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA PIERLUIGI DA PALESTRINA 63, presso lo studio

dell’avvocato CONTALDI MARIO, rappresentata e difesa dall’avvocato

MASTROGIORGIO Claudio;

– ricorrente –

contro

B.M.A. C.F. (OMISSIS), B.

A. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA COSSERTA 5, presso lo studio dell’avvocato ROMANELLI Guido

Francesco, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato

MURIALDO PAOLO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 234/2005 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 07/03/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/05/2011 dal Consigliere Dott. VINCENZO MAZZACANE;

udito l’Avvocato “Ludovica Franzin con delega depositata in udienza

dell’Avv. Romanelli Guido Francesco difensore dei resistenti che si

riporta agli atti depositati;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

LETTIERI Nicola, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 30-7-1999 B.A. e B.M.A. convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di Savona N.V. e, premesso che essi erano gli unici figli di B.P., nati dal matrimonio di quest’ultimo con V.G.F., deceduta nel (OMISSIS), e che, dichiarata la cessazione degli effetti civili del matrimonio tra i genitori, il padre aveva contratto un nuovo matrimonio con Z.V., la quale era deceduta il 24-2-1997 lasciando a succederle il coniuge superstite in assenza di figli, assumevano che dopo la morte di B.P., avvenuta il 14-1-1998, essi erano venuti a conoscenza dell’esistenza di un preteso testamento olografo del loro genitore datato 23-7-1997 e pubblicato il 25-1-1998 dal notaio Ricci di Albenga con il quale la N., che aveva assistito il “de cuius” dal 1996 fino alla morte, era stata istituita erede universale.

Gli attori, rilevato che tale testamento non apparteneva sicuramente alla grafia del defunto B.P. sia quanto al testo che alla sottoscrizione, dovendosi ritenere che detto testamento fosse opera di terzi, e che inoltre il B. all’epoca di redazione del suddetto atto non era in condizioni di esprimere alcuna volontà per ragioni di età e di salute anche mentale, chiedevano dichiararsi la nullità o l’annullamento del testamento predetto, e conseguentemente dichiararsi che i beni relitti dal padre erano di pertinenza di essi esponenti quali eredi legittimi.

Costituendosi in giudizio la convenuta chiedeva il rigetto delle domande attrici in quanto infondate.

Il Tribunale adito con sentenza non definitiva del 6-3-2002 dichiarava che il testamento del 23-7-1997 non era riferibile a B.P. e che gli eredi legittimi di quest’ultimo erano gli attori.

Proposta impugnazione da parte della N. cui resistevano B.A. e B.M.A. la Corte di Appello di Genova con sentenza del 7-3-2005 ha rigettato il gravame.

Per la cassazione di tale sentenza la N. ha proposto un ricorso affidato ad un unico motivo cui B.A. e B.M.A. hanno resistito con controricorso tardivo (posto che, a fronte di un ricorso notificato il 18-5-2005, il controricorso è stato notificato il 15-5-2007); il difensore degli intimati ha partecipato all’udienza di discussione.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente deve dichiararsi inammissibile il controricorso in quanto non notificato alla ricorrente nei termini di cui all’art. 370 c.p.c..

Venendo quindi all’esame del ricorso, si rileva che con l’unico motivo formulato la ricorrente, denunciando omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, assume che la Corte territoriale, a fronte del motivo di appello con il quale l’esponente aveva dedotto che gli attori soltanto con la comparsa conclusionale avevano disconosciuto l’apparente testamento, sicchè non poteva essere imputata all’appellante l’omissione della richiesta di verificazione del testamento stesso, non ha dato contezza dell’effettiva richiesta avanzata dalla N., non pronunciandosi in ordine alla decadenza o meno di essa dall’istanza di verificazione.

La ricorrente inoltre sostiene che contraddittoriamente il giudice di appello, dopo aver richiamato l’indirizzo della giurisprudenza di legittimità – secondo cui la procedura di disconoscimento di scrittura privata di cui agli artt. 214 e 216 c.p.c., riguarda unicamente le scritture provenienti dai soggetti del processo, e non si applica quindi alle scritture provenienti da terzi estranei, ovvero di persone diverse dalle parti in causa, come nel caso di testamento olografo, in riferimento al quale occorre proporre querela di falso -non ha accolto l’interposto gravame in conformità del suddetto orientamento di questa stessa Corte.

La censura è infondata.

Sotto un primo profilo è agevole osservare che la sentenza impugnata ha affermato che dal contesto dell’atto introduttivo del giudizio di primo grado era emerso che gli attori avevano esplicitamente negato la redazione sia del testo che della sottoscrizione del testamento del 23-7-1997 da parte di B.P., aggiungendo che all’udienza fissata per la comparizione delle parti avevano testualmente dichiarato: “Confermiamo il disconoscimento detta scheda testamentaria pubblicata”, concludendo quindi che le espressioni utilizzate si risolvevano in una evidente contestazione in ordine alla autenticità del testamento suddetto nella sua interezza;

conseguentemente la Corte territoriale ha ritenuto superfluo l’esame della questione prospettata dall’appellante in ordine alla asserita novità della domanda attrice formulata all’udienza di precisazione delle conclusioni mediante il riferimento al disconoscimento del testamento olografo menzionato, ed ha escluso a tal punto che l’appellante avesse offerto prova adeguata dell’autenticità della scheda testamentaria in oggetto.

Pertanto, non essendo stata tale statuizione oggetto di alcuna specifica censura, ne discende l’infondatezza della prima parte dei motivo in esame.

Quanto poi alla residua parte della censura sollevata dalla ricorrente, si rileva che effettivamente la sentenza impugnata ha richiamato un orientamento di questa Corte di legittimità, reputato in contrasto con un indirizzo più risalente, secondo cui la procedura di disconoscimento e di verificazione della scrittura privata riguarda unicamente le scritture provenienti dai soggetti del processo, e presuppone che sia negata la propria firma o la propria scrittura dal soggetto contro il quale il documento è prodotto, mentre per le scritture provenienti da terzi (come nel caso di un testamento olografo), invece, la contestazione non può essere sollevata secondo la disciplina dettata dalle norme di cui agli artt. 214 e 216 c.p.c., bensì nelle forme dell’art. 221 c.p.c., e segg., perchè si risolve in una eccezione di falso; in proposito sono state richiamate le pronunce di questa Corte 3-8-1968 n. 2793, 28-5-1971 n. 1599, 17-1-1995 n. 482 e 30-10-2003 n. 16362.

Orbene, premesso che la citata sentenza 28-5-1971 n. 1599 afferma un principio opposto a quello ora enunciato (escludendo la necessità di proporre la querela di falso da parte di colui che, istituito erede con un primo testamento, in presenza di altro soggetto che pretenda avere diritto alla stessa eredità in base a successiva disposizione testamentaria, è legittimato invece a contestare l’efficacia del testamento posteriore oppostogli mediante il mero disconoscimento), occorre richiamare l’orientamento giurisprudenziale ormai consolidato secondo cui alla parte nei cui confronti venga prodotta una scrittura privata, deve ritenersi consentita, oltre la facoltà di disconoscerla, così facendo carico alla controparte di chiederne la verificazione, anche la possibilità alternativa, senza riconoscere nè espressamente nè tacitamente la scrittura medesima, di proporre querela di falso, al fine di contestare la genuinità del documento, atteso che, in difetto di limitazioni di legge, non può negarsi a detta parte di optare per uno strumento per lei più gravoso, ma rivolto al conseguimento di un risultato più ampio e definitivo, quello cioè della completa rimozione del valore del documento con effetti “erga omnes” e non nei soli riguardi della controparte (Cass. S.U. 4-6-1986 n. 3734; Cass. 27-7-1992 n. 9013; Cass. 23-12-2003 n. 19727); sulla base di tali premesse questo Collegio ritiene di aderire al prevalente indirizzo di questa Corte – non validamente contrastato dalle isolate decisioni in senso contrario sopra menzionate – secondo cui il principio sopra enunciato è applicabile anche nel caso di testamento olografo (Cass. 5-7-1979 n. 3849; Cass. 22-4-1994 n. 3833: Cass. 29-1-2007 n. 1789); nella specie pertanto B.A. e B.M.A. avevano la facoltà (e non l’obbligo) di esperire querela di falso nei confronti del suddetto testamento olografo in via alternativa al disconoscimento dello stesso ai sensi dell’art. 214 c.p.c., cosicchè legittimamente hanno scelto di avvalersi di questo secondo mezzo di tutela dei propri diritti quali eredi di B.P..

Il ricorso deve quindi essere rigettato; le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE Dichiara inammissibile il controricorso, rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento di Euro 200,00 per spese e di Euro 3000,00 per onorari di avvocato.

Così deciso in Roma, il 17 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 11 agosto 2011

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