Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17215 del 11/08/2011

Cassazione civile sez. II, 11/08/2011, (ud. 05/05/2011, dep. 11/08/2011), n.17215

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. PROTO Cesare Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 30053/2005 proposto da:

M.L. (OMISSIS), difeso da se medesimo ed

elettivamente domiciliato preso il proprio studio in 00137 ROMA, VIA

CARLO DOSSI 15;

– ricorrente –

contro

M.M. (OMISSIS), difeso da se medesimo

unitamente all’avvocato PUCCINELLI DANIELA ed elettivamente

domiciliato presso il proprio studio in ROMA, VIALE ANGELICO 12;

– controricorrente –

e contro

M.S., M.V., MA.MA.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 4403/2004 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 14/10/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/05/2011 dal Consigliere Dott. CESARE ANTONIO PROTO;

udito l’Avvocato MARINI LUCIA con delega dell’Avvocato MARINI LUIGI

difensore di se medesimo che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione dell’1/12/1995 M.L., la moglie A., le figlia E. e L. e il genero P.G. convenivano in giudizio M.M. e i suoi figli So., Ma., S. e V., per sentire revocato ai sensi dell’art. 2901 c.c. l’atto di donazione del 6/7/1993 con il quale M.M. aveva donato ai suddetti figli alcuni beni mobili e immobili; gli attori assumevano:

che la donazione era avvenuta dopo il sorgere di alcuni crediti;

che aveva riguardato tutto il patrimonio così sottraendolo alla garanzia generica di essi creditori – e che il donante era consapevole del pregiudizio che arrecava alle ragioni di credito degli attori.

Il Tribunale di Roma con sentenza del 2/7/1998 accoglieva la domanda revocatoria di M.L. e non quella dei suoi familiari; il Tribunale riteneva sussistere una ragione di credito di M. L. in relazione ad un lodo arbitrale con il quale era stato stabilito che il L. doveva vendere al M. la sua quota di un immobile e che il M. doveva pagare il relativo prezzo, pari a L. 191.000.000; il Tribunale riteneva, inoltre, che l’atto di donazione avesse reso più difficoltosa l’eventuale esecuzione coattiva.

Proponevano appello M.M. e i figli S., Ma. e V..

Si costituivano gli appellati che resistevano al gravame.

La Corte di Appello di Roma con sentenza del 14/10/2004 riteneva, preliminarmente, che parti sostanziali del processo fossero solo M.L. e i contraenti dell’atto di donazione e non P. G., A.A., M.E., M.L. ( Ma.So. non risulta indicata nel dispositivo, ancorchè indicata in motivazione) e che, quindi, l’appello proposto nei Loro confronti dovesse essere dichiarato inammissibile;

nel merito, accoglieva l’appello e rigettava la domanda revocatoria proposta da M.L..

La Corte territoriale riteneva:

– che l’attore M.L. non poteva vantare alcun credito nei confronti del fratello M. in quanto il credito (per il prezzo) sarebbe sorto solo dopo il trasferimento della quota di comproprietà dell’immobile e che gli obblighi contrattuali sarebbero sorti solo a seguito di una sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c.;

– che l’atto di donazione non recava all’attore alcun pregiudizio in quanto egli a sua volta era debitore della equivalente prestazione di trasferire la quota;

– che sul bene da trasferire l’alienante aveva ipoteca legale per il prezzo da riscuotere ai sensi dell’art. 7817 c.c.;

che M.M. era proprietario di altri immobili di valore superiore alla somma di L. 134 milioni che avrebbe dovuto pagare in caso di trasferimento della quota immobiliare.

L’avvocato M.L., agendo in proprio, propone ricorso per Cassazione fondato su sei motivi. Resiste con controricorso M. M. che, preliminarmente, eccepisce l’inanimissibilità del ricorso per mancata notifica a Ma.So. e, per essa, all’erede in quanto parte del processo.

Non si sono costituiti Ma.Ma., S. e V..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia, dell’art. 331 c.p.c. per mancata integrazione del contraddittorio, nonchè il vizio di motivazione.

Nel motivo il ricorrente lamenta che la Corte territoriale non si è pronunciata sull’eccezione di inammissibilità dell’appello per mancata integrazione del contraddittorio nei confronti della litisconsorte necessaria Ma.So. e, per essa, nei confronti della figlia ed erede F.A., minorenne, nella persona del padre F.T.A.. Dall’esposizione del fatto contenuta in ricorso, risulta che gli appellati avrebbero eccepito la giuridica inesistenza della notificazione ai F. all’udienza del 24/6/2003, ma non risulta che l’eccezione di inammissibilità dell’appello sia stata formulata all’udienza di precisazione delle conclusioni, mentre sull’eccezione formulata in comparsa conclusionale il giudice di appello non era tenuto a pronunciarsi, ma semplicemente a verificare se all’ordine di integrazione del contraddittorio fosse stata data esecuzione nel termine prescritto.

Peraltro, a prescindere dalla inammissibile deduzione del vizio di omessa pronuncia, il ricorrente lamenta anche che il giudice di appello avrebbe pronunciato senza che fosse previamente integrato il litisconsorzio con l’erede di Ma.So., litisconsorte necessaria in quanto destinataria della revocanda donazione e già parte nel giudizio di primo grado.

La censura è infondata e ciò priva di rilevanza anche l’eccezione di omessa pronuncia sull’eccezione stessa.

A fondamento dell’assunto il ricorrente rileva che la notifica effettuata a F.T.A.B. (padre e legale rappresentante della minore) ai sensi dell’art. 140 c.p.c. presso l’abitazione degli stessi appellanti sarebbe inesistente in quanto effettuata in luogo privo di collegamento con il destinatario della notifica.

Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, l’inesistenza della notificazione è configuratale solo quando essa manchi totalmente oppure quando l’attività compiuta esca completamente dallo schema legale del procedimento notificatorio, essendo stata effettuata in modo assolutamente non previsto dalla normativa; una notificazione va ritenuta soltanto nulla quando la consegna sia comunque avvenuta mediante rilascio di copia dell’atto a persona ed in luogo aventi un qualche riferimento con il destinatario della notificazione.

Nel caso di specie, deve addirittura escludersi non solo l’inesistenza della notificazione, ma la sua stessa nullità in quanto eseguita, sconoscendosi la residenza del padre (nè il ricorrente ha indicato quale sarebbe stata la residenza del notificando), ai sensi degli artt. 139 e 140 c.p.c., nella sua dimora, ossia in (OMISSIS) dove, peraltro, vive anche la figlia minore, come riconosce lo stesso ricorrente (v. pag. 10 del ricorso), nè vi sono elementi per ritenere che la dimora di fatto del padre, al momento della notifica, non fosse, appunto, nello stesso luogo in cui viveva la figlia minore.

2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce il vizio ci omessa insufficiente e contraddittoria motivazione e la violazione dell’art. 111 Cost., art. 102 c.p.c. (Litisconsorzio necessario) e art. 115 c.p.c. (disponibilità del, e prove).

Riporta uno stralcio della motivazione della sentenza di appello nel quale, dopo che si è affermato che sono parti sostanziali del procedimento i contraenti dell’atto di donazione, si prosegue affermando che alla lite sono estranei una serie di soggetti, nei confronti dei quali l’appello deve essere dichiarato Inammissibile;

tra questi soggetti è menzionata anche Ma.So.; in ciò consisterebbe il vizio motivazionale denunciato, posto che Ma.

S. non è estranea, ma parte del contratto di donazione e, quindi, parte del processo.

Appare invece evidente che l’inserimento del nome di Ma.So.

tra gli appellati estranei alla lite e rispetto ai quali l’appello viene dichiarato inammissibile è frutto di un mero refuso, posto che il nome di Ma.So. non compare nè tra i soggetti noi confronti dei quali era stato proposto l’appello inammissibile nè nel dispositivo dove vengono elencati i soggetti nei confronti dei quali ‘appello è dichiarato inammissibile.

Il motivo è, quindi, infondato perchè il dispositivo della sentenza non contiene una pronuncia di inammissibilità dell’appello proposto nei confronti di Ma.So., nè un provvedimento di estromissione della medesima dal processo.

3. Con il terzo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2901 c.c. e dell’art. 113 c.p.c..

Assume che l’affermazione per la quale M.M. non avrebbe compiuto l’atto di disposizione con dolo e irrilevante in quanto il dolo rileva solo quando l’atto di disposizione è anteriore al sorgere del credito, ma non quando è posteriore essendo, in tal caso, sufficiente la consapevolezza del pregiudizio; nella fattispecie l’atto di disposizione sarebbe posteriore in quanto stipulato in data 6/7/1993, mentre il contratto preliminare da cui deriva il credito è stato stipulato il 15/1/1988.

4. Con il quarto motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2901, e 1173 c.c. e art. 113 c.p.c..

Sostiene che la ragione di credito aveva la sua radice causale nel preliminare, anteriore alla donazione, con il quale M.M. si sarebbe assunto l’impegno di pagare L. 135 milioni per l’acquisto dei 50% della proprietà di un immobile; l’inadempienza sarebbe stata poi sancita dal lodo arbitrale del 4/9/1995 con il quale M. era stato dichiarato tenuto ad adempiere.

5. Con il quinto motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1453 e 2901 c.c.; il giudice di appello avrebbe erroneamente ritenuto l’assenza di pregiudizio dal mero inadempimento del contratto; il ricorrente osserva che, invece, sarebbe stato sussistente il credito al risarcimento del danno e il diritto all’adempimento mediante pagamento del prezzo.

6. Con il sesto motivo il ricorrente deduce il vizio di motivazione in relazione all’art. 115 c.p.c..

Assume che erroneamente il giudice di appello avrebbe ritenuto che M.M. fosse proprietario, al momento dell’atto di disposizione, di alcuni beni immobili mentre quei beni immobili erano appunto l’oggetto della donazione; l’appartamento in cui egli abita sarebbe gravato da numerose ipoteche.

Il giudice di appello ha fondato la decisione di rigetto della domanda di revoca dell’atto di donazione del 6/7/1993 su due autonome rationes decidendi: l’inesistenza di una ragione di credito dell’attore al momento del compimento dell’atto da parte del convenuto e l’assenza di pregiudizio derivante dalla donazione perchè il preteso creditore, nella veste di venditore, era già garantito, quanto al prezzo da riscuotere, dalla previsione dell’ipoteca legale ex art. 2817 c.c..

Queste rationes decidendi sono contrastate, ma inefficacemente, con i motivi sub 4) (in ordine all’esistenza di una ragione di credito da tutelare) e sub 5) e 6) (in ordine all’esistenza del pregiudizio).

Occorre premettere che il credito per il quale è stata esercitata la revocatoria è costituito dal pagamento del prezzo di vendita con i relativi interessi. Gotto questo profilo, la decisione della Corte di Appello, con riferimento all’inesistenza del credito e anche di una semplice aspettativa di diritto in ordine al credito per il prezzo che possa dirsi pregiudicata dalla donazione, appare del tutto immune dalle censure sopra richiamate.

Infatti, al momento dell’atto di donazione (6/7/1993), come correttamente rilevato dalla Corte di Appello, nessun credito e nessuna aspettativa di credito era sussistente in capo all’attore, posto che il credito per il prezzo sarebbe sorto solo al momento della conclusione del contratto di vendita, mentre al momento del preliminare a carico delle parti sorgono soltanto obbligazioni di tacere e, in particolare, di addivenire alla stipula del contratto definitivo e, secondo parte della dottrina, anche di fare quanto possibile per attuare il trasferimento della proprietà del bene;

solo al verificarsi dell’effetto differito reale (la vendita del bene) può sorgere il credito al pagamento del prezzo, salva diversa pattuizione contrattuale (inesistente nel caso concreto).

Corretta risulta anche l’ulteriore motivazione (peraltro superflua, essendo stato esclusa l’esistenza di un credito dell’attore al momento della stipula dell’atto revocando) della Corte di Appello per la quale, il relazione al credito per il prezzo, non sussisterebbe alcun pregiudizio, posto che il promittente venditore aveva la possibilità di impedire io stesso sorgere del credito non trasferendo il bene (in questo caso sarebbe pregiudicato non l’interesse al pagamento del prezzo, ma l’interesse alla conclusione del contratto dal quale sarebbe derivato, da un lato la riscossione del prezzo e dall’altro la perdita del bene) o iscrivendo ipoteca sul bene trasferito.

8. In conclusione, il ricorso deve essere respinto per infondatezza dei primi due motivi, nonchè, per quanto sopra esposto, per infondatezza del quarto, del quinto e del sesto, restando assorbito il terzo, attinente alla censura con la quale si è sostenuta l’irrilevanza dell’assenza di dolo da parte del convenuto, posto che la decisione impugnata va confermata non per l’assenza di dolo del convenuto, ma per l’insussistenza del credito e del pregiudizio che possano giustificare l’accoglimento della domanda di revoca della donazione.

9. Le spese di lite liquidate come in dispositivo a favore del solo M.M., unica parte costituita, seguono la soccombenza del ricorrente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente M.L. a pagare al controricorrente M.M. e spese di questo giudizio che liquida in Euro 3.200,00 di cui Euro 200,00 per onorari, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 5 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 11 agosto 2011

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