Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17210 del 11/07/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Ord. Sez. 6 Num. 17210 Anno 2013
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: TRICOMI IRENE

ORDINANZA
sul ricorso 17713-2011 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE 80078750587, in persona del Presidente e legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA CENTRALE
DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati CALIULO
LUIGI, PATTERI ANTONELLA, GIANNICO GIUSEPPINA,
PREDEN SERGIO giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente contro
BELARDINELLI MARIA MARCELLA BLRMMR42D46G212Q,
elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA COLA DI RIENZO
69, presso lo studio dell’avvocato BOER PAOLO, che la rappresenta e
difende giusta procura a margine del controricorso;

Data pubblicazione: 11/07/2013

- controricorrente avverso la sentenza n. 515/2010 della CORTE D’APPELLO di
PERUGIA del 24/11/2010, depositata il 22/03/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

udito l’Avvocato Preden Sergio difensore del controricorrente che si
riporta agli scritti;
è presente il P.G. in persona del Dott. MAURIZIO VELARDI che
nulla osserva.

2

20/05/2013 dal Consigliere Relatore Dott. IRENE TRICOMI;

3

FATTO E DIRITTO
Atteso che e’ stata depositata relazione del seguente contenuto:
“La Corte d’Appello di Perugia, con la sentenza n. 515/2010, pronunciando
sull’impugnazione proposta dall’INPS nei confronti di Belardinelli Maria
Marcella in ordine alla sentenza resa tra le parti dal Tribunale di Perugia,
rigettava l’impugnazione.
La Belardinelli aveva adito il Tribunale chiedendo che la pensione di anzianità
erogata dall’INPS, ricostruita a seguito del trasferimento della contribuzione
svizzera, fosse riliquidata dalla decorrenza originaria del trattamento e cioè
dal 1° settembre 2000 e non dal 10 ottobre 2001.
Il Tribunale respingeva l’eccezione di decadenza ex art. 47 del d.P.R: n. 639
del 1970 e accoglieva la domanda. Proposto appello dall’INPS, la Corte
d’Appello di Perugia confermava la sentenza impugnata.
Per la cassazione della suddetta sentenza di secondo grado ricorre l’INPS con
un unico motivo di impugnazione.
Resiste la Belardinelli con controricorso.
L’INPS con l’unico motivo di ricorso proposto, deduce la violazione e falsa
applicazione dell’art. 47 del dPR n. 639 del 1970, come sostituito, e dell’art. 6
del d.l. n. 103 del 1991, convertito dalla legge n. 166 del 1991.
Assume il ricorrente che la questione sottoposta alla Corte con il suddetto
motivo di gravame, attiene all’applicabilità della decadenza triennale
disciplinata dal suddetto art. 47, in caso di domanda giudiziale volta ad ottenere
la riliquidazione di una prestazione già riconosciuta nell’an, ma contestata nel
quantum.
Il ricorso è manifestamente infondato in ragione dei principi di diritto
affermati da questa Corte con la sentenza n. 7245 del 2012, le cui
argomentazioni, che si condividono, si riportano di seguito.
Va premesso che l’originario testo dell’art. 47 del D.P.R. 30 aprile 1970
n. 639 stabiliva quanto segue.
“Esauriti i ricorsi in via amministrativa, può essere proposta l’azione
dinanzi all’autorità giudiziaria, ai sensi degli artt 459 e ss. cod proc. civ.
L’azione giudiziaria può essere proposta entro il termine di dieci anni
dalla data di comunicazione della decisione definitiva del ricorso pronunziata
dai competenti organi dell’istituto o dalla data di scadenza del termine stabilito
per la pronunzia della decisione medesima, se trattasi di controversie in
materia di trattamenti pensionistici.
L’azione giudiziaria può essere proposta entro il termine di cinque anni
dalle date di cui al precedente comma se trattasi di controversie in materia di
prestazioni a carico dell’assicurazione contro la tubercolosi e
dell’assicurazione contro la disoccupazione involontaria “.
Come è noto, i termini stabiliti dall’articolo di legge citato erano stati
ritenuti dalle sezioni unite di questa Corte (Cass. S.U. 21 giugno 1990 n. 6245)
di decadenza, di tipo peraltro procedimentale, vale a dire finalizzata unicamente
a delimitare l’efficacia temporale della condizione di procedibilità della
domanda giudiziaria, rappresentata dall’attivazione e dall’esaurimento del
procedimento amministrativo.
Col successivo art. 6 del D.L. 29 marzo 1991 n. 103, convertito con
modificazioni nella legge 1 ° giugno 1991 n. 166, ritenuto da Corte Cost., con
la sent. n. 246 del 1992, di interpretazione autentica dell’art. 47 D.P.R.
n.639/70, venne poi stabilito:

4

” 1 – I termini previsti dall’art. 47, commi secondo e terzo del D.P.R. 30
aprile 1970 n. 639 sono posti a pena di decadenza per l ‘esercizio del diritto
alla prestazione previdenziale . la decadenza determina l’estinzione del diritto
ai ratei pregressi delle prestazioni previdenziali e l’inammissibilità della relativa domanda giudiziale. In caso di mancata proposizione del ricorso amministrativo, i termini decorrono dall’insorgenza del diritto ai singoli ratei.
2 – Le disposizioni di cui al comma precedente hanno efficacia retroattiva, ma non si applicano ai processi che sono in corso alla data di entrata in
vigore del presente decreto “.
Con l’art. 4 del D.L. 19 settembre 1992 n. 384, i commi secondo e terzo
del citato art. 47 sono stati successivamente sostituiti dai seguenti:
“Per le controversie in materia di trattamenti pensionistici, l’azione
giudiziaria può essere proposta, a pena di decadenza, entro il termine di tre
anni dalla data di comunicazione della decisione del ricorso pronunziata dai
competenti organi dell’istituto o dalla data di scadenza del termine stabilito per
la pronunzia della predetta decisione ovvero dalla data di scadenza dei termini
prescritti per l’esaurimento del procedimento amministrativo, computati a
decorrere dalla data di presentazione della richiesta di prestazione.
Per le controversie in materia di prestazioni della gestione di cui all
‘art. 24 della legge 9 marzo 1989 n. 88, l’azione giudiziaria può essere
proposta, a pena di decadenza, entro il termine di un anno dalle date di cui al
precedente comma”.
L’ultimo comma dell’art. 4 ha poi stabilito che le disposizioni indicate
“non si applicano ai procedimenti istaurati anteriormente alla data di entrata
i n vigore del presente decreto ancora in corso alla medesima data “.
Infine, recentemente, l’art. 38, primo comma, lett. d) del D.L. 6 luglio
2011 n. 98, convertito in legge n. 111 del medesimo anno, ha aggiunto al citato
art. 47 un ultimo comma, del seguente tenore: “Le decadenze previste dai
commi che precedono si applicano anche alle azioni giudiziarie aventi ad oggetto l’adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di
accessori del credito. In tal caso il termine di decadenza decorre dal riconoscimento parziale della prestazione ovvero dal pagamento della sorte”, precisando al quarto comma che “Le disposizioni di cui al comma 1, lett c) e d) si
applicano anche ai giudizi pendenti in primo grado alla data di entrata in vigore del presente decreto “.
Questo essendo il quadro di riferimento normativo, la giurisprudenza
consolidata, pur tra frequenti contrasti, di questa Corte (da ultimo, sulla base di
Cass. S.U. 29 maggio 2009 n. 12720 – che ribadisce le tesi della precedente
Cass. S.U. 18 luglio 1996 n. 6491-, cfr., ad es., Cass. 20 gennaio 2010 n. 948 e
26 gennaio 2010 n. 1580) era, per quanto qui interessa e fino alla citata recente
novella del 2011, nel senso della inapplicabilità della decadenza alle domande
di adeguamento di prestazioni previdenziali già riconosciute e liquidate solo
parzialmente dall’ente previdenziale.
Infatti le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 12720 del 29
maggio 2009, componendo un contrasto di giurisprudenza insorto nell’ambito
della sezione lavoro, avevano affermato che “La decadenza di cui al D.P.R. 30
aprile 1970, n. 639, art. 47 – come interpretato dal D.L. 29 marzo 1991, n. 103,
art. 6, convertito, con modificazioni, nella L. 1 giugno 1991, n. 166 – non può
trovare applicazione in tutti quei casi in cui la domanda giudiziale sia rivolta
ad ottenere non già il riconoscimento del diritto alla prestazione previdenziale

in sé considerata, ma solo l’adeguamento di detta prestazione già riconosciuta
in un importo inferiore a quello dovuto, come avviene nei casi in cui l’Istituto
previdenziale sia incorso in errori di calcolo o in errate interpretazioni della
normativa legale o ne abbia disconosciuto una componente, nei quali casi la
pretesa non soggiace ad altro limite che non sia quello della ordinaria
prescrizione decennale”.
Recentemente, peraltro, la questione era stata nuovamente rimessa da un
collegio della sezione lavoro, con ordinanza interlocutoria depositata il 18
gennaio 2011, n. 1071, alle sezioni unite di questa Corte, sulla base del rilievo
che l’interpretazione prevalente non apparirebbe giustificata dal tenore letterale
e dalla considerazione delle finalità della norma, la quale riguarderebbe viceversa ogni tipo di azione in materia di prestazioni previdenziali.
Intervenuta, tra l’ordinanza interlocutoria di rimessione alle Sezioni
Unite della Corte e la data dell’udienza avanti a queste ultime, la citata novella
di cui all’art. 38, primo comma, lett. d) del recente D.L. 6 luglio 2011 n. 98,
convertito in legge n. 111 del 2011, è stata quindi disposta la restituzione degli
atti alla sezione lavoro, sulla base della considerazione della necessità di
valutare la persistenza del proposito di investire della questione le sezioni unite,
alla luce della valutazione della eventuale incidenza delle norme di legge citate
sulla interpretazione del l’art. 47, vigente prima di essa.
Ciò premesso, non può non rilevarsi che la nuova disciplina, esprimendo
il proposito del legislatore di modificare in materia, con una limitata efficacia
retroattiva, la regola preesistente, quale consolidatasi per effetto delle recente
pronuncia delle sezioni unite del 2009, conferma indirettamente la
corrispondenza di quest’ultima all’originario contenuto dell’art. 47, nel testo
vigente fino alla novella del 2011.
L’autorità del precedente arresto interpretativo delle sezioni unite della
Corte e l’indiretta conferma della sua correttezza proveniente dallo stesso legislatore convincono in definitiva della inapplicabilità dell’art. 47 del D.P.R. 30
aprile 1970, n. 639, prima delle integrazioni apportate dell’art. 38 del D.L. n. 98
del 2011, al caso di richiesta di riliquidazione di prestazioni previdenziali solo
parzialmente riconosciute e liquidate dall’ente previdenziale”.
La Belardinelli ha depositato memoria con la quale ha insistito nelle
proprie difese.
Il Collegio condivide e fa proprie le argomentazioni e le conclusioni che
precedono. Pertanto rigetta il ricorso. Le spese seguono la soccombenza e sono
sk<41 liquidate come in dispositivo. )(VA/ oip v), PQM La Corte rigetta il ricorsofr condanna l'INPS al pagamento delle spese di giudizio che liquida in euro duemila per compenso professionale oltre accessori. Così deciso in Roma il 20 maggio 2013 Il Presidente

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA