Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17214 del 22/07/2010

Cassazione civile sez. III, 22/07/2010, (ud. 21/06/2010, dep. 22/07/2010), n.17214

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – rel. Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

FONDAZIONE ENASARCO (OMISSIS), in persona del Presidente e legale

rappresentante Dott. P.D., elettivamente domiciliata in

ROMA, PIAZZA SALLUSTIO 9, presso lo studio dell’avvocato SPALLINA

BARTOLO, che la rappresenta e difende giusta delega a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

C.P. (OMISSIS), M.G.

(OMISSIS), D.C.M. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA TASSO 39, presso lo studio

dell’avvocato ARGIOLAS LUCIANO, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato GUALTIERI GUALTIERO giusta delega a margine

del controricorso;

– controricorrenti –

e contro

M.L. (OMISSIS), + ALTRI OMESSI

;

– intimati –

avverso la sentenza n. 718/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

SEZIONE QUARTA CIVILE, emessa il 15/02/05, depositata il 23/03/2005

R.G.N. 2351/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/06/2010 dal Consigliere Dott. AMENDOLA Adelaide;

udito l’Avvocato BARTOLO SPALLINA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

LECCISI Giampaolo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’iter processuale puo’ essere cosi’ ricostruito sulla base della sentenza impugnata.

D.N.L., + ALTRI OMESSI convenivano in giudizio innanzi al Tribunale di Roma la Fondazione ENASARCO – Ente Nazionale Assistenza Agenti e Rappresentanti di Commercio – e, premesso che gli appartamenti di cui essi erano conduttori, situati in uno stabile di proprieta’ della convenuta, presentavano umidita’ diffusa e difetti strutturali di costruzione; che il canone era stato calcolato in misura esorbitante, in relazione allo stato di conservazione dell’immobile, da considerarsi mediocre, alla categoria catastale, determinata in (OMISSIS), ma da fissarsi in (OMISSIS), e alla zona di ubicazione, da considerarsi agricola; che avevano corrisposto somme in eccesso anche per oneri accessori, chiedevano: a) accertarsi l’entita’ dei vizi denunziati, disponendo per l’effetto l’esecuzione delle opere necessarie alla loro eliminazione nonche’ la condanna del locatore al risarcimento dei danni; b) quantificare l’equo canone dovuto e c) determinare gli oneri accessori a loro carico, con ogni conseguente pronuncia in ordine alla restituzione delle somme versate in piu’.

Con sentenza non definitiva n. 14441 del 24 giugno 1999 il giudice adito rigettava le domande volte all’esecuzione delle opere necessarie alla eliminazione dei pretesi vizi dell’immobile nonche’ alla restituzione degli oneri accessori, disponendo con separata ordinanza per la prosecuzione del giudizio.

Con altra sentenza n. 7097 del 15 febbraio 2001, anch’essa non definitiva, il Tribunale di Roma dichiarava che gli immobili di cui al ricorso, ai fini della determinazione dell’equo canone, andavano considerati appartenenti alla tipologia (OMISSIS), con indice 1.05, ed inseriti in zona agricola, con indice 0,85, provvedendo per la prosecuzione del giudizio al fine della determinazione delle somme a credito dei ricorrenti.

Infine, con sentenza n. 3983 del 30 gennaio 2002, il Tribunale, condannava la Fondazione ENASARCO al pagamento, in favore dei conduttori, delle somme a ciascuno di essi spettanti. Proposto gravame principale da ENASARCO e incidentale da A.A. e litisconsorti, la Corte d’appello di Roma, con sentenza del 23 marzo 2005, li rigettava entrambi.

Contro detta pronuncia ha proposto ricorso per cassazione, illustrato anche da memoria, la Fondazione ENASARCO, formulando due motivi e notificando l’atto a D.N.L., + ALTRI OMESSI .

Hanno resistito con controricorso i soli C.P., + ALTRI OMESSI mentre gli altri intimati non hanno svolto alcuna attivita’ difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 Va anzitutto disattesa l’eccezione di inammissibilita’ del ricorso sollevata in limine dai controricorrenti. Questi hanno invero sostenuto che, essendo stata la sentenza impugnata depositata il 23 marzo 2005, l’anno terminava il 22 e non il 23 marzo del 2006, di talche’ il successivo quarantaseiesimo giorno utile per la proposizione del ricorso era il 7, non gia’ l’8 maggio 2006, data in cui la notifica era invece avvenuta. L’eccezione e’ infondata.

In base al principio espresso dall’art. 155 c.p.c., secondo cui per il computo dei termini a mese o ad anno si osserva il calendario comune, si fa cioe’ riferimento (dovendo il computo avvenire ex nominatione dierum e non ex numero) , al nome e al numero attribuiti, rispettivamente, a ciascun mese e giorno, la scadenza del termine annuale per l’impugnazione delle sentenze coincide con lo spirare del giorno (dell’anno successivo) avente la stessa denominazione, quanto a mese e numero, di quello in cui la sentenza e’ stata depositata (Cass. civ., 12 novembre 2007, n. 23479).

Ne deriva che il ricorso, proposto l’8 maggio 2006, deve ritenersi tempestivo.

2 Col primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. 11 agosto 1949, n. 1142, artt. 6 e 7 nonche’ del R.D.L. 13 aprile 1939, n. 652, artt. 8 e 12 in relazione alla L. 27 luglio 1978, art. 13 e alla L. 20 marzo 1865, n. 2248, art. 5, all. E, nonche’ omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia.

Deduce che nei motivi di gravame era stato segnatamente evidenziato l’errore metodologico in cui era incorso il giudice di prime cure che, nel classificare gli immobili nella categoria (OMISSIS), si era riferito a elementi strutturali degli stessi, per come evidenziati dal consulente, senza tener conto dei criteri seguiti dall’UTE nella individuazione delle caratteristiche delle unita’ – tipo in relazione alle varie zone censuarie: riferimento imprescindibile, a sol considerare che la suddivisione di ciascuna categoria in sottocategorie (quali, (OMISSIS), ecc.) , e di ciascuna di queste in classi, costituiva procedimento volto, da un lato, a individuare, nella maniera piu’ concreta possibile, la capacita’ di reddito di ogni unita’ immobiliare, e, dall’altro, a evitare che nell’ambito della medesima zona a immobili aventi caratteristiche identiche potessero attribuirsi classamenti diversi. In tale prospettiva solo la violazione dei criteri determinati dall’UTE poteva determinare una illegittimita’ dell’atto per eccesso di potere, con conseguente sua disapplicazione da parte del giudice ordinario.

La Corte territoriale, nel respingere la censura mediante il mero richiamo alle caratteristiche degli immobili, come descritte dall’ausiliario, aveva mostrato di non averne colto l’effettiva portata, stante l’assoluta assenza di qualsivoglia indicazione delle “norme interne, direttive o istruzioni” asseritamente violate dagli uffici dell’amministrazione nell’attribuzione della categoria catastale (OMISSIS), ritenuta illegittima. In particolare mancava nella impugnata sentenza l’indicazione delle ragioni per le quali il provvedimento di classamento risultava illegittimo, si’ da giustificarne la disapplicazione, illegittimita’ che poteva discendere solo dall’accertato malgoverno dei principi adottati dallo stesso ufficio erariale all’epoca del provvedimento.

2.1 Le censure hanno ad oggetto la ritenuta infondatezza dei motivi di gravame concernenti la pretesa, erronea individuazione della categoria catastale da attribuire alle unita’ immobiliari de quibus.

Secondo la Curia territoriale le conclusioni dell’esperto il quale, descritte analiticamente le qualita’ strutturali e architettoniche degli immobili in contestazione, aveva concluso nel senso della loro corrispondenza a quelle usualmente considerate basilari per l’attribuzione della categoria (OMISSIS) andavano condivise, perche’, se era vero che alcune delle predette caratteristiche tipologiche erano proprie della categoria (OMISSIS), ai fini della classificazione era necessario avere riguardo agli elementi prevalenti, e, a tale riguardo, non poteva essere revocato in dubbio che vi era una preponderanza di indici propri della categoria (OMISSIS), quali il totale sfruttamento della volumetria assentita, le limitate dimensioni delle scale, le rifiniture eseguite con l’impiego di materiali scadenti e tipiche dell’edilizia convenzionata, economica e popolare, l’assenza di una cucina abitabile e di un vano destinato a ingresso, la presenza, laddove esisteva, di un bagno secondario, privo di finestra e di dimensioni assai ridotte, le stanze disimpegnate da ambienti ristretti e poco luminosi, i pianerottoli che fornivano accesso a quattro appartamenti per piano.

2.3 A fronte di tale apparato motivazionale le critiche della ricorrente ENASARCO in buona parte ruotano intorno alla necessita’ di limitare lo scrutinio alla verifica del rispetto dei criteri determinati dall’UTE, senza considerare che e’ stato proprio questo l’oggetto dell’indagine affidata al consulente tecnico, di talche’ la contestazione alla scelta decisoria adottata dal giudice di merito si risolve nella contestazione agli esiti dell’accertamento peritale. E in proposito torna utile ricordare che il giudice del merito non e’ tenuto ad esporre in modo puntuale le ragioni della propria adesione alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, potendo limitarsi a un mero richiamo delle stesse (Cass. civ., 6 settembre 2007, n. 18688).

Sotto altro, concorrente profilo, va poi osservato che il motivo difetta all’evidenza anche del necessario requisito dell’autosufficienza, posto che la parte non solo omette di indicare le determinazioni dell’Ufficio tecnico di cui il consulente avrebbe fatto malgoverno, ma, dolendosi della acritica adesione del giudice al parere espresso dall’ausiliario, non riporta per esteso le pertinenti parti dell’elaborato peritale ritenute insufficienti o erronee, sicche’ la doglianza si risolve, in definitiva, nell’inammissibile invito a una diversa valutazione dei fatti di causa (Cass. civ. 6 settembre 2007, n. 18688; Cass. civ. 18 dicembre 2006, n. 27045; Cass. civ. 7 marzo 2006, n. 4885).

2.4 Merita infine evidenziare che la Corte d’appello si e’ mossa nella corretta prospettiva che nella disciplina delle locazioni di immobili urbani, di cui alla L. n. 392 del 1978, e con riferimento alle norme che danno rilevanza alle risultanze catastali, ai fini della determinazione del canone, e’ in facolta’ delle parti contestare la corrispondenza dei dati catastali alla effettiva situazione di fatto dell’immobile, sia per modificazioni sopravvenute non ancora registrate in catasto, sia per violazione di legge o errori di apprezzamento commessi nel corso del procedimento di classificazione, di talche’ il giudice che accerti incidentalmente l’illegittimita’ dell’atto amministrativo di classamento e’ tenuto a disapplicarlo (confr. Cass. civ. 22 giugno 2006, n. 14459; Cass. civ. 14 marzo 2006, n. 5465; Cass. civ. 7 dicembre 2005, n. 27002).

3.1 Col secondo mezzo l’impugnante lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 324 c.p.c., art. 2909 c.c., anche in relazione agli artt. 1578, 1581 e 2697 c.c., nonche’ omessa pronuncia su un punto essenziale della controversia prospettato dalla parte.

Rileva che il Tribunale di Roma, nel respingere con la sentenza non definitiva n. 14441/1999 la domanda volta ad ottenere l’eliminazione dei vizi della cosa locata, con conseguente risarcimento dei danni arrecati dagli stessi, aveva osservato che il conduttore non puo’ sostituirsi al locatore nelle opere di manutenzione sia ordinaria che straordinaria, ne’ puo’ effettuare direttamente le riparazioni, potendo solo attivare le tutele risolutorie e risarcitorie previste dagli artt. 1578 e 1581 c.c.. Aggiunge che nella prima relazione di consulenza del 9 ottobre 2000 il c.t.u. aveva espressamente avvertito che i lavori di manutenzione e di riparazione erano stati generalmente eseguiti dalla societa’ costruttrice o dall’Ente proprietario e che le affermazioni verbali dei conduttori risultavano in definitiva prive di supporto. Malgrado cio’ nel secondo elaborato peritale l’ausiliario aveva ritenuto di dover quantificare, insieme alle maggiori somme versate dal locatario per canoni, gli ulteriori danni dallo stesso subiti, indicando poi l’importo complessivo risultante dalle predette voci. E il Tribunale, in spregio al giudicato formatosi sulla sentenza non definitiva n. 14441/99, lo aveva liquidato in sentenza senza tener conto del fatto che in esso erano inclusi anche i pregiudizi asseritamente subiti dal conduttore per i costi, non di sua pertinenza, sopportati ai fini della manutenzione dell’immobile.

Nei motivi di gravame era quindi stato specificamente dedotto che mai nessuna domanda di rimborso per spese asseritamente sostenute a causa di interventi urgenti e indifferibili era stata formulata in primo grado dai ricorrenti, i quali neppure avevano mai dedotto di essere stati autorizzati ad effettuare i lavori ai quali si riferivano le spese considerate dal consulente. A fronte di tali specifiche critiche, la Curia capitolina aveva apoditticamente confermato la decisione di prime cure. Il giudice di merito aveva cosi’ in definitiva accordato ai conduttori una tutela non prevista dall’ordinamento e in ogni caso neppure richiesta, non avendo essi avanzato domanda alcuna per il rimborso delle spese in argomento. Ne’ aveva tenuto conto di quanto evidenziato dal c.t.u. in ordine al carattere meramente verbale delle loro affermazioni.

3.2 Le critiche sono fondate.

A fronte del motivo di gravame col quale l’ENASARCO aveva denunciato la presunta erronea determinazione dei crediti liquidati a favore di ciascun conduttore, nei termini innanzi esposti, la Corte territoriale si e’ limitata a definire generica la contestazione dell’appellante, e ad affermare che il c.t.u., nel predisporre i conteggi, aveva operato nel pieno rispetto del contraddittorio, sulla base di obiettivi elementi di riscontro e di calcolo (vedi documentazione in atti), considerando tutti gli immobili in “normale stato di conservazione”. Trattasi, all’evidenza, di motivazione assolutamente criptica, che nulla chiarisce, in realta’, sulle ragioni della decisione. Ne deriva che la sentenza impugnata deve essere in parte qua cassata perche’ il giudice di rinvio dia adeguata risposta a tutte le critiche formulate dall’impugnante in ordine alla liquidazione a ciascun inquilino, oltre che delle maggiori somme versate dal locatario per canoni, di un ulteriore importo per pretesi danni dallo stesso subiti.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il primo motivo di ricorso. Accoglie il secondo.

Cassa in relazione al motivo accolto e rinvia anche per le spese del giudizio di cassazione alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 21 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2010

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