Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17207 del 11/08/2011

Cassazione civile sez. II, 11/08/2011, (ud. 14/04/2011, dep. 11/08/2011), n.17207

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –

Dott. PETTI Giovanni Battista – Consigliere –

Dott. MANNA Felice – rel. Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 25992/2005 proposto da:

F.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA ARNO 38, presso lo studio dell’avvocato DI MARIA Franco,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato BUCCI RAFFAELE;

– ricorrente –

contro

Z.R., Z.D.;

– intimati –

sul ricorso 30896/2005 proposto da:

Z.D. (OMISSIS), Z.R.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA S. TOMMASO

D’AQUINO 116, presso lo studio dell’avvocato DIERNA ANTONINO, che li

rappresenta e difende unitamente agli avvocati LUCCHETTA ARTURO,

PAGNOSCIN ALBERTO;

– controricorrenti ricorrenti incidentali –

e contro

F.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 594/2005 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 12/04/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/04/2011 dal Consigliere Dott. FELICE MANNA;

udito l’Avvocato DIERNA Antonino, difensore dei resistenti che si

riporta agli atti;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso previa riunione rigetto del

ricorso principale, accoglimento ricorso incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

D.C.A., proprietaria di un fondo distinto dal mappale 388 e comproprietaria di altro recante il numero 271 del foglio 30, entrambi posti in comune di Santo Stefano di Cadore, conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Belluno F.A., proprietario di un fondo vicino distinto dal mappale 384, per sentirlo condannare, tra altre richieste (non più rilevanti in questa sede), all’eliminazione di varie opere, tra cui balconi, altre vedute e sporti, aggettanti sul ridetto fondo comune.

Il convenuto resisteva alla domanda, che il Tribunale accoglieva, condannando il F. alle necessarie demolizioni.

Sull’impugnazione di quest’ultimo la Corte d’appello di Venezia, con sentenza del 12.4.2005, pronunciata nei confronti degli eredi dell’attrice, D. e Z.R., limitava la condanna all’eliminazione dei soli balconi e vedute, ritenendo che la circostanza per cui il mappale 271 fosse comune alle parti (e a un terzo) non fosse sufficiente ad attribuire al predetto immobile una destinazione al servizio dell’utilità dei fondi di rispettiva proprietà esclusiva delle parti, in quanto la creazione di una servitù in danno della proprietà comune non poteva essere giustificata dalla facoltà di utilizzazione comune della cosa ai sensi dell’art. 1102 c.c.. Riteneva, inoltre, che l’invasione dello spazio aereo soprastante il mappale 271 neppure potesse essere legittimata dall’altezza (oltre tre metri) alla quale erano stati eretti i balconi, in quanto l’art. 840 c.c., comma 2, non si esaurisce nella possibilità del proprietario del suolo sovrastato di edificare a propria volta, ma coinvolge una più vasta gamma di fruibilità del suolo. Infine, compensava integralmente le spese del doppio grado di merito, in considerazione dell’esito complessivo del giudizio.

Per la cassazione di detta sentenza ricorre F.A..

Resistono con controricorso gli intimati, i quali propongono, altresì ricorso incidentale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente vanno riuniti i ricorsi, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., in quanto proposti avverso la medesima sentenza.

1. – Con il primo motivo del ricorso principale si deduce la violazione dell’art. 167 c.p.c., comma 1, applicabile al giudizio d’appello in base all’art. 347 c.p.c., comma 1, nella parte in cui stabilisce a carico del convenuto l’onere di contestare in maniera specifica i fatti posti a base della “domanda” dell’appellante.

Sostiene parte ricorrente di aver fatto valere le proprie ragioni, nel corso di entrambi i gradi di giudizio, sostenendo che il mappale n. 271 è posto al servizio delle unità immobiliari di proprietà esclusiva dei contendenti, quale cortile condominiale, e che la realizzazione di aggetti su di esso era da ascriversi non alla problematica di presunte violazioni della normativa sulle distanze, ma alle modalità di utilizzo delle cose comuni, ai sensi dell’art. 1102 c.c.. Ciò posto, quanto affermato dalla Corte d’appello in merito alla mancata prova della destinazione del mappale 271 al servizio di ognuna delle unità immobiliari in proprietà esclusiva, non corrisponde alla realtà processuale emersa, poichè a fronte dei rilievi sulla destinazione del ridetto mappale, mai la controparte ha negato quanto affermato dall’odierno ricorrente, per cui la conclusione negativa cui è pervenuta la Corte d’appello non trova fondamento in alcuna contestazione o eccezione della parte convenuta.

Con la conseguenza che la mancata contestazione da parte dell’appellato in ordine alla comunanza del mapp. 271, ha reso non controversa la circostanza.

1.1. – Il motivo è infondato, perchè la critica che lo sostiene non coglie affatto il senso della decisione impugnata.

La Corte d’appello non ha ritenuto che non sia stata raggiunta la prova che il mappale 271 sia comune, ma ha affermato, al contrario, che la circostanza che esso sia in comproprietà tra le parti (ed un terzo non in causa) non è sufficiente ad attribuirvi una destinazione di servizio all’utilità dei fondi in proprietà esclusiva delle parti (aggiungendo, semmai, che non era provato che il F. avesse costruito a ridosso dello stesso mappale). E da ciò ha tratto la conseguenza che la creazione di una servitù in danno della proprietà comune non era giustificata dal diritto di usarne ai sensi dell’art. 1102 c.c..

Affermazione, questa, del tutto condivisibile, in quanto in linea con l’indirizzo espresso da questa S.C., secondo cui la costruzione di balconi e pensili sul cortile comune è consentita al singolo condomino, purchè, ai sensi dell’art. 1102 c.c., non risulti alterata la destinazione del bene comune e non sia impedito agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto (Cass. n. 12569/02; analogamente, v. Cass. n. 3098/05). Non basta, pertanto, che l’aggetto sia a carico di un’area comune perchè possa sillogisticamente trarsi la conclusione che la relativa realizzazione costituisca legittima modalità d’esercizio del diritto di usare del bene, ma occorre l’ulteriore verifica del concorso delle condizioni di cui alla citata norma, e segnatamente della conformità dell’uso stesso alla destinazione del bene. Nè tanto meno basta affermare, come si legge nel motivo, che non sia stato contestato che l’area in questione sia “al servizio” dei fondi di proprietà esclusiva, atteso che tale espressione appare generica, e, attribuendovi significato tecnico-giuridico, essa rimanda, semmai, all’esistenza di una servitù a carico della cosa comune, fatto che non è mai stato posto a base delle difese della parte odierna ricorrente, intese ad affermare, al contrario, l’applicabilità dell’art. 1102 c.c..

Inoltre, la non contestazione può avere ad oggetto unicamente i fatti (come stabilisce l’art. 167 c.p.c., comma 1, richiamato dal ricorrente), non anche la loro valenza giuridica e il loro significato esaustivo in rapporto alla fattispecie ipotetica invocata. Da ultimo, ma non per ultimo, la stessa natura negatoria della domanda è di per sè chiara e univoca contestazione della compatibilità delle opere con il godimento della cosa comune.

Compatibilità in ordine alla quale il motivo d’impugnazione non contiene critiche specifiche alla decisione della Corte d’appello, limitandosi a dare per scontato che i balconi realizzati, per altezza rispetto al suolo e profondità di aggetto, siano tali da non impedire il pari uso dell’area da parte degli altri comproprietari.

2. – Il secondo motivo denuncia la violazione dell’art. 840 c.c., comma 2, nella parte in cui prevede che il proprietario del suolo non può opporsi alle attività dei terzi che si svolgano ad altezza tale nello spazio sovrastante che non vi sia interesse ad escluderle, nonchè degli artt. 167 e 347 c.p.c. per mancata contestazione sull’assenza di interesse ai sensi dell’art. 840 c.c., comma 2, e l’insufficienza e l’irragionevolezza della motivazione.

La sentenza impugnata, sostiene il ricorrente, sarebbe in contrasto con la giurisprudenza di legittimità, da cui si ricava il principio, opposto a quello applicato dalla Corte veneta, della mancanza d’interesse del proprietario del fondo allo svolgimento di attività altrui nello spazio sovrastante, quando non è ipotizzabile alcuna concreta possibilità di edificazione sul fondo sottostante. Nel caso in esame, prosegue, la parte attrice non aveva mai affermato e provato l’esistenza di un concreto interesse ad opporsi agli aggetti e alle vedute del ricorrente, di guisa che, sempre in applicazione del principio di non contestazione, la parte attrice ha ammesso di non avere alcun concreto interesse ad opporsi alle opere eseguite da F.A..

2.1. – La censura non ha pregio.

Premesse le considerazioni sopra svolte sull’oggetto del principio di non contestazione (che riguarda i fatti costitutivi della domanda, non le argomentazioni difensive che il convenuto vi oppone), va osservato che la costante giurisprudenza di questa Corte è nel senso che la sussistenza dell’interesse del proprietario del suolo ad escludere l’attività di terzi, che si svolga nello spazio sovrastante, va valutata con riferimento non soltanto all’attuale situazione e destinazione del suolo, ma anche alle sue possibili, future utilizzazioni, sia pure in concreto non individuate, purchè compatibili con le caratteristiche e la normale destinazione del suolo medesimo, a nulla rilevando che questo sia attualmente soggetto a servitù incompatibili con l’utilizzazione edificatoria dello spazio ad esso sovrastante da parte del proprietario. Tali limitazioni, infatti, potendo venir meno nel tempo, non escludono che alla futura utilizzazione del suolo possa derivare pregiudizio dalla tolleranza di violazioni corrispondenti all’illegittimo esercizio di nuove servitù, le quali potrebbero costituirsi per usucapione, incidendo, quindi, in via autonoma sulle possibili future utilizzazioni del fondo (Cass., nn. 20129/04, 3603/82, 1048/81,1329/69 e 2096/65).

2.1.1. – La Corte di merito mostra di aver correttamente interpretato la norma, ritenendo che l’interesse considerato dall’art. 840 c.c., comma 2, non si esaurisce nella possibilità del proprietario del suolo sovrastato di edificare a propria volta, bensì coinvolge l’ampia gamma di usufruibilità del suolo; e di averne esattamente escluso l’applicazione nella fattispecie, in quanto connotata da aggetti di mt. 1,10 di profondità, posti ad un’altezza di qualche metro (“ben oltre tre metri”, secondo l’affermazione della parte appellante, riportata a pag. 9 sentenza impugnata), e a distanza dal confine inferiore a quella legale.

3. – Con l’unico motivo di ricorso incidentale si lamenta la compensazione delle spese di giudizio, in quanto, sostiene parte controricorrente, la condotta del sig. F. ha provocato la lite e entrambe le sentenze di merito hanno accertato la condotta illecita di quest’ultimo, sicchè non vi era ragione alcuna per disporre la compensazione totale delle spese, contraria ai principi di logicità e di equità.

4. – Il motivo è infondato.

Secondo l’orientamento di questa Corte, in tema di regolamento delle spese processuali, il mero riferimento nella motivazione della sentenza alle ragioni della decisione, per giustificare la compensazione delle spese dell’intero giudizio, è pertinente ed idoneo quando dal complesso delle statuizioni adottate emerga chiaramente la reciproca soccombenza delle parti (cfr. Cass. n. 18496/09).

Nella specie, il richiamo all’esito complessivo del giudizio, con il quale il giudice d’appello ha motivato l’integrale compensazione delle spese, lascia chiaramente intendere che questa è stata disposta in considerazione della soccombenza reciproca, che si evince anche dalla narrativa della sentenza impugnata, avendo l’attrice agito (oltre che per l’eliminazione degli aggetti, anche) per ottenere la demolizione dell’intero fabbricato eretto dal F., nonchè la rimozione del marciapiede, della pavimentazione in porfido, della cisterna di gasolio interrata nel fondo comune, e di vari sporti; domande, queste, che sono state respinte.

Conseguentemente, essendo per un verso senz’altro legittima la compensazione delle spese nel caso di soccombenza reciproca, secondo quanto disposto dall’art. 92 c.p.c., comma 2, prima parte, ed essendo per l’altro rimessa esclusivamente al giudice di merito la misura della compensazione, la decisione della Corte territoriale non può essere sindacata in questa sede.

5. – Conclusivamente, entrambi i ricorsi vanno respinti.

6. – Le spese del presente giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, vanno poste a carico della parte ricorrente, di cui si apprezza la preponderante soccombenza in questa sede di legittimità.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso principale e quello incidentale e condanna il ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali di studio, I.V.A. e C.P.A. come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 14 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 11 agosto 2011

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA